Friday, July 31, 2009

PUSHING DAISIES - SEASON 02 -

TITOLO ORIGINALE: PUSHING DAISIES
TITOLO ITALIANO: PUSHING DAISIES
NUMERO EPISODI: 13

-TRAMA-
Continuano e si concludono , le avventure investigative del "Pie Maker" Ned con il suo tocco che risveglia i morti, della sua fidanzata resuscitata Chuck e del detective Emerson Cod.

-COMMENTO-
Uff!
Quanto mi ci è voluto per conlcudere la visione di questa seconda stagione di Pushing Daisies e non certo perchè la serie non sia valida, anzi, tutt'altro. I tredici episodi che compongono questa stagione sono semplicemente meravigliosi, forse alcuni addirittura superiori a quelli della prima ma, nonostante ciò, visto il calo di ascolti l'emittente ABC ha deciso di chiudere la serie senza tante discussioni. Niente mobilitazioni di fan come per quella seriucola di Jericho, Pushing Daisies è cancellato, finito, archiviato.
Ogni nuovo episodio che guardavo era un avvicinarsi inesorabile verso l'ultimo e sinceramente non mi andava di vedere la serie raggiungere una fine fin troppo prematura. Quindi me la son presa con calma e ho assaporato lentamente ogni episodio, ogni bizzarra investigazione in cui Ned, Chuck ed Emerson Cod si trovano invischiati, alle loro dolce-amare vicende personali immerse in questa perfetta atmosfera a metà strada tra Big Fish di Burton e i film di Wes Anderson.
E' difficile anche scriverne perchè non solo ripeterei quanto scritto per la prima stagione, ma perchè userei quelle stesse parole per elencare tutte le motivazioni per le quali una serie così non dovrebbe finire in maniera così repentina. A suo tempo dissi che "di Pushing Daisies semplicemente ci si innamora" e ci credo ancora adesso. Forse semplicemente il pubblico americano non era pronto per innamorarsi di pushing Daisies, tutto qui. Ce ne facciamo una ragione è mettiamo la parola fine ad uno dei prodotti televisivi più originali degli ultimi anni.
Ed anche se il finale è troppo affrettato e appiccicato un po' con lo sputo, credo che mi mancheranno molto:
le indecisioni di Ned
la dolcezza di Chuck
il tagliente sarcasmo di Emerson Cod
i baci dati attraverso la pellicola trasparente
l' esuberanza di Olive
il Pie Hole
zia Vivian ed il suo fucile
...mi mancherà tutto Pushing Daisies...cazzo!

-DVD-
Al momento è disponibile il cofanetto R2 della seconda stagione, edizione inglese, su Play.com.

Thursday, July 30, 2009

They will rise to suck the blood of the living!

Una barca a vela con apparentemente nessuno a bordo, vaga per la baia di New York in balia delle onde. Per evitare collisioni con i traghetti di passaggio la Guardia Costiera interviene per verificare la presenza o meno di equipaggio. Uno degli agenti sceso sotto coperta viene aggredito e ucciso da un uomo in apparente stato di decomposizione, a sua volta fermato e fatto cadere in acqua da un secondo poliziotto presente a bordo. Attraccata al porto per le indagini, la barca si scopre appartenere ad un medico di cui da mesi omai non si hanno più notizie. La figlia di quest' ultimo con la collaborazione di un giornalista ne ricostriranno le tracce per ritrovarlo, arrivando, insieme a due turisti americani, su di una sperduta isola nei caraibi ritenuta da molti maledetta dove un medico, il dottor Menard, cerca di trovare una cura ad una malattia che sta riportando i morti alla vita. Se siete degli amanti degli zombi come me, o se siete attratti quasi in maniera feticistica dal particolare ramo della cinematografia horror a loro dedicato, allora presto o tardi vi imbatterete nella filmografia di Lucio Fulci e nel suo contributo dato al genere. Nonostante il trattamento riservatogli in Italia, sia a livello di distribuzione (ai più attenti non risulterà tanto strano ma di alcuni dei suoi film, come questo Zombie 2, non ne esiste una edizione italiana in DVD) che di critica (basti vedere il massacro sul noto dizionario Morandini), le sue pellicole si sono guadagnate col tempo il rispetto del pubblico venendo riconosciute come veri e propri cult a livello mondiale. Il suo Zombie 2, conosciuto anche con il titolo internazionale "Zombie Flesh Eaters", segue la scia del capolavoro di Romero, Dawn of the Dead, uscito solo un anno prima, prendendone comunque le giuste distanze: innanzi tutto Fulci preferisce affondare nell' horror più puro piuttosto che impregnare la pellicola di un' aspra critica sociale, tipica del cinema "zombie" di Romero. In secondo luogo, dove il regista americano preferisce lasciare all' oscuro lo spettatore sulle cause del ritorno in vita dei defunti, in Zombie 2 si abbraccia a piene mani il mito e le superstizioni legate a queste inquietanti figure, che riconducono direttamente a pratiche voodoo, lasciando la razionalità unicamente alla figura del Dott. Menar. Mutilazioni, banchetti di carne umana e assedi a parte, il film di Fulci si è rimasto sicuramente impresso tra i cultori del genere, sia per il "look" degli zombi (marcescenti, sporchi, con i bulbi oculari pullulanti di vermi ecc.) sia per alcune sequenze cult (avete mai visto uno zombi lottare sott'acqua contro uno squalo? Bè, qui lo potrete vedere) che stupiscono ancora oggi per la sadica efferatezza, e ci si riferisce naturalmente alla famigerata scena della scheggia nell' occhio della quale la regia di Fulci, indugiando e insistendo sul dettaglio, non si perde perde un solo macabro secondo. Da riscoprire.

Wednesday, July 29, 2009

AD UN PRIMO SGUARDO: DOLLHOUSE - SEASON 01, GALILEO E ATTENTION PLEASE

Dollhouse è la nuova serie di Joss Whedon e il mio non è proprio un primo sguardo perché sono a poche puntate dalla fine oramai(che credo guarderò tutte in un a volta insieme al tredicesimo episodio resosi da poco disponibile). Dopo otto puntate viste nell' arco di due soli giorni posso dire che il mio giudizio "parziale" è decisamente positivo. Anche se gli episodi sono per lo più autoconclusivi, mi piace il modo in cui si sta sviluppando la sottotrama principale, i misteri che circondano il sistema delle Dollhouse e soprattutto l'enigmatica figura di Alpha. Staremo a vedere come si chiuderà il cerchio.

Come già scritto precedente- mente su queste pagine, ultimamente mi sto dividendo tra le serie tv americane e quelle giapponesi. Eh si, il mondo dei "dorama" si sta svelando piuttosto ramificato nelle tematiche e quindi, per certi versi, interessante. La prima delle due serie, la cui visione è per il momento in stand by, è Galileo. Serie poliziesca/investigativa nella quale una poliziotta indaga su delitti apparentemente inspiegabili grazie alla collaborazione di un geniale scienziato. Sulla carta non è nulla di particolarmente invitante o originale ma la serie dovrebbe reggersi sull' interazione tra i due protagonisti, uno l'esatto opposto dell' altro. Vi farò sapere più avanti.

