Monday, May 31, 2010

24 - DAY 08 -

GrassettoTITOLO ORIGINALE: 24
TITOLO ITALIANO: 24
NUMERO EPISODI: 24

-TRAMA-
Mentre Jack Bauer si gode un meritato riposo post convalescenza in compagnia della figlia e della nipotina, alle Nazioni Unite si sta per firmare uno storico trattato di pace che potrebbe finalmente portare stabilità in medioriente. Ma una minaccia alla vita del presidente Hassan, uno dei principali firmatari dell' accordo, mette tutto in discussione e Jack non può rimanere in disparte.

-COMMENTO-
Tutte le cose che hanno un inizio arrivano prima o poi alla fine, anche le più belle. Solo le cose brutte sembrano essere maggiormente durature, triste ma inevitabile. Anche 24, dopo otto stagioni giunge alla sua conclusione, decisione inattesa ma in fondo giusta, presa dai produttori esecutivi (tra cui lo stesso Kiefer Sutherland) indipendentemente dalla Fox, scelta ponderata dalla convinzione che sia sempre meglio far uscire di scena un serial quando è ancora un successo prima che sia il calo di ascolti a decretarne la fine. Eppure, nonostante la notizia si fosse diffusa con discreto anticipo non trovando quindi gli spettatori impreparati, ha fatto un certo effetto vedere quell' orologio tornare allo 0:00:00, esattamente dove nove anni fa aveva cominciato a scandire i secondi delle lunghissime giornate dell' agente Jack Bauer. E di acqua ne è passata sotto i ponti da quando Jack era direttore del CTU e si trovò nel pieno della notte a sventare il tentato omicidio del Presidente degli Stati Uniti David Palmer e a gestire una figlia fin troppo ribelle. Ora invece è un uomo stanco desideroso unicamente di poter passare il resto dei suoi giorni con la sua famiglia. Ma ancora una volta si trova coinvolto, dal Governo e da motivi personali, in nuovi complotti ed ancora una volta solo lui sembra essere in grado di poter gestire una situazione che richiede che venga fatto ciò che è necessario. Mai come in questa stagione Jack verrà costretto ad oltrepassare di misura il limite tra giusto e sbagliato, tra obblighi verso la sua Nazione e la giustizia privata. Bisogna dire anche che quasi tutti i personaggi comprimari di questa stagione si trovano a fare delle scelte "morali" di questo tipo sia per un egoistico tornaconto personale che per perseguire un bene superiore. La scrittura generale è tornata ai fasti di un tempo, forse non brillante come per il Day 4 o il Day 5 ma sicuramente superiore al Day 6 ed il Day 7, merito soprattutto dei numerosi "plot twist" che garantiscono una trama articolata, complessa e ricca di colpi di scena. Una stagione decisamente riuscita ed in fondo i fan di tutto il mondo di 24 non chiedevano niente di meno per accomiatarsi nel migliore dei modi da uno dei personaggi televisivi più riusciti e carismatici degli ultimi anni. Ci mancherai Jack.

-DVD-
Al momento non è disponibile nessun cofanetto per l' ottava stagione e considerato che in Italia ancora non si sa niente sull' uscita in DVD della settima, mi sa che ci sarà un bel po' da aspettare.

Sunday, May 30, 2010

Lyric of the Week + Video / THE NATIONAL - BLOODBUZZ OHIO


Stand up straight at the foot of your love
I lift my shirt up
Stand up straight at the foot of your love
I lift my shirt up

I was carried to Ohio in a swarm of bees
I'll never marry but Ohio don't remember me

Lay my head on the hood of your car
I'll take it too far
Lay my head on the hood of your car
I'll take it too far

I still owe money to the money to the money I owe
I never thought about love when I thought about home
I still owe money to the money to the money I owe
The floors are falling out from everybody I know

I'm on a blood buzz
Yes I am
I'm on a blood buzz
I'm on a blood buzz
God I am
I'm on a blood buzz

I was carried to Ohio in a swarm of bees
I'll never marry but Ohio don't remember me

I still owe money to the money to the money I owe
I never thought about love when I thought about home
I still owe money to the money to the money I owe
The floors are falling out from everybody I know

I'm on a blood buzz
Yes I am
I'm on a blood buzz
I'm on a blood buzz
God I am
I'm on a blood buzz

Friday, May 28, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 6 - HORROR DAY

Vi piacerebbe leggere qui di seguito i film visti in giornata con tanto di locandina, vero?
E invece niente!
Vi accontenterete di queste poche righe perchè a causa di una febbre incredibile che così alta non mi veniva da almeno quindi anni, ho perso tutto l' horror day (senza contare che la sera prima ho perso Gallants!!!). Certo, non è il giorno dove uno si aspetta di vedere chissà quali filmoni, ma meglio il peggior film horror che passare una giornata intera bombardandomi di paracetamolo a fissare il soffitto del B&B.
In fondo questo è un post che non serve a nulla se non a futura memoria di quel giorno infausto...cazzo!

Thursday, May 27, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.30 "A straight warning"

**ATTENZIONE: il vincitore verrà proclamato ufficialmente giovedì prossimo**

E adesso vediamo chi la spunta con l' ultimo episodio della stagione ^__*



Soluzione: CLERKS 2
Vincitore: Killo

Classifica:
Grace - pt. 18
Chimy - pt. 9
Nick - pt. 6
Beld - pt. 4
frenzmag - pt. 3
Gianmario - pt. 3
Killo - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Ed ecco i superflui secondo e terzo frame



Wednesday, May 26, 2010

"The world has no use for another scared man. Right now, the world needs a fucking hero."

La chiamano commedia ma ad Observe and Report di Jody Hill questa definizione sta fin troppo stretta o perlomeno, è ben lontano dai canoni su cui pubblico e critica si basano per poterla definire così. Questo non significa che il film non diverta o non faccia ridere, anzi, ma che ciò che ci procura ilarità sono situazioni o comportamenti che a mente fredda, o in un contesto diverso, ci troveremo a condannare e questo, secondo il mio personalissimo parere, è un pregio che non deve essere sottovalutato. Le vicende del film ruotano in torno al personaggio di Ronnie Barnhardt (un Seth Rogen qui alla sua interpretazione migliore) guardia giurata di un centro commerciale la cui vita si divide equamente tra i suoi doveri come "tutore della legge", sogni romantici rivolti alla commessa del reparto profumi, ed una madre alcolizzata. La piattezza della sua esistenza subisce uno scossone quando alcune clienti del centro commerciale vengono molestate da un pervertito esibizionista, una fortunata occasione per dimostrare il suo valore e, perchè no, cogliere l' occasione per aspirare a qualcosa di più, magari entrare nel corpo di polizia. Non ci mette molto Jody Hill a mostrarci che tipo di persona sia in realtà Ronnie: quello che all' inizio sembra solo un ragazzone di provincia, ignorante, razzista con una fissa inquietante per le armi da fuoco, il che lo fa un po' figlio dello spaccato di società che Hill vuole raccontare, appare minuto dopo minuto una persona problematica dalla personalità instabile, carico di una rabbia tenuta soffocata dalle medicine che prende costantemente. E nonostante i comportamenti discutibili che oltrepassano di misura il confine della legalità, non possiamo che empatizzare con lui. Comprendiamo che non ci sia posto per lui al di fuori del microcosmo del centro commerciale, ma nonostante questo ci dispiace che ne venga escluso. E' uno stronzo della peggior specie ma finiamo per volergli bene. Tutto questo mentre il regista conduce il film con mano decisa, tenendo il tutto in equilibrio, scegliendo sapientemente dove calcare la mano e dove rallentare (straordinaria la maniera brutale con cui tronca il climax in una delle sequenze finali) regalandoci un film che è il trionfo del "politicamente scorretto", una perla rara nel panorama cinematografico americano.

