Thursday, December 31, 2009

FINE ANNO 2009 - Mah...

Questo post di fine anno non ne vuole sapere di prendere forma, lo scrivo e lo cancello in continuazione:
Volevo parlare delle promesse mancate della distribuzione cinematografica italiana nell' ultimo anno (To, Chan-wook, Kitano e Wes Anderson giusto per fare qualche esempio) ma che senso ha parlarne visto che si vuole riconosce i "cinepanettoni" come film d' essai?
Volevo fare un punto della situazione del blog, dei numerosi post arretrati e di quello che vi aspetta nel nuovo anno (tanti film di cui parlare ma soprattutto l' imminente classificone) ma tutto si può riassumere con una ripresa degli aggiornamenti il 3 gennaio con la prima Lyric of the Week dell'anno.
Non ci tengo minimamente a parlare di buoni propositi che poi si fa fatica a mantenere o, nella peggiore delle ipotesi, facciamo in modo di dimenticarcene.
Insomma, potevo parlare di tutto e alla fine non ho parlato di niente ma ci tengo ad augurare a tutti un

FELICE 2010

di tutto cuore naturalmente ^__*

Wednesday, December 30, 2009

DEXTER - SEASON 04 -

TITOLO ORIGINALE: DEXTER
TITOLO ITALIANO: DEXTER
NUMERO EPISODI: 12

-TRAMA-
Dexter ora è sposato ed è padre. Ma questo non può certo mettere a dormire per sempre il suo "passeggero oscuro" anche se la sua nuova condizione rischia di metterlo seriamente nei guai. Nel frattempo si affaccia a Miami la minaccia del fantomatico Trinity Killer.

-COMMENTO-
Ricollegandomi direttamente al post della terza stagione, si può affermare con sicurezza che la serie abbia seguito gli sviluppi promessi superando (almeno per quel che mi riguarda) le più rosee aspettative. Raggiunti ormai i quarantotto episodi, Dexter si conferma una serie in continua crescita, merito di un lavoro attento in fase di sceneggiatura dove, nel nucleo narrativo dei dodici episodi che compongono una stagione, si lavora per sviluppare adeguatamente il personaggio principale. Se nella prima stagione viene definito un Dexter capace di vivere una doppia vita fingendo qualsiasi tipo di sentimento, nella seconda e nella terza si è cercato di far legare il nostro con alcuni personaggi, un' amante ed un amico, che potessero in qualche modo allegerirlo dell' oscuro segreto che si porta dentro e poter condividere con loro quello che non può condividere con nessun altro. Fallito miseramente il tentativo di relazionarsi con altri "mostri" Dexter prova allora a prendere esempio da uno di loro, da Trinity Killer, folle serial killer e all' apparenza ottimo padre di famiglia. Spinto dal Passeggero Oscuro, Dexter da la caccia a Trinity ma allo stesso tempo vorrebbe carpirne il segreto che l'ha portato per trent'anni a celare così bene il suo lato oscuro. Il confronto, diretto ed indiretto, tra i due da alla serie una notevole spinta ed un ottimo ritmo, raggiungendo livelli altissimi come nel quarto episodio, nel nono e nell' undicesimo. Anche le varie trame collaterali, che nelle precedenti stagioni apparivano fin troppo indipendenti e scollegate, qui confluiscono regalando nella seconda metà della serie un colpo di scena veramente notevole. Per non parlare del finale di stagione poi: se la season finale appariva un po' fiacca, soprattutto se confrontata con l'episodio precedente,gli ultimi minuti ci regalano un brivido inaspettato, che sarebbe meglio definire un pugno nella bocca nello stomaco, come mai era capitato nelle stagioni precedenti. Un cambio di rotta che lascia stupefatti ma incredibilmente soddisfatti, nonché curiosi di sapere che piega prenderanno gli eventi nella quinta stagione.

-DVD-
Nessun cofanetto per la quinta stagione disponibile al momento.

Tuesday, December 29, 2009

Welcome in the Unites States of ZOMBIELAND

Colpo di genio! A volte è quello che ci vuole per elevare un film a punto di riferimento per un determinato genere, o sotto genere se vogliamo considerare come tale la horror/comedy di cui Shawn of the Dead è il più autorevole rappresentante. Eppure Zombieland, film d'esordio di Ruben Fleisher, non ha nulla da invidiargli piazzandosi immediatamente dietro la pellicola di Edgar Wright nelle mie personali preferenze, risultato ottenuto grazie a tutta una piccola serie di dettagli ma soprattutto grazie ad un' intuizione geniale che tutti i voraci divoratori delle pellicole di Romero e simili non potranno che apprezzare e sottoscrivere: regole. Niente di più semplice che una lista di comportamenti da osservare attentamente o evitare accuratamente per sopravvivere in un mondo popolato da morti viventi. Certo il protagonista è vittima sin da bambino di fobie e paure irrazionali per qualsiasi cosa e questo l'ha aiutato ad affrontare con rigoroso criterio la minaccia globale, ma il nerd che c'è in ciascuno di noi applaude segretamente nel vedere il personaggio di un film di zombie comportarsi con una razionalità che ci saremo auspicati di trovare applicata in tante pellicole del medesimo genere. Ma anche se le "regole" sono l'elemento narrativo più rilevante (sottolineato da un geniale utilizzo di didascalie tridimensionali come in Fringe) Zombieland non è tutto qui: la pellicola di Fleisher è una spassosa e brillante commedia dove gli zombi soccombono (in tutte le eccezioni del termine) di fronte ad un duo di protagonisti che trovano nella loro diversità il loro punto di forza, uno razionale e l'altro estremamente brutale e carismatico (un Woody Harrelson come al solito irresistibile), in viaggio per le strade dell'America alla ricerca di un leggendario posto non contaminato dalla mortale pestilenza e dalla presenza di zombie. Un viaggio che include una tappa speciale nella villa di un attore che qui si ama alla follia e che interpreta se stesso in una sequenza che da sola rende il film un must assoluto. Senza contare che lo si riguarderebbe subito da capo solo per gustarsi alcuni dei migliori titoli di testa di sempre.

Monday, December 28, 2009

Siete stati buoni quest'anno?

Io sono stato buono e per me Babbo Natale è passato, tié!!!


Rosuen, sempre generosissima e attenta alle mie passioni, mi ha confezionato un pacco veramente ricco: nell' ordine, 1 keychain di Keroro e uno di Tamama, un bel Tama-chan di media grandezza, la prima stagione di Damages (grande!), la seconda di Dexter (grandissima!) e il libro Simon's Cat con le illustrazioni di Simon Tofield...e se non sapete chi o cosa sia Simon's Cat, cercatelo su
YouTube o qui.


Mio cugino Andrea e famiglia mi hanno regalato Wanted, si si proprio il film con i proiettili "ad effetto" e lasciatemi ribadire quanto sia una ficata! Ricordatevi il nome di Timur Bekmambetov perchè questo regista spacca i culi!


Mio fratello ha puntato invece alla mia passione videoludica regalandomi il quinto (anche se in realtà è il sesto) capitolo della saga di Resident Evil al quale sono legato ormai da più di dieci anni.


Sulle orme di mio fratello, anche i cugini Deiv e Nick hanno puntato al mio debole per i videogames regalandomi l'ultima bellissima incarnazione dell' FPS Call of Duty, Modr Warfare 2, una delle definitive "killer application" per PS3 e X-Box (a proposito se volete giocare on-line, su Playstation Network sono Weltall79).