Il secondo dorama che ho in visione (quattro puntate su di un totale di undici) è ambientato nell' incantato mondo delle hostess giapponesi, in particolar modo quelle della JAL (Japan Air Line). Un mondo non così tanto incantato alla fine ma duro e basato su di un' estremo rigore tipicamente giapponese. La serie appare come una commedia (tutto è costruito sulla protagonista aspirante hostess tutt'altro che adatta al ruolo) sul diventare adulti e responsabilizzarsi con accenni melò che probabilmente esploderanno nelle prossime puntate. Anche in questo caso dovrete attendere un po' per avere un mio giudizio finale.

Tuesday, July 28, 2009

PICCOLO SPAZIO PUBBLICITA'...

E' online da ieri Il blog di Rosuen che, dopo anni di silenzio da lettrice, ha deciso da di dare il suo personale contributo alla Rete ma soprattutto al mondo dei blog che sempre più viene abbandonato in favore di Facebook.
Il mio naturalemnte vuole essere un "in bocca al lupo" per Rosuen e un invito alla lettura per tutti quelli che si trovassero a passare di qui e avessero voglia di dare i loro contributo o un piccolo supporto alla crescita di questo neonato blog.
Di preciso ancora "Il blog di Rosuen" non ha un impostazione tematica predefinita e questo non è un male visto che anch'io ho cominciato così.
Buona lettura ^__^

Monday, July 27, 2009

"One word can change everything"...ma per piacere...

Dopo la separazione dalla moglie, Carl Allen ha cominciato a fare dell 'ordinarieta la sua ragione di vita, rifiutando qualsiasi cosa, qualsiasi contatto, qualsiasi occasione potesse portare delle novità nella sua vita. Un atteggiamento rafforzato dal suo lavoro in banca come impiegato all' approvazione di prestiti e finanziamenti, attraverso il quale spegne i desideri e le aspirazioni di tanti. La svolta per lui arriva quando, convinto da un amico di vecchia data, decide di partecipare al seminario degli Yes Man decidendo, non senza qualche titubanza, di appoggiarne la filosofia: affrontare la vita rispondendo a tutto con un "si". Decisione improvvisa(ta) che porta nella sua vita una valanga di novità e cambiamenti. Alla luce di questo Yes Man di Payton Reed mi chiedo che futuro possa avere un certo tipo di commedia americana che non riesce a fare niente di meglio che riciclare se stessa in maniera anche imbarazzante. Non solo infatti Yes Man ha delle affinità con Bugiardo, Bugiardo (se li la "molla" comica scattava con l'essere costretto a dire la verità, qui funziona allo stesso modo con il rispondere in maniera affermativa a qualsiasi richiesta) ma ne condivide anche lo stesso attore protagonista, Jim Carrey. Ed è proprio su du lui che nascono le mie perplessità perché, se è vero che l'attore di origine canadese ha sfondato nella commedia grazie alla sua faccia di gomma, è vero altrettanto che ha saputo affermarsi in ruoli ben più complessi e impegnati (si veda sia Man on the Moon e Eternal Sunshine of the Spotless Mind). Mi chiedo quindi che senso ha riproporsi ancora nel 2009 sempre facendo le faccine, smorfie risapute e tanto fini a se stesse. Basta questo a bocciare sonoramente e senza possibilità di appello il film di Payton Reed, senza bisogno di aggiungere la solita scrittura scontata e senza ispirazione che anima questi film, anche perché in fin dei conti è forse la cosa più prevedibile. Ma per non voler fare i cattivi a tutti i costi, qualcosa la si salva anche, piccoli particolari che, seppur brevi, hanno lasciato un buon ricordo: innanzitutto ci sono le feste a tema organizzate dal capo di Carl, una su Harry Potter e una su 300 (oddio, quando ha aperto la porta vestito da Leonida e urlando "questa è Sparta" sono morto), e un po' tutte le sequenze dove c'è la dolcissima Zooey Deschanel che sembrano quasi prese da un film più bello e messe li a caso. E mi sa che forse il merito è tutto di Zooey, c'è poco da fare.

Sunday, July 26, 2009

Lyric of the Week + Video / LILY ALLEN - FUCK YOU (VERY MUCH)

**Senza giri di parole**


Look inside, look inside your tiny mind
Then look a bit harder
'Cause we're so uninspired, so sick and tired
Of all the hatred you harbor

So you say it's not okay to be gay
Well, I think you're just evil
You're just some racist who can't tie my laces
Your point of view is medieval

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause we hate what you do
And we hate your whole crew
So please don't stay in touch

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause your words don't translate
And it's getting quite late
So please don't stay in touch

Do you get, do you get a little kick
Out of being small minded?
You want to be like your father
It's approval you're after
Well, that's not how you find it

Do you, do you really enjoy
Living a life that's so hateful?
'Cause there's a hole where your soul should be
You're losing control a bit
And it's really distasteful

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause we hate what you do
And we hate your whole crew
So please don't stay in touch

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause your words don't translate
And it's getting quite late
So please don't stay in touch

Fuck you, fuck you, fuck you
Fuck you, fuck you, fuck you
Fuck you

You say you think we need to go to war
Well, you're already in one
'Cause it's people like you that need to get slew
No one wants your opinion

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause we hate what you do
And we hate your whole crew
So please don't stay in touch

Fuck you, fuck you very, very much
'Cause your words don't translate
And it's getting quite late
So please don't stay in touch

Fuck you, fuck you, fuck you
Fuck you, fuck you, fuck you

Friday, July 24, 2009

Guerra tra formati? No, no. E' la solita "italianata"

Siamo alle solite.
Mentre in tutta Europa, ma che dico, in tutto il mondo si lavora per inserire nel mercato il nuovo formato Blu Ray affiancandolo a quello DVD, solo in Italia (almeno da quanto mi risulta) si sta cercando di favorire il nuovo supporto danneggiando quello più diffuso e maggiormente radicato.
Adesso dico io, passi il voler mettere più extra e più contenuti interattivi nel Blu Ray, ma perchè fare uscire prima il formato ad alta definizione e posticipare l' uscita del semplice DVD di un un mese abbondante?
Questo è quello che è capitato con Gran Torino e dare una risposta che appaia almeno sensata al quesito precedente mi risulta praticamente impossibile considerato anche che: 1) il Blu Ray al momento non è certo economico 2) i lettori (che non siano Play Station 3) non sono ancora poi così diffusi.
Ma non è certo un caso isolato, soprattutto in casa Warner: si pensi all' ideona di fare uscire solo in Blu Ray la Director's Cut di Zodiac e, spostandoci alla Universal, la stessa cosa è stata fatta per Tropic Thunder. La cosa che lascia perplessi è che in Inghilterra è possibile trovare le edizioni speciali di questi due titoli in DVD e ad un prezzo molto più vantaggioso (fattore che di questi tempi non è da sottovalutare) delle controparti Blu Ray italiane.
Tornando a Gran Torino, considerato che cambiano i formati ma le politiche distributive irrispettose e menefreghiste verso l' utente finale sono sempre le stesse, ho tutta l'intenzione di lasciare sia il Blu Ray nello scafale e di comprare l'edizione DVD inlgese, già disponibile e con tanto di audio e sottotitoli italiani, invitandovi a fare altrettanto. (Meno di 16 Euro comprensivo di spese di spedizione lo trovate qui)