Tuesday, May 25, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 5

BANDAGE
Regia di Kobayashi Takeshi

Arriva subito dopo Zero Focus un altro film giapponese di un certo peso soprattutto per il nome che sta dietro la sceneggiatura e la produzione, Shunji Iwai. Nonostante la regia sia stata affidata all' esordiente Kobayashi Takeshi, si sente la presenza di Iwai, nei toni della storia, nella maniera in cui sono definiti i personaggi, nel modo in cui si esplora con piglio nostalgico il sottobosco musicale indie del Giappone nei primi anni '90, ma soprattutto in alcune particolari sequenze nelle quali è possibile percepire il “tocco” di Iwai, nella maniera in cui le immagini diventano comunicative della sua poetica. Anche la protagonista, Asako, rientra perfettamente tra gli splendidi personaggi femminili partoriti dalla penna di Iwai, determinata ma allo stesso tempo fragile, istaura un rapporto conflittuale con Natsu, leader della band indie Lands della quale diventa fan e poi manager. Un' esperienza di vita che diventa occasione per confrontarsi con se stessi e con i propri limiti. Ma è anche occasione di mostrare i meccanismi che si muovono dietro la nascita delle grandi band o delle importanti hit musicali, meccanismi che il regista kobayashi conosce molto bene essendo anche lui un produttore musicale, un mondo dove la libertà di espressione artistica viene sempre dopo la necessità commerciali. Peccato non aver avuto il coraggio di interrompere il film dopo la sequenza più bella ed emotivamente coinvolgente e non prima dei numerosi e superflui finali che si susseguono prima dei titoli di coda.

THE ACTRESSES
Regia di E. J-yong

Il cinema sud coreano si dimostra ancora una volta quello artisticamente più rilevante e interessante, ed il film di E. J-yong, che torna al FEFF dopo 11 anni, ne è una dimostrazione. La pellicola parte da uno spunto semplicissimo, sei attrici si ritrovano tutte insieme la sera della vigilia di Natale sul set fotografico della rivista Vogue. Le sei attrici interpretano se stesse, sei talenti indiscussi del cinema coreano ma soprattutto sei donne che, riunite insieme colgono l'occasione per un confronto generazionale, per uno scontro diretto con le loro rivali per portare alla luce i capricci dell' essere dive, per mostrare paure e insicurezze, ma soprattutto per raccontare cosa è significato e cosa ancora significhi essere attrici e donne in Corea del Sud, ad essere giudicate per la propria vita privata prima che per le capacità professionali. Certo, si parla comunque di un film basato su di una sceneggiatura ma, mai come in questo caso, e forse proprio grazie al contributo dato dalle splendide protagoniste, il divario trà realtà e finzione va quasi a scomparire. Quasi un' esperimento metacinematografico costruito su dialoghi lunghi sostenuti da riprese traballanti che danno al film un taglio documentaristico e trasmettono l' idea che il regista abbia quasi “rubato” le confidenze delle sei donne. Uno dei film più belli del festival, punto.

THE MESSAGE
Regia di Chen Kuofu / Gao Qunshu

Durante l' invasione giapponese in Cina un gruppo di resistenza compiva attentati ed omicidi con lo scopo di destabilizzare il finto governo cinese che in realtà appoggiava gli occupanti. Il controspionaggio intercetta un messaggio in codice che lascia intuire la presenza di una talpa all' interno del dipartimento di controspionaggio stesso. Con uno stratagemma il colonnello Takeda, desideroso di ristabilire il proprio onore, invita i cinque maggiori sospettati in un isolato castello dove spera, mettendoli a confronto uno contro l'altro, di scoprire chi sia la misteriosa talpa di nome Phantom. Una produzione divisa tra Cina e Sud Corea e una regia a quattro mani, fanno di The Message uno dei migliori esempi del nuovo corso del cinema cinese continentale che lascia da parte la propaganda per delle grosse produzioni, dei veri e propri blockbuster, a sfondo storico. Questa storia ambientata nei primi anni della seconda Guerra Mondiale, la cui location principale è un vecchio castello, è il contesto perfetto per mettere in scena un film di spionaggio che sa di giallo classico, ma che diventa anche un thriller serratissimo che non risparmia allo spettatore alcune forti ma efficaci sequenze di tortura. Il montaggio, ma soprattutto la regia della coppia Kuofu / Qunshu, chiudono il cerchio per quello che è il film cinese più riuscito, dopo City of Life and Death, visto al festival quest' anno.

Monday, May 24, 2010

Recuperi post FEFF 12: LITTLE BIG SOLDIER

Il periodo storico delle guerre tra i Regni, che ha portato all' unificazione della Cina per mano dell' esercito di Qin, è terreno fertile per il cinema che ne trae ispirazione per produzioni più o meno grandi. Little Big Soldier di Ding Sheng si avvicina in questo senso più a Weath soprattutto per il messaggio anti bellico che porta, anche se la guerra è presente in maniera più incisiva rispetto al film di He Ping. Little Big Soldier si divide infatti egregiamente tra un registro comico ed un' altro puramente d'azione e non sarebbe potuto essere diversamente visto che ad interpretare uno dei protagonisti c'è Jackie Chan. L' attore di Hong Kong dopo aver rivestito il ruolo drammatico in The Shinjuku Incident, agli antipodi rispetto a quelli da lui da sempre interpretati, torna a vestire panni forse a lui più congeniali eppure molto più maturi e meno scanzonati di un tempo. A lui spetta infatti dare un volto a un soldato un po' particolare che, ai cruenti scontri, preferisce una più sicura e produttiva messinscena per fingersi morto e magari raccattare il più possibile dai campi di battaglia. Dopo lo scontro tra gli eserciti di Liang e Wei ha la fortuna di trovare un Generale nemico ancora vivo e la cui consegna potrebbe valergli un bel po' di terra da coltivare per la sua fattoria. Ma la strada per tornare a casa è lunga e costellata di pericoli senza contare che il Generale da lui catturato è anche sotto il mirino di una faida per la successione al trono. Se son sempre apprezzabili le coreografiche sequenze d'azione, soprattutto quelle che vedono impegnato il buon Jackie, il film è costruito intorno al rapporto tra i due protagonisti, un disertore ed un guerriero, e a come l' uno impari qualcosa dall' altro e su come, per quanto su fronti diversi, entrambi hanno a cuore il futuro e i desideri della loro famiglia. Per noi spettatori però è molto più facile avvicinarci al personaggio di Jackie Chan perchè, dietro al suo discutibile comportamento in battaglia si nasconde un profondo desiderio di pace, la voglia di rincorrere traguardi semplici come coltivare la terra o mettere su famiglia, anche se la brutalità della guerra non guarda in faccia certo ai desideri delle persone, anche a quelli più comuni.

