Wednesday, September 30, 2009

WELTALL'S WOR(L)D - ANNO 03

Il 30 settembre di tre anni fa sono venuti alla luce i due blog più belli che la blogosfera abbia mai avuto (si lo so, sto esagerando...ma oggi me lo posso permettere ^__*) e sono l'ormai leggendario Blog Ottuso e naturalmente WELTALL'S WOR(L)D.
Non posso parlare per l'illustrissimo collega Heike ma, guardando indietro alla mole di post pubblicati mi rendo conto di come, quello nato per essere in fin dei conti un passatempo, è diventato qualcosa di più. E non è raro, lo ammetto, che mi si chieda se vengo pagato per farlo ma, no, non mi entra una lira in tasca. Non lo si fa per la gloria certo, ma più che altro per il piacere, piacere nell' esprimere le mie idee, nel condividere le mie passioni con tutti quelli che passano di qui più o meno regolarmente. Oltre ad una buona dose di pazienza infatti, se WELTALL'S WOR(L)D è arrivato a questo traguardo lo deve soprattutto ai suoi lettori. Lo so che prometto sempre di apportare cambiamenti e novità (Il CINEQUIZ ne è un' esempio ma potrei anche lavorare per rinverdire la forma delle recensioni, per esempio) ma in fondo in fondo se i cambiamenti sono così sporadici è perché il blog mi piace così com'è.
Quindi, se ancora non vi è venuto a noia passare di qui, vi do ufficialmente il benvenuto nella Quarta Stagione di WELTALL'S WOR(L)D!!!
Have fun my friends ^__^

Tuesday, September 29, 2009

You are not welcome here

"Siamo qui per aiutare" urla il soldato con il fucile puntato.
District 9 è come una boccata d'aria fresca per il cinema di fantascienza almeno quanto lo è stato The Mist per l'horror. Sempre più rare e preziose infatti sono quelle pellicole che, pur rimanendo "fedeli" al genere d'appartenenza, progongono sottotesti spesso critici, riflessioni e sguardi implacabili sull' oggi, arrivando a mettere il dito nella piaga, in profondità, dove fa più male.
Il film dell' esordiente Neil Blomkamp, prodotto da Peter Jackson, con i suoi alieni-profughi (i "gamberoni", come vengono in maniera dispregiativa chiamati per via delle loro fattezze) costretti dalle autorità a vivere per vent'anni in un ghetto di Johannesburg in Sud Africa, non può che riportare con forza alla mente l' apartheid, un crimine che si ripete su scala più vasta e che mette in luce tutto il peggio di cui la nostra società è capace, tutta quell' ignoranza che porta alla paura, alla diffidenza, al razzismo e ad una integrazione irrealizzabile.
Per rendere ancora più incisiva la carica metaforica del film, Blomkamp opta, per la prima parte del film, per uno stile quasi documentaristico utilizzando interviste e filmati di repertorio per raccontare come gli alieni siano giunti sulla terra e come si sia arrivati alla decisione di utilizzare una compagnia privata, MNU (interessata principalmente alle armi extraterrestri) per smantellare il Distretto 9 e trasferire tutti gli abitanti in una nuova collocazione più simile ad un campo di concentramento che ad una tendopoli.
Pescando idee e suggestioni dalla cinematografia fantascientifica più recente e non, Blomkamp cambia registro per la seconda parte del film e punta sullo sci-fi/action più puro, quasi fracassone, dimostrandosi regista capace anche in questo frangente e riuscendo ad integrare senza strappi le due anime del film, procedendo per gradi rendendo il "passaggio" pulito, quasi impercettibile, non rovinando perciò lo splendido lavoro di costruzione di un contesto storico/sociale credibile fatto in precedenza. E parlando di credibilità non si può non attribuire parte del merito ad un uso e ad una integrazione pressoché invisibile di effetti speciali, opera della Weta Digital, sempre funzionali alla narrazione e mai strabordanti e fini a se stessi.
Elementi che concorrono a rendere District 9 una rarità nel panorama fantascientifico recente: un film che riesce a coniugare un messaggio forte e importante ad una messa inscena che si divide tra mockumentary ed un action con armi aliene ed esplosioni, può raggiungere diverse tipologie di pubblico e questa è una cosa da non sottovalutare. Così come non è da sottovalutare Neil Blomkamp, regista che si dovrà tenere d'occhio in futuro.

Monday, September 28, 2009

HERE IT COMES "PHILANTHROPY"

Disponibile da ieri 27/09/09 il download gratuito del progetto no-profit basato sulla saga capolavoro ideata da quel geniaccio di Hideo Kojima, il fanmovie METAL GEAR SOLID PHILANTHROPY


Inutile nascondere la mia curiosità su questo progetto che dalle immagini e i trailer sembra essere stato concepito e realizzato con la cura e la passione di chi ha profondamente amato i personaggi e la storia scritta da Kojima...e la curiosità si mischia all' orgoglio se si considera che il progetto è italianissimo!