Thursday, July 23, 2009

Nazisti, zombie e norvegesi

Un gruppo di giovani studenti di medicina decide di passare le vacanze pasquali in una tranquilla baita in mezzo alle montagne, ignari degli orrori che dimorano in quei luoghi fin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. In poche righe si è descritto l' incipit di non so quante pellicole horror, in particolare quelle che vedono un gruppo di baldi giovani fare una brutta fine uno dopo l'altro. Non è certo la novità a muovere questa pellicola norvegese e non è certo l'ambientazione tra monti innevati a portare quella necessaria boccata d'aria fresca alla pellicola di Tommy Wirkola. Ma allora cosa spinge a recuperarsi un film come Dead Snow? Perchè a questo punto una domanda del genere è anche lecito farsela, considerato che se si vogliono vedere horror di dubbio gusto non c'è bisogno di andare a disturbare la più recente cinematografia nord europea. Il motivo è presto detto: ciò che fara a pezzi con molto gusto (soprattutto degli spettaotori) il gruppo di giovani protagonisti non è certo il solito killer/maniaco imbruttito ma, signore e signori, i Nazisti. Eh si, i Nazisti quelli veri, quelli originali con ancora addosso le divise consunte, quelli dispersi e morti sulle montagne durante la fase conclusiva del secondo conflitto mondiale. Ed ora sono tornati, redivivi e pronti al massacro, dei Nazi-zombi insomma, elemento che di per se poteva far diventare questo Dead Snow un cult assoluto. Sfortunatamente però Wirkola rischia di mandare tutto in malora nella prima parte, quella più delicata in questo genere di film, quella che io definisco di preparazione, dove vengono introdotti i personaggi e dove vengono serviti quei due tre "antipasti" giusto per fati venire l' acquolina in bocca in attesa della "portata principale". A parte la delusione nel vedere il character più interessante (il film geek, esperto quindi in materia "zombi") morire come un deficiente (ma come fai, chiuso in casa per difenderti da un assedio di morti viventi, a metterti schiena alla finestra???) è la noia a farsi strada in maniera preoccupante, diretta conseguenza del fattore attesa e del classico cliché degli attacchi notturni dove l'oscurità cela i misteriosi assalitori. Fortunatamente a questo punto Wirkola cambia rapidamente registro e tutto il successivo massacro (da ambo le parti) avviene alla luce del sole con grande abbondare di sangue, mutilazioni, cauterizzazioni, asportazione non consensuale di interiora, e tante esplicite citazioni da Evil Dead. Alla fine poi, quando vedi un' orda di soldati nazisti vistosamente defunti che corrono bramosi di carne fresca per le candide distese innevate norveggesi, ti dimentichi anche dei motivi che ti hanno fatto storcere il naso all' inizio film. Perciò, se si è disposti a perdonare e a pazientare per una prima parte tutt' altro che brillante (e potrebbe seriamente farvi desistere), si viene abbondantemente ricompensati con quello che segue e ci si diverte un bel po'.

Wednesday, July 22, 2009

"Until the Lights Come Back" coralità in chiave giapponese

Nonostante l'abisso che li separa qualitativamente, il film di Takashi Minamoto "Until the Lights Come Back", mi ha riportato alla mente il bellissimo "Magnolia" di Paul Thomas Anderson con il quale condivide alcuni elementi. Il più evidente è sicuramente la struttura corale dell' opera seguita poi dall'elemento che mette in collegamento tutti i personaggi e le loro storie, rappresentato dall' apocalittica pioggia di rane alla fine di Magnolia e da un blackout nei primi minuti del film di Minamoto. Causato dalla caduta di un satellite denominato "dio", l'interruzione di corrente che investe tutta Tokyo assume valenza quasi divina soprattutto perché avviene un giorno prima della Vigilia di Natale. In questa atmosfera quasi surreale per la capitale giapponese in perpetuo movimento, si svolgono le vicende di una moltitudine di personaggi diversi, amanti abbandonate, mogli tradite, figli che ritrovano i genitori che credevano morti e via dicendo. Tutte storie di sentimenti irrisolte legate da un sottilissimo filo del destino che troveranno finalmente un giusto (sia buono che doloroso) epilogo nell' oscurità forzata di una notte di dicembre.
La forza di Until the Lights Come Back sta proprio nel raccontare come in una città come Tokyo la vita moderna sia talmente frenetica che alle volte ci si fa semplicemente trascinare, dal lavoro o dagli eventi, e non si ha il tempo da dedicare alle propria famiglia o alle persone che ci stanno vicino. Lo stop imposto da un blackout tale da paralizzare un' intera città costringe le persone a fermarsi per dare finalmente una svolta alla propria vita, per riavvicinarsi alle persone care o per trovare il coraggio di lasciarle andare via una volta per tutte.
Purtroppo il film del regista giapponese mostra tutti i suoi limiti proprio nella gestione della coralità, non riuscendo a prendere le giuste misure tra tutte le storie che si trova a raccontare, finendo per sacrificare quelle potenzialmente più interessanti. Se infatti è il gruppo centrale di personaggi (quelli, diciamo, legati a doppio filo tra di loro) a risultare quello maggiormente sviluppato ma anche il più banale, sono le storie del ragazzino con la modella, del fattorino cinese o dell' ex galeotto, ad essere lasciate fin troppo ai margini del film. Forse è proprio la banalità delle relazioni raccontate a far apparire, le due ore abbondanti del film, fin troppo pesanti.
La pellicola ha comunque dei momenti veramente riusciti e considerata la difficoltà nel mettere insieme questo genere di film, non si può non apprezzare il tentativo di Minamoto
.

Tuesday, July 21, 2009

PRISON BREAK - THE FINAL BREAK -

Proprio quando si pensava fosse finita, ecco arrivare per Prison Break uno special di due ore (trasmesso in anteprima in Israele e in UK, mentre negli USA uscirà direttamente in DVD) che va a risolvere il grosso interrogativo lasciato in sospeso dal doppio finale dell' episodio 22 della quarta stagione. In pratica The Final Break, questo il titolo dello special, si va a posizionare cronologicamente immediatamente dopo che i nostri eroi guadagnano la tanto inseguita libertà. Ritroviamo Michael e Sara mentre, dopo gli ultimi cinque anni passati a scappare e a morire apparentemente, si stanno per sposare. Ad interrompere il tanto atteso momento giunge la polizia ad arrestare Sara per un omicidio strettamente legato ai drammatici eventi di fine quarta stagione. Chiusa in carcere in attesa del processo, Sara deve subito vedersela con il benvenuto delle guardie e con le minacce di morte del Generale, destituito da capo della Compagnia e incarcerato nel braccio maschile della stessa prigione. Per salvarla, a Michael non rimane che rimettere in gioco la libertà da poco ottenuta e farla evadere. Nato come rampa di lancio per uno spin-off tutto al femminile intitolato Prison Break: Cherry Hill (la cui sorte tra l'altro è incerta), Final Break sembra, ad occhi maliziosi, più che altro come un tentativo abortito di un' ipotetica quinta stagione che fortunatamente non vedremo mai. Considerato che il series finale non è per nulla malvagio anzi, il salto di quattro anni rende perfettamente l'idea delle varie strade prese dai protagonisti (riservandoci anche un bel colpo di scena), trovo questo Final Break anche abbastanza superfluo ma i fan più accaniti sicuramente non disdegneranno il rivedere Michael e soci all' opera un' ultima volta in uno dei suoi piani geniali anche se meno macchinosi del solito (e ci mancherebbe, in due ore scarse!), per un epilogo un po' troppo frettoloso in certo frangenti ma comunque godibile.