Sunday, May 23, 2010

Lyric of the Week + Video / JOY DIVISION - SHE'S LOST CONTROL


Confusion in her eyes that says it all
She's lost control
And she's clinging to the nearest passer by
She's lost control
And she gave away the secrets of her past
And said I've lost control again
And a voice that told her when and where to act
She said I've lost control again

And she turned around and took me by the hand
And said I've lost control again
And how I'll never know just why or understand
She said I've lost control again
And she screamed out kicking on her side and said
I've lost control again
And seized up on the floor, I thought she'd die
She said I've lost control
She's lost control again
She's lost control
She's lost control again
She's lost control

Well I had to phone her friend to state my case
And say she's lost control again
And she showed up all the errors and mistakes
And said I've lost control again
And she expressed herself in many different ways
Untill she lost control again
And walked upon the edge of no escape
And laughed I've lost control again
She's lost control again
She's lost control
She's lost control again
She's lost control

Thursday, May 20, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.29 "Emergency exit"

Siamo quasi alla fine ma c'è ancora tempo per ritagliarsi il proprio posto in classifica!!!


Secondo frame, direttamente dai primissimi '90!!!


Soluzione: DIE HARD 2
Vincitore: Beld

Classifica:
Grace - pt. 18
Chimy - pt. 9
Nick - pt. 6
Beld - pt. 4
frenzmag - pt. 3
Gianmario - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Terzo frame, olè!


Wednesday, May 19, 2010

SHADOW: è tornato l' horror Made in Italy?

La memoria potrebbe ingannare ma non ricordo l' uscita recente di un horror italiano che abbia riacceso l'interesse o la curiosità per un genere specifico come ha fatto Shadow di Federico Zampaglione. Sarà per la carriera parallela del regista o per il suo esordio dietro la macchina da presa con "Nero Bifamiliare", ma questo progetto aveva creato più scetticismi che altro, parzialmente mitigati dalle prime impressioni provenienti dai vari festival dove il film è stato presentato. E' stata proprio questa azzeccata strategia di lasciare ad un secondo momento la distribuzione in sala a far crescere un certo hype intorno al progetto che è stato subito etichettato come la tanto attesa rinascita dell' horror made in Italy. Ora io credo che sia giusto andarci con i piedi di piombo e mai come in questo caso optare per la "via di mezzo", nel senso che forse è prematuro urlare al miracolo ma non è corretto neppure sputare in cielo. Voglio dire, Zampaglione porta a casa un film veramente ben riuscito nel suo complesso che, tra il citare e l' omaggiare i grandi maestri italiani dell' horror (e non solo, ma meglio non scendere nel dettaglio per evitare spoiler) riesce comunque a camminare con le sue gambe. E lo fa con una storia piuttosto risaputa dalle svolte prevedibili e con un finale ad effetto (che si ricollega a quelle citazioni spoiler di poco sopra) davvero nerissimo: David, soldato appena tornato dalla missione in Iraq, decide di allontanarsi dagli orrori della guerra andando a fare biking in una remota zona dell' Europa. Qui prende le difese di una giovane biker attirandosi le antipatie di due violenti cacciatori che iniziano un inseguimento tra i boschi che li porta direttamente tra le grinfie di un misterioso ed albino torturatore. Si potrebbero citare le affascinati e nebbiose atmosfere delle location, l' azzeccata colonna sonora o la bella sequenza d'inseguimento tra i boschi, ma è con l'introduzione di questa figura, interpretata da Nuot Arquin, che il film ingrana la quinta: una manifestazione fisica della morte, con tanto di falce e cappuccio nero, che vive all' ombra di una o di tutte le guerre (delle quali conserva tante pellicole in Super8 etichettate, Etiopia, Iraq, 11 Settembre ecc.) e attende gli uomini uccidendoli pian piano, pezzo dopo pezzo con precisione quasi chirurgica, riprendendone per giunta le sofferenze. Impossibile nascondersi allo sguardo impietoso della Morte così come è impossibile, o almeno così ci lascia intuire la mutilazione subita dal protagonista, scappare o chiudere gli occhi per tenere lontano l' orrore della guerra. L' elemento metacinematografico insieme alla violenza, mostrata o fuori campo ma comunque mai fuori contesto o gratuita, contribuiscono a dare una certa compattezza al film di Zampaglione, coraggioso negli intenti forse un po' meno nel risultato finale. Prematuro sicuramente parlare di una resurrezione dell' horror italiano ma si è fiduciosi che questo Shadow possa in qualche modo cominciare a smuovere delle acque da troppo tempo stagnanti. Non resta che rimanere in attesa di una futura conferma che potrebbe arrivare, si spera, con il prossimo progetto del regista romano.