TRAILERS



Il sito ufficiale del film
http://www.mgs-philanthropy.net/

Sunday, September 27, 2009

Lyric of the Week + Video / MANIC STREET PREACHERS - IF YOU TOLERATE THIS


The future teaches you to be alone
The present to be afraid and cold
So if I can shoot rabbits
Then I can shoot fascists

Bullets for your brain today
But we'll forget it all again
Monuments put from pen to paper
Turns me into a gutless wonder

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next
Will be next
Will be next

Gravity keeps my head down
Or is it maybe shame
At being so young and being so vain

Holes in your head today
But I'm a pacifist
I've walked La Ramblas
But not with real intent

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next
Will be next
Will be next
Will be next

And on the street tonight an old man plays
With newspaper cuttings of his glory days

And if you tolerate this
Then your children will be next
And if you tolerate this
Then your children will be next
Will be next
Will be next
Will be next

Friday, September 25, 2009

FIREFLY - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: FIREFLY
TITOLO ITALIANO: FIREFLY
NUMERO EPISODI: 14

-TRAMA-
Dopo la fine del conflitto contro l' Alleanza, il sergente della fazione indipendentista Malcom "Mal" Raynolds abbandona l'esercito ed insieme alla sua compagna d'armi Zoe Washbourne e ad un piccolo equipaggio, diventa commerciante e contrabbandiere, libero da qualsiasi legame a bordo della nave stellare di classe Firefly, la Serenity.

-COMMENTO-
Nel lontano 2002 Joss Whedon proponeva una serie fantascientifica che sarebbe diventata un piccolo caso televisivo e consacrato a cult negli anni a venire. Firefly è infatti una di quelle serie che, nonostante le indiscutibili qualità, non riescono a superare la prova più importante, quella degli ascolti. Infatti dopo soli quattordici episodi la Fox cancella una delle serie sci-fi più originali di inizio millennio, senza contare poi le potenzialità solo accennate e che possiamo solo immaginare a quali sviluppi avrebbero portato. Inutile domandarsi il perchè del succeso o meno di un serial televisivo. Inutile cercare spiegazioni quando quello stesso serial trova il giusto riconoscimento quando è ormai troppo tardi. Sicuramente la prematura fine di Firefly non deve scoraggiare chi volesse recuperare oggi i pochi episodi prodotti e trasmessi perchè ne vale sempre e comunque la pena. Il nutrito e variegato cast di personaggi che compongono l' equipaggio della Serenity (tra cui spicca il capitano Mal interpretato da Nathan Fillon) è sicuramente uno dei motivi più validi, ma credo sia soprattutto lo straordinario lavoro fatto nel creare l'universo futuristico nel quale è ambientata la serie e nel mettere insieme in maniera estremamente funzionale generi che potremo definire opposti come la fantascenza e il western: un attimo prima siamo in un avveniristico porto o in viaggio tra le stelle e quello dopo in qualche sperduta prateria tra mandriani e piccoli villaggi. Avveniristiche divise militari si contrappongono a lunghe giacche di pelle, stivali e cinturoni. Pistole laser a classiche rivoltelle a tamburo. Un mix che così sulla carta può apparire azzardato ma che invece è perfettamente riuscito soprattutto nel dare, a questa curiosa amalgama di generi, quel senso di neo-colonialismo che Whedon voleva ottenere con la serie: il nuovo west della razza umana è tutto l' universo. E questo è quanto c'era da dire su Firefly. Anzi, si può giusto aggiungere una nota per ricordare che nel 2005 uscì il film che concluse le avventure dell' equipaggio del capitano Raynolds, Serenity, del quale si parlerà nella rubrica opportuna.

-DVD-
La serie è stata trasmessa in Italia ma non è mai stata pubblicata in DVD. E' d'obbligo quindi procurarsi il cofanetto R2 inglese. Lo trovate in vendita qui.

Thursday, September 24, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.04 "Where the angel rules"


Secondo frame: in tre avete indovinato la nazionalità del film...ma il titolo del film? ^__^


Soluzione: CASSHERN (KYASHAN)
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 2
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
Chimy - pt. 1

Così, tanto per dimostrarvi che avreste indovinato anche senza aver visto il film, ecco quello che sarebbe dovuto essere il terzo frame:

Wednesday, September 23, 2009

HOTEL di Jessica Hausner, tra mobbing e antiche leggende

Presentato a Cannes nel 2004, Hotel è il secondo lungometraggio della regista austriaca Jessica Hausner. Protagonista della pellicola una ragazza di nome Irene assunta come receptionist in un albergo immerso nei boschi austriaci per sostituire la ragazza che occupava quel posto prima di lei, misteriosamente sparita nel nulla. Per la nuova arrivata integrarsi nel nuovo posto di lavoro non sarà facile sia per un' atmosfera di tensione che si instaura subito con i colleghi di lavoro, sia per le inquietanti storie che circondano quei boschi dove molti anni prima una donna fu bruciata viva per stregoneria. Nel parlare di un film ambientato in hotel non è difficile che la mente corra a The Shining di Kubrik ma così facendo si rischierebbe di fraintendere le intenzioni della regista e farsi sbagliate aspettative sul film. La Hausner non aspira a raggiungere vette così alte e per fortuna neanche ci prova. Il suo risulta così un film personalissimo dove mistero e atmosfere da pelle d'oca si miscelano lasciando allo spettatore la libertà di interpretare quello che avviene sullo schermo: c'è vermaente qualcosa nei boschi che aspetta e attrae la sua vittima tra gli alberi o Irene è solo vittima di persecuzioni da parte dei colleghi? Non ci è dato saperlo. L'unica cosa che possiamo fare è lasciare che la Hausner ci immerga in atmosfere ed elementi che richiamano il cinema di Lynch (il buio, dei corridoi,della grotta e della foresta, che "inghiotte" la protagonista) che insieme ad una macchina da presa quasi sempre immobile e la quasi totale assenza di colonna sonora (se non ad apertura e chiusura film) che lascia spazio ai suoni d'ambiente( dai crepitii elettrici dei corridoi, ai suoni inquietanti dei boschi), contribuiscono a creare una palpabile ed interminabile tensione sin dai primi minuti del film. Certo, c'è da dire che nel film non succede granché e alla lunga il gioco potrebbe anche stancare. D'altro canto però Hotel non dura eccessivamente ed una visione gliela si dovrebbe concedere a patto di abbandonarsi completamente e incondizionatamente al film.

Tuesday, September 22, 2009

Uomini e fucili di precisione

Dopo il piacevolissimo Beast Stalker, visto durante il FEFF 11, Dante Lam continua a dare il suo personale contributo al cinema action di Hong Kong con il suo nuovo film, The Sniper, questa volta incentrato sulle vicissitudini del team di tiratori scelti della polizia di Honk Kong. A voler essere più precisi, la storia si concentra su tre personaggi: c'è Lincoln, il miglior tiratore della squadra appena uscito di prigione dopo aver scontato una pena di quattro anni per aver disubbidito agli ordini durante un' operazione, finendo per uccidere un' ostaggio. La sua riacquistata libertà la usa per vendicarsi dei suoi compagni che non l'hanno sostenuto in fase di giudizio, ma soprattutto di Hartman, suo amico e collega ed indiscutibilmente il suo più acceso rivale. Infine c'è OJ, la recluta più giovane entrata a far parte della squadra dopo che Hartman gli salvò la vita in una operazione, diviso tra il seguire le orme di Hartman o quelle della "leggenda" Lincoln. Senza voler sembrare eccessivamente pignoli, è proprio la sceneggiatura la principale pecca di questo film che ne abbassa di diversi punti il giudizio complessivo. Appare infatti eccessivamente superficiale la maniera in cui il triangolo di personaggi e le loro relazioni vengono sviluppate (ok, è un film d'azione ma un minimo di approfondimento non fa certo dei danni) concentrandosi maggiormente sulla definizione del personaggio di Lincoln e lasciando Hartman, ma soprattutto OJ, sullo sfondo. Non sarebbe stato male neanche dare maggiore risalto alla profonda rivalità e competitività dei due veterani che avrebbe sicuramente reso più chiare le loro azioni e non ci sarebbe stato bisogno di usare tanti piccoli flashback per spiegare le motivazioni dietro l'arresto di Lincoln e le motivazioni di Hartman. deto questo c'è da dire però che Lam svolge il suo mestiere in maniera dignitosa e se il film non affonda del tutto gran parte del merito è proprio suo che riesce a dare un' ottimo ritmo alle sequenze d'azione sia in ampi spazi (trattandosi di un film sui cecchini non sarebbe potuto essere diversamente) come durante l'evasione del detenuto, che in quelli più ristretti come la sequenza dell' ascensore. Un film quasi sufficiente insomma, consigliabile quindi recuperarsi prima The Brest Stalker, pellicola decisamente più riuscita di The Sniper.

