Friday, May 31, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 7

TIKTIK – THE ASWANG CHRONICLES
Regia di Erik  Matti


A voler essere completamente onesti, non si potrebbe salvare l' ultimo film di Erik Matti ma, in piena coscienza, non lo si può neanche condannare. Non si tratta di voler mettere le mani avanti ma di inquadrare nella giusta ottica una produzione che viene da una cinematografia minore, in termini di tecnica, mezzi e budget. Tiktik – The Aswang Chronicles è un film dove tutti questi limiti sono belli che evidenti ma non hanno fermato Erik Matti dal mettere in scena il suo film action / commedia e poco horror con protagonista una famiglia barricata in casa per difendersi dagli aswang, vampiri mannari della tradizione filippina, affamati di carne umana ma soprattutto dal bambino che una ragazza porta in grembo. Si configura quasi da subito la tipica situazione da film d' assedio ma la tensione è sostituita dalle risate, fortunatamente volute, anche quando ci si addentra nei territori del gore. Un filmetto insomma, che ha almeno l' onestà di non prendersi sul serio nemmeno per un minuto.

APOLITICAL ROMANCE
Regia di Hsieh Chun-yi


Una ragazza di reca a Taiwan per trovare il primo amore di sua nonna. Si fa aiutare nella ricerca da un ragazzo del luogo e, nonostante gli attriti iniziali, dovuti alle differenze culturali, tra loro nasce lentamente qualcosa. Messa così la commedia romantica made in Taiwan non sembra particolarmente promettente, anzi, difficilmente si può pensare a qualcosa di più ordinario e scontato. Eppure il giovane regista (esordiente) e sceneggiatore Hsieh Chun-yi, riesce nell' intento di dare alla storia dei suoi personaggi un' impronta politica sulla quale si basano i divertenti battibecchi tra lui e lei ma, in senso più generale, un' idea generale su ciò che divide Cina e Taiwan. Naturalmente però sempre di commedia romantica si tratta, con tutti i pro ed i contro del caso, ma per fortuna si evita qualsiasi forzato sentimentalismo e smancerie tipiche del genere, senza che questa mancanza renda meno esplicito il legame che si instaura tra i due. E chi l' ha detto che i baci sono necessari?

AN INACCURATE MEMOIR
Regia di Yang Shupeng


An Inaccurate Memoire è, come dice in maniera abbastanza esplicita già il titolo, una cronaca inesatta, narrata da uno dei protagonisti, delle gesta di una banda di ladri in Cina durante l' occupazione giapponese. La loro indifferenza verso la situazione politica del Paese cambia quando si unisce a loro un militante anti-giapponese che li convince a prendere parte attiva nella lotta contro gli invasori. Argomento sentito quello trattato nel film di Yang Shupeng ma, probabilmente per evitare problemi di obiettività, si sposta piuttosto l' attenzione sulla presa di coscienza dei protagonisti che sul particolare contesto storico. Si respirano atmosfere western in An Inaccurate Memoir anche se i toni generali spesso si inclinano verso la commedia con virate all' action troppo sporadiche per poterne fare segno riconoscibile di un film in bilico tra registri diversi, che pare trascinarsi piuttosto che andare spedito per la sua strada. C'è da ire però che il regista cinese sembra sapere il fatto suo quando si tratta di stare dietro la macchina da presa e ce lo dimostra in un paio di piano sequenza davvero notevoli.

LONG WEEKEND
Regia di Taweewat Wantha


Un gruppo di ragazzi parte per un weekend da passare in una casa isolata in una piccola isola ricoperta di vegetazione. Si unisce, a sorpresa, Thongsook un giovane con qualche ritardo mentale che gli altri ragazzi decidono, per scherzo, di rinchiudere in un tempio dove, anni addietro gli abitanti del luogo offrivano animali in sacrificavano ad un entità conosciuta come il fantasma divoratore. Se a questo aggiungiamo che il venerdì 13 cade esattamente in quel week end, si può capire molto facilmente dove vada a parare il film di Wantha, fulgido esempio dell' horror thailandese, costruito soprattutto sugli effetti sonori e visivi piuttosto che su di una sceneggiatura i cui sviluppi appaiono piuttosto intuibili e telefonati. C'è da dire però che qualche bel colpo lo assesta e pure qualche spavento arriva quando non te lo aspetti. Si cita un po' di tutto (da Venerdì 13 a L' Esorcista) e non ci si risparmia nemmeno qualche frecciatina ironica ai più riciclati clichè del genere. Già visto, già sentito ma divertente.

Resoconti di Apolitical Romance, An Inaccurate Memoir e Long Weekend, già pubblicati su I-FILMSonline.


Thursday, May 30, 2013

CINE20 - 99^ PUNTATA


Ad un passo dalla centesima puntata, ancora conduzione in solitaria in attesa che il buon Kusa ritorni più in forma di prima.
Si apre con la recensione de La Grande Bellezza (o meglio, quel che riesci a scrivere dopo una sola visione e poco tempo per mettere insieme le idee) e si prosegue con le uscite in sala delle quali, in fondo, mi importa solo del nuovo Refn, Solo Dio Perdona.
Nei negozi arriva invece Cloud Atlas e Mad Detective, primo di quattro uscite che la Ripley home Video dedica a Johnnie To.
Online qui, cari lettori.

Wednesday, May 29, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 6

THE WAY WE DANCE
Regia di Adam Wong


Mai ci si sarebbe aspettato di andare a vedere un film  “di ballo” e finire per non trovarlo neanche troppo spiacevole. Ma questo è l' effetto FEFF, dove la curiosità che ti spinge in sala a volte viene adeguatamente ricompensata. The Way We Dance è un film che si rifà, senza tanti giri di parole, a quelle pellicole statunitensi, tipo Step Up e compagnia danzante, che sembrano avere sempre una certa presa sul pubblico. La formula proposta da Adam Wong non sembra particolarmente originale e vede una ragazza costretta a lavorare nel ristorante di tofu dei genitori, trovare nella danza una via di fuga. Si unisce al gruppo di ballo della sua scuola che, guarda caso, si sta preparando ad una sfida con un quotatissimo team rivale. Naturalmente ci si butta dentro anche amicizia e amore con il classico triangolo funesto. Come i film di arti marziali anche questo è un film di coreografie, di sicuro diverso impatto, ma comunque ben girate e divertenti. Per non far mancare il tocco orientale, oltre alla cornice hongkonghese, ci si butta dentro anche il tai chi. Non gli si chieda di più perchè di più non può dare.