Tuesday, May 18, 2010

L' amore di una madre

Il rapporto tra genitore e figlio è un filo, un elemento se vogliamo, che lega le pellicole di Bong Joon-ho da Memories of Murder a The Host, passando anche per il corto che chiudeva il trittico dedicato alla città di Tokyo, fino al suo ultimo meraviglioso lavoro. Mother, questo il titolo del film, è forse più facilmente accomunabile a Memories of Murder, ne condivide sicuramente il genere ma non solo: c'è una particolare sequenza in cui la polizia forza un ragazzo ritardato a ricostruire un delitto che non ha commesso ma di cui è stato ingiustamente accusato, mentre il padre disperato gli urla di non confessare. E' come se il regista coreano avesse preso questo "semino" dal suo film del 2004 e l'avesse fatto crescere sviluppandoci intorno la storia di Hye-ja e di Do-joon, madre e figlio legati da un rapporto profondissimo che li rende complementari ed indispensabili l'uno all'altra. Quando Do-joon, ragazzo dalle evidenti e note a tutti incapacità mentali, viene accusato di aver ucciso una ragazzina del luogo, la madre farà tutto il possibile per scagionarlo e scoprire la vera identità dell' assassino. Senza nulla togliere al bravo Won Bin e alla sua interpetazione nel ruolo di Do-joon, il peso del film è tutto sulle spalle della spendida Kim Hye-ja, attrice alla soglia dei settant'anni perfetta nel vestire i panni di una madre combattuta tra un'amore cieco e il senso di giustizia, pronta a soffocare il senso di colpa a discapito della verità, disposta a fare tutto ciò che è necessario per il sangue del suo sangue anche scavare nel torbido e portare alla luce i segreti e le ipocrisie della comunità in cui vive. Bong Joon-ho tiene strette le redini di questo intenso e doloroso dramma grazie ad una sceneggiatura che gioca su improvvisi cambi di prospettiva nutrendo, soprattutto nella seconda metà del film, un senso di angoscia che cresce e non ci abbandona fino ai titoli di coda e anche oltre. Ma il regista coreano ci regala anche grandissimi momenti di cinema, come la danza in controluce nella sequenza finale ad esempio, ed un cura per la messa in scena che rivaleggia con quella del connazionale Park Chan-wook e del suo Thirst che, insieme a Mother, rappresentano due delle cose migliori viste nel 2009, non a caso completamente ignorate da una sempre più cieca distribuzione italiana.

Monday, May 17, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 4

WIG
Regia di Tsukamoto Rempei

La genialità di questo film sta tutto nell' argomento che tratta, le parrucche. Oggetto utile a nascondere la calvizie incipiente ma anche a dare una marcia in più alla sicurezza in se stessi. Moriyama, il protagonista di questa storia, decide di approfittare del suo trasferimento per lavoro a Tokyo per fare il grande passo e farsi fare un parrucchino. Considerati i costi e i tempi di realizzazione, Moriyama si rivolge ad uno strano personaggio di nome Owada che, non solo gli prepara un tupet su misura e a tempo di record, ma lo istruisce alla sua nuova vita da “wiggy” assistendolo personalmente nei momenti in cui il suo imbarazzante segreto sta per essere scoperto. Senza mai una caduta di tono o di ritmo, Wig ci conduce in un esilarante viaggio attraverso una delle “piaghe” che colpiscono la popolazione maschile, giocando sui luoghi comuni dell' essere “portatori di parrucchino” raccontando situazioni paradossali ma comunque totalmente plausibili, riuscendo a risolvere le vicende del protagonista in maniera per nulla scontata, se si esclude l' happy end, prevedibile, ma sul quale ci si passa sopra più che volentieri.

THE LAST WOLF
Regia di Upi

Rispetto a Monga, che comunque ha dalla sua una buona regia e degli spunti parecchi ointeressanti, in Last Wolf la giovane regista indonesiana Upi si rifà a modelli di gangster movie tipicamente occidentali, imbastendo una storia che potremo definire classica...pure troppo. Un gruppo di amici profondamente legati tra loro decidono di formare una gang e di “governare” nel quartiere povero dove sono cresciuti. Quando uno di loro finisce in carcere per omicidio le loro strade si dividono per sempre e si ritroveranno unicamente come nemici e non più come fratelli. Le tematiche sono quelle insomma, l'amicizia, la fratellanza più forte dei legami di sangue, l' ascesa, la caduta, la vendetta, lo scontro fratricida e Upi non si risparmia certo nel mostrare la violenza nelle strade, ma non solo (emblematica la sequenza nel carcere), sicuramente più di quanta se ne potrebbe aspettare. Al di la di una storia che sa tanto di già visto, difetto facilmente perdonabile, The Last Wolf appare un film piuttosto grezzo, ed evitare qualche ingenuità di troppo o gli eccessi melodrammatici (o magari accorciarlo di almeno 30 minuti) avrebbe sicuramente giovato al risultato finale e reso il film probabilmente un po' meno pesante. Detto questo però, è chiaro che a Upi le si vuole un gran bene, se non altro per averci insegnato che, in Indonesia, quando si gioca a calcio a 5 il pallone è l' ultima cosa da colpire.

STORY OF A DISCHARGED PRISONER
Regia di Patrick Lung-kong

Una delle due retrospettive presenti quest' anno al FEFF è dedicata a Patrick Lung-kong regista simbolo del cinema di Hong Kong degli anni '60, considerato un vero anticipatore della new wave che si sarebbe da li sviluppata nelle due decadi successive. Tra i vari titoli presentati spunta sicuramente questo Story of a Discharged Prisoner film che ha ispirato una delle pellicole più famose di John Woo, A Better Tomorrow. La storia racconta di Lee Cheuk-hong abile scassinatore finito in carcere per quindici anni. Onde evitare che la sua fedina penale possa in qualche modo nuocere alla sua famiglia e soprattutto alla carriera in ascesa del fratello, una volta uscito dal carcere decide di rifarsi una vita, ma sia la polizia che un noto boss malavitoso locale hanno altri piani per lui. Un film di quarant'anni fa ma che, nei limiti del possibile, si mantiene giovane grazie ad un racconto di discriminazione e redenzione impossibile che ricorda un po' quella di Carlito's Way anche se con esiti decisamente meno drammatici. Da segnalare alcune sequenze di combattimenti e sparatorie che sarebbero diventati simbolo del cinema dell 'ex colonia britannica negli anni a venire.

ZERO FOCUS
Regia di Inudo Isshin

Il film di Inudo Isshin è forse uno dei più intressanti della selezione giapponese presentati fino a questo momento, sicuramente più di Golden Slumber. Non si tratta di una mera considerazione di contenuto (anche se pure in questo campo gli è superiore) ma soprattutto sulla forma, con una regia finalmente decisa, convincente ed una fotografia lontana da quella fastidiosa patina televisive, perfetta per raccontare questo giallo ambientato alla fine del periodo dopo-guerra. Le ferite, non solo fisiche, sono ancora vive nel cuore degli uomini e delle donne che hanno vissuto in quegli anni e nascondono segreti per i quali si potrebbe anche uccidere. Dopo l'improvvisa scomparsa del marito, Teiko si trova ad investigare e a dissoterrare alcuni di questi inconfessabli segreti. Il particolare contesto storico, raramente preso in considerazione, rappresenta un valore aggiunto per Zero Focus anche se alcune lungaggini e i tempi dilatati non lo rendono un prodotto facilmente accessibile. Splendido il trio di attrici protagoniste.

*Lo stesso giorno era in programmazione anche HAEUNDAE di Je-gyun Youn, che avevo già visto e di cui ho parlato a suo tempo
qui.