Monday, September 21, 2009

IL MIO VICINO TOTORO ovvero la sintesi perfetta della poetica di Miyazaki

La passione per il volo.
Il rapporto, spesso conflittuale, fra uomo e natura.
L' infanzia.
L' irrompere del fantastico nella quotidianità.
Sono solo alcuni degli elementi ricorrenti nel cinema di Miyazaki che sono diventati anche segni distintivi della sua particolare poetica. Al di la di considerazioni del tutto personali e opinabili trovo che, più che nelle sue opere più complesse e adulte (Princess Mononoke o Il Castello Errante di Howl), sia nelle sue opere più "semplici" che Miyazaki riesca a far funzionare alla perfezione questi elementi, anche senza esplicitarli, creando oggetti cinematografici di rara bellezza e profondità come Tonari no Totoro (Il Mio Vicino Totoro) suo assoluto capolavoro.
Partendo da una storia semplice il regista giapponese pone le basi per le sue attente riflessioni sull' infanzia, sull' età adulta e su come la fantasia possa fare, non solo da tramite tra grandi e piccini, ma anche come "cuscino" per attutire l'impatto con una realtà fin troppo dura.
Le due piccole protagoniste infatti, Satsuki e Mei, si trasferiscono con il padre in una casa di campagna per poter stare vicino alla madre da tempo ricoverata in ospedale. Nel verde rigoglioso che circonda la casa, le due bambine faranno presto la conoscenza di Totoro lo spirito protettore della foresta.
Se gli occhi sono rapiti dallo splendore delle ambientazioni, dal superbo lavoro a livello di animazioni (ancora lontane dall' introduzione di elementi in computer grafica) e dal character design così tipico e familiare, è soprattutto al cuore che un film come Totoro riesce con estrema facilità ad arrivare, e questo soprattutto perché il linguaggio che Miyazaki usa è universale: percepiamo le emozioni di Mei e Satsuki nel vedere cose ordinarie (forse non per loro che vengono dalla città) come un ponte che passa sopra un piccolo ruscello, a quelle straordinarie. Emozioni che più che fare nostre, percepiamo come nostre perché in fondo le abbiamo vissute, ed è su questo che Miyazaki, con piglio quasi nostalgico, fa leva per far capire quanto l'infanzia sia un periodo chiave e prezioso nella vita di ciascun individuo e per questo vada protetto, messaggio che si fa ancora più forte nel film considerato quanto le bambine sentano il bisogno di stare vicino alla madre ora che è lontana. Ed è partendo da qui che tratteggia le figure dei personaggi adulti, non toccanti come quelle dei bambini ma non per questo meno splendide: consapevoli di aver perso da tempo quell'innocenza che non permette agli occhi di un' adulto la percezione della magia e del fantastico che si celano nella realtà che ci circonda, il papà di Mei e Satzuki, ma anche l'anziana nonnina, non soffocano le loro fantasie ma le alimentano con un accondiscendenza dalla quale traspare il più sincero dei sentimenti ma soprattutto la responsabilità del proprio ruolo.
In fondo non è neanche tanto azzardato un parallelo tra le due bambine e le piccole ghiande che i Totoro raccolgono e piantano: entrambi hanno bisogno di amore, cura ed assoluta dedizione per poter crescere.
Ma ad un livello molto più semplice si può dire che Tonari no Totoro sia una favola tanto semplice quanto perfetta, che si rifà a classici della letteratura mondiale pur rimanendo fortemente radicata ad elementi della tradizione giapponese, immersa in una natura incontaminata e costellata di personaggi (come la piccola Mei o i tenerissimi Totoro) che non faranno fatica a fare breccia nei cuori di chiunque.
Il film da vedere e da far vedere ai propri figli.

Sunday, September 20, 2009

Lyric of the Week + Video / SMASHING PUMPKINS - ZERO


My reflection, dirty mirror
There's no connection to myself
I'm your lover, I'm your zero
I'm in the face of your dreams of glass
So save your prayers
For when we're really gonna need'em
Throw out your cares and fly
Wanna go for a ride?

She's the one for me
She's all I really need
Oh yeah she's the one for me

Emptiness is loneliness, and loneliness is cleanliness
And cleanliness is godliness, and god is empty just like me

Intoxicated with the madness, I'm in love with my sadness
Bullshit fakers, enchanted kingdoms
The fasion victims chew their charcoal teeth
I never let on, that I was on a sinking ship
I never let on that I was down
You blame yourself, for what you can't ignore
You blame yourself for wanting more

She's the one for me
She's all I really need
Oh yeah she's the one for me
She's my one and only

Friday, September 18, 2009

21 anni...

...e se non l'avete ancora visto sappiate che questo film si vale ogni singolo secondo d'attesa.

Thursday, September 17, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.03 "Stomachache"


Secondo frame: identificata la nazionalità? Bene, ora ditemi il film!


Soluzione: PTU
Vincitore: Nick

Classifica:
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
Chimy - pt. 1

Wednesday, September 16, 2009

Trascinaci all' inferno, Sam!