Monday, July 20, 2009

Il "fenomeno" SCANDAL MAKERS

Dj radiofonico trent'enne, Nam Hyeon-soo conduce la sua vita come un sigle impenitente godendosi al meglio la futile notorietà portata dalla trasmissione che conduce. La sua vita cosi perfettamente collaudata viene messa sottosopra quando un giorno bussa alla sua porta una giovane ragazza di circa ventanni, con figlio al seguito, la quale afferma di essere sua figlia. Scopertosi improvvisamente padre e nonno, Hyeon-soo cercherà di tenere nascosto il suo ingombrante segreto per evitare che, se dovesse venire a galla, lo scandalo che ne conseguirebbe affossi la sua carriera. Non stupisce affatto il successo riscosso da questa pellicola d'esordio del regista coreano Kang Hyeong-cheol, partito decisamente male ma arrivato addirittura a superare per incassi il blockbuster western di Kim Jee-woon, The Good The Bad The Weird. Così come non stupisce il fatto che abbia fatto impazzire il pubblico del Far East 11 tanto da arrivare secondo nell' Audience Award subito dopo Departures. Scandal Makers è infatti la classica commedia dove tutti gli elementi che la compongono sono scelti e calibrati ad arte per accogliere i favori del pubblico a braccia aperte. Nonostante da queste parti non si apprezzino tanto certe mosse furbette, bisogna riconoscere al regista di aver fatto un film di genere, stra-abusato in terra coreana, centrando l'obiettivo alla prima opera e di aver lavorato molto anche sotto il profilo estetico della pellicola costruendogli intorno una confezione molto curata. Si comincia con l' affidarsi ad un collaudato talento comico come Cha Tae-hyun, affiancandoli la bella Park Bo-yeong ma soprattutto il piccolo Hwang Seok-hyeon, che con la sua faccia di gomma dimostra delle capacità comiche innate. Una volta che piazzi ad arte un bambino che ispira la risata solo con le sue espressioni facciali gran parte del lavoro è gia fatto e ti puoi permettere anche di raccontare una storia dai risvolti prevedibili ed un finale scotato, trovando anche il tempo di far cantare qualche canzone ai protagonisti che vanno così a "colorare" ulteriormente una colonna sonora ammiccante che pone ulteriormente l'accento sulla natura commerciale del film. Naturalmente chi scrive considera questi elementi non tanto dei difetti quanto motivi per catalogare Scandal Maker tra quelle pellicole di scarso interesse che si guardano almeno una volta e che strappano pure qualche risata (anche meno di quello che si potrebbe pensare). Chi ama il genere invece trovarà in questo film un piccolo gioiellino e non è un caso se Hollywood si è già accaparrata i diritti per il remake.

Sunday, July 19, 2009

Lyric of the Week + Video / JESUS AND MARY CHAIN - JUST LIKE HONEY

Neanche lo scrivo il film che ha ispirato la canzone di questa settimana ^__*


Listen to the girl
As she takes on half the world
Moving up and so alive
In her honey dripping beehive
Beehive
It's good, so good, it's so good
So good

Walking back to you
Is the hardest thing that
I can do
That I can do for you
For you

I'll be your plastic toy
I'll be your plastic toy
For you

Eating up the scum
Is the hardest thing for
Me to do

Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey
Just like honey

Friday, July 17, 2009

VALZER CON BASHIR - SPECIAL EDITION - (R2 - ITALIA)

Valzer con Bashir è uscito in una stagione in cui l'animazione ha giocato un ruolo fondamentale grazie a pellicole come Wall-E, Ponyo e Coraline. Il film di Ari Folman, giustamente candidato all' Oscar come Miglior Film Straniero, sottolinea con ancora più forza l' importanza di questa forma di espressione cinematografica spesso e volentieri sottovalutata. La Lucky Red, il cui catalogo si fa sempre più ricco ma soprattutto ricercato, distribuisce Valzer con Bashir in una curata edizione a disco singolo, con tutti parametri tecnici fondamentali rispettati (video nel corretto formato anamorfico, lingua originale con sottotitoli opzionabili e doppiaggio italiano) ed extra piuttosto corposi (un lungo Making Of e scene tagliate dal montaggio finale). Affiancata a questa edzione "easy" la casa italiana ha pubblicato anche una Special Edition (che potete vedere nelle foto sotto) che comprende, oltre al disco del film, anche la graphic novel con in appendice alcuni approfondimenti sulla realizzazione del film. Il tutto è contenuto in un elegante cofanetto, piuttosto robusto ma, come quasi tutti i prodotti di questo tipo, ha un supporto per tenere fermo il disco che non conferisce proprio il massimo della stabilità. Il prezzo piuttosto elevato (può arrivare a costare anche sui 24,00 Euro) si compensa con il fatto che se decidete di acquistare il DVD singolo e la graphic novel a parte (si trova anche così) probabilmente spendereste anche di più. Poi il tutto dipende anche da quanto siete appassionati/feticisti.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Lucky Red
Distributore: Medusa
Video: 1.78:1 anamorfico
Audio: Dolby Digital 5.1 Italiano, Ebraico
Sottotitoli: Italiano, Italiano non udenti
Extra: Making of, Scene Tagliate, Trailer
Regione: 2 Italy
Confezione: cofanetto

Contenuti Cofanetto:
1 DVD per film e extra
1 Graphic Novel







Thursday, July 16, 2009

"It takes backbone to lead the life you want"