HOME
Regia di Chookiat Sakveerakul


Un giovane fotografo passa la notte a catturare istantanee della sua scuola in compagnia di un caro amico che dovrà salutare per sempre la mattina seguente. Una vedova si trova ad affrontare il suo lutto ed allo stesso tempo badare ai problemi economici della tenuta lasciata dal marito. Una giovane promessa sposa si trova travolta dai dubbi sulla sua scelta la mattina prima del matrimonio. Tre storie diverse ma collegate tra loro che raccontano, da punti di vista anche distanti, l' amore nelle sue forme più disparate, un sentimento universale ritratto in modo innocente, struggente ed ironico. Forse l' unico e più ingombrante limite del film risiede proprio nella maniera in cui, tra i vari segmenti, ci sia un brusco cambio di registro che lascia un po' spaesati ma non è da escludere che si tratti di un effetto voluto dal regista. Home è un film che riesce ad essere toccante, sincero ed anche un po' retorico, ma che arriva dove deve arrivare.

SEE YOU TOMORROW, EVERYONE
Regia di Nakamura Yoshihiro


Presentato come uno dei migliori film della selezione, l' ultima fatica di Nakamura Yoshihiro è, così come i suoi film precedenti e più personali presentati al FEFF negli scorsi anni, una delusione irritante più che cocente. La storia prende piede negli anni '80 dove si sviluppò in Giappone la costruzione di caseggiati popolari che andarono a formare veri e propri quartieri. Qui vive Satoru che, vittima di un trauma infantile, decide di passare tutta la sua vita all' interno del quartiere, lavorarci e difenderlo come fosse la cosa più preziosa al mondo mentre, anno dopo anno, i suoi amici se ne vanno e il quartiere diventa sempre più abbandonato e fatiscente. Nakamura riesce a fare con See You Tomorrow Everyone un efficace spaccato sociale ma anche un, a tratti, toccante racconto di formazione piuttosto atipico. Ma come per Fish Story e Golden Slumber, non si viene mai abbandonati dalla sensazione di aver assistito ad un film fine a se stesso, che non chiude efficacemente le riflessioni aperte ma preferisce raccontare una storia di cui avremo fatto anche a meno, intrisa com'è, soprattutto nell' ultima insopportabile mezz' ora di, un buonismo che si fa davvero fatica a giustificare.

THE BULLET VANISHES
Regia di Lo Chi-leung


Nella Cina degli anni '30, la guardia carceraria con il pallino per le investigazioni Donglu, viene promosso ed inviato a collaborare con un poliziotto su dei  misteriosi casi di omicidio con arma da fuoco dove i proiettili non vengono mai ritrovati. Che fin dai primi minuti il film faccia pensare a Sherlock Holmes (nella sua ultima incarnazione firmata Guy Ritchie) non è certo un segreto ma sarebbe alquanto riduttivo etichettare il film di Lo Chi-leung come una riproposizione in chiave orientale del celebre investigatore inglese. The Bullet Vanishes è un film dalla forte impronta personale che non scimmiotta il cinema occidentale, trattandosi a conti fatti di un classico poliziesco con un' ambientazione storica ben precisa, costruito intorno ad un mistero che riserva alcuni efficaci colpi di scena ed altri forse un po' telefonati per un pubblico smaliziato. Niente di nuovo sotto il sole, per carità, ma ad avercene di pellicole d' intrattenimento così.

Resoconti già pubblicati su I-FILMSonline.


Tuesday, May 28, 2013

...e la pillola va giù.

Regista indecifrabile Steven Soderbergh, amato ed odiato forse in egual misura. Capace ci saltare di genere in genere, passare da produzioni praticamente indipendenti (Bubble) a vere e proprie macchine per soldi (i vari Ocean's), dedicarsi al cinema impegnato socialmente (Erin Brokovich) e a remake "pesanti" al limite del suicidio artistico (il Solaris di Tarkovski). Neanche il suo tanto annunciato ritiro dalle scene sembra aver avvicinato le due parti nonostante ci si trovi quasi tutti concordi nel trovare gli ultimi lavori del regista tutt' altro che banali anzi, piuttosto interessanti e ricchi di spunti. Si può identificare l' inizio di questa fase con Contagion, film che con la sua ultima fatica, Effetti Collaterali, condivide la spina dorsale di pellicola di genere  intrisa però di riflessioni e critiche piuttosto mirate. Ma dove in Contagion era il genere a veicolare il contenuto, in Effetti Collaterali avviene esattamente il contrario perchè fin da subito la storia di una giovane coppia, lui appena uscito di galera dopo aver scontato quattro anni per insider trading e lei pubblicitaria affetta da depressione, sembra voler puntare il dito contro la condotta delle case farmaceutiche, la loro disumanizzazione che ha portato la cura a diventare esperimento ed il malato una mera cavia da laboratorio. Ma dalla seconda metà in poi il film svela i suoi intenti mostrandosi come un efficace thriller a sfondo medico costruito su di un inaspettato twist narrativo il cui svelamento graduale coinvolge e convince, almeno fino a quando l' azzeccato stillicidio di dettagli non sfora nella necessità di dire troppo e al momento sbagliato. Si tratta effettivamente di un piccolo neo che arriva però in un momento chiave e fa stridere un meccanismo perfettamente funzionante, al quale contribuisce un cast di nomi importanti sui quali spicca sicuramente una Rooney Mara che dimostra di sapersela cavare anche in un ruolo certamente meno vincolante e iconico come quello di Lisbeth Salander in Uomini che Odiano le Donne di Fincher. Un risultato positivo insomma, che si spera convinca Soderbergh a riconsiderare la sua decisione in virtù anche di una ritrovata ispirazione.

Recensione già pubblicata su CINE20.

Sunday, May 26, 2013

Lyrics of the Week + Video / SHE & HIM - I COULD'VE BEEN YOUR GIRL

Attrice, cantantautrice e ora anche regista.



It doesn’t matter, 
If I were willing
It doesn’t matter that the lights are tender love
Oh, oh, 
I know you have to go
It doesn’t matter, 
I fought my heart
It’s broken, shattered to a million and one

Cause I could’ve been your girl
And you could’ve been my four leaf clover
If I could do it over 
I’d send you the pillow that I cry on

It doesn’t matter, 
I just begun.
And if you see me, 
Just move on.
Cause we are free and never meant to be

Cause I could’ve been your girl
And you could’ve been my four leaf clover
If I could do it over 
I’d send you the pillow that I cry on

Cause I could’ve been your girl
And you could’ve been my four leaf clover
If I could do it over 
I’d send you the pillow that I cry on

Cause I could’ve been your girl
And you could’ve been my four leaf clover
If I could do it over 
I’d send you the pillow that I cry on

Thursday, May 23, 2013

CINE20 - 98^ PUNTATA


Per la sorpresa promessa manca ancora un po' e, anche senza recensioni da proporvi, le uscite in sala sembrano fatte apposta per soddisfare tutti i palati: c'è cinema d' animazione (Epic e Akira), grande cinema italiano (La Grande Bellezza) e anche cinema d' intrattenimento (Fast & Furious 6).
Nei negozi, per la collana Far East, arriva il coreano The Man From Nowhere.
Online qui.