Christine Brown è una funzionaria di banca che si occupa di prestiti e finanziamenti, in lizza, insieme ad un suo ambizioso collega, per un posto da vice-direttore. Per dimostrare di avere le capacità di ricoprire quel ruolo e di saper prendere, quando serve, decisioni difficili, Christine nega ad una vecchia zingara la proroga su di un prestito e questa di tutta risposta la maledice attirando verso di lei un demone che in tre giorni verrà a reclamare la sua anima. Per fortuna ci sono registi come Sam Raimi, dico io, capace di seguire con ottimi risultati la corrente delle mega produzioni hollywoodiane senza farsi trascinare via. Capace di mettere da parte le pressioni dei tre blockbuster dedicati a Spider-Man, staccare la spina e dedicarsi ad altro. Tornare a fare cinema per il puro piacere di farlo, per divertirsi e divertire. Arrivare a rispolverare un vecchio progetto, partorito insieme al fratello Ivan, accantonato da tempo. Tornare all' horror, il genere che l'ha fatto conoscere al mondo, e dopo diciassette anni dimostrare di saperci ancora fare, di avere perfetta padronanza e conoscenza del genere, di non aver perso il suo personalissimo tocco. Un ritorno questo che non poteva non creare altissime aspettative fortunatamente non deluse: sotto un leggero strato "morale", dove la rincorsa all' affermazione personale e professionale rappresenta uno degli obiettivi da raggiungere nella nostra società anche a discapito di altri individui, si cela il vero cuore del film ed è tutto "Raimi 100%". Drag Me To Hell ti tiene letteralmente incollato allo schermo e schiacciato sulla poltroncina per tutta la sua durata. Ti spaventa, ti disgusta ma ti lascia sempre con un sorriso per quel suo modo che ha Raimi di miscelare horror e commedia sin dai tempi della trilogia di Evil Dead. E a parte evidenti richiami alla storica saga con protagonista il mai troppo osannato Bruce Campbell, Raimi non perde l'abitudine di bistrattare i suoi personaggi coinvolgendoli in situazioni che vanno dal terrificante, al rivoltante, facendo piovere su di loro, in senso figurato e letterale (si veda la sequenza del gattino rigurgitato) praticamente di tutto. Se a questi elementi aggiungiamo un uso di effetti visivi "vecchia scuola", una protagonista vittima/carnefice ed anche un pochetto stronza abbiamo un piccolo film di genere praticamente perfetto che raggiunge i suoi obiettivi e si distingue dalla massa per merito della mano che l'ha firmato. E noi Sam non possiamo che ringraziarti.

Tuesday, September 15, 2009

G.I. JOE : dalle action figures al cinema il passaggio è traumatico

Periodo d'oro per la Hasbro questo, considerato che negli ultimi due anni alcune delle loro più famose creazioni hanno trovato trasposizione cinematografica. E' inutile nascondere che, dai pupazzetti, passando per i cartoni animati tanto famosi negli anni '80 fino a questi film, qualcosa è andato perduto, quella magia che ha lasciato ricordi indelebili in tanti bambini e che è stata fagocitata dalle produzioni dei grandi numeri, dove i budget milionari vanno in favore della mera apparenza di effetti speciali sempre più ricercati, e gli incassi facili vanno a discapito di un cinema action sempre più arido che ha inevitabilmente inaridito il pubblico di massa, disposto a ricevere sempre di meno e ad accontentarsi sempre di più. Il primo Transformers mostrava i sintomi di questo male ma risultava comunque nel complesso riuscito. Cosa che non si è replicata con Transformers - La Vendetta del Caduto e, ahimè, neanche con il più recente giocattolone hollywoodiano G.I. Joe - La Nascita del Cobra. Ma dove il film di Bay riesce a dare allo spettatore, più o meno esigente, quel minimo di puro e disimpegnato intrattenimento tamarro, la pellicola di Stephen Somers delude anche su questo aspetto dove in tanti avevano riversato le già limitatissime aspettative. Il problema è che Sommers mantiene inalterata la fama di registucolo di filmetti come La Mummia (indubbiamente più riuscito di questo) e spreca una buona occasione al primo colpo, cosa che neanche Bay (noto zozzone) è stato in grado di fare. L' impressione che si ha terminata la visione (che per fortuna non è tanto lunga) è che il regista americano, partendo da una sceneggiatura imbarazzante costruita ad arte per mettere la basi sull' inevitabile seguito, abbia giocato tutte le sue carte in un unica sequenza, quella stessa sequenza con la quale si è fatta promozione al film attraverso i trailer, ambientata per le strade di Parigi. Un lungo inseguimento fatto di esplosioni, macchine che saltano per aria e soldati con tute che permettono di sfidare qualsiasi legge della fisica, che lascia veramente soddisfatti sia per regia che per l'uso degli effetti speciali. Peccato che al di la di questo frangente parigino ci sia veramente poco o nulla da salvare, dai personaggi piatti (il bello dei giocattoli e del cartone animato era che ogni character aveva le sue particolari caratteristiche in abilità o armi) ad una realizzazione tecnica ben lontana dai blockbuster più moderni (era da tempo che non vedevo un integrazione così mal riuscita fra elementi reali e digitali). A quel punto a poco serve la presenza di Sienna Miller (che fa la sua fottutissima e porca figura nei panni attillatissimi della Baronessa) e di Byung-hun Lee (un coreano che interpreta il ruolo di un ninja giapponese?!?) che migra dalle mega-produzioni coreane (The Good The Bad The Weird) a quelle americane. Meglio dimenticare questo film e tornare con la mente a quando le creavamo noi, giocattoli alla mano, le avventure dei G.I. Joe. Quelle si che rendevano giustizia ai personaggi.