Naturalmente questo post nasce come ulteriore ringraziamento per tutti coloro (anche quelli qui non citati) che questo Natale hanno avuto un pensiero per me.
Thanx a lot guys ^__^

Wednesday, December 23, 2009

TOH! E' GIA' NATALE...

...e come al solito WELTALL'S WOR(L)D si prende la dovuta e meritata pausa per questi giorni di feste che, al solito, voleranno tanto in fratta quanto in fretta sono arrivati.
Nel darvi appuntamento a lunedì 28 dicembre auguro a tutti voi affezionatissimi lettori un...

FELICISSIMO NATALE ^__^

Tuesday, December 22, 2009

From My Personal Library: JANE AUSTIN / SETH GRAHAME-SMITH - ORGOGLIO E PREGIUDIZIO E ZOMBIE

Immaginate un classico della letteratura che avete letto, per vostra scelta e per scelta di altri, e che non vi sia piaciuto per nulla, una sofferenza interminabile dalla prima all' ultima pagina. Immaginate ora di avere la possibilità di riscriverlo magari aggiungendovi elementi a voi più congeniali ma del tutto estranei al testo originale e potrete capire l'occasione capitata a Seth Grahame-Smith: la sua intenzione di scrivere un romanzo a tematica "zombie" si è unita alla possibilità, nata dallo svincolo del romanzo di Jane Austin da qualsiasi diritto d'autore, di "aggiornare" Orgoglio e Pregiudizio. E' nato così Orgoglio e Pregiudizio e Zombie, un vero caso editoriale e best seller in varie parti del mondo. Inutile dire che il libro ha diviso gli estimatori di questa nuova versione con i puristi e amanti del capolavoro della Austin e il motivo è da ricercare nella maniera in cui il libro è stato concepito. Tenendo infatti gran parte del testo originale, Graham-Smith si è limitato ad un adattamento e a riscriverne alcuni passaggi inserendoci episodi del tutto nuovi relativi alla misteriosa pestilenza che verso la fine del settecento ha portato l'Inghilterra ad essere invasa dai morti viventi. Questo porta di conseguenza ad un paio di considerazioni: la prima è che effettivamente non è che ci sia questo gran lavoro fatto dallo scrittore americano (anche produttore cinematografico) e in secondo luogo che non ha molto senso leggere il libro se prima non si è letto Orgoglio e Pregiudizio. Riuscendo a tollerare quanto sopra senza considerarli per forza difetti e volendo fare i meno seriosi possibile, bisogna ammettere che Orgoglio e Pregiudizio e Zombie è una lettura senza impegno e anche divertente se avete il pallino per zombie e affini. Se potete tollerare il fatto che le sorelle Bennet sono state addestrate al combattimento in Cina, che Lady Catherine De Bourgh va in giro scortata dai ninja e che la prima proposta di matrimonio di Mr Darcy ad Elizabeth finisce in un violento scontro fisico, questo è decisamente i libro che fa per voi. Tra l'altro ad Hollywood già si lavora sulla sua trasposizione cinematografica e notizie degli ultimi giorni danno per sicuro che Natalie Portman si sia unita alla produzione: già me la vedo nei panni di Elizabeth Bennet a decapitare innominabili.

Monday, December 21, 2009

Can che abbaia non morde

Difficile accreditargli tutti i pregi del suo lavoro successivo ma è un dato di fatto che Barking Dogs Never Bite, esordio cinematografico di Bong Joon-ho, sia tutt'altro che un film da sottovalutare, anzi. E' possibile trovare proprio in questo film quel gusto per l'ironia e lo humor nero che Bong ha sviluppato e adattato nei suoi Memories of Murder e The Host. Diversamente da questi titoli, dove l'elemento ironico contrastava con le tematiche del film (la caccia ad un serial-killer nel primo e la minaccia di un mostro mutante nel secondo), in Barking Dogs Never Bite è parte integrante della struttura del film. Una commedia amara insomma, che ha come protagonisti un professore universitario che si è visto soffiare una cattedra da sotto il naso e un' impiegata (Du-na Bae) poco felice del suo lavoro. Le loro vite, che non potrebbero essere più distanti, finiscono per incrociarsi a causa dei cani. Piccoli cani da compagnia sui quali l'uomo sfoga le sue frustrazioni da disoccupato e da mantenuto e dei quali lei invece si preoccupa trascurando il lavoro per dedicarsi ad aiutare le persone che hanno smarrito il proprio animale . L'ambientazione svolge di per se un ruolo fondamentale: siamo nella periferia di una grande città, supercondomini costruiti al limitare della campagna, abitazioni come cellette per centinaia di api operaie le cui finestre si affacciano su di un verde che rappresenta la via di fuga dalla vita moderna. Bong Joon-ho ci mostra facciate di palazzi che vanno oltre l'inquadratura, un' urbanizzazione oppressiva, il cemento che diventa prigione per incarcerati consapevoli e per chi invece sogna solo di evadere. In questo sta la principale differenza tra i due protagonisti che dopo una serie di equivoci si trovano ad abbracciare il proprio destino in due sequenze che in qualche modo forniscono una chiave di lettura del film: lui ottiene quel che desiderava diventando parte del meccanismo che lo opprimeva, acquistando tristemente questa consapevolezza osservando gli alberi fuori dalla finestra mentre delle tende si chiudono togliendo tutta la luce. Lei, liberatasi (non per sua volontà) da tutti i legami con la società, si concede una liberatoria passeggiata nei boschi sull'incedere dei titoli di coda.

Sunday, December 20, 2009

Lyric of the Week + Video / JOSHUA RADIN - WINTER


I should know who I am by now
I walk the record stand somehow
Thinkin' of winter
The name is the splinter inside me
While I wait

And I remember the sound
Of your November downtown
And I remember the truth
A warm December with you

But I don't have to make this mistake
And I don't have to stay this way
If only I would wake

The walk has all been cleared by now
Your voice is all I hear somehow
Calling out winter
Your voice is the splinter inside me
While I wait

And I remember the sound
Of your November downtown
And I remember the truth
A warm December with you
But I don't have to make this mistake
And I don't have to stay this way
If only I would wake

I could have lost myself
In rough blue waters in your eyes
And I miss you still

Oh I remember the sound
Of your November downtown
And I remember the truth
A warm December with you
But I don't have to make this mistake
And I don't have to stay this way
If only I would wake