Wednesday, May 22, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 5

DESIGN OF DEATH
Regia di Guan Hu


Un dottore (il veterano del cinema di Hong Kong, Simon Yam) si trova ad investigare sulla misteriosa morte di un uomo, abitante del remoto Villaggio della Longevità. Man mano che le sue indagini procedono si fa sempre più evidente la possibilità che gli abitanti del villaggio possano essere i primi responsabili. Una storia ricca di mistero e commedia quella di Design of Death, strutturata in flashback che, pian piano, costruiscono gli episodi chiave della vita del protagonista (interpretato dal comico Huang Bo, già visto in Lost In Thailand) svelandone anche i motivi della morte. Il principale problema del film sta proprio  nell' eccessiva sovrapposizione dei flashback che rendono lo “svelamento” finale poco naturale e troppo costruito. D' altro canto però, il regista Guan Hu propone una sentita e commovente riflessione sull' impermeabilità delle vecchie tradizioni, quelle più radicate nella cultura popolare, che rifuggono qualsiasi idea di pensiero innovativo o rivoluzionario, lo tengono lontano, lo isolano fino ad eliminarlo.

THE GUILLOTINES
Regia di Andrew Lau


I millenni di storia cinese sono fonte inesauribile d' ispirazione, cosa che sa bene  chi segue il cinema asiatico. Altrettanto bene si sa che è davvero difficile riuscire a sbagliare questo genere di film, affascinanti anche solo per la ricostruzione storica, soprattutto quando sono virati verso l' action. Eppure c'è anche chi riesce a sbagliarli in maniera clamorosa come Andrew Lau con il suo The Guillotines. Durante la dinastia Quin, l' imperatore si serviva di una personale squadra di assassini noti come le “ghigliottine”, nome derivato dalla particolare arma di cui erano maestri. Durante una missione per catturare un pericoloso fuorilegge, finiscono invischiati in macchinazioni di corte atte ad eliminarli in vista di un importante rinnovamento dell' impero. Nonostante l' inizio puramente action, dove però ralenty e computer grafica coprono una evidente incapacità a girare certe scene, la speranza che il film prosegua su quella strada, e magari vedere ancora in azione le ghigliottine, lascia tristemente con l' amaro in bocca. The Guillotines è un film che, al racconto epico promesso, preferisce la pedanteria di intrighi di palazzo e personaggi dalla lacrima facile capaci solo di morire in maniera ridicola. Un totale spreco di costumi e scenografie.

IP MAN – THE FINAL FIGHT
Regia di Herman Yau


La stagione cinematografica di Ip Man sembra ben lontana dal concludersi. Dopo i due film diretti da Wilson Ip (un terzo è già in cantiere) e The Grandmaster di Wong Kar Wai, la vita del Maestro Ip (interpretato questa volta dal grande  Anthony Wong) arriva nelle mani esperte di Herman Yau, già regista di Ip Man – The Legend is Born. Ambientato nel periodo che va dal suo trasferimento ad Hong Kong fino alla sua morte nei primi anni '70, Ip Man – the Final Fight vede il Gran Maestro, testimone delle difficoltà sociali dell' epoca, accogliere i suoi primi allievi, confrontarsi con altre scuole rivali e con le triadi della “città murata” di Kowloon. Rispetto ai film di Wilson Ip, maggiormente votati all' azione, alle arti marziali ma limitati nella rappresentazione macchiettistica delle controparti giapponesi e inglesi, il film di Herman Yau si concentra sull' aspetto biografico utilizzando la voce fuori campo del figlio per introdurre i vari episodi della sua vita. Questo non significa però che si rinuncia a mostrare il Wing Chun in tutta la sua splendida e precisa eleganza: se tanto è stato fatto per la ricostruzione storica dell' epoca, altrettanto impegno è stato messo nelle sequenze di combattimento, coreografie che si possono contare sulle dita di una mano ma valgono sempre l' attesa, come il lungo duello finale. Insomma, anche Herman Yau è riuscito a celebrare con successo una delle figure più importanti del kung fu e della storia cinese recente.

THE COMPLEX
Regia di Hideo Nakata


The Complex non segna solo il ritorno in patria di Hideo Nakata ma anche la definitiva conferma che ci siamo giocati uno dei maestri dell' horror nipponico degli anni novanta. Nakata infatti, insieme a Takashi Shimitzu e pochi altri, aveva scritto una delle pagine fondamentali del genere grazie a pellicole come The Ring (e relativo seguito) e Dark Water. Le tentazioni americane (il remake di Ring 2 e l' insulso Chatroom) e progetti di dubbia utilità (L Change The World) erano già dei brutti presagi che forse ci eravamo sforzati di ignorare. The Complex ci porta però alla cruda realtà dove un genere in agonia sta trascinando a fondo un regista che meriterebbe ben altra fine. Eppure la pochezza della sua ultima “fatica”, dove una ragazza va a vivere in un condominio infestato da spiriti pieni di rancore verso i vivi, non lascia spazio ad appelli di qualsiasi tipo soprattutto quando ad una trama dai risvolti telefonati si uniscono attori dalla dubbia espressività e gli immancabili scivoloni nel ridicolo. Del vecchio Nakata rimane solo l' associazione acqua – regno dei morti, mentre il resto è il nulla quasi assoluto.

Resoconto già pubblicato su I-FILMSonline.


Tuesday, May 21, 2013

"I always bring a gun to a knife fight."

Rapper con il pallino per il cinema, RZA, leader dei Wu-Tang Clan, sono anni che cercava invano di portare in sala un suo progetto cinematografico. Ma fallimenti, delusioni e porte in faccia sbattute dai distributori, gli hanno permesso di stringere amicizia con personaggini del calibro di Eli Roth e Quentino Tarantino con i quali il nostro ha una certa infinità. Infatti, proprio come i due signori di poco sopra, anche RZA è un cinefilo compulsivo con una spiccata passione, maturata fin da piccolo, per i film di kung fu della storica casa di produzione Shaw Brothers, da qui il suo desiderio di fare un film ispirandosi ed omaggiando quel cinema con cui è cresciuto. Ed è proprio grazie a Eli Roth, che produce ed in parte scrive, ed il marchio di "qualità" Quentin Tarantino Presenta, che arriva nelle sale L' Uomo con i Pugni di Ferro. La storia prende piede nella Cine feudale dove un uomo di colore, schiavo fuggito con una nave dal continente americano e naufragato in Asia, lavora come fabbro producendo armi letali per due clan rivali, i Leoni e i Lupi. Il suo desiderio di fuggire con una prostituta di cui si è innamorato, si infrange quando, un importante carico d' oro, infiamma maggiormente la contesa tra i due clan e lui finisce per rimanerci coinvolto suo malgrado. Appare piuttosto evidente che, alla base di un progetto come L' Uomo con i Pugni di Ferro c'è, non soltanto una sincera passione per un genere, ma anche una conoscenza davvero profonda di una cinematografia sicuramente di nicchia: sono elementi che emergono fin dall' incipit, la cui immagini si alternano ai caratteristici titoli di testa. Ma anche da un' attenta scelta del cast (sia tecnico che artistico) che, oltre ai nomi di richiamo (un Russel Crowe extra large, Lucy Liu ed il wrestler Dave Bautista), vanta tutta una serie di attori orientali di tutto rispetto. Spettacolare (le coreografie sono di Corey Yuen) e sanguinolento (pregevoli effetti visivi di Greg Nicotero) L' Uomo con i Pugni di Ferro è un film che diverte, indubbiamente, ma che soccombe sotto il peso  dell' omaggio. Perchè oltre a quello c'è poco, sia nella storia, scritta allo stesso RZA e tenuta insieme a fatica, che nei personaggi, soprattutto il protagonista, quasi tutti poco accattivanti e privi di spessore. Funziona, poco, il gioco dei contrasti "occidente / oriente" soprattutto nella colonna sonora ma è davvero difficile trovare nel complesso un minimo di personalità. Certo, non tutti sono in grado di metabolizzare il cinema e rendere l' omaggio riconoscibile, ma anche nuovo ed unico, come fa Tarantino, ma un qualcosa in più, vista l' attesa, ce lo si aspettava.