Monday, September 14, 2009

From My Personal Library: CORMAC McCARTHY - LA STRADA

Le terre di confine con il Messico hanno lasciato il posto ad un mondo finito dove i confini non hanno più significato.
Deserti polverosi sono ora infinite distese di cenere, foreste bruciate, città saccheggiate e abbandonate.
Non è un paese per vecchi questo, non è un paese per nessuno e di certo non lo è per un padre e per suo figlio, in viaggio verso sud in questo mondo distrutto, tirandosi dietro un carrello del supermercato con all' interno solo il necessario per sopravvivere ad un inverno che sembra non finire mai.
In questa terra dove Dio non posa più lo sguardo, solo chi "porta il fuoco" si distingue dalle bestie che si nascondono in attesa di prede ignare.
Se nel mondo immaginato da McCarthy il sole non fa mai capolino dalla spessa coltre di nubi, così la speranza difficilmente si percepisce dalle pagine del suo libro dove l'umanità è ridotta all' essenza della sua natura animale, dove tutto si è semplificato ad una lotta di sopravvivenza tra buoni e cattivi.
Il padre protagonista del racconto percorre ostinatamente una strada che non porterà a nulla se non alla sua morte ma non a quella del figlio. In lui risiede tutta la speranza, il fuoco, la forza che spinge a non cedere all' accolgiente richiamo di una morte rapida.
Difficile riemergere dalle meravilgiose pagine de "La Strada" anche dopo aver chiuso la quarta di copertina.

"E adesso fate venire giù tutto il buio e tutto il freddo del mondo e andate all' inferno."

Thursday, September 10, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.02 "Hide and Seek"


Secondo frame: secondo me qualcuno ora ci arriva!


Ecco il terzo frame: il film l'avete visto, ne sono certo!


Il primo e l' ultimo frame sono presi dalla stessa sequenza nella quale troviamo il signore del secondo frame. E poi guardate quel cielo...daiiiii!!! ^__^

Soluzione: MIAMI VICE
Vincitore: Chimy

Classifica:
Spino - pt. 2
Chimy - pt. 1

Wednesday, September 09, 2009

"The city of the dead. The living dead. A cursed city where the gates of hell have been opened."

Un anno dopo Zombie 2 (Zombie Flesh Eater), Lucio Fulci propone una rilettura del (sotto) genere miscelando la tematica del ritorno alla vita dei morti con le leggende legate alle streghe di Salem: il risultato di questo mix è Paura Nella Città dei Morti Viventi, primo film di quella che venne definita la "trilogia della morte".
Ed è proprio sulle rovine della città di Salem che viene costruita la piccola cittadina di Dunwich, teatro delle macabre vicende del film. Il suicidio di un prete infatti, mette in moto una serie di eventi che porteranno nel giro di poco tempo l' Inferno sulla Terra e il ritorno in vita dei morti ne è solo un sintomo. Il tragico evento è stato predetto da una giovane veggente quasi rimasta uccisa dalla visione dei terribili accadimenti di Dunwich. Accompagnata da un reporter si metterà alla ricerca della piccola cittadina per fermare il terribile corso degli eventi.
Pur se con qualche idea ripresa, quasi a mo di firma, dal film precedente (il riutilizzo del personaggio del giornalista o l'utilizzo, nella sequenza della testa trapanata, dello stesso montaggio dell' occhio perforato dalla scheggia presente Zombie 2), non si può dire che Paura nella Città dei Morti Viventi non sia un film riuscito, capace di immergere completamente in inquietanti atmosfere da "hell rising" anche grazie alla regia di Fulci che crea l' adeguata tensione anticipando il manifestarsi dell' orrore, attraverso l'uso di suoni e soggettive, senza ricorrere a facili espedienti.
Scatole craniche schiacciate a mani nude con annesso cervello fuoriuscito e zombie vistosamente putrefatti, indicano un'altra preferenza del regista, l'uso di effetti gore vistosi, esagerati e disturbanti: presente anche in questo film infatti una sequenza cult memorabile dove una ragazza lacrima sangue prima di vomitare interamente le sue stesse interiora.
Da segnalare le musiche di Fabio Frizzi, già compositore in Zombie 2, che anche qui confeziona un' interessante colonna sonora.

Tuesday, September 08, 2009

DOLLHOUSE - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: DOLLHOUSE
TITOLO ITALIANO: DOLLHOUSE
NUMERO EPISODI: 12 + 1

-TRAMA-
Nella Dollhouse, organizzazione segreta non governativa, le menti di giovani e selezionati "volontari" vengono cancellate per diventare carta bianca da riscrivere con diverse personalità e attitudini. Lo scopo è soddisfare ricchi clienti e i loro bisogni, con queste "bambole" create su misura e richiesta.