Sunday, May 16, 2010

Lyric of the Week + Video / IL TEATRO DEGLI ORRORI - E' COLPA MIA

**Il nuovo (bellissimo) singolo dal loro secondo (bellissimo) disco**


E' colpa mia
Se siamo diventati indifferenti
Più poveri più tristi
E meno intelligenti

E' colpa mia
E' colpa mia
che non mi curo delle tue speranze
Forse perché delle idee
Non so più che farne

E' colpa mia
Non ci avevo mai pensato
E' colpa mia
Non presto mai troppa attenzione
E' colpa mia
Perché non prendo posizione
E' colpa mia
Mi crolla il mondo addosso se ci penso
Non me ne frega niente

E' colpa mia
Ho aperto gli occhi all'improvviso
E ho visto te
E nessuna spiegazione
Soltanto quando è troppo tardi
Ti ricordi che è tutto vero
E' colpa mia
E' colpa mia
Ho aperto gli occhi all'improvviso
E ho visto te
E nessuna spiegazione

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Neppure se ti vedo piangere
Riesco ad essere felice
Neppure se ti parlo veramente
Quando ti dico
Che per me non conti niente
Neppure tu
E' una vita spesa male
Ma tanto ormai è finita e lo sai
Perché è finita
Era un autunno
Mentre l'inverno si avvicina

E'colpa mia
Se siamo diventati indifferenti
Per piccoli egoismi
E altrettante bugie
E nessuna spiegazione

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Figlio mio
Ci pensi, un giorno
Tutto questo sarà tuo

Friday, May 14, 2010

LE CITTA' VERRANNO DISTRUTTE ALL' ALBA

Nella cittadina di Evans sta succedendo qualcosa di strano. Alcuni strani episodi di violenza hanno coinciso con l'arrivo dei militari che, isolata la zone con un cordone medico, hanno posto Evans e i suoi cittadini in quarantena. Pare infatti che a seguito di un incidente aereo un pericoloso virus si sia diffuso nel terreno fino ad arrivare in una profonda falda che rifornisce di acqua l'intera città. Per evitare che il virus si diffonda i militari cominciano a rastrellare i cittadini casa per casa e a condurli tutti nell' edificio della scuola mentre le alte sfere dell' esercito si preparano a colpire Evans con l'atomica nel caso fosse impossibile contenere il contagio. Se ne La Notte dei Morti Viventi era certo che tutti i morti tornavano in vita anche se il motivo era del tutto ignoto, ne La Città Verrà Distrutta all' Alba (The Crazies) il contagio avviene a causa di un' arma batteriologica ma stabilire chi sia infetto e chi no risulta alquanto problematico. Quanti dei residenti di Evans sono effettivamente impazziti e quanti hanno comportamenti violenti ed irrazionali (apprezzabile soprattutto il coraggio mostrato in alcune sequenza piuttosto forti) a causa della situazione in cui si trovano, privati delle loro libertà personali dalla legge marziale applicata sulla cittadina? Quanti si rivoltano contro i militari perchè all' oscuro di quel che succede, spaventai e quanti invece contagiati dal misterioso virus? Questa ambiguità è forse l' anima stessa del film o perlomeno la base da cui Romero pone le basi per la sua riflessione sulla cura che a volte riesce ad essere peggiore del male stesso. Ed attacca senza mezzi termini l' idiozia dell' intervento militare disorganizzato, violento, illiberale, sempre pronto a risolvere tutto con la soluzione più rapida e semplice: cancellare piuttosto che riparare.

Il remake è forse il morbo peggiore che affligge il cinema americano, molto peggiore del virus della pazzia, e diretta evoluzione di una cronica e insanabile mancanza di idee. I film di Romero, la trilogia classica sui morti viventi in testa, è rimasta vittima di questa malattia con risultati molto altalenanti se non proprio deludenti. Ed anche per "La Città Verrà Distrutta all' Alba" arriva il momento di un rifacimento che fortunatamente risulta per certi versi persino riuscito. Intendiamoci, il regista Breck Eisner non evita scivoloni negli immancabili cliché del genere, come gli spaventi pilotati da improvvise apparizioni accompagnate da "esplosioni" della colonna sonora o l' immancabile idiozia che colpisce i vari personaggi. Il film si dimostra anche meno coraggioso (niente incesti questa volta) e meno critico verso l'aggressione militare che, anzi, viene relegata quasi al ruolo di cornice degli eventi e la cui presenza arriva quando la quotidianità di una piccola cittadina di provincia è già stata irrimediabilmente sconvolta. Fortunatamente questo remake, come l' originale, si gioca bene la carta dell' ambiguità (anche se mostrare fisicamente gli effetti dell' infezione un po' rovina il gioco) che spinge lo spettatore a porsi il dubbio che forse la follia è una componente già presente nella natura umana, portata in superficie da rimorsi, vendetta, cattiveria e paranoia. Su questi elementi Eisner costruisce un horror (effettivamente l' originale non lo era) che nonostante i suoi limiti palesi, segue una strada ben precisa senza mai perderla e può vantare anche dei momenti veramente riusciti.

Thursday, May 13, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.28 "Who's there?"


Secondo frame...ummm, forse è pure troppo facile!


Soluzione: 28 WEEKS LATER
Vincitore: Beld

Classifica:
Grace - pt. 18
Chimy - pt. 9
Nick - pt. 6
frenzmag - pt. 3
Gianmario - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Beld - pt. 2
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Ed ecco il terzo frame rigorosamente dedicato agli infetti ^__*


Wednesday, May 12, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 3

THE BUGS DETECTIVE
Regia di Sato Sakichi

Una delle facce del cinema commerciale giapponese è quella che affonda e sprofonda nel demenziale assoluto e The Bugs Detective ne è un ottimo rappresentante. La storia, ispirata ad un manga, ruota intorno ad un investigatore privato in grado di parlare con gli insetti, probabilmente lo stesso poliziotto che cinque anni prima non riusci ad impedire la distruzione del quartiere di Shinjuku. Sullo sfondo di una minaccia terroristica proveniente da un malvagio scarabeo, il film si basa su di una comicità immediata, spesso scontata (si ride anche per una caduta dalle scale) ma costruita soprattutto su sketch a misura d' insetto, situazioni e problematiche tipicamente umane ma applicate all' universo dell' entomologia. Uno spunto interessante, quasi geniale, ma c'è poco altro , soprattutto se dopo un po' questo approccio surreale viene a noia. Sho Aikawa nei panni del protagonista fa comunque il suo dovere.

WOOCHI
Regia di Choi Dong-hoon

Woochi è a tutti gli effetti l'ennesimo rappresentante della nuova corrente del cinema mainstream coreano, un prodotto dal budget notevole, effetti speciali all' avanguardia, che punta ad essere blockbuster con tutte le carte in regola per catturare uncerto tipo di pubblico e garantire incassi notevoli. Woochi è un film d' azione / fantasy il cui protagonista è un mago (Woochi appunto) il cui compito di cacciatore di goblin passa in secondo piano quando la sua indole scapestrata prende il sopravvento. Rinchiuso in una pergamena e liberato nei giorni nostri, si troverà a lottare con il suo secolare nemico in un mondo a lui totalmente alieno nel quale però non faticherà ad incontrarsi. Forse proprio la maniera in cui Woochi si relazione con le “novità” del mondo moderno, è una delle cose più riuscite di un film che non nasconde, dietro l'uso spettacolare e abbondante di effetti speciali ed un preponderante registro comico, la sua natura puramente commerciale. Un film di puro intrattenimento insomma, ambizioso solo al'apparenza, comunque moderatamente riuscito e divertente.