Recensione già pubblicata su CINE20.


Monday, May 20, 2013

CONFESSIONS su I-FILMSonline

"And if I'm gonna talk
I just want to talk
Please don't interrupt
Just sit back and listen"

Radiohead - Last Flowers

Un' insegnante parla alla sua classe, tono pacato ma deciso nonostante l' indifferenza generale. L' attenzione non è importante al momento perché quella arriverà insieme alle sue parole, in un modo o nell' altro: lei é Yuko Moriguchi (la bravissima Takako Matsu) e quello sarà il suo ultimo giorno di insegnamento ma non se ne andrà senza aver messo i colpevoli della morte di sua figlia di fronte alla loro responsabilità, colpevoli che sono li in quella classe inconsapevoli del fatto che lei ha già messo in moto la sua atroce vendetta. Si apre così Confessions di Tetsuya Nakashima, con una lunga sequenza che costituisce il principale raccordo narrativo del film ma anche quello tematico. Come in Kamikaze Girls e Memories of Matsuko quello che si percepisce dai protagonisti è un profondo senso di inadeguatezza verso una società che nasconde le sue falle dietro un muro di regole etiche e morali fini a se stesse. Ma dove nei film precedenti questo veniva filtrato anche da uno stile visivo particolarmente colorato, qui tutto ci arriva in maniera diretta attraverso una fotografia fredda che restituisce atmosfere plumbee e soffocanti. Nakashima, adattando per lo schermo il romanzo di Kanae Minato, non si limita a rimanere nel sottotesto ma punta il dito in un atto d' accusa che non lascia spazio ad equivoci nel mostrare le fratture nel sistema-scuola, nel sistema-famiglia, nel sistema-giustizia, esponendole come ferite infette stuzzicate da un torturatore impietoso. Gli adolescenti di Confessions sono il risultato scientificamente esatto dell' abisso creatosi tra adulti e giovani, tra insegnati e studenti, tra genitori e figli, tra legge e giustizia, che ha trasformato la società civile in una giungla dove vige la legge del più forte, dove i deboli soccombono ai predatori e agli sciacalli. Le cause non diventano automaticamente una giustificazione però, anzi, non sembra ci sia volontà nel film di Nakashima di giustificare chicchessia (perfino la protagonista) ma di fare un ritratto freddo e pessimista di una realtà che non concede la catarsi a nessuno, ne il benché minimo sollievo allo spettatore. Pochi cineasti giapponesi hanno avuto il coraggio di affrontare, o mostrare, senza i patinati stereotipi del cinema commerciale, questa realtà e Nakashima conferma i meriti con i quali si è ritagliato il posto che gli spetta tra i migliori di loro, firmando con Confessions il suo personalissimo capolavoro.

Recensione già pubblicata su I-FILMSonline.


Sunday, May 19, 2013

Lyrics of the Week + Video / EDITORS - A TON OF LOVE




I lit a match in Vienna tonight, 
It caused a fire in New York. 
Where is my self-control? 

You gotta learn to be thankful, 
For the things that you have. 
Now bathe my idle soul in 

Desire, desire
Desire, desire
Taken by force, 
Twisted fate, 
Well, what weighs more, 
Down on your plate. 
A ton of love, 
A ton of hate, 
We're waiting for, 
A chance of, a chance of, a chance of,
 

Desire, desire
Desire, desire

I don't trust the government, 
I don't trust myself, 
What is a boy gonna do? 

Build a church in the city, 
A place to crawl with our own, 
We'll give our God away. 

Taken by force, 
Twisted fate, 
Well, what weighs more, 
Down on your plate. 
A ton of love, 
A ton of hate, 
We're waiting for, 
A chance of, a chance of, a chance of, 

Desire, desire
Desire, desire, desire
Desire, desire
Desire, desire
Taken by force, 
Twisted fate, 
Well, what weighs more, 
Down on your plate. 
A ton of love, 
A ton of hate, 
We're waiting for, 
A chance of, a chance of, a chance of.

Friday, May 17, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 4

LETHAL HOSTAGE
Regia di Cheng Er


Frammentato in quattro capitoli che oscillano tra presente e passato, il film di Cheng Er muove i suoi personaggi nelle regioni di confine tra Cina e Birmania dove il traffico di droga è particolarmente florido. Qui, durante uno scambio finito male, una bambina viene rapita da un trafficante mentre il padre, nel tentativo di riscattarla, viene arrestato e tenuto in prigione per dieci anni. In questo lasso di tempo il trafficante cresce la bambina e, una volta adulta, la sposa sperando di abbandonare insieme a lei la vita criminale. Lethal Hostage è un noir che racconta, oltre ad un sottobosco criminale che prolifera in regioni del mondo particolarmente difficili, anche una redenzione impossibile. Ma a tenere banco è soprattutto l' atipico triangolo che si crea tra i protagonisti, un padre che non può rinunciare all' amore di sua figlia, un criminale che si scopre capace di cambiare grazie a sentimenti che non credeva neanche di poter provare, una donna legata in maniera indissolubile a quello che un tempo era il suo carceriere. Cheng Er dirige un film dalle tinte forti riducendo al minimo i dialoghi e lasciando che siano i volti dei personaggi a raccontare una storia difficile ma apprezzabile su più livelli.