-COMMENTO-
Attesissima da molti, la nuova serie di Joss Whedon (del quale, per principio, non citerò nessuno dei suoi lavori precedenti) arriva ad arricchire la seconda metà della stagione televisiva 2008/2009.
Da ormai riconosciuto veterano della serialità televisiva, Whedon riesce in dodici episodi a dare forma e sostanza alla serie aggirando abilmente l'ostacolo dell' autoconclusività degli episodi (imposizione diretta del network) sviluppando una sottotrama parecchio avvincente che si approfondisce il tanto giusto da lasciare aperte molte possibilità e sviluppi per la seconda stagione. A dire la verità è soprattutto il tredicesimo episodio "Epitaph One", misteriosamente non trasmesso in TV ma pubblicato direttamente per il DVD, a mostrare alcune interessanti strade che la serie potrebbe prendere nonchè a raggiungere in soli quarantacinque muniti le vette pi
Corsivoù alte della serie (alla luce di questo risulta ancora di più incomprensibile la decisione della Fox di limitarne la visibilità).
Chiusa questa breve parentesi "episodio 13", Dollhouse mostra gli attributi anche in altre occasioni, episodi (A Spy in the House of Love) che danno all' opera tutta un certo spessore e lavorano adeguatamente per dare profondità ai personaggi. Ne risulta alla fine un quadro piuttosto variegato per una serie che riesce a dividersi adeguatamente tra azione e introspezione, momenti drammatici e commoventi, dedicandosi spesso alla riflessione sull' eticità del progetto Dollhouse e del loro operato (esempio lampante l' episodio Man on the Street). Sulla base di tutto questo non possiamo che supporre/sperare di avere per le mani una serie che nella prossima stagione può regalare grosse soddisfazioni...ma solo Whedon per il momento sa quale sarà l'effettivo futuro per Dollhouse.

-DVD-
Il cofanetto R2 inglese della prima stagione si può acquistare qui.

Monday, September 07, 2009

I ragazzi "cinematografici" del 20° secolo: Capitolo 2

Per quanto tenda a non essere troppo severo con progetti "delicati" come la trasposizione filmica del capolavoro di Naoki Urasawa "20th Century Boys", non posso che constatare con questo The Last Hope, secondo capitolo della trilogia, quanto un progetto così ambizioso si vada a scontrare con un regista e una sceneggiatura non all' altezza. Il discorso regia è quello che si può affrontare per primo e accantonare rapidamente senza dilungarsi troppo essendo The Last Hope (come anche il precedente) film non certo brillante dal punto di vista registico e rientrando nella media delle produzioni commerciali giapponesi. Yukihiko Tsutsumi non riesce insomma ad uscire dall' anonimato e ad imprimere personalità ad un film che come minimo l'avrebbe meritata, anzi riesce anche a fare cose orripilanti (complice anche il montaggio) durante le brevi sequenze d'azione. E questo e quanto. Passiamo ora alla sceneggiatura, elemento che salvava il film precedente ma che qui invece contribuisce a farlo affondare. The Last Hope affronta quello che è forse il segmento più delicato e allo stesso tempo importante della storia imbastita da Urasawa: l' Amico è diventato Primo Ministro giapponese dopo aver "salvato" Tokyo dal Capodanno di Sangue. Kenji forse è morto e il resto della sua "setta" si nasconde, tranne Occhio che è rinchiuso in un carcere di massima sicurezza. Siamo nel 2015, Kana è un'adolescente ribelle che lotta contro il regime dell' Amico, intenzionata a svelarne l'identità e a fermare l'avverarsi di quanto scritto nel Nuovo Libro delle Profezie. Tanta carne al fuoco questa volta, tanti personaggi ed eventi da incastrare tra di loro che avrebbero necessitato di una scrittura più accorta e fedele al testo originale, cosa che in poco più di due ore era veramente difficile da fare. Se da un lato si può premiare il fatto di aver inserito quanti più elementi possibile, dall' altro non si può perdonare l'aver privato il film di quelle emozioni che scaturiscono con forza dalle pagine del manga. Si possono citare tanti piccoli episodi (l'assasinio di Britney o il Bonus Stage di Amicoland per fare degli esempi) ma è soprattutto nel finale che si nota, non soltanto un lavoro di adattamento quantomeno approsimativo, ma soprattutto un inspiegabile annullamento del climax anticipando con un dialogo insulso quanto sarebbe accaduto da li a poco. Alla luce di ciò non stupisce che Urasawa non compaia questa volta nella rosa degli seneggiatori perché se avesse potuto avrebbe evitato un errore così madornale. In attesa (non spasmodica) del terzo ed ultimo capitolo è d'obbligo correre a leggersi il manga per l'ennesima volta.