Revolutionary Road è la strada che attraversa un quartiere residenziale tutto ville monofamiliari, giardini e macchine parcheggiate nei vialetti. E' il posto dove approdano Frank, venditore per un' importante ditta di calcolatori elettronici, e April, sua moglie, aspirante attrice divenuta casalinga e madre a tempo pieno. Ma quello che sembra il traguardo ideale per una media famiglia americana degli anni' 50 nasconde l' insoddisfazione di Frank per il suo lavoro e le frustrate aspirazioni attoriali di April. Non avendo letto il libro di Richard Yates da cui il film di Sam Mandes è tratto non mi trovo per nulla legato all' annoso dilemma "adattamento" e posso pertanto giudicare il film come opera e se stante. La cosa che salta subito all' occhio è la maniera in cui la regia cammina di pari passo con la potenza drammatica del racconto, a sua volta sorretta dalle interpretazioni straordinarie di Leonardo DiCaprio e di Kate Winslet (ma bisogna segnalare anche quella di Michael Shannon nel ruolo del "folle" John Givings). Le immagini di Mendes, con il prezioso apporto della fotografia di Roger Deakis, colpiscono per la cura con la quale gli anni '50 sono ricostruiti e ci restituiscono quadri patinati quasi da cartolina soprattuto degli ambienti domestici, precisi, perfetti e ordinati come ce li si aspetterebbe, ma che nascondono la loro doppia natura di focolare/prigione (piuttosto esplicite le inquadrature dei protagonisti da dietro le finestre/sbarre con l'esterno che si riflette sui vetri). La bella casa, il lavoro sicuro e ben retribuito, la famiglia numerosa non sono altro che la rappresentazione di un conformismo fin troppo comodo al quale aggrapparsi per la paura di realizzarsi al di fuori di quei confortevoli standard dettati dalla società. La Revolutionary Road non ha nulla di rivoluzionario e così, l'ideale della famigliola felice, diventa elemento castrante di una libertà ricercata dai protagonisti ma mai afferrata, sia per mancanza di coraggio, sia per una raggiunta consapevolezza di non essere poi così speciali da potersi elevare al di sopra degli altri. Una consapevolezza che porta rabbia, rancori, disprezzo reciproco e che fa precipitare le vite di April e Frank in quel vuoto nel quale galleggiavano da troppo tempo, colmato temporaneamente dalla giovane coppia piena di speranze che verrà dopo di loro a recitare la commedia delle ipocrisie sul palco di Revolutionary Road.

Wednesday, July 15, 2009

"Who's got my fucking strawberry tart?"

Crank High Voltage probabilmente era già un cult fin dalle prime notizie sulla sua imminente produzione, diventando assolutamente uno dei film più attesi sia dai fan di Jason Statham, sia tra quelli che avevano apprezzato la prima pellicola con protagonista Chev Chelios.
Eppure mi vien difficile definire questo nuovo film un seguito.
High Voltage riprende proprio da dove si interrompeva il primo, con Chev Celios che precipita da un elicottero e si schianta rovinosamente su di una macchina prima di atterrare esanime sull' asfalto in un' incrocio nella Downtown losangelina. Esanime? Non proprio, perchè un ultimo battito di ciglia ci fa capire subito che il buon Chev ha ingannato la morte un' altra volta. Ed ecco infatti che il suo corpo viene prelevato dalla mafia cinese che ha in serbo per lui un bel programmino ma soprattutto per il suo cuore tanto robusto da sopravvivere anche ad il più letale dei veleni. Asportato il prezioso cuore, al povero Chev ne viene impiantato uno artificiale con l'unico scopo di tenerlo in vita il più possibile e recuperare anche altri organi. Ma quando è la sua stessa virilità ad essere a richio, Chev si ribella e fugge dai suoi rapitori solo per scoprire che la sua "nuova" pompa cardiaca ha bisogno di essere caricata costantemente con energia elettrica per poter continuare a funzionare.
Eppure ancora non sono tanto convinto di voler chiamare High Voltage un seguito.
Dopo l'espediente dell' adrenalina infatti il dinamico duo Mark Neveldine/Brian Taylor, registi e sceneggiatori, alzano la posta e con un protagonista che si deve tenere "carico" con ogni mezzo possibile (dal mettere le dita nella presa accendisigari all' attaccarsi ai tralicci della corrente, dallo strusciarsi lascivamente ad una vecchia signora fino a rivolgere contro se stesso il taser della polizia) ti puoi permettere di fare quello che ti pare e di andare ben oltre i confini già abbondantemente superati con il primo Crank. Neveldine e Taylor prendono il cinema action e lo riplasmano a loro piacimento, lo distorcono (anche visivamente) trasformandolo in una corsa adrenalinica senza freni tra violenza e sesso (passando anche per deliri "godzilliani"), lasciando che a condurre questa corsa impazzita sia il sempre grande Jason Statham in un ruolo che sembra essere stato scritto solo per lui.
Ecco perchè non posso considerare questo film un sequel.
Eh no, Crank High Voltage non è un seguito. E' un cazzo di elevamento a potenza.

Monday, July 13, 2009

NOBUTA WO PRODUCE

TITOLO ORIGINALE: NOBUTA WO PRODUCE
TITOLO ITALIANO: N.D.
NUMERO EPISODI: 10

-TRAMA-
Nobuta, liceale timida e introversa, subisce passivamente le vessazioni di alcune studentesse. Due suoi compagni di classe, Shunji e Akira decidono di diventare i suoi produttori per renderla una ragazza popolare.

-COMMENTO-
La mia seconda esperienza con i dorama (serie tv) giapponesi non poteva essere migliore. Nonostante non ci sia infatti il contatto tra due mondi opposti come accadeva in My Boss My Hero o l' enorme presenza comica di Tomoya Nagase, Nobuta wo Produce risulta una serie più solida e più riuscita. Anche Nobuta è un dorama ad ambientazione scolastica e anche se la vita liceale è raccontata in maniera da apparire un po' sopra le righe, il tutto rimane più credibile e meno posticcio che in My Boss My Hero. Perfino le dosi di miele e buoni sentimenti che questi prodotti ti vomitano addosso appaiono più moderati o perlomeno non invadenti e fastidiosi. Se in principio la serie vuole farci credere che ci troviamo di fronte ad un prodotto che vuole esplorare le problematiche all' interno delle scuole giapponesi (bullismo, nonnismo e via discorrendo) Nobuta è una serie che ha come argomento principale l'amicizia ma soprattutto l'eterno conflitto tra l'essere e l'apparire, dilemma che cruccerà non poco uno dei protagonisti, abituato a vivere dietro una facciata che non gli appartiene pur di mantenere intatta la sua popolarità. Tra i personaggi principali spicca su tutti Akira, interpretato da Tomohisa Yamashita, eccentrico, appiccicoso, dai modi di fare fin troppo confidenziali e proprio per questo irresistibile. Altra nota positiva da segnalare è la maniera in cui ogni inquadratura, soprattutto quelle all' interno della scuola, sono "piene di vita" se mi si passa la definizione: basta prestare attenzione alle spalle dei personaggi in primo piano per notare la moltitudine di cose che accadono sullo sfondo. Pur essendo riuscito e bilanciato in tutte le sue componenti comiche e drammatiche, Nobuta wo Produce non è una serie adatta a tutti: chi è poco avezzo alle produzioni nipponiche infatti, potrebbe trovare fin troppo stucchevoli e fittizie le rappresentazioni dei sentimenti o le interpretazioni degli attori. Gli amanti dei dorama invece non dovrebbero perderlo.

-DVD-
La serie è disponibile in quattro volumi per i quali non è confermata la presenza di sottotitoli. Se avete tanti soldi da spendere li potete comprare alla "modica" cifra di 30 Euro cadauno sul solito YesAsia (qui, qui, qui e qui).