BONUS

Friday, December 18, 2009

Il ritorno dei "corvi" del Suzuran

Come era lecito e prevedibile aspettarsi, ecco arrivare senza farsi attendere troppo il seguito di Crows Zero di Takashi Miike. I "corvi" del Suzuran sono tornati e questa volta, oltre alla solita lotta interna per conquistare la scuola, ci si mette uno scontro con un istituto rivale tornato sul piede di guerra dopo anni di non belligeranza. Parliamoci chiaro: amo il cinema di Takashi Miike almeno tanto quanto mi rende insofferente la maggior parte del cinema commerciale giapponese. Ed amo, non mi vergogno certo a dirlo, gran parte del cinema commerciale di Miike, progetti ad alta visibilità giusta retribuzione per uno che si è fatto le ossa con decine e decine di pellicole che l'hanno reso uno dei registi più interessanti del panorama nipponico e mondiale. Sta di fatto che Crows Zero è il peggiore tra i progetti commerciali di Miike, quello dove la solita ingombrante produzione ha avuto la meglio sul genio e l'estro del regista giapponese, che scompare fin troppo tra le pieghe del film. Addirittura in Crows Zero 2 non è presente neanche una "firma" di Miike o una delle sue invenzioni visive che hanno salvato, per un pelo, dal baratro il film precedente. Quello che invece appare evidente, e pure un po' preoccupante, è la volontà di serializzare il "marchio" Crows, ipotesi che sembra trovare conferma in alcuni elementi del film (stessi titoli di testa e canzoncina con balletto cantata dalla ragazza nel locale) nonchè da una struttura che, a parte il nucleo narrativo principale, si ripete senza sostanziali modifiche e lasciando una vera autostrada aperta ad un probabile terzo capitolo. Anche la durata del film è rimasta identica, due ore abbondanti infarcite di combattimenti e risse interminabili capaci di minare la pazienza di chiunque. Ma non è tutto da buttare e ci mancherebbe: i personaggi sono carismatici (anche quelli che rimangono nello sfondo) e caratterizzati, nell'aspetto fisico e nella postura, in maniera molto varia e particolareggiata rendendoli facilmente riconoscibili anche nelle sequenze più caotiche. Le ambientazioni sono allo stesso modo molto accattivanti, perchè mostrano un ambiente scolastico esattamente opposto a come ci viene spesso rappresentato. La regia poi è ben sopra la media di altre produzioni di questo tipo: sono piuttosto convinto infatti che non ci siano altri registi in giappone in grado di girare sequenze di massa impressionanti (anche se fin troppe e fin troppo lunghe) come quelle che si vedono in Crows Zero. E francamente, se non ci fosse stato Miike dietro la macchina da presa, non ci sarebbe stato nessun motivo di dare una chance a questo seguito.

Thursday, December 17, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - INTERMISSION

Giunti a metà gara della prima stagione del CINEQUIZ, ci si prende un mesetto abbondante di pausa e si fa il punto della situazione.
Nonostante Grace stia prendendo le distanze dai diretti inseguitori, la gara è ancora apertissima e proprio in virtù di questo ho pensato (ma non sono certo il primo a farlo) di rendere la gara un po' più interessante mettendo in palio un premio per il vincitore finale.
Ecco cosa si porterà a casa il vincitore, assolutamente nuovo e sigillato:


Nel caso primo classificato dovesse già possederlo, ci sarebbe anche un premio di riserva, ma per ora non lo annuncio che se tutto va bene lo uso per l' eventuale seconda stagione ^__*.
Il secondo ed il terzo classificato invece, riceveranno una copia omaggio del saggio da me scritto "MANGIARE LA MERDA, coprofagia ed altri disturbi alimentari", mentre per tutti gli altri c'è una calorosa stretta di mano virtuale ^__^
Detto questo, vi do appuntamento nel 2010 per i nuovi 15 episodi della seconda parte del CINEQUIZ, che inizierà precisamente il 4 FEBBRAIO prossimo.
Oh yeah!!
!

Wednesday, December 16, 2009

1-THOUSAND


Mi accorgo solo oggi che il post pubblicato ieri era il numero 1000. Una cifra non da poco, un traguardo che mi porta a vantarmi ed autocelebrarmi.
Certo, arrivo con un giorno (o meglio, con un post) di ritardo ma ho fatto cifra tonda parlando dell' ultimo filmone di Johnnie To, mica cazzi.

P.S.: l'idea per l'immagine del post è stata ispirata (o, se preferite, spudoratamente copiata) dal post celebrativo del blog
Vision ^__^.

Tuesday, December 15, 2009

Johnnie To grida VENDETTA

Dopo la parentesi "Sparrow", dove una magnifica Hong Kong ospitava le avventure di ladri romantici e gentiluomini, Johnnie To torna ad atmosfere più classiche e a tematiche diventate quasi marchio di fabbrica del suo cinema. Proseguendo su di un ideale percorso che da The Mission conduceva allo splendido Exiled, To e Wai Ka-fai, che qui scrive la sceneggiatura, ci raccontano una tragica storia di vendetta ambientata tra una Macao ed una Hong Kong popolata da gangster e assassini che sembrano quasi volersi reincarnare pellicola dopo pellicola. Gli stessi volti, gli stessi attori feticcio (Tony Wong, Simon Yam, Lam Suet, giusto per citarne alcuni) tornano con nomi diversi per dare corpo a questi uomini che To ama raccontare, killer quanto mai umani legati gli uni agli altri da solidi principi che vanno ben oltre qualsiasi contratto di lavoro al quale siano vincolati. Uomini capaci di sparasi addosso per poi ritrovarsi poco dopo tutti seduti allo stesso tavolo a mangiare o a scherzare, giocare con le loro armi o usarle con spietata freddezza. Su questi elementi e sulle lunghe sequenze degli scontri a fuoco dalle coreografie impressionanti, il regista di Hong Kong ha fondato il suo immaginario cinematografico che ha reso alcune sue pellicole delle vere perle. Elementi che costituiscono il cuore pulsante anche di questo Vengeance e che si concretizzano in alcune straordinarie sequenze come quella della discarica o della sparatoria notturna con la luna che fa capolino da dietro le nubi dettando i tempi della sparatoria. Ma c'è anche qualcosa di nuovo, una strizzata d'occhio che To fa al cinema francese di Melville, solo che al posto di Alain Delon qui troviamo un Johnny Hallyday sul cui volto (ma è soprattutto sugli occhi che lo sguardo del regista si concentra) si legge il dolore di un padre deciso a vendicare la figlia. Dolore e vendetta, in questo caso, legati a doppio filo con la memoria, perno su cui si regge la riflessione della pellicola e su cui la sceneggiatura fa una brusca virata rendendo il significato stesso di "revenge" totalmente privo di significato. Ma il senso dell' onore e l'amicizia colmano tutti i vuoti, uniscono e guidano uomini nati ai lati opposti del mondo al compimento di un destino ineluttabile perchè scritto con il sangue o ad una resa dei conti guidati unicamente da un nome scritto sul lato di una pistola. Ed è cosi che il cinema di To si arricchisce con un altro prezioso tassello.