NEW WORLD
Regia di Park Hoon-jung


Portare sullo schermo una storia di gangster rappresenta sempre un rischio concreto soprattutto in un mercato congestionato come quello sud coreano. Ma per fortuna ci sono delle importanti eccezioni, rappresentate da quegli autori in grado di tirare fuori il meglio anche da soggetti non proprio nuovissimi. E' il caso di Park Hoon-jung, fervida penna dietro film come I Saw The Devil e The Unjust, che in questo caso scrive e dirige questo intenso dramma gangster, New World. Il titolo nasce dall'operazione di polizia messa in atto per scatenare gli uni contro gli altri i successori di un gruppo criminale a seguito della morte del loro boss. Lo scopo delle forze dell' ordine è quello di favorire, anche con l' aiuto di alcuni infiltrati tra cui il protagonista Ja-sung, un terzo e più controllabile candidato. New World non è certo un action (nonostante l' esaltante scena di combattimento all' arma bianca girato in un affollato garage ed in un ascensore) ma è talmente ben scritto da tenere lo spettatore attaccato allo schermo nel seguire questa feroce lotta per il potere dove si fa davvero difficile distinguere buoni e cattivi. Park Hoon-jung dice di essersi ispirato a film come Il Padrino, e si vede soprattutto nella resa dei conti finale, ma il suo New World sopravvive a questi pesanti paragoni e brilla con orgoglio di luce propria.

KEY OF LIFE
Regia di Uchida Kenji


Un giovane attore, Sakurada, squattrinato e senza prospettive, si reca ai bagni pubblici dopo aver  tentato inutilmente il suicidio. Qui assiste all'incidente di un uomo, Kondo, che dopo aver sbattuto violentemente la testa perde la memoria. Il ragazzo approfitta della situazione per mettere in scena uno scambio d' identità ma la situazione si complica quando scopre che l' uomo è un assassino a pagamento. La chiave del titolo, che apre a Sakurada nuove prospettive e così a Kondo, incluso l' amore per una bella redattrice, tanto fisica che figurata, rappresenta le seconde possibilità che la vita ci pone davanti, la cui realizzazione non è garantita senza un minimo sforzo per sostenerle. Uchida Kenji mette tutto questo in chiave di commedia con tanto di inevitabili equivoci, situazioni paradossali ed omicidi. Il film risulta insomma piacevole e divertente anche se eccessivamente “diluito”. Qualcuno dovrebbe dire ai registi giapponesi che non è un obbligo far durare un film due ore.

Resoconto di Lethal Hostage già pubblicato su I-FILMSonline.

Thursday, May 16, 2013

CINE20 - 97^ PUNTATA


Solo Il Grande Gatsby sembra darci un minimo stimolo per recarci in sala, peccato. Ma questa novantasettesima puntata di CINE20 si apre comunque con ben due recensioni (L' Uomo con i Pugni di Ferro ed Effetti Collaterali) ed un titolo in uscita per il mercato home video, tra i più attesi dell' anno, Django Unchained di Quentin Tarantino.
Senza contare che questo appuntamento di CINE20, un po' fiacco nelle uscite settimanali, fa da preludio ad una sorpresa che vi attende la settimana prossima ad opera del buon Kusa.
Rimanete sintonizzati e leggeteci qui.


Wednesday, May 15, 2013

PRINCESS MONONOKE su I-FILMSonline

Il rapporto fra uomo e natura ha da sempre rappresentato uno dei temi cardine dello Studio Ghibli che ne ha raccontato ed illustrato come i primi siano la principale causa destabilizzante di un equilibrio già di per se precario. Come efficacemente raccontato in Pom Poko di Isao Takahata, l' iniziale timore reverenziale dell' uomo verso la natura, alimentato da credenze e superstizioni, ha ceduto il passo al desiderio di espandersi e di conquista, trasformando la necessità in avidità. Anche se non ambientato nei giorni nostri, Princess Mononoke ha parecchi punti in comune con il film di Takahata e porta il conflitto ai suoi albori, negli anni in cui il Giappone entrava nell' Età del Ferro trasformando un rapporto di simbiosi in una lotta per la sopravvivenza. Attingendo ai territori della Leggenda, le foreste rappresentate nel film sono popolate da spiriti e divinità dalle sembianze di giganteschi animali, ultimi Guardiani contro l' espansione dell' uomo che, per alimentare le sue fornaci, non si fa scrupolo nel procurarsi la materia prima "aggredendo" una natura fino ad allora incontaminata. Impossibile semplificare questo scontro in una lotta tra il bene ed il male, in quanto Miyazaki identifica le due parti in causa attraverso due personaggi femminili che, rifuggendo qualsiasi retorica, sono definite in maniera complessa e articolata: sia San che Eboshi combattono per una causa in cui credono ciecamente e non si fanno scrupolo ad uccidere per difenderla. Tra di loro si pone Ashitaka, ultimo principe di un'antica stirpe di uomini, costretto da una maledizione ad abbandonare il suo villaggio per scoprire la natura del male che affligge lui ed il mondo, osservando quel che accade "con occhi non velati dall' odio". É proprio da qui che Miyazaki sviluppa la riflessione piú importante ed urgente del suo film identificando proprio nell' odio, non tanto l' origine dei conflitti, quanto la materia attraverso la quale questi si autoalimentano, in un ciclo infinito dove il sangue richiama irrimediabilmente altro sangue. Nonostante una chiusura (parzialmente) positiva e consolatoria, Princess Mononoke si distingue per una rappresentazione esplicita della violenza, che non arriva ad essere disturbante ma é certamente una rarità nel cinema del Maestro giapponese, parte integrante di un gioco di contrasti che rappresentano visivamente e tematicamente una delle pellicole più adulte, complesse e riuscite di Miyazaki.

Recensione già pubblicata su I-FILMSonline.

Tuesday, May 14, 2013

"Nothing's been the same since New York."

Tony Stark è sempre il solito milionario egocentrico, ma è anche cambiato perchè l' esperienza vissuta a New York l' ha cambiato. Ora dorme pochissimo e quando può si rifugia nel suo laboratorio per sperimentare le sue armature. E mentre la sua salute psicofisica si logora pian piano, una nuova minaccia si profila all' orizzonte: il Mandarino, terrorista internazionale, minaccia gli Stati Uniti spalleggiato dall' AIM (Avanzate Idee Meccaniche) una società di ricerca genetica. Iron Man 3 prende piede insomma dopo gli eventi di Avengers, articolando ancora di più la continuity dell' universo Marvel cinematografico e portando ad uno step successivo, forse conclusivo, lo sviluppo del personaggio di Tony Stark. Trattandosi del terzo capitolo di una trilogia infatti (e forse anche spinti dalla scadenza di contratto di Robert Downey Jr.) si è cercato di mettere un punto fermo allo sviluppo del personaggio, ponendo l' accento sulla sua necessità di separare l' uomo dal guscio che lo rende “super”, dimostrando di eroe indipendentemente dall' armatura. Al di la di discorsi che possono poco interessare chi non ha particolare interesse nelle “dinamiche fumettistiche”, che sono però alla base di tutto il progetto portato avanti dalla Marvel, Iron Man 3 è il grande Blockbuster di intrattenimento che ci si aspettava, ironico (così come i vari Thor, Captain America e gli stessi Avengers) e spettacolare (in questo senso non si avverte il passaggio di testimone tra Jon Favreau e Shane Black), coraggioso anche nello riscrivere alcuni personaggi in chiavi decisamente inedite (il Mandarino su tutti) e nel pescare nel materiale cartaceo classico e più moderno di Testa di Ferro adattandolo alle necessità narrative di un lungometraggio. Non è tutto oro e sarebbe francamente impossibile accontentare tutti, anche quando si cerca il compromesso tra lo zoccolo duro dei “marveliani” e i fan dell' ultima ora, ma se questo è il biglietto da visita della Fase 2 della Marvel, non si sta più nella pelle per vedere il resto.