Sunday, July 12, 2009

Lyric of the Week + Video / ALPHAVILLE - FOREVER YOUNG

Ancora in testa la soundtrack di Napoleon Dynamite ^__^"


Lets dance in style, lets dance for a while
Heaven can wait were only watching the skies
Hoping for the best but expecting the worst
Are you going to drop the bomb or not?

Let us die young or let us live forever
We dont have the power but we never say never
Sitting in a sandpit, life is a short trip
The musics for the sad men

Can you imagine when this race is won
Turn our golden faces into the sun
Praising our leaders were getting in tune
The musics played by the madmen

Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever, forever and ever
Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever, forever young

Some are like water, some are like the heat
Some are a melody and some are the beat
Sooner or later they all will be gone
Why don't they stay young

It's so hard to get old without a cause
I don't want to perish like a fading horse
Youth is like diamonds in the sun
And dimonds are forever

So many adventures couldn't happen today
So many songs we forgot to play
So many dreams are swinging out of the blue
We let them come true

Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever, forever and ever
Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever, forever and ever
Forever young, I want to be forever young
Do you really want to live forever, forever

Friday, July 10, 2009

Il ragazzo che cavalcava i petardi

La Tailandia nel 1855 è un Paese che si affaccia ad un futuro economicamente prospero grazie agli accordi commerciali con l' Inghilterra. Gli allevamenti di bestiame si moltiplicano ma sono allo stesso tempo minacciati su più fronti: il giovane Jong Bang Fai ruba i bufali dagli allevamenti di Nai Hoi Singh che lui crede essere l'assassino dei suoi genitori. Ma c'è anche chi fa razzia nelle mandrie con lo scopo di diffondere nel territorio tailandese delle moderne macchine agricole provenienti dall' america. Se non fosse per quel particolare affetto che ormai mi lega a quelle produzioni che possiamo tranquillamente raggruppare sotto il nome "Thai Action Movies" (di cui Ong Bak è il più illustre rappresentante) avrei certamente liquidato questo Dynamite Warrior di Cahalerm Wongpin per quel filmetto ( o "accio" fate voi) che obiettivamente è, invece di trovarmi qui a fare considerazioni positive su di un genere che, nonostante i suoi limiti, continua a proporsi cercando strade sempre nuove e originali. In Ongbak e The Protector si lottava per recuperare qualcosa di sacro. In Ong Bak 2 le azioni del protagonista erano mosse dalla vendetta. In Chocolate l'autismo rendeva la protagonista come una spugna capace di assorbire le tecniche di combattimento solo osservandole. In Somtum, il sapore piccante del piatto tailandese rendeva un uomo enorme e un po' tonto, una furia rossa inarrestabile. In Dynamite Warrior c'è un atmosfera iniziale, con carri, bufali e mandriani, che ricorda tanto il western dove poi si inseriscono elementi di magia nera e il protagonista che combatte usando sia il muai thai che dei razzi (li lancia o, nel caso di quelli più grandi, li cavalca pure). Un mix sulla carta potenzialmente devastante ma che purtroppo, forse nel tentativo di trovare spazio per tutti questi elementi, rende la sceneggiatura troppo carica finendo per non esprire al meglio nessuna delle sue potenzialità e riducendo i personaggi a delle figure piatte senza un minimo di approfondimento. E non dico che avrei voluto chissà quale ricerca psicologica sui personaggi ma che almeno venisse spiegato come e perchè, ad esempio, Jong Bang Fai è diventato un esperto di razzi. La produzione di Prachya Pinkaew con Panna Rittikrai a coordinare le sequenze d'azione (ma qui interpreta anche il villain di turno), garantiscono un certo livello di entertaining quando ginocchiate e calci cominciano a piovere (veramente molto agile l'attore protagonista Dan Chupong), peccato solo per un eccessivo uso di effetti digitali che tolgono un po' troppa naturalezza a quello che è generalmente il fiore all' occhiello di questo genere di pellicole. Altri elementi che comunemente in questi film non si trovano, anche perché in Tailandia c'è una censura piuttosto rigida, sono sicuramente una violenza fin troppo esplicita ed una comicità tra il becero e grottesco (e mi riferisco a quella particolare sequenza dove il protagonista attende impaziente che alla figlia vergine del mago vengano le mestruazioni). Particolari che non lo rendono certo un film migliore di quello che è, ma che fa capire il perché sia stato distribuito un po' ovunque. Anche in Italia infatti è facilmente reperibile in DVD.

Thursday, July 09, 2009

DAI, DAI, DAI ,DAI

Bisogna pazientare ancora fino al prossimo autunno...


...ma la prima fuori serie italiana torna, eccome se torna!!!

Ringrazio ancora una volta Vagabond di
like a Snake in Escape per aver confermato questa splendida e attesissima news!!!

Wednesday, July 08, 2009

Parafrasandomi: "Lasciami Entrare a Twilight gli caga in testa"

Fondamentalmente è un periodo buono per i vampiri. Sia in libreria che in tv o al cinema, queste fantastiche ed inquietanti figure stanno vivendo una seconda giovinezza, non c'è che dire. Ma nonostante l'ottima serie tv True Blood, ed il bellissimo Let The Right One In di Alfredson, è stato Twilight a rubare la scena a tutti, catturando l'attenzione dei media che gli hanno riservato un trattamento pubblicitario di prim' ordine. Tratto da una fortunata saga cartacea dell' autrice Stephenie Meyer, Twilight, diretto da Catherine Hardwicke, diventa prevedibilmente film (primo di una serie a quanto pare) con grande felicita di orde di fan adolescenti ed urlanti, ansiosi di poter vedere rappresentato su grande schermo l' amore tra l' umana Bella ed il vampiro Edward. Lei, trasferitasi da poco nella nuova città e nella nuova scuola, attira su di se le attenzioni di tutti i ragazzi anche se i suoi occhi sono tutti per il pallido e tenebroso Edward. Lui è visibilmente attratto da lei ma la tiene a distanza, almeno fino al giorno in cui ferma un' auto che stava per investirla con un solo braccio, un accadimento così eccezionale che spingerà Bella a scoprire la vera natura di Edward. A questo aggiungeteci un vampiro predatore che vuole farsi un succulento spuntino con la ragazza, ed avrete a grandi linee un' idea di cos'è Twilight, filmetto innocuo/inutile rivolto soprattutto ad adolescenti (meglio se "emo") e a chi dell' adolescenza ha un po' di nostalgia. Tralasciando i vari difetti di cui il film va probabilmente orgoglioso (su cui svettano dialoghi piatti ripetuti alla nausea e sequenze a dir poco ridicole come quella della partita di baseball) e la noia diffusa (ma questo è totalmente soggettivo) ad uscirne veramente male sono proprio i vampiri la cui immagine lugubre viene quanto meno riscritta: i nonmorti succhiasangue di Twilight infatti sono sempre imbronciati alla "guarda quanto son figo" con queste labbra rosse che spiccano sul pallore anemico dei visi. I capelli poi sfidano qualsivolgia legge della fisica e probabilmente anche parecchie norme basilari d'igiene personale. Escono tranquillamente di giorno ma non si espongono alla luce del sole perché altrimenti brillano (nel senso che luccicano, non che esplodono) e bevono solo sangue animale (sempre che non si tratti di vampiri cattivi, quella è un' altra faccenda) per volontà di integrazione con gli umani. Il problema è che, se hai la sfiga di essere trasformato a diciassette anni come il protagonista, devi frequentare la scuola per l'eternità. Ma un pregio, se così vogliamo chiamarlo, questo film sicuramente ce l'ha soprattutto a livello commerciale, ed è quello di aver raggiunto con successo quel preciso target di pubblico al quale aveva puntato, diventato un vero e proprio fenomeno di culto e di costume per i teenager di oggi. Contenti loro.