Monday, December 14, 2009

Megan Fox mangia uomini

Vittima innocente di un pregiudizio forse troppo affrettato, ma in parte giustificato dall' uso del richiamo testosteronico per eccellenza che risponde al nome di Megan Fox, Jennifer's Body si è rivelato alla fine meno terribile di quanto mi aspettassi anzi, considerato all' interno del suo specifico genere (che di per se non amo molto), nel complesso perfino riuscito. Trattasi infatti di un teen-horror con tutti i crismi a partire dalla colonna sonora fino all' ambientazione, una pacifica cittadina della provincia americana sconvolta da macabri accadimenti che si susseguono con una frequenza allarmante. Protagoniste due liceali, una sfigatella e l'altra popolare, una non proprio una bellezza e l'altra una fica paurosa. Il problema è che, per quanto bella e attraente possa essere, ha recentemente preso il vizio di attirare, con le sue indiscutibili attrattive fisiche, ignari maschietti per poi divorarseli. L'accoppiata Karyn Kusama alla regia e Diablo Cody alla sceneggiatura, mettono insieme un film dove la definizione "sesso debole" viene completamente cancellata da un rivoluzionario "girl power" che trasforma il corpo della donna in una forza cannibale travolgente, lasciando il maschio vittima dei suoi stessi appetiti sessuali. E non la solita figura stereotipata ma il maschio in generale, lo sportivo, l' emo o il comune e bravo ragazzo. Merito delle due signore di poco sopra (forse l'unico) è quello di aver trovato in Megan Fox la donna perfetta per questo ruolo, utilizzando la sua indubbia bellezza non in maniera fine a se stessa (come accaduto in Transformers) ma per dare al personaggio varie sfacettature (da stupidotta ragazza di provincia a feroce mangia uomini, per esempio) regalando al suo fascino un tono sorprendentemente inquietante. Se la regia non si distingue ne in bene ne in male, la sceneggiatura del Premio Oscar Diablo Cody poteva essere l'elemento per dare al film la giusta spinta risultando invece quello che l'affossa maggiormante, tanto è carica di elementi appena abbozzati e lasciati un po' al caso: si tenta di fare un ritratto della "internet generation" (c'è su Wikipedia quindi è vero" dirà una ragazza ad un certo punto) o del sottobosco delle indie band, legando questi elementi con intenti femministi che si perdono nel marasma. Tutto appare fin troppo superficiale perchè aggiunga spessore al film, senza contare la scelta dello spiegone da setta satanica per giustificare lo "status alterato" di Jennifer. E dire che finchè non si sapeva nulla, non dico che andava tutto a meraviglia, ma almeno era sufficientemente godibile.

Sunday, December 13, 2009

Lyric of the Week + Video / JEFFERSON AIRPLANE - SOMEBODY TO LOVE

Prego, accetti il mistero


When the truth is found to be lies
And all the joy within you dies
Don't you want somebody to love
Don't you need somebody to love
Wouldn't you love somebody to love
You better find somebody to love

When the garden flowers baby are dead yes
And your mind [, your mind] is [so] full of red
Don't you want somebody to love
Don't you need somebody to love
Wouldn't you love somebody to love
You better find somebody to love

Your eyes, I say your eyes may look like his [yeah]
But in your head baby I'm afraid you don't know where it is
Don't you want somebody to love
Don't you need somebody to love
Wouldn't you love somebody to love
You better find somebody to love

Tears are running [ahhh, they're all] running down your breast
And your friends baby they treat you like a guest.
Don't you want somebody to love
Don't you need somebody to love
Wouldn't you love somebody to love
You better find somebody to love

Thursday, December 10, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.15 "Mice can't swim"

ATTENZIONE: siamo arrivati a metà stagione e come tutte le serie che si rispettino, anche il CINEQUIZ va in pausa. Giovedi prossimo ci sarà comunque un post dove verrà annunciata la data in cui si ricomincerà a giocare e, udite udite, il premio che metterò in palio. E adesso fatevi sotto!!!


Secondo frame: per smuovere un po' le acque ^__^


Soluzione: MARGOT AT THE WEDDING
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 11
Chimy - pt. 6
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Terzo frame chiarificatore


Wednesday, December 09, 2009

Edgar Allan Poe secondo Fulci

Il Gatto Nero è il terzo film diretto da Fulci nel 1981 e successivo al suo capolavoro E Tu Vivrai nel Terrore - L' Aldilà e Quella Villa Accanto Al Cimitero. Concluso il ciclo sulla "morte" ( di cui i due film precedenti insieme a Paura nella Città dei Morti Viventi costituiscono una trilogia) il regista romano sembra intraprendere una strada diversa (particolare evidenziato anche dall'assenza nel cast tecnico e artistico dei suoi più fedeli collaboratori) e su sceneggiatura sua e di Biagio Proietti, porta sullo schermo un "libero" adattamento di uno dei più famosi racconti di Edgar Allan Poe. Per chi ha dimestichezza con gli scritti dell' autore inglese non avrà certo problemi a capire quanto sia importante sottolineare l'aggettivo"libero" visto che del testo originale rimangono alcuni elementi riconoscibili durante la visione ma soprattutto nel finale del film. Le vicende si svolgono in Inghilterra in un piccolo paese dove uno scienziato di nome Miles conduce esperimenti che lo portano a comunicare con i defunti. Insieme a lui vive un gatto nero misteriosamente legato ad alcuni "incidenti" mortali capitati agli abitanti del paese. Un poliziotto giunto direttamente da Londra per indagare ed una fotografa fin troppo curiosa cercheranno di fare luce sulla vicenda. L'abbandono quasi totale del gore in favore della pura atmosfera (percorso già iniziato con Quella Villa Accanto al Cimitero) non giocano certo a sfavore del film che ha come unico punto debole una sceneggiatura che si fa pian piano sempre più lacunosa verso la fine, arrivando quasi ad appiccicare senza tanta soluzione di continuità la sequenza che richiama maggiormente il racconto di Poe. Ma nonostante le imperfezioni è sempre un piacere guardare un film di Fulci che anche in questo caso da prova di saper dirigere un film con idea spesso apprezzabilissime: si possono citare in questo caso le diverse soggettive "feline" o le sequenze dei vari incidenti/omicidi costruite in modo da anticipare il destino dei malcapitati personaggi (per la serie: non attraversare una stretta impalcatura se sotto hai notato dei ferri acuminati). Basta e avanza per godere appieno di questo film.

Tuesday, December 08, 2009

Non è un paese per Larry

Se si considera Ladykillers come film di passaggio e Non è Un Paese per Vecchi l'inizio di un nuovo ciclo, si può dire che A Serious Man ne rappresenti l'apice, nonchè uno dei migliori lavori partoriti dai frateli Coen sin da inizio carriera. Ripulito dai grandi nomi e da tutte le star presenti nei loro film precedenti, A Serious Man è un film che riporta il cinema dei Coen alla sua essenza più pura, un' amalgama perfetto costituito da una grande regia e da una sceneggiatura inattaccabile. Larry, il protagonista del film, è un po' come L' Uomo Che Non C'era ma a colori. Un uomo che ha trascorso gran parte della sua esistenza convinto di aver vissuto solo per accorgersi improvvisamente di essere come una barca in balia di una tempesta: non solo la vita lo trascina ma lo sta letteralmente travolgendo. Tutto le sue certezze (la famiglia e la cattedra come docente di ruolo all' università che sta per ottenere) si sgretolano sotto i suoi occhi e lui non può fare a meno di domandarsi perchè: la moglie chiede il divorzio e la sua posizione all' università è messa in crisi da alcune lettere anonime e da uno studente coreano che vuole corromperlo per avere un voto più alto. A questo si aggiunge tutta una serie di piccoli accadimenti e disgrazie che vanno a minare la base su cui si fonda la sua stessa esistenza: la razionalità. La fisica e la matematica che Larry insegna ai suoi studenti si basano su elementi concreti, su calcoli che danno logici risultati, su domande che trovano una risposta. Quello che accade intorno a lui abbatte la roccaforte della razionalità per sfociare nell' irrazionale dove sono il fato, la sfortuna o la volontà Divina a dettare le regole. Per raccontare questa storia i Coen pescano a piene mani dalla cultura ebraica, su cui si fonda la loro stessa educazione religiosa, e con il solito cinismo e humor nero che ha contraddistinto fin dagli esordi il loro cinema, mostrano la preoccupante crisi della fede (e non solo di quella ebraica) vista come unico faro nella notte per un' umanità rimasta senza punti di riferimento. Gli stessi rabbini, ai quali Larry si rivolge per trovare le risposte che cerca, sono ben lontani dall' essere portatori di una qualche "verità" assoluta. Rimane solo la certezza che anche un "uomo serio" e di grande rettitudine morale, fatica come qualsiasi altro per ottenere le cose più semplici quanto quelle più difficili, o che semplicemente quelle cose gli saranno precluse per sempre (da qui lo splendido finale del film). In effetti l'unica cosa da fare è "accettare il mistero" come dirà a Larry il padre del suo studente coreano, parole dette in un contesto diverso ma sagge, molto sagge.