Recensione già pubblicata su CINE20.


Monday, May 13, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 3

G'MOR EVIAN!
Regia di Yamamoto Toru


E se la più matura in famiglia fosse la teenager? Da questo punto di partenza si sviluppa la simpatica commedia di Yamamoto Toru, dove la quindicenne Hatsuki si trova ad affrontare i momenti più difficili della sua età (incluse le decisioni riguardanti il suo futuro) mentre il resto della sua famiglia, una madre molto presa dal lavoro ed un patrigno ex punk rocker, affronta la quotidianità con disinvolta leggerezza. Quello di Yamamoto sembra il più classico dei “coming of age” movie dove le dinamiche vengono ribaltate mettendo anche gli adulti difronte all' accettazione di scelte mature e responsabili da tempo rimandate. Naturalmente poi tutti i ruoli si ristabiliscono e si ritorna su territori convenzionali ma la freschezza della narrazione ed un umorismo leggero e mai invadente rimangono dei validi motivi di pregio per una commedia che avrebbe meritato magari un finale meno spiegato e lacrimevole ma di cui si apprezza l' indomita anima punk.

WILL YOU STILL LOVE ME TOMORROW?
Regia di Arvin Chen


L' amore può essere una cosa meravigliosa ma anche una letale arma a doppio taglio quando non si è in grado di essere sinceri neanche con se stessi. E' quello di cui diventano loro malgrado consapevoli Weichung e sua sorella Mandy: il primo mette in crisi il suo matrimonio dopo un incontro fortuito con un assistente di volo, la seconda lascia il fidanzato a poche settimane dalle nozze presa dal panico dalla prospettiva della monotonia della vita matrimoniale. Quel che stupisce da subito nel film di Arvin Chen è il modo leggero e sincero con il quale si racconta l' amore e le sue contraddizioni, mentre mette i suoi personaggi di fronte alla scoperta (o riscoperta) di cosa significa amare veramente qualcuno senza rinunciare a priori alla propria felicità. E con lo stesso piglio si parla anche di omosessualità, infedeltà, egoismo, senza mai scadere nel patetico o nello scontato ma anzi, legando il tutto con un piacevole tocco surreale che rappresenta quasi il fiore all' occhiello di questo piccolo e pregevole film.

ALL ABOUT MY WIFE
Regia di Min Kyu-dong


Doo-hyun si è sposato perchè realmente innamorato. Ma adesso l' amore della sua vita è diventato ossessivo, possessivo ed invadente al limite del maniacale, tanto da rendere la sua vita un vero inferno. Dopo aver tentato e fallito un allontanamento per motivi di lavoro, la disperazione di Doo-hyun lo porta ad assoldare un Casanova affinchè seduca sua moglie e sia lei, alla fine, a prendere la decisione che lui non ha il coraggio di prendere. All About My Wife esplora, con fare divertito e tagliente, le complesse dinamiche di coppia, l' amore che diventa consuetudine, la comprensione che diventa reciproca sopportazione ed infine intolleranza. Un' evoluzione dei sentimenti veicolata dall' egoismo e dall' incapacità di capire il proprio compagno o compagna. Il film di Min Kyu-dong lavora sui personaggi invertendone i ruoli in maniera convincente ma risulta comunque essere fin troppo sbilanciato: ad un inizio intriso di una verve comica irresistibile, la pellicola perde lentamente il suo smalto fino a ridursi ad una scontata commedia sentimentale. E' forse per questo motivo che, il volersi rifare furbescamente sui titoli di coda, fa storcere ancora di più il naso per quella che sembra un' occasione mancata.

MARUYAMA, THE MIDDLE SCHOOLER
Regia di Kudo Kankuro


Non c'è niente come la fervida immaginazione di un bambino e, quella di Maruyama, è sempre stata particolarmente sviluppata. Al raggiungimento dei quattordici anni però, il suo irrefrenabile fantasticare, viene veicolato dai pruriti della pubertà al punto da dedicare tutto se stesso a pesanti e continui allenamenti per il raggiungimento di un unico obiettivo: riuscire in una clamorosa auto-fellatio. Seconda delle tre anteprime mondiali presenti al FEFF, Maruyama The Middle Schooler è il folle viaggio nella mente di un adolescente le cui fantasie, per quanto scaturiscano dai suoi tentativi di rendere la spina dorsale elastica e flessibile, sono piuttosto comuni in un età dove il sesso è un mistero tutto da svelare. Ma il regista Kudo Kentaro non si limita a quello trasformando la piatta vita di un super condominio nel teatro di misteriosi omicidi, nei quali il giovane Murayama viene irrimediabilmente coinvolto, ed arrivando, in un continuo crescendo, a sublimare realtà e fantasia tanto da renderne impossibile la distinzione. Colorato, esilarante e (apparentemente) privo di controllo, il cinema giapponese che più ci piace.

Resoconti di G'Mor Evian! e All About My Wife già pubblicati su I-FILMSonline.

Sunday, May 12, 2013

Lyrics of the Week + Video / PERTURBAZIONE - BUONGIORNO, BUONAFORTUNA (feat. DENTE)



Si sveglia la città al ritmo sul volante.
In coda dietro ad un tram e dalla radio il presidente.
Buongiorno e te che sei nascosto nei pensieri
In piedi dalle sei di oggi o dalle sei di ieri
C'è un conto alla rovescia per ogni settimana
Confuso tra gli odori della metropolitana
A chi si sente a terra oppure sulla luna

Buongiorno Buonafortuna
Buongiorno Buonafortuna

Chi tirerà le cuoia chi tirerà a campare
Chi tira l'acqua e si ripassa gli assi da calare
Svegliarsi a targhe alterne nella ZTL
O alzarsi tra lenzuola sconosciute alla tua pelle
Caffè ristretto o doppio, espresso americano
Macchiato caldo e la gazzetta stretta nella mano
Le 10 son passate non ne ho fumata ancora neanche una

Buongiorno Buonafortuna
Buongiorno Buonafortuna

E tutte queste trame incrociate
Vorrò abbracciarle ad una ad una
Ai desideri io regalerei una piuma

Buongiorno Buonafortuna
Buongiorno Buonafortuna

Il nuovo dopo barba ha un retrogusto di benzina
Ho perso già le chiavi son le 9 di mattina
Le analisi del sangue cè troppo da aspettare
L'ingorgo in tangenziale il cartellino da bucare
Mollati da 2 giorni cretini per amore
Col figlio a scuola o l'incubo del professore
Formiche indaffarate calcetto questa sera
Contenti che un inverno si trasformi in primavera.