CITY OF LIFE AND DEATH
Regia di Lu Chuan

La città a cui si riferisce il titolo e Nanchino, teatro di una delle più vergognose e tragiche pagine della nostra storia recente, teatro di una sanguinosa strage compiuta dall' esercito giapponese a seguito della conquista della città stessa. Una ferita ancora aperta tra giapponese e cinesi, che Lu Chuan racconta senza sconti dedicando la pellicola stessa alle 300.000 vittime e poi mostrandoci gli agguerriti scontri per la difesa della città e le atrocità compiute su uomini, donne bambini dall' esercito occupante. Il film è fotografato in un efficace bianco e nero e diretto con sicurezza usando la camera a mano per mostrarci gli orrori e l'assurdità della guerra sulle distese impressionanti di cadaveri, sui corpi nudi delle donne stuprate o sui volti segnati dei protagonisti. Il rischio di fare una pellicola propagandistica o politicamente schierata sembra sia stato abilmente evitato così come si è tenuta da parte quasi completamente la cronaca storica preferendo raccontare il dramma umano di quell' orribile massacro attraverso i protagonisti cinesi ma anche attraverso gli occhi di un giovane soldato giapponese. Non ci sono buoni o cattivi, c'è solo la guerra che trasforma gli uomini in vittime e carnefici.

CLASH
Regia di Le Than Son

Per giudicare un film come Clash bisogna tener presente le condizioni dell' industria cinematografica vietnamita ancora troppo poco sviluppata (e forse con pochi fondi a disposizione) per poter puntare a risultati completamente soddisfacenti. Basti pensare agli sponsor che compaiono a più riprese durante il film o al fatto che la super star Johnnie Tri Nguyen abbia scritto e interpretatato il film lasciado la regia ad un completo esordiente. Le vicende narrate nella pellicola sono incentrate su di una donna che pur di riavere indietro la sua bambina è disposta a lavorare per un pericoloso boss della malavita e a circondarsi di poco raccomandabili “collaboratori” tra cui lo stesso Nguyen nel ruolo di un poliziotto infiltrato. C'è poco altro da dire su questo genere di film la cui storia è un pretesto per legare assieme le sequenze di combattimento, piacevoli ma ancora distanti anni luce dai livelli raggiunti dai “fratelli” tailandesi. Si può comunque applaudire alle doti atletiche di Johnnie Nguyen e a quelle di Ngo Thanh Van che interpreta il ruolo della bella protagonista. Il resto è facilmente trascurabile e dimenticabile.

Tuesday, May 11, 2010

Il ritorno dell' Uomo di Ferro

Ci sono diversi elementi, considerati i quali, non mi è difficile catalogare Iron Man 2 sotto la voce "figata", e tutti indipendenti dalla reale riuscita della pellicola ma più che altro legati ad un amore incondizionato per i fumetti di casa Marvel che spesso sfocia in una passione puramente nerd: si potrebbe citare la Vedova Nera interpretata da una bellissima Scarlett Johansonn o l' introduzione di War Machine. Un Robert Downey Jr. al quale il personaggi odi Tony Stark gli si è ormai incollato addosso come una seconda pelle o la splendida armatura portatile in forma di valigetta con la quale il nostro eroe si esibisce in una "vestizione" da mascella slogata. O ancora i vari easter eggs sparsi per il film e non ultima la breve sequenza dopo i titoli di coda che meritava da sola una standing ovation. Ma al di la di questi elementi, anche trascurabili, il film di Jon Favreau dimostra come la decisione della Marvel di fondare la propria casa di produzione per avere il controllo sulle trasposizioni cinematografiche delle sue creature sia stata saggia e intelligente, soprattutto considerato la fine che hanno fatto X-Men e Spider-Man. Certo il risultato finale non è per tutti i palati anche perchè, come nel primo Iron Man, molto spazio è lasciato al personaggio dentro all' armatura piuttosto che all' azione fracassona che ci si aspetterebbe da blockbuster super pompati a livello promozionale come questo. Insomma si prosegue a narrare il percorso personale di Tony Stark da mercante d'armi ad eroe, una strada non priva di ostacoli visto che non basta indossare un' armatura per cancellare il proprio passato. Ed è proprio chiudendo i conti con il passato, affrontando i propri demoni, che potrà porre le basi nel presente per il suo immediato futuro visto che, paradossalmente, proprio la tecnologia che gli ha salvato la vita e l' ha reso Iron Man ora lo sta lentamente uccidendo. E' vero che l'esuberanza di Robert Downey Jr. trasforma Tony Stark in un personaggio straripante ed incontenibile che ruba la scena al suo alter ego ma, anche se circoscritte a tre sequenze contate, l' armatura rosso/oro da bella mostra di se in maniera piuttosto appagante. C'è poi da considerare il fatto che, per quanto possa vivere di vita propria, Iron Man è un tassello, forse il più importante, del grande progetto "Vendicatori" che i Marvel Studios stanno portando avanti e sul quale in questo film vengono dati numerosi indizi, elemento che può incidere pesantemente sul giudizio complessivo soprattutto se mangiate pane e Marvel ogni santo giorno. Certo, questo non giustifica il fatto che forse il primo film fosse meglio bilanciato e nel complesso più riuscito, ma ciò non toglie che questo seguito, pur non accontentando tutti nemmeno tra i puristi, funziona, diverte ed esalta.