Monday, December 07, 2009

La "sete" di Chan-wook

Se bastasse una sola visione per definire un film come Thirst, per giudicarlo, per assimilarlo nel suo complesso, allora forse non ci troveremo di fronte al film importante che, così a pelle, io credo che sia. Perchè l' ultima fatica di Park Chan-wook, è bene che lo si sappia, lavora in maniera tale da rimanere in testa ben dopo la visione, imprimendosi come una figura astratta della quale definiamo i contorni e la consistenza solo con il tempo. Il primo impatto con il film non restituisce sensazioni immediate come con i sui lavori precedenti, non si grida al capolavoro come per la Trilogia della Vendetta o non si viene rapiti dalla struggente dolcezza come in I'm a Cyborg but That's Ok, cosa che di per se non costituisce un difetto, ma rende l'idea di come la pellicola sia stata concepita per portare lo spettatore su di un terreno sicuro per poi toglierglielo improvvisamente da sotto i piedi. Da un punto di vista puramente formale il film si mantiene sugli altissimi livelli ai quali Park ci ha fin troppo bene abituato, dimostrando di essere uno dei pochi registi in grado di rendere una sequenza o una semplice inquadratura, indimenticabile anche solo attraverso dei dettagli, sia questo il colore di un vestito o una macchia di sangue su di un pavimento bianco. Ma è il modo in cui si muove tra i generi a rendere Thirst un film così sfuggente: seguendo un trend ormai diffuso a livello mondiale, Park costruisce il suo film su delle premesse che sembrano dirette all' horror a tema vampiresco. Il protagonista infatti è un prete (interpetato da Sang Kang-ho sempre a suo agio anche in ruoli drammatici) che, sottopostosi a sperimentazione di un vaccino per un virus, riceve una trasfusione di sangue infetto che lo trasforma in un vampiro. Pur sfruttando tutti i classici elementi del genere, Chan-wook utilizza principalmente il nuovo status del protagonista per metterlo di fronte ad una crisi di Fede, dividerlo fra servire Dio incondizionatamente o cedere all'amore e ai desideri della carne. Ed è qui che entra in scena il personaggio femminile, una vera femme fatale intepretata da una splendida Kim Ok-bim, che ribalta i ruoli trasformando il predatore in preda, un fedele uomo di Dio in una creatura perduta in un amore sofferto e irrealizabile. Un ribaltamento totale insomma tra la prima e la seconda parte del film dove, ad un voluto distacco, si contrappone un crescendo di emozioni e violenza fino ad un finale tragico ed inevitabile.

Sunday, December 06, 2009

Lyric of the Week + Video / REGINA SPEKTOR - US

**Direttamente dalla colonna sonora di 500 Days of Summer**


They made a statue of us
And it put it on a mountain top
Now tourists come and stare at us
Blow bubbles with their gum
Take photographs for fun, for fun

They'll name a city after us
And later say it's all our fault
Then they'll give us a talking to
Then they'll give us a talking to
Because they've got years of experience
We're living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
We're living in a den of thieves
And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious

We wear our scarves just like a noose
But not 'cause we want eternal sleep
And though our parts are slightly used
New ones are slave labor you can keep

We're living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
We're living in a den of thieves
And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious

They made a statue of us
They made a statue of us
The tourists come and stare at us
The sculptor's mama sends regards
They made a statue of us
They made a statue of us
Our noses have begun to rust
We're living in a den of thieves
Rummaging for answers in the pages
Were living in a den of thieves

And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious
And it's contagious

Friday, December 04, 2009

I volti di MEMORIES OF MURDER

Ho rivisto Memories of Murder è non posso che confermare quanto di buono ci sia nel lavoro svolto da Bong Joon-ho. Scrivo queste righe senza andare a rileggere quel che scrissi tempo fa perché, per quanto sono certo di aver elogiato questa bellissima pellicola, sicuramente avrei la tentazione di cancellare quel vecchio post.
Memories of Murder è un film girato in maniera sublime e sorretto da una sceneggiatura solidissima basata su di un vero fatto di cronaca, una serie di stupri e omicidi per i quali non fu mai trovato il colpevole. Il tutto è inserito in un preciso contesto storico (la Corea del Sud sotto dittatura) dove accadimenti così macabri che avvengono in una piccola realtà di provincia, non destano la dovuta attenzione della gente che guarda alla polizia come al nemico dal quale difendersi.
Ma naturalmente sono i personaggi a svolgere il ruolo chiave, due poliziotti dai metodi e dalle intenzioni fondamentalmente differenti che subiscono, durante il film, una trasformazione che li porterà ad un punto d'incontro, quando credono di avere per le mani il vero assassino, per poi divergere in maniera definitiva per "strade" diametralmente opposte da quelle da cui avevano cominciato.
Al talentuoso regista coreano bastano dei primissimi piani sui volti dei protagonisti per renderci partecipi di tutto il dolore, la frustrazione, la paura e la rabbia che parole ed azioni non potrebbero descrivere meglio.




Thursday, December 03, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.14 "Fake soldiers for fake wars"


Secondo frame: illuminante? O diventa più difficile?


Soluzione: BOTTLE ROCKET
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 9
Chimy - pt. 6
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Il terzo frame sarebbe stato questo


Wednesday, December 02, 2009

L'altra faccia della luna


Though I'm past one hundred thousand miles
I'm feeling very still
And I think my spaceship knows which way to go
Tell my wife I love her very much... she knows

Le parole di Space Oddity vengono alla mente quasi spontaneamente pensando a Moon come al film del figlio di David Bowie. Eppure sarebbe riduttivo ed ingiusto lasciare che sia la parentela tra Duncan Jones ed il Duca Bianco a parlare per una pellicola che si rivela essere una vera sorpresa e che dal Sundance in poi non ha fatto che raccogliere consensi un po' ovunque. Jones sceglie per il suo esordio cinematografico (sua anche la sceneggiatura) di affrontare il genere fantascientifico nella sua incarnazione più matura, che ha tra i sui padri celebri autori del calibro di Kubrik e Tarkovsky e che trova forse solo nel Sunshine di Danny Boyle il suo parente più prossimo. Nel futuro immaginato dal giovane regista, la Terra risolverà la crisi energetica con l' Helium 3 estratto direttamente dalla superficie lunare. Ed è qui, in una installazione costruita per il controllo e la manutenzione della macchine d'estrazion,e che Sam sta per concludere il suo contratto di tre anni ed è pronto a ritornare sulla Terra per riabbracciare moglie e figlia. Se appaiono evidenti gli omaggi, espliciti e non, a capolavori come 2001 Odissea nello Spazio o Solaris, appare altresì evidente che Jones ha fatto suo tutto un certo immaginario fantascientifico e l'ha usato per creare il piccolo mondo asettico e tecnologico nel quale Sam si trova a vivere, curando ogni particolare fino al più piccolo dettaglio. Quello che stupisce in positivo è che tutto questo non è altro che un prezioso involucro per quello che sta all' interno, una riflessione sull' uomo e su cosa lo identifichi come tale al di la del suo guscio di carne e ossa, il tutto inserito in una storia scritta da chi ha un evidente conoscenza del genere. Ed è talmente tutto funzionale (regia, scenografie, musice e lo stesso Sam Rockwell, praticamente unico attore del film) che non sembra neanche di assistere ad un' opera prima.