Sunday, September 06, 2009

Lyric of the Week + Video / OREN LAVIE - HER MORNING ELEGANCE

**La canzone e bella ma il video è MERAVIGLIOSO!!!**


Sun been down for days
A pretty flower in a vase
A slipper by the fireplace
A cello lying in its case

Soon she's down the stairs
Her morning elegance she wears
The sound of water makes her dream
Awoken by a cloud of steam
She pours a daydream in a cup
A spoon of sugar sweetens up

And She fights for her life
As she puts on her coat
And she fights for her life on the train
She looks at the rain
As it pours
And she fights for her life
As she goes in a store
With a thought she has caught
By a thread
She pays for the bread
And She goes...
Nobody knows

Sun been down for days
A winter melody she plays
The thunder makes her contemplate
She hears a noise behind the gate
Perhaps a letter with a dove
Perhaps a stranger she could love

And She fights for her life
As she puts on her coat
And she fights for her life on the train
She looks at the rain
As it pours
And she fights for her life
As she goes in a store
With a thought she has caught
By a thread
She pays for the bread
And She goes...
Nobody knows
Nobody knows

And She fights for her life
As she puts on her coat
And she fights for her life on the train
She looks at the rain
As it pours
And she fights for her life
As she goes in a store
Where the people are pleasently strange
And counting the change
And She goes...
Nobody knows
Nobody knows
Nobody knows

Friday, September 04, 2009

IMMAGINI D' ESTATE (2009)

Eccolo qui l'ultimo post dedicato alle foto estive.
E' proprio l'ultimo, giuro, con questo ho smetto di annoiarvi...almeno fino alla prossima occasione ^__*

Eccomi (Momento di inequivocabile intelligenza 1)


Rosuen e Shiho


Deiv (Momento di inequivocabile intelligenza 2)


Nick (che prende volontariamente le distanze dal fratello)


Gero e Marianna


Mary e Rosuen


Le mascotte della spiaggia ^__^




Muso muso


BONUS PICTURES (di cui non potevate fare a meno)

Who watches the Watchmen? (Momento di inequivocabile intelligenza 3)


Not me ^__* (Momento di inequivocabile intelligenza 4)

Thursday, September 03, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.01 "Traces"


Ecco un secondo frame come aiutino. Si potrebbe anche arrivare alla soluzione adesso...o perlomeno identificare la nazionalità del film:


Soluzione: MEMORIES OF MURDER
Vincitore: Spino

Classifica:
Spino - pt. 2

Wednesday, September 02, 2009

BORN TO FIGHT: quando ginocchiate e gomitate non bastano

Un aspetto fondamentale dei Thai Action Movies e che spesso nei film minori si tende a mettere in secondo piano ma che l'accoppiata Prachya Pinkaew e Panna Rittikrai sottolineano quando lavorano in sintonia, è la totale dedizione degli attori alle sequenze d'azione, la volontà di mettere il proprio corpo e le proprie ossa a completa disposizione del film senza l'uso di cavi o controfigure. In Born to Fight possiamo ammirare tale dedizione e provare dei sinceri brividi lungo la schiena sin dai primi minuti del film: c'è tutta una lunga sequenza dove due tir camminano affiancati mentre gli attori si menano sopra i rimorchi, spesso cadendo rovinosamente a terra. Il culmine lo si raggiunge quando uno degli stunt/interpreti cade in mezzo ai due rimorchi in movimento, rimbalzando sulle fiancate di uno e dell'altro prima di toccare il suolo a pochi millimetri dal finire sotto le ruote. Può sembrare completamente folle e magari raccontato così non rende neanche l'idea, ma vi assicuro che su schermo l'effetto è totalmente adrenalinico dando l'idea di quanto queste produzioni siano qualcosa di unico. Detto questo però, è bene chiarire subito che anche Born to Fight presenta pregi e difetti di altre pellicole del medesimo genere. Il buon Panna qui cura regia, coordinamento delle scene d'azione e scrive anche la storia. Se quando non ci si mena o non c'è qualcosa che esplode la regia è praticamente piatta, il regista tailandese sa perfettamente come muovere la macchina da presa quando è l'azione a prendere il sopravvento e ci sono delle sequenze veramente molto riuscite, rovinate solo dai soliti replay multi angolari che tornano sistematicamente come l'influenza. E' la sceneggiatura, come ben si può immaginare, a lasciare molto a desiderare soprattutto per il cambio repentino che subisce il film dopo il folgorante incipit. Se infatti Born to Fight comincia come un action/poliziesco finisce poi per diventare la lotta disperata, di un gruppo di volontari e degli abitanti di un piccolo villaggio, contro una milizia intenzionata a far liberare dal Governo un signore della droga e a lanciare un attacco nucleare (?!?) contro Bankok. Guidati da Deaw (Dan Chupong) e dal suo muai thai, anche gli altri volontari, tutti praticanti di diverse discipline sportive, si daranno da fare combattendo con le loro peculiari abilità: ed ecco quindi il calciatore colpire un soldato su di una torretta con una perfetta punizione ad effetto, o la ginnasta lottare eseguendo abili movimenti su trave e parallele. Se non fosse che lo stesso anno (2004) si sono svolte le Olimpiadi di Atene, verrebbe da pensare che Panna e Prachya (qui in veste di produttore) si siano completamente bevuti il cervello. Invece, con un po' di orgoglio nazionale, fantasiose e assurde trovate, i due confezionano un film sicuramente discontinuo ma che saprà per lo meno divertire gli amanti del genere.