Tuesday, July 07, 2009

Il ritorno di John Woo in Madre Patria: RED CLIFF 2

Non precisamente un seguito ma più che altro una "parte seconda", Red Cliff 2 conclude il colossal storico made in China con il quale John Woo risveglia il suo talento dal torpore in cui era caduto durante il periodo americano. Un trionfale ritorno in patria che si è concretizzato in un progetto della durata di quattro ore, suddivise in due film, nel quale si racconta La Leggenda dei Tre Imperi una delle pagine più importanti della storia cinese.
La vicenda riprende, subito dopo degli efficacissimi titoli di testa che fungono anche da riassunto degli avvenimenti del film precedente, esattamente dove si era interrotta: gli eserciti di Liu Bei e Sun Quan, guidati dallo stratega Zhuge Liang e dal generale Zhou Yu, si preparano allo scontro decisivo con l'imponente armata di Cao Cao e con la flotta con la quale vuole piegare l' avamposto strategico di Red Cliff.
Del primo film ne avevo già scritto (
qui) e in quell' occasione, benché il mio giudizio fosse più che positivo, mi ero riservato di tenerlo in sospeso almeno fino a quando non avessi avuto sotto mano l'opera completa. Ed ora che ho potuto vedere Red Cliff nella sua interezza (riguardando la prima parte qualche giorno prima della seconda) non posso che confermare le ottime impressioni già avute. Anche per non fare un post fotocopia, non mi soffermerò questa volta sulla pregevole ricostruzione storica (scenografie e costumi su tutti) o sulle coreografie, ma preferisco fare una piccola riflessione sulla discutibile operazione di montaggio che verrà effettuata per esportare il film sul mercato occidentale: di due film infatti se ne farà uno soltanto della durata di due ore abbondanti. Obiettivamente Red Cliff nella sua versione originale non è vendibile (specie nel nostro mercato) ma quello che si rischia di ottenere è un' opera castrata. Questo perché Red Cliff è un film di guerra ma soprattuto un film su di UNA guerra che ha deciso gli equilibri politici di un intero Paese. Nonostante questo le battaglie rappresentate sono tre in tutto (due nella prima parte e l'ultima, impressionante ed imponente, nella seconda) ma questo non significa che il resto non sia meno affascinante o coinvolgente: nel bellissimo film di John Woo infatti la guerra non si manifesta solo "fisicamente" ma viene rappresentata anche a livello psicologico e strategico, dove gli uomini combattono le loro battaglie, si studiano, si relazionano attraverso la musica, la calligrafia o i gesti rituali della preparazione del te. E sono questi stessi pochi uomini a guidare questo gioco di equilibri mentre i soldati si muovono, con mosse precise e calcolate, su di una scacchiera da loro imbastita, dove anche le forze della natura hanno un ruolo fondamentale, sia come alleati che come nemici.
Impossibile che in una versione accorciata gran parte di questi aspetti, secondo me fondamentali, non vadano a perdersi e di conseguenza privando Red Cliff dello spirito stesso con cui è stato concepito. Assolutamente necessario quindi recuperarlo nella versione originale.

Monday, July 06, 2009

FOREVER THE MOMENT, la pallamano al cinema

A dire in giro che si è visto un film con ragazze in shorts che maneggiano palle, la gente potrebbe anche pensare male. E se qualcuno invece si attizza alla sola idea, pensando magari di poter vedere il re dei film sozzi, la delusione potrebbe essere enorme perché qui si va a parlare di una pellicola che ha come protagonista una squadra femminile di pallamano e non una squadra qualunque, ma la nazionale sud-coreana vincitrice di un oro alle Olimpiadi di Barcellona e di un argento a quelle di Atene del 2004. Il film di Soonrye Yim racconta proprio di quella squadra che partì per la Grecia nella speranza di rivivere il sogno spagnolo solo per vederselo sottrarre da sotto il naso per un rigore sbagliato. Tralasciando la parentesi olimpica, relegata nell parte finale del film, la storia si concentra sui membri della squadra ed in particolare sulle figure delle giocatrici più "anziane"giunte entrambi a fine carriera, Mi-sook con figlio a carico e marito in perenne fuga dai creditori, e Hye-kyeong da sempre invidiosa di Mi-sook e ora allenatrice di una squadra giapponese. Storie di sport (più parlato che giocato) e di vita si intrecciano in un film dove, gira che ti rigira, è sempre di pallamano che si parla e sicuramente molti già da questa premessa storceranno il naso considerato quanto questo sport sia per lo più sconosciuto ad un pubblico occidentale totalmente assuefatto dal calcio. Eppure sottovalutare questo film potrebbe essere uno sbaglio considerato il fatto che il cinema coreano riesce a confezionare anche delle piacevoli pellicole minori e non solo dei monumentali blockbuster. Non un film fondamentale intendiamoci, ma sicuramente uno di quelli che non ci si pente di aver guardato e che si ricorda piacevolmente in virtù anche di un racconto "basato su fatti realmente accaduti" che, per quanto romanzato possa essere, sottolinea e celebra non solo i valori legati allo sport ma soprattutto un' impresa sportiva non indifferente, vero e proprio motivo d' orgoglio nazionale. Ma poi me lo dite quando vi ricapita un film sulla pallamano femminile? A meno che non l'abbiate visto al FEFF 10 of course.

Sunday, July 05, 2009

Lyric of the Week + Video / WHEN IN ROME - THE PROMISE

**Ho rivisto da poco Napoleon Dynamite ^__^**


If you need a friend,
Don't look to a stranger,
You know in the end,
I'll always be there.

And when you're in doubt,
And when you're in danger,
Take a look all around,
And I'll be there.

I'm sorry, but I'm just thinking of the right words to say. (I promise)
I know they don't sound the way I planned them to be. (I promise)
But if you wait around a while, I'll make you fall for me, (I promise)
I promise, I promise you I will.

When your day is through,
And so is your temper,
You know what to do,
I'm gonna always be there.

Sometimes if I shout,
It's not what's intended.
These words just come out,
With no gripe to bear.

I'm sorry, but I'm just thinking of the right words to say. (I promise)
I know they don't sound the way I planned them to be. (I promise)
But if you wait around a while, I'll make you fall for me, (I promise)
I promise, I promise you...