Friday, May 10, 2013

CINE20 - 96^ PUNTATA


In colpevole ritardo arriva la, quindi superflua, recensione di Iron Man 3, mentre in sala c'è possibilità di scelta tra Confessions (uno dei film dell' anno), il remake de La Casa e L' Uomo con i Pugni di Ferro.
Che altro? Arrivano nei negozi Lincoln e (rullo di tamburi) Moonrise Kingdom!!!
Siamo online, sempre qui!

Wednesday, May 08, 2013

KIKI CONSEGNE A DOMICILIO su I-FILMSonline

Ad un anno dall' uscita del film che sarebbe poi diventato il simbolo dello Studio Ghibli, Il Mio Vicino Totoro, Miyazaki torna nelle sale giapponesi (si parla del 1989) con un nuovo lungometraggio animato che, come il precedente, miscela tematiche ed elementi fantasy con altri decisamente radicati nel reale. Ma mentre Totoro si prefiggeva di fare un ritratto universale e toccante dell' infanzia, con Kiki Consegne a Domicilio ci si sofferma sull' adolescenza come fase fondamentale di passaggio verso l' età adulta. La protagonista, Kiki, è una tredicenne con interessi e sogni non certo dissimili a quelli delle sue coetanee. Ma a differenza delle altre ragazze della sua età, Kiki è una strega che si prepara a lasciare la propria casa per affrontare un tirocinio lungo un anno nel quale dovrà stabilirsi in una nuova città per trovare la sua "specializzazione" nelle arti magiche. Accompagnata dall' inseparabile gatto nero Jiji, la giovane incontrerà non pochi ostacoli nel suo percorso, non ultimi la caoticità della vita di città o la diffidenza iniziale dei suoi abitanti, che supererà grazie a quelle persone che, affascinate dalla sua magia, l' aiuteranno a mettere in piedi un' attività di consegne a domicilio. Partendo da un romanzo di Eiko Kadono, Miyazaki tratteggia un personaggio che, pur appartenendo alla sfera del fantastico, risulta credibile, sfaccettato e tridimensionale grazie anche alle contraddizioni che caratterizzano un' età così particolare come l' adolescenza: così, ad una Kiki decisa a partire il prima possibile verso la sua nuova vita, fa da contrappeso quel desiderio di essere presa in braccio dal padre come quando era piccola; alle nuove responsabilità imposte dal suo anno di tirocinio si contrappongono desideri (anche materiali) di una tredicenne come tutte le altre. Nel raccontare una protagonista che, nella sua complessità non è certo impossibile riconoscersi o affezionarsi, Miyazaki non trascura il mondo in cui la ragazza si muove ed il microcosmo che ci gravita dentro, fatto di piccoli personaggi minori alcuni dei quali rappresentativi delle passioni del loro creatore (il giovane Tombo appassionato di aerei, ad esempio). Le ambientazioni tipicamente giapponesi di Totoro, cedono il passo a panorami e architetture di ispirazione europea, città che si affacciano sul mare, scorci che possiamo immaginare sulle coste atlantiche o mediterranee. Kiki Consegne a Domicilio è la somma di tutti questi elementi e quindi l' ennesima sintesi perfetta di un cinema che, accompagnato dalla sospensione dell' incredulità tipica dell' animazione, porta dritto allo spettatore la forza di una poetica unica e inconfondibile.

Recensione già pubblicata su I-FILMSonline.

Monday, May 06, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 2

COLD WAR
Regia di Longman Leung, Sunny Luk


Non è FEFF senza il poliziesco di Hong Kong ed il poliziesco di Hong Kong sbarca al FEFF con una coppia di registi esordienti ed il loro film Cold War. Il titolo non si riferisce al “conflitto” Russo – Americano ma ad un' operazione, messa in piedi dalla polizia di Hong Kong per recuperare cinque agenti presi n ostaggio durante il loro turno di pattuglia, le cui indagini metteranno in ginocchio i vertici stessi delle forze dell' ordine. Come gran parte del cinema di genere richiede, Cold War vanta un grande cast ed una sceneggiatura molto complessa per contenere, all' interno dei suoi intrecci e twist narrativi, la coralità dei diversi personaggi coinvolti. Per compensare la parte narrativa più “densa”, i registi Longman Leung e Sunny Luk inseriscono quella dose di sparatorie, esplosioni ed inseguimenti che conferiscono al loro film una decisa marcia in più. Ma non è tutto oro, purtroppo, e ad una poca originalità complessiva, si unisce la sensazione, soprattutto nel pre finale, che abbiamo assistito ad una gratuita celebrazione dei valori della polizia dell' ex colonia britannica. E si uscirebbe dalla visione con l' amaro in bocca se non fosse per il vero finale, cupo e poco consolatorio, che permette a Cold War di riacciuffare la sufficienza.

LOST IN THAILAND
Regia di Xu Zheng


Un chimico scopre la formula per un nuovo e rivoluzionario super combustibile. Per farsi firmare la procura a vendere il brevetto, si trova costretto a partire per la Thailandia dove il suo capo si è ritirato in meditazione. Pedinato e spiato da un collega/amico/rivale, stringe un curioso rapporto di collaborazione-amicizia con Baobao, un ragazzo con qualche rotella fuori posto. Già affermata figura comica  nel panorama cinematografico cinese, Xu Zheng esordisce alla regia con Lost in Thailand, film di cui è anche produttore ed interprete, e con il quale sbanca letteralmente il botteghino. Lost in Thailand ha registrato infatti un successo di pubblico senza precedenti e, di conseguenza, incassi da record. Come ci sia riuscito risulta sicuramente un bel mistero soprattutto alla luce di limiti che la pellicola non fa alcuno sforzo di nascondere: l' espediente comico della coppia male assortita che finisce in ogni genere di guai a causa di equivoci e incomprensioni è, ad esempio, eccessivamente riciclato, ma è in generale tutto il film ad essere poco originale e scontato. Eppure si ride, e di gusto, ed il merito va ricercato in alcune gag davvero ben congegnate ed al talento comico dei tre protagonisti. Non che basti, sia ben chiaro.

THE WINTER OF THE YEAR WAS WARM
Regia di David Cho



Il cinema coreano, sia per quantità i titoli prodotti che per varietà di generi affrontati, è forse la cinematografia orientale che più si avvicina ai gusti del pubblico occidentale. Ma è anche un cinema che, per fortuna, mantiene forte la sua identità ed il film di David Cho ne è la conferma. La storia vede come protagonisti un regista, che trova nella sua cittadina di provincia un po' della tranquillità che gli serve, ed un' infermiera che appena può scappa verso Seul per vivere profondamente l' ambiente culturale della capitale sud coreana. Attraverso un amico comune si conoscono e trovano la soluzione al loro desiderio di fuga decidendo di scambiarsi gli appartamenti durante i weekend. The Winter of The Year Was Warm è una commedia romantica ma che, a dialoghi melensi  stucchevoli e alle più classiche rappresentazioni delle dinamiche di coppia, preferisce raccontare i suoi protagonisti in maniera molto più intima, facendo in modo che le loro vite si sfiorino e finiscano per conoscersi in maniera più profonda proprio grazie al loro accordo, immergendosi l' uno nella vita dell' altra. David Cho sceglie un approccio formale davvero minimale giocato soprattutto sul montaggio, pochi movimenti di macchina ed interventi della colonna sonora centellinati e mai fuori luogo. Un piccolo gioiello.