Tuesday, December 01, 2009

"This is a story of boy meets girl"

Tom crede nell'amore e nell'anima gemella. Summer semplicemente, non ci crede. Nonostante questa premessa tra loro nasce qualcosa, un sentimento al quale si ha paura di dare un nome un' "etichetta". Eppure la voce narrante lo mette bene in chiaro che "questa non è una storia d'amore" ma "la storia di un ragazzo che incontra una ragazza", due persone che si trovano a condividere un momento importante, forse anche spiriti affini ma che non riusciranno mai a far convergere le loro strade, ad abbattere quella barriera che li terrà comunque separati. Forse sotto quest' ottica lo split-screen assume un significato ben preciso, una netta separazione tra due persone cresciute con un background di esperienze fondamentalemente diverse o semplicemente a sottolineare l'inconciliabilità tra le aspettative e la realtà. 500 Days of Summer (che in Italia diventa "500 Giorni Insieme" trasformando il nome della protagonista da Summer in Sole) è un film che fa dell' onestà uno dei suoi migliori pregi: si, è vero che ha una colonna sonora così ricercata e furbetta e che il regista Marc Webb ci mette tutta la sua esperienza nel campo dei videoclip (anche se a mio avviso è tutto funzionale al racconto) ma le carte sono in tavola fin da subito e scoperte, non ci sono sorprese. Questo film è quanto di più lontano ci possa essere da una qualsiasi commedia romantica perché si, è vero che c'è un romanticismo di fondo soprattutto espresso dal personaggio di Tom, ma anche una visione cinica del più nobile dei sentimenti, un ribaltamento di prospettive che fa dell'amore oggetto misterioso e indecifrabile. Marc Webb racconta i 500 giorni di Tom e Summer con un espediente narrativo riuscitissimo, un procedere avanti ed indietro che, nonostante i balzi temporali, mostra con soluzione di continuità il nascere di un sentimento e la sua fine, la speranza e la disillusione, la fine dell' Estate e l'arrivo dell' Autunno. In fondo si può inseguire l'amore senza mai acchiapparlo solo per essere presi alla sprovvista quando meno ce lo si aspetta. In fondo si può pensare a Tom come ad un inguaribile romantico o ad un illuso sognatore. In fondo si può provare antipatia per il personaggio di Summer (splendida come sempre Zooey Deschanel) e trovare freddezza ed egoismo dove c'è solo profonda sincerità. In fondo 500 Days of Summer parla dell' amore a 36o gradi ed è una nostra libera scelra da che angolazione decidiamo di guardarlo.

Monday, November 30, 2009

"Well then, goodbye everybody."

Un gruppo di cinquantaquattro studentesse di liceo si mette in fila sulla banchina della metropolitana di Tokyo e dopo essersi prese per mano saltano sui binari proprio mentre il treno sopraggiunge. La macabra scena è sottolineata da una musica di tutt'altro tenore, quasi straniante se relazionata con il bagno di sangua al quale stiamo assistendo. Questo è il folgorante (e a riguardarlo non fa che diventare sempre più incredibile) inizio di Suicide Club di Sono Shion ed è anche il primo dei forti contrasti di cui la pellicola è piena. Il regista giapponese affronta senza tanti fronzoli, e senza nascondersi dietro ad un velo come spesso accade nel cinema giapponese, una tematica scottante e sempre attuale in terra nipponica come quella dei suicidi e lo fa con una storia, da lui stesso scritta, che ci proietta in un incubo dove, come guidati da una mano misteriosa, centinaia di persone decidono di togliersi la vita senza apparente motivo. Come i personaggi del film anche noi veniamo abilmente guidati da Sono a credere alla natura criminale di questi accadimenti e che in realtà ci sia una volontà omicida dietro queste morti, un Club dei Suicidi che guida tutto nell' ombra e attraverso internet. Ma in realtà le motivazioni si nascondono dietro le apparenze, dietro i sorrisi, dietro le famiglie felici. Un malessere profondo che appesta la società come un morbo che infetta in maniera subdola perchè ci si autocontagia senza saperlo. Un messaggio pessimistico che sembra trovare uno spiraglio di positività in un finale comunque inquietante e di grande impatto. Un forte contrasto insomma, proprio come si diceva in precedenza, che Sono gestisce con grande maestria e così fa con i lresto del film che prende improvvisamente derive horror e grottesche, fa convivere personaggi canonici ma ben definiti (il poliziotto Kuroda) con altri al limite dell' assurdo (Genesis), senza far perdere alla pellicola la sua solidità. Caratteristica questa che si ritrova nella filmografia di questo regista e che lo rende senza ombra di dubbio uno degli autori più interessanti del panorama cinematografico giapponese.

Sunday, November 29, 2009

Lyric of the Week + Video / AFTERHOURS - VOGLIO UNA PELLE SPLENDIDA


Stringimi madre ho molto peccato
Ma la vita è un suicidio l'amore è un rogo
E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida

Senza un finale che faccia male
Con cuori sporchi e le mani lavate
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

Passo le notti nero cristallo
A sceglier le carte che giocherei
A maledire certe domande che forse era meglio non farsi mai

E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

E voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida
A salvarmi, vieni a salvarmi, salvami, bacia il colpevole
Se dice la verità

Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...
Ma sì...

Friday, November 27, 2009

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI - DIE HARD 3 : DURI A MORIRE

Produttore: Cecchi Gori
Distributore: Cecchi Gori HV
Video: 2.35:1 anamorfico
Audio: Inglese Dolby Digital Surround, Italiano Dolby digital 5.1 e DTS
Sottotitoli: italiano, italiano non udenti
Extra: trama testuale, galeria fotografica, Videoclip, filmografie cast artistico e tecnico
Regione: 2 Italia
Confezione: amaray



Note: anche se la cosa più semplice da fare sarebbe sparare a zero su quasi tutti i dvd pubblicati sotto il marchio Cecchi Gori, bisogna dare merito alla casa italiana di essere stata tra le prime ad utilizzare la codifica DTS per l'audio dei suoi prodotti. Che poi le edizioni fossero deficitarie negli altri comparti tecnici è un'altra cosa che non si può certo ignorare e il terzo film della seria Die Hard non fa certo eccezione. Certo, considerandola nel suo complesso la si può valutare appena sufficiente ma decisamente sotto tono se comparata con le due splendide edizioni speciali edite dalla FOX per i film precedenti. Non si venga tratti in inganno dai cofanetti contenenti la trilogia o la quadrilogia, perchè il disco utilizzato per Die Hard 3 è lo stesso identico (anche materialmente) di quello delle edizioni Grandi Film della Cecchi Gori, stessa operazione di cessione momentanea dei diritti messa in piedi a suo tempo per il cofanetto di Terminator edito dalla Sony. Inutile dire che in tutto il mondo il film è pubblicato in un' edizione doppio disco che alla nostra neanche la vede, ma sperare in una riedizione è francamente inutile considerato il fatto che la Cecchi Gori e restia a cedere definitivamente i diritti sui film che distribuisce. Non rimane che guardare oltre i confini nazionali