I'm sorry, but I'm just thinking of the right words to say. (I promise)
I know they don't sound the way I planned them to be. (I promise)
And if I had to walk the world, that make you fall for me, (I promise)
I promise you, I promise you I will.

I gotta tell ya, I need to tell ya, I gotta tell ya, I gotta tell yaaaa ...

I'm sorry, but I'm just thinking of the right words to say. (I promise)
I know they don't sound the way I planned them to be. (I promise)
But if you wait around a while, I'll make you fall for me, (I promise)
I promise you, I promise you...

I'm sorry, but I'm just thinking of the right words to say. (I promise)
I know they don't sound the way I planned them to be. (I promise)
And if I have to walk the world to make you fall for me, (I promise)
I promise you, I promise you I will ...

I will...
I will...
I will...

Friday, July 03, 2009

MEMORIES OF MURDER - LIMITED EDITION - (R3 - COREA)

Memories of Murder è un film della madonna.
Una regia praticamene perfetta.
Uno script sinceramene inattaccabile.
Non pensate che una pellicola così meriti un' edizione DVD all' altezza?
In Italia ci ha pensato la Dolmen (grazie al cielo) con un' edizione che bilancia la mancanza di extra con dei contenuti tecnici precisi e senza mancanze. Niente a che vedere però con la splendida Limited Edition coreana, un gioiello prezioso per collezionisti e cinefili. Il video, nel quale si rispecchia l'utilizzo di materiali d'origine praticamene perfetti, è presentato nel corretto rapporto anamorfico 1.85:1 mentre l'audio vanta due codifiche a sei canali (Dolby Digital EX e DTS ES) con comodi sottotitoli in inglese rimovibili. La grande quantità di extra, presenti soprattutto nel secondo disco, sfortunatamente sono privi di sottotitolazione. Il tutto è presentato in un elegante cofanetto al cui interno è alloggiata la confezione amaray con i due dischi, un frammento a tiratura limitata di pellicola, quattro cartoline e quella che è la vera chicca di questa edizione, il libro con gli storyboard curati personal mente da Bong Joon-ho.
Ora questa meraviglia è indicata come fuori produzione dal sito
YesAsia.com ma per mia fortuna sono riuscito a trovarne una copia al DVD Shop del FEFF XI al prezzo di €. 30,00. on per scoraggiare i potenziali acquirenti ma per trovarla vi servirà una bella botta di culo.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: CJ Entertainment
Distributore: Sidus
Video: 1.85:1 anamorfico NTSC
Audio: Coreano Dolby Digital Surround EX e DTS ES
Sottotitoli: Inglese e Coreano
Extra: Disco1 - due commenti audio con il cast artistico e tecnico; Disco2 - Making Of, Interviste, Gallerie fotografiche, Trailer/TV Spots, Easter Egg
Regione: 1, 3 Corea
Confezione: cofanetto

Contenuti Cofanetto:
1 amaray contenente un DVD per il film e un DVD per gli extra
1 frammento di pellicola
1 libro con gli storyboard di Bong Joon-ho
4 cartoline che riproducono le locandine del film







Thursday, July 02, 2009

Tra robot e gnocca, l'ultimo successo-macina-incassi di Michael Bay

Transformers - La Vendetta del Caduto è solo l'ultimo "figlio" di un certo cinema fracassone che ad Hollywood amano particolarmente soprattutto per gli incassi stellari che produce. Un genere sempre gravido anche grazie a registi come Michael Bay sempre pronti a raggiungere e superare i propri livelli di tamarragine. Tanto per fare un altro nome, Zack Snyder con fatica reprime la sua natura ma, quando lo fa, è in grado di regalarci parecchie soddisfazioni (si veda Watchmen naturalmente). Bay invece, tamarro nell' animo, non si fa problemi e non si trattiene mai anche perchè spalleggiato nella sua carriera da produttori del calibro di Jerry Bruckheimer e Steven Spielberg. Ed è con registi così che si fanno questi mega film/giocattoloni quint'essenza del cinema commerciale: si spendono milioni su milioni ma si chiudono i bilanci in attivo perché se ne incassano come minimo il doppio; si butta giù una parvenza di sceneggiatura dove tra un'esplosione e l'altra il massimo di linee di dialogo che si hanno sono composte da grida indistinte o allusioni sessuali; si conclude con una bella gnoccolona che potrebbe semplicemente sorridere o ammiccare per tutto il film (tanto non è che si ha interesse a sentirla recitare, diciamocela tutta); tutti elementi questi che si trovano nel primo Transformers e di conseguenza anche nel suo diretto ed inevitabile seguito (con un terzo capitolo già in cantiere). Perciò se già il primo vi aveva fatto cacare, risparmiate i soldi e due ore e mezza della vostra vita (a meno che non abbiate l'abitudine di andare a vedere i film che sapete non vi piaceranno per poi divertirvi a demolirli). In caso contrario, non vi resta che sedervi comodi e mettere il cervello in modalità "risparmio energetico" perché La Vendetta del Caduto non richiede niente più di questo. Michael Bay aumenta il numero dei robottoni e dei combattimenti che li vedono coinvolti, in un tripudio di esplosioni e di devastazioni che si susseguono fin dai primi minuti della pellicola. Il regista americano, che si era distinto per il suo stile "casinaro" e la sua ricerca ossessiva di inquadrature "a misura d'uomo" (da dentro le autovetture o da dietro le finestre) per rappresentare gli scontri tra gli Autobot e i Decepticon, questa volta appare maggiormente consapevole che il pubblico vuole vedere e riconoscere i robottoni e non limitarsi a seguire delle macchie di colore che si muovono all' impazzata. C'è da dire però che lo stile frenetico di Bay alle volte funziona bene riuscendo a portare a casa qualche sequenza degna di nota (l'apertura e lo scontro nei boschi). Mettere i giganteschi robot in primo piano riduce i personaggi umani e delle piatte figure di contorno (nonostante Shia LaBeouf rivesta uno dei ruoli principali) relegate a dei siparietti comici guidati da un John Turturro fuori posto ma sempre strabordante, destinato anche lui ad essere dimenticato ogni qual volta Megan Fox occupa la scena (solo fisicamente s'intende), presenza che probabilmente farà felici anche tutti i papà che accompagnano i figli al cinema. Anche la storia è un semplice pretesto e tutta la vicenda del Caduto si riduce ad una ricerca archeologica che fa tanto Indiana Jones e che, non solo strizza l'occhio al produttore, ma mette ancora più in evidenza come Transformers sia un film che non si prende sul serio neanche per un minuto. Passato anche l'effetto nostalgia (anche se la presenza del robottone "Devastator" assemblato con tutti i mezzi da lavoro mi ha risvegliato più di un piacevole ricordo), che mi aveva fatto apprezzare il primo film in maniera superiore ai suoi effettivi pregi, qui i limiti della pellicola appaiono più evidenti ma nonostante questo non starò a bastonare un film che non ha ambizioni particolari se non quelle di incassare il più possibile (e ci sta riuscendo pure bene), senza contare che mi sono divertito e pure tanto, per la miseria.