Monday, May 10, 2010

Italian Online Movie Awards 2010 - WINNERS -

Si è svolta ieri sera sul forum del sito IOMA e su www.radiopress.it l'assegnazione dei premi Italian Online Movie Awards 2010. Ecco i vincitori:

---VINCITORI---

MIGLIOR FILM
Avatar
**Bastardi Senza Gloria**
Gran Torino
Il Profeta
Shutter Island

MIGLIOR FILM ITALIANO
Baaria
La Doppia Ora
Mine Vaganti
**La Prima Cosa Bella**
Vincere

MIGLIOR REGIA
Clint Eastwood - Gran Torino
Jaques Audiard - Il Profeta
James Cameron - Avatar
Martin Scorsese - Shutter Island
**Quentin Tarantino - Bastardi Senza Gloria**


MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE
Coraline e la Porta Magica
La Principessa e il Ranocchio
Piovono Polpette
Ponyo sulla Scogliera
**Up**

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Clint Eastwood - Gran Torino
George Clooney - Tra le Nuvole
Joaquim Phoenix - Two Lovers
**Leonardo Di Caprio - Shutter Island**
Sam Rockwell - Moon

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
**Carey Mulligan - An Education**
Charlotte Gainsburg - Antichrist
Ksenya Rappoport - La Doppia Ora
Melissa Leo - Frozen River
Meryl Streep - Julie & Julia
Penelope Cruz - Gli Abbracci Spezzati

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Brad Pitt - Bastardi Senza Gloria
**Christoph Waltz - Bastardi Senza Gloria**
Matt Damon - Invictus
Niels Arestrup - Il Profeta
Stanley Tucci - Amabili Resti

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Anna Kendick - Tra le Nuvole
Diane Kruger - Bastardi Senza Gloria
**Julianne Moore - A single man**
Melanie Laurent - Bastardi Senza Gloria
Vera Farmiga - Tra le Nuvole

MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
A serious man
**Bastardi senza gloria**
Gran Torino
Il Profeta
Up

MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Amabili Resti
An Education
District 9
**Shutter Island**
Tra le Nuvole

MIGLIOR FOTOGRAFIA
A single man
**Avatar**
Bastardi Senza Gloria
Il Nastro Bianco
Shutter Island

MIGLIOR MONTAGGIO
Avatar
**Bastardi Senza Gloria**
Gran Torino
Il Profeta
Shutter Island

MIGLIOR COLONNA SONORA
Avatar
Bastardi Senza Gloria
Moon
Nel Paese delle Creature Selvagge
Shutter Island
**Up**

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Alice in Wonderland
**Avatar**
District 9
Nel Paese delle Creature Selvagge
Star Trek

I Bastardi di Tarantino sono i vincitori assoluti e incontestabili di questa edizione dei premi IOMA 2010. Il film del geniaccio americano si porta a casa infatti non soltanto i due premi più importanti, Miglior Film e Miglior Regia, ma anche Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Montaggio e, meritatissimo, Miglior Attore non protagonista a Christoph Waltz. Il resto dei premi se li spartiscono Shutter Island al quale viene riconosciuta la Miglior Sceneggiatura non Originale e Miglior Attore Protagonista per la sofferta interpretazione di Leonardo Di Caprio. Anche Avatar porta a casa qualcosa, un prevedibile premio per i Migliori Effetti Speciali e un incomprensibile Miglior Fotografia strappato al ben più meritevole Il Nastro Bianco. UP vince senza sorprese nella categoria Miglior Film d' Animazione e anche nella colonna sonora battendo agguerriti avversari. E' tutto per quest' anno, appuntamento nel 2011!!!

Sunday, May 09, 2010

Lyric of the Week + Video / THE BEATLES - GOLDEN SLUMBERS

Il film non mi ha convinto, ma la canzone...


Once there was a way to get back homeward
Once there was a way to get back home
Sleep pretty darling do not cry
And I will sing a lullaby

Golden slumbers fill your eyes
Smiles awake you when you rise
Sleep pretty darling do not cry
And I will sing a lullaby

Once there was a way to get back homeward
Once there was a way to get back home
Sleep pretty darling do not cry
And I will sing a lullaby

Thursday, May 06, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.27 "Press play on tape"

Torna il CINEQUIZ e la pausa udinese non mi ha reso certo meno bastardo ^__*! Questo però l'avete visto tutti (credo...^__^")


Secondo frame! Dai che lo indovinate adesso!


Soluzione: GHOSTBUSTERS 2
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 18
Chimy - pt. 9
Nick - pt. 6
frenzmag - pt. 3
Gianmario - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Il terzo frame, facilissimo ^__^


Wednesday, May 05, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 2

WHEAT
Regia di He Ping

L' importante selezione cinese del festival prosegue con un film storico profondamente anti bellico ambientato durante la battaglia di Chengping tra gli eserciti di Zhao e Qi, battaglia vinta, tra l'altro, proprio da questi ultimi. Due disertori dell' esercito di Qi si ritrovano, dopo una rocambolesca fuga, accolti da un villaggio di Zhao abitato unicamente da donne. Braccati ed in territorio nemico decidono di raccontare una versione tutta nuova degli esiti del conflitto. Si parla di guerra ma la guerra rimane quasi sempre sullo sfondo, i campi di battaglia scalzati dalle distese di grano pronto ad essere mietuto, vero punto di contatto tra i disertori e le donne del villaggio, unica cosa che conta da entrambe le parti proprio perchè, come i ragazzini risparmiati da morte certa in battaglia, esso rappresenta il futuro. Come spesso accade nel cinema della Cina continentale il film si prende i suoi tempi, spesso eccessivi, riuscendo però a veicolare un messaggio forte e a gestire con sicurezza il passaggio dal registro comico iniziale a quello maggiormente drammatico della conclusione. Apprezzabile unicamente se si riescono a metabolizzare i suoi novanta minuti che sembrano durare un' infinità, cosa che mi è riuscita a fatica.

MONGA
Regia di Doze Niu

L' industria cinematografica taiwanese è in continua espansione ed il primo dei due film in concorso al FEFF dimostra che si sta proseguendo sulla giusta strada. Monga è il nome di un quartiere di Taiwan che da anche il titolo al film. Qui, verso la fine degli anni '80, delle bande di gangster si dividono il potere. Il protagonista, Mosquito, si unisce a una di queste bande convinto di trovare quell'amicizia che gli è sempre mancata, trovandosi coinvolto però in una realtà fin troppo crudele e violenta. Il regista Doze Niu confeziona un gagster movie che, a parte qualche parentesi melodrammatica (sempre breve, grazie al cielo), si dimostra riuscito e convincente anche grazie ad una regia che da il suo meglio nelle risse e negli scontri, ripresi con sicurezza in lunghi pianosequenza. Ma Monga è anche un film che parla di legami di sangue e non, fratellanza e amicizia (virile, quasi in stile Miike), tutti sentimenti che la dura legge della strada cerca di annichilre ma che riescono a sopravvivere a costo di sogni infranti e tanto sangue versato. Una piacevole sorpresa, non c'è che dire.