Produttore: Touchstone
Distributore: Buone Vista HE
Video: 2.35:1 anamorfico
Audio: Dolby Digital 5.1 tedesco, inglese
Sottotitoli: inglese, tedesco, bulgaro
Extra: Disco1 - commento del regista; Disco2 - Making Of, "Visual Effects" featurette, Behind the Scene vignettes e Storyboads, Interview and Profiles, Trailer e Easter Egg
Regione: 2 Germania
Confezione: amaray


Note: generalmente, quando l'edizione italiana non ha quei requisiti che la rendono meritevole di essere acquistata, io per primo mi rivolgo al mercato inglese ma non questa volta. L'edizione UK di Die Hard 3 (Die Hard with a Vangeance) infatti, forse per non turbare le innocenti orecchie britanniche, presenta una versione edulcorata della traccia originale inglese, ripulita dei numerosi "fuck" presenti nei dialoghi cosa che, da purista, trovo inaccettabile. Per avere un' edizione senza questi ridicoli "tagli" è bene rivolgersi alla Germania dove il film è pubblicato in una edzione perfettamente identica a quella inglese (stessi parametri audio/video e extra) ma con la traccia originale, per così dire, "colorita". Io ho avuto la fortuna che mi sia stata portata direttamente dalla Germania ma se volete acquistarla potete trovarla a poco meno di nove Euro (ai quali vanno aggiunte le spese di spedizione) sul sito Amazon tedesco e più precisamente
qui. Sempre che vi accontentiate della mancanza di doppiaggio e sottotitoli in italiano, of course.

Thursday, November 26, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.13 "And...curtain!"


Soluzione: SUICIDE CLUB
Vincitore: Chimy

Classifica:
Grace - pt. 7
Chimy - pt. 6
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Ed ecco i frames che sarebbero seguiti:



Wednesday, November 25, 2009

"See ya later, Navigator!"

Ci sono tutta una serie di film, per lo meno per noi che siamo stati bambini negli anni '80, sui quali abbiamo poggiato la nostra formazione fantastico/fantascientifica, una serie di pellicole che adesso chiamiamo cult ma che allora abbiamo amato come fossero le cose più belle al mondo. Probabilmente fu Steven Spielberg, con i capolavori "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo" e "E.T.", a spianare la strada, a mostrare che lo spazio non è soltanto freddo e vuoto o abitato da orrori innominabili. Lassù oltre le stelle, lui e altri registi che lo seguirono negli anni e venire, videro le potenzialità nascoste in luoghi sconosciuti, terreno fertile per avventure il cui confine era solo l'immaginazione, contatti fino ad allora solo sognati fra razze e civiltà sconosciute. Se poi queste storie avevano come protagonisti bambini o ragazzi nostri coetanei con i quali potevamo identificarci, si capiscono bene i motivi per i quali questi film ci rimasero nel cuore. Il già citato E.T. è sicuramente l'esempio più illustre, ma si prenda ad esempio anche Explorers di Joe Dante (con i giovanissimi Ethan Hawke e il compianto River Phoenix) o Navigator di Randal Kleiser dove si miscelava l' esperienza extraterrestre con i viaggi nel tempo, in un mix veramente suggestivo e coinvolgente. La vicenda inizia il 4 luglio del 1978 quando, il dodicenne David si inoltra nel bosco dietro casa per andare a prendere il fratello più piccolo. Attirato dai latrati del suo cane si avvicina ad una scarpata e precipita di sotto. Risvegliatosi fortunatamente illeso, si affretta a tornare a casa solo per scoprire che al posto della sua famiglia ora ci abita una coppia di anziani. Spaventati dallo stato di agitazione in cui si trova il ragazzo, i due chiamano la polizia che conduce il ragazzo dove presumibilmente abitano i suoi genitori. Di fronte ad una casa sconosciuta Daniel riconosce i suoi genitori anche se invecchiati: è il 1986 e se per Daniel sembrano trascorse solo poche ore in realtà sono passati otto anni. Il tempo è trascorso per tutti tranne che per lui. La prima parte del film gioca le sue carte sul senso di perdita d'orientamento di Daniel, ritrovatosi improvvisamente nello stesso posto in cui ha sempre vissuto, così uguale eppure così profondamente diverso: non solo i suoi genitori si sono traferiti ma sono invecchiati. Il fratellino con cui litigava fino a poche ore prima adesso è più grande di lui. Ma dal '78 all' '86 i cambiamenti sono percepibili anche su altri livelli soprattutto per Daniel, che scopre ad esempio il suo programma TV preferito (Starsky & Hutch) sostituito con i per lui totalmente sconosciuti, videoclip musicali e così anche la musica e la moda cambiati a tal punto da essere quasi alieni. Ed è proprio la figura "aliena" di Max, l'intelligenza artificiale della navetta spaziale comparsa insieme a lui nel 1986, a rappresentare l' unico appiglio sicuro, l'unica figura amica in qual mondo al quale non sente di appartenere. La svolta extraterrestre, che spiega la condizione in cui si trova Daniel e ne definisce anche il ruolo nella storia (lui è il Navigator della navicella, in pratica una sorta di mappa stellare ambulante), è largamente anticipata da continui richiami a simbologie "ufo" (il frisbee, il silos o l'ombra del dirigibile) ed è anche il momento in cui il film si carica di quella magia e di quel fascino tipico delle produzioni di quegli anni dove gli effetti visivi erano per il 90% frutto di un elaborato uso di scenografie e di pupazzi (i curiosi "campioni" prelevati da Max nei pianeti che ha visitato). E se il film può apparire obiettivamente datato da un punto di vista tecnico, sfido chiunque ne abbia ricordo a riguardarlo oggi e ad affermare che sia invecchiato male. Magari chi neanche lo conosce potrebbe recuperarlo anche solo per scoprire un modo di fare cinema per ragazzi che ormai è andato perduto.

Tuesday, November 24, 2009

Gilliam attraverso lo specchio

Forse non è tanto corretto, ma è altrettanto inevitabile pensare che se non fosse stato per la tragica e prematura scomparsa di Heath Ledger, con il conseguente rimpiazzo sul set dei suoi colleghi e amici Johnny Depp, Jude Law e Colin Farrel, probabilmente The Imaginarium of Doctor Parnassus non avrebbe avuto questa visibilità e risalto mediatico, finendo relegato (almeno qua da noi) a quel circolo distributivo per pochi e fortunati eletti come già successo per il precedente Tideland. Ma il film di Gilliam ha dei motivi per farsi notare che vanno ben oltre questo, e se l'interpretazione di Ledger è la ciliegina sulla torta, anche il contorno è degno di assoluta attenzione, basti vedere i ruoli chiave portati sullo schermo da un cast composto da Christopher Plummer, il "diabolico" Tom Waits e la bella Lily Cole. Certo, probabilmente questo non è il film che Gilliam aveva in mente. Questo è il risultato di una produzione travagliata, rimaneggiata e perciò imperfetta. Eppure, nella sua imperfezione, è comunque compiuta. Scricchiola come il vecchio teatrino ambulante che il Doctor Parnassus porta in giro in una Londra che non sa più ascoltare le vecchie storie, ma al suo interno nasconde meraviglie che solo la mente di Gilliam poteva partorire. Lo specchio di Parnassus si apre su mondi a cui il Dottore da vita estrapolandoli dall'immaginazione di chi lo attraversa. La fantasia di Gilliam spazia su questi mondi dove la camera si muove senza limiti fisici restituendo allo spettatore tutta la potenza immaginifica del suo cinema. Fondamentalmente The Imaginarium of Doctor Parnassus è un film cha parla di cinema (impossibile non vedere nello stesso Parnassus un regista e nel suo specchio, che si apre come un sipario, il teatro dove il film viene proiettato) ma anche dell' immortalità dell' arte: Parnassus insegue l' immortalità che gli permetterebbe di raccontare in eterno le sue storie. Lui non invecchia e forse per questo i suoi racconti non stanno al passo coi tempi e nessuno li ascolta più rendendo la sua vita eterna vuota ed effimera. Solo l'immortalità dell' opera regala l'immortalità anche al suo creatore.