THE GANGSTER
Regia di Kongkiat Khomsiri


Trattandosi di una cinematografia florida ma comunque minore, bisogna rendere merito al cinema tailandese di provarci, sempre, anche se i risultati finali raramente sono memorabili: The Gangster di Kongkiat Khomsiri purtroppo, nonostante le buone intenzioni, rientra in questa statistica. Remake di un film del 1997, la pellicola prova a raccontare, alternando la fiction e brevi spezzoni di interviste, la vita criminale durante gli anni '50, come una sorta di Good Fellas in salsa thai (paragone pesante ma calzante). Attraverso la vita di Jod, giovane criminale realmente vissuto in quegli anni, Khomsiri traccia un ritratto a tinte forti di una generazione segnata dalla violenza e dal sangue. Sono proprio questi ultimi due aspetti sui quali il regista calca decisamente la mano preferendo ai personaggi, tanti e troppi appena abbozzati, una rappresentazione quanto mai esplicita della violenza che risulta fine a se stessa se non supportata da un impianto narrativo all' altezza. Ed è un peccato perchè, dietro la macchina da presa, Khomsiri dimostra di saperci fare ma non riesce in alcun modo a trascinarci dentro il suo film.

I commenti di Cold War, Lost in Thailand e The Winter of The Year Was Warm già pubblicati su I-FILMSonline.

Sunday, May 05, 2013

Lyrics of the Week + Video / THE NATIONAL - DEMONS



When I think of you in the city,
The sight of you among the sites.
I get this sudden sinking feeling,
Of a man about to fly.
Never kept me up before,
Now I’ve been awake for days.
I can’t fight it anymore,
I’m going through an awkward phase.
I am secretly in love with,
Everyone that I grew up with.
Do my crying underwater,
I can’t get down any farther.
All my drowning friends can see,
Now there is no running from it.
It’s become the crux of me,
I wish that I could rise above it.

But I stay down,
With my demons.
But I stay down,
With my demons

Passing buzzards in the sky,
Alligators in the sewers.
I don’t even wonder why,
Hide among the unbelievers.
Huddle with them all night long,
The worried talk to god goes on.
I sincerely tried to love it,
Wish that I could rise above it.

But I stay down,
With my demons.
I stay down,
With my demons
I stay down,
With my demons.
I stay down,
With my demons
I stay down,
With my demons

Can I stay here? I can sleep
on the floor
paint the blood and hang the palms,
On the door.
Do not think I’m going places anymore,
Wanna see the sun come up above New York.
Oh, everyday I start so great,
Then the sunlight dips.
Less I’ve learned,
The more I see the pythons and the limbs.
Do not know what’s wrong with me,
Sours in the cup.
When I walk into a room,
I do not light it up.
Fuck.

So I stay down,
With my demons
I stay down,
With my demons
I stay down,
With my demons
I stay down,
With my demons

Friday, May 03, 2013

Far East Film Festival 15 - Day 1

JURY
Regia di Kim dong-ho

Prima della consueta presentazione da parte della direttrice Sabrina Baraceti, la quindicesima edizione del Far East Film Festival viene introdotto da un piccolo ma significativo cortometraggio diretto e prodotto da Kim Dong-ho, che non solo esordisce alla regia all' età di settant'anni ma al quale il FEFF vuole assegnare il Gelso d'Oro alla Carriera. Direttore per tantissimi anni del BIFF (Busan International Film Festival) Kim Dong-ho racconta in questa sua divertente ed intelligente opera prima il suo mondo, attraverso una giuria di cinque membri (attori e registi) che si trovano riuniti in una stanza per assegnare il premio ad un cortometraggio, senza risparmiare qualche frecciatina al modo forzato in cui spesso si giudicano e si cercano di interpretare i film.

THE BERLIN FILE
Regia di Ryoo Seung-wan


Quando il FEFF inizia, generalmente lo fa con il botto. La selezione ufficiale di questa 15^ edizione si apre infatti con la nuova fatica di Ryoo Seung-wan già conosciuto per i suoi City of Violence e The Unjust, visto proprio al FEFF due anni or sono. Come per il suo film precedente, anche The Berlin File presenta una storia piuttosto complessa e articolata (trattandosi fondamentalmente di una spy-story non ci si poteva aspettare diversamente) che vede in gioco CIA, Mossad e servizi segreti della Corea del Nord e del Sud. Ma in fondo tutto si riduce al disperato tentativo di un agente della Corea del Nord di scagionare se stesso e la moglie dopo essere rimasti vittima di una serie di intrighi orchestrati da membri del loro governo. La cornice berlinese da al film un respiro particolarmente internazionale e la trama, abbastanza canonica per il genere, possono dare l' idea di un film già visto e un po' lontano dal suo cinema di origine. Ma l' importanza data alle sequenze d' azione, tante e davvero adrenaliniche, riportano The Berlin File alle sue origini e lo rimettono energicamente in carreggiata.

IT'S ME IT'S ME
Regia di Miki Satoshi


Diventato uno dei beniamini del FEFF fin dalla decima edizione, dove incantò il pubblico con il suo film più bello Adrift in Tokyo, Miki Satoshi si è fatto subito conoscere per il suo particolarissimo stile che oscilla tra la commedia demenziale e quella surreale. Ed è proprio alla sua vena più surreale che ha attinto per i suoi ultimi film, Instant Swamp del 2009 e It's Me It's Me prima delle tre anteprime mondiali presenti nella selezione del Festival. Protagonista del film è Hitoshi (interpretato dall' idol Kamenashi Kazuia che, nel corso della pellicola, interpreterà anche altri 32 ruoli diversi) annoiato ed insoddisfatto commesso di un negozio di articoli elettronici che entrando, in possesso in maniera fortuita di un cellulare non suo, mette in piedi una truffa telefonica facendo finta di essere qualcun'altro, cosa che gli frutta anche un bel po' di soldini ma che lo porta anche ad incontrare diverse “copie” di se stesso. It's Me It's Me è un film che parla di crisi d' identità ma anche della difficoltà di relazionarsi con il prossimo trovando conforto e comprensione solo in noi stessi. Miki Satoshi affronta l' argomento in maniera molto personale spingendo l' odissea del suo protagonista fino alle soglie del thriller ma senza mai rinunciare al suo modo di fare cinema,  uno stile che non cerca compromessi: o lo si ama o lo si odia. Ed It's  Me It's Me è un film davvero difficile da odiare.

Resoconto giornaliero già pubblicato su I-FILMSonline.