GOLDEN SLUMBER
Regia di Nakamura Yoshihiro

Dopo il focus che gli è stato dedicato l'anno scorso, Nakamura Yoshihiro torna ad Udine con i suo ultimissimo film Golden Slumber in qualche modo legato ad uno dei suoi precedenti Fish Story. In entrambi una canzone da il titolo al film, in entrambi Nakamura imbastisce una storia complessa nel quale si nasconde un messaggio piuttosto semplice. Nel raccontare infatti la vicenda del sempliciotto Aoyogi, costretto alla fuga dopo essere stato incastrato per l' omicidio del primo ministro giapponese, il regista giapponese mette dentro un po' di tutto, teorie del complotto che strizzano l' occhio all' America, serial killer pericolosi ma che ispirano simpatia, assassini spietati legati alle alte sfere del potere, per parlare alla fine di amicizia, di un legame che il tempo non riesce a logorare e al quale sono legate le nostre radici. Il problema è che questo, come in Fish Story, è un po' poco per un film che dura quasi due ore e mezza, soprattutto se non riesce a mantenere l' incalzante ritmo iniziale. Si continua a parlare di Nakamura Yoshihiro come dello Shyamalan giapponese eppure non si riesce a vedere in lui ne la profondità registica ne quella sceneggiativa del regista americano, anzi, mi sembra tutto molto semplicistico ma imbastito come qualcosa di complesso e cervellotico. Non riesco a capire il suo cinema e quindi ad apprezzarlo anche se questo è senza dubbio il suo film migliore.

FIRE OF COSCIENCE
Regia di Dante Lam

Il poliziesco di Hong Kong nudo e crudo torna con l'ultimo film di Dante Lam, portando con se tutti gli elementi presenti anche nei suoi film precedenti, poliziotti al limite tra dovere e legalità che spesso si trovano o vorrebbero, sorpassarlo quel limite. In questo caso abbiamo Manfred, ossessionato dall' idea di trovare l'assassino della moglie, e Kee, poliziotto corrotto pericolosamente indebitato. Le loro strade si incrociano casualmente quando si trovano ad indagare sull' assassinio di una prostituta che potrebbe nascondere qualcosa di molto più grosso. Fire of Coscience è un action teso, non particolarmente originale e con qualche caduta di tono (il parto durante l'incendio nell' officina sa di redenzione per il protagonista ma è anche un po' una stonatura nel complesso), ma dal ritmo sostenuto per tutta la sua durata. Non mancano poi quelle sequenze che rendono il genere particolarmente apprezzabile, sparatorie, esplosioni, inseguimenti, incidenti, tutti gestiti da Lam con stile frenetico e adrenalinico. Forse non il meglio che si può trovare ma non ci si annoia mai.

Tuesday, May 04, 2010

Far East Film Festival 12 - Day 1

SOPHIE'S REVENGE
Regia di Eva Jin

La dodicesima edizione del FEFF si apre quasi con il freno a mano tirato, almeno rispetto alle due precedenti, con una commediola cinese diretta da Eva Jin e prodotta/interpretata da Zhang Ziyi. E' lei infatti a ricoprire il ruolo della protagonista, disegnatrice di libri illustrati di successo in piena crisi sentimentale dopo che il ragazzo con il quale si doveva sposare la lascia per mettersi con una famosa e bellissima attrice. Con piglio molto fantasioso, che spesso e volentieri ci fa precipitare direttamente nelle assurde fantasie di Sophie, assistiamo alla storia di una donna delusa che organizza un piano per vendicarsi dell' ex fidanzato ma che in fondo lo rivorrebbe indietro tutto per se. A complicare ulteriormente le cose ci si mette un “terzo uomo”, un fotografo a sua volta scaricato dall' attrice, che si unisce a Sophie nel suo assurdo progetto. Ne viene fuori un filmetto che ogni tanto diverte ma che, a parte qualche inaspettata svolta nella sceneggiatura, non si discosta molto da altre centinaia di film di genere diventando sempre più prevedibile e scontato mano a mano che ci si avvicina alla fine.

DREAM HOME
Regia di Pang Ho-cheung

Il piatto forte della serata e sicuramente una delle “portate principali” dell 'intero festival, arriva con il secondo film, l'anteprima mondiale dell' ultima fatica dell' eccentrico e geniale Pang Ho- cheung. Film attesissimo, pubblicizzato come uno slasher nudo e crudo, il film mantiene le sue promesse e non delude le altissime aspettative. Il regista honkonghese stupisce ancora una volta con una pellicola, una novità nella sua filmografia, che poco o nulla lascia all' immaginazione dello spettatore travolto da una ferocia assassina, all' inizio del tutto inspiegabile e ingiustificata, che esplode in tutta la sua crudezza fin dai primi minuti. Ma se c'è una cosa che si è imparata con Pang Ho-cheung è che non c'è nulla di casuale e quella a cui assistiamo non è violenza gratuita o fine a se stessa. Con una scrittura intelligente che si muove tra passato e presente della protagonista, ci viene raccontata non soltanto la sua storia ma un pezzo di storia di Hong Kong stessa, dalla politica del governo che ha favorito lucratori e speculatori in combutta con la mafia trasformando la citta in una giugla di anonimi palazzoni, fino alla recentissima crisi economica americana. In tutto questo si inserisce il sogno di Chen Lai-sheung (una Josie Ho, bellissima e perfetta in questo ruolo), decisa a comprare un appartamento con vista sul mare in un condominio di lusso proprio come aveva promesso fin da bambina al nonno prima e alla madre poi. Il suo sogno però si infrange contro un mare di burocrazia e contro un mercato immobiliare sempre più feroce che la fanno precipitare nella disperazione e la spingono verso gesti estremi pur di soddisfare quel singolo desiderio per il quale ha sacrificato più di quanto si possa immaginare. Inutile dire che ci troviamo di fronte ad uno dei (se non proprio "al") FILM del festival.

Monday, May 03, 2010

Far East Film Festival 12 - Introduzione


Nonostante scioperi, nubi vulcaniche ed influenza, anche quest' anno abbiamo portato a casa le nove giornate di festival anche se, per la verità, le mie sono state otto visto che per un' intero giorno sono stato bloccato a letto dalla febbre. Ma nonostante gli acciacchi è stata un'altra grandissima esperienza e ancora una volta il FEFF si riconferma un evento imperdibile per gli amanti del cinema asiatico e non. Nelle prossime settimane, come al solito, pubblicherò (probabilmente a partire da domani) dei brevi commenti su tutti i film che sono riuscito a vedere, divisi per giorni, e qualche post fotografico.
Prima di chiudere non mi resta che ringraziare i preziosi compagni di viaggio a partire dalla consolidata brigata che da tre ani affronta il viaggio della speranza da Cagliari per raggiungere la bella Udine, e sono naturalmente
Rosuen, Nick e Deiv. Poi c'è Tob, che abbiamo avuto il piacere di conoscere e con il quale abbiamo affrontato le nove giornate festivaliere, è gli amici Para, Chimy e Erica che si sono trattenuti poco, ma abbastanza da andare tutti insieme a mangiare una pizza in un localino che definirei "cult", per non usare altri termini ^__*
Un saluto doveroso anche a
Rob, che abbiamo avuto il tempo giusto di salutare il giorno dell' inaugurazione ma che poi è stato costretto a rientrare per questioni di salute. Insomma, più che un festival quest' anno è stata una guerra ma ci rifaremo (speriamo) il prossimo anno perchè in fondo quel che conta è che il Far East ci ama e noi ricambiamo.