Monday, November 23, 2009

AD UN PRIMO SGUARDO: DEXTER - SEASON 04, DOLLHOUSE - SEASON 02 E FLASHFORWARD - SEASON 01

Sono per- fettamente consapevole che le opinioni sulla terza stagione di Dexter non sono state tutte votate all' elogio incondizio- nato, anzi, ma sono altrettanto con convinto che la quasi totalità degli aficionados alla serie abbiano atteso con impazienza questa quarta stagione merito anche di una campagna pubblicitaria particolarmente azzeccata che metteva bene in evidenzia il particolare cambiamento nella vita del nostro serial killer preferito: Dexter è padre. Così, oltre al doversi dividere fra il "passeggero oscuro" e il suo lavoro da ematologo, ora ha anche dei doveri come genitore, con molto sonno arretrato tra l'altro. Come se non bastasse su Miami incombe la minaccia del Trinity Killer. Insomma, grandi aspettative per questa stagione.

Non è che a qualcuno erano rimasti dubbi sulla validità di una serie come Dollhouse anche dopo il doppio finale di stagione (si intende sia l'episodio 12 che Epitaph)? No perchè nel caso, Joss whedon ha pensato bene di chiarire le idee un po' a tutti con una seconda stagione che promette veramente bene. Voglio dire, ne ho visti solo quattro episodi ma su di un totale di tredici mi sembra che il giudizio non è poi così tanto campato per aria. La cosa che salta subito agli occhi è la ferma intenzione di lavorare sui personaggi e 360°, scavando nel loro passato per renderli ancora più profondi e definiti. Tra l'altro sembra che si inizino a disseminare piccoli dettagli che rendono i frammenti di passato visti in Epitaph sempre più plausibili e non così lontani dal verificarsi.*

La ABC ha decretato la fine di Lost quattro anni fa. La ABC sa che Lost sta per finire. La ABC ha bisogno di una serie che ne prenda il posto. La ABC sta putando tutto su FlashForward e gioco forza ora tutti gli occhi sono puntati su questa serie che si ritrova sulle spalle una responsabilità enorme ed ingiusta. Perchè se dobbiamo considerare la serie ideata da David S. Goyer come la predestinata a raccogliere il testimone che Lost lasciare nel 2010, si può solo immaginare l' eccessiva severità con cui sara giudicata. Perchè diciamocelo, FlashForwrd è intrigante, ha un inizio coinvolgente e una trama che lascia presagire parecchi misteri da svelare, ma Lost è Lost ed è una cosa da tenere bene in mente quando se ne affronta la visione in modo da tenere la mente libera da pregiudizi. FlashForward è agli inizi e bisogna dargli la possibilità di dimostrare quel che vale anche se per me, visti i primi quattro episodi e considerata anche una struttura degli episodi votata al colpo di scena finale, la prima impressione è abbastanza positiva, si si.**

*Dal momento in cui ho scritto questo post a quando l'ho pubblicato, la Fox ha deciso di cancellare Dollhouse ma trasmetterà ugualmente i tredici episodi previsti della stagione...fanculo!
**Idem come sopra "Dal momento in cui bla bla bla" ho visto altri quattro episodi e la serie si mantiene, senza tanti scossoni, su livelli medi. Da segnalare anche una particolare ricercatezza nella colonna sonora che sa un po' di paraculata ma è comunque piacevole.

Sunday, November 22, 2009

Lyric of the Week + Video / TRAVIS - WHY DOES IT ALWAYS RAIN ON ME?


I can't sleep tonight
Everybody saying everything's alright
Still I can't close my eyes
I'm seeing a tunnel at the end of all these lights

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

I can't stand myself
I'm being held up by invisible men
Still life on a shelf when
I got my mind on something else

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Oh, where did the blue skies go?
And why is it raining so?
It's so cold

I can't sleep tonight
Everybody saying everything's alright
Still I can't close my eyes
I'm seeing a tunnel at the end of all these lights

Sunny days
Where have you gone?
I get the strangest feeling you belong.

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Oh, where did the blue skies go?
And why is it raining so?
It's so cold

Why does it always rain on me?
Is it because I lied when I was seventeen?
Why does it always rain on me?
Even when the sun is shining
I can't avoid the lightning

Why does it always rain on me?
Why does it always rain on...

Thursday, November 19, 2009

CINEQUIZ - ST.01 - EP.12 "Video killed the radio star"

Mi scuso in anticipo per la qualità infima dei frames di questa settimana che risultano visibilmente schiacciati sull'asse verticale a causa del pessimo DIVX dal quale li ho catturati.


Secondo frame: i miei coetanei DEVONO averlo visto per forza!


Terzo frame: mangiatevi le mani adesso ^__*


Soluzione: NAVIGATOR
Vincitore: sommobuta

Classifica:
Grace - pt. 7
Chimy - pt. 3
Tob - pt. 3
Nick - pt. 2
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Wednesday, November 18, 2009

Il completamento del Quaderno della Morte cinematografico

Death Note - The Last Name, seguito del precedente Death Note (anche se sarebbe più corretto definirlo un necessario completamento), conferma alcune sensazioni avute con il primo film e ne smentisce delle altre. La conferma è quella più palese: per quanto migliore del primo, in quanto racconta forse la parte più emozionante della storia originale, è palese che un manga come Death Note è un opera nata sulla carta che deve necessariamente rimanere sulla carta. Questo secondo film inizia dove il primo si interrompeva, con Light ormai entrato nel gruppo investigativo che da la caccia a Kira e con Misa Amane che riceve il quaderno della morte diventando il secondo Kira, finiendo con lo scontro con L dall' esito ben diverso rispetto al manga. Se all' inizio si poteva pensare che la decisione di modificare così il racconto dipendesse dalla necessità di dare una conclusione dove invece il manga proseguiva ulteriormente, alla luce dei fatti sembra che tutto fosse studiato ad arte per permettere la realizzazione dello spin-off dedicato al personaggio di L (quel "L Change The World" presentato al FEFF 10). Se mettiamo sulla bilancia quindi la necessità di adattamento cinematografico e necessità commerciali, mi sa che il peso pende sulla seconda. Nonostante questo però Death Note - The Last Name ha in parte smentito le mie aspettative che erano praticamente nulle. Nonstante le modifiche di cui ho scritto poco sopra, il film risulta leggermente più godibile del precedente e meno irritante, merito sopratutto del personaggio di L e dell' emozionate duello che scaturisce con Kira/Light. Uno scontro fra menti geniali raccontato nella maniera più fedele possibile, che cerca di restituire quel pathos che scaturisce con forza dalle pagine del fumetto. I meriti vanno quindi alla storia in se, mentre continua ad imperare un anonimato registico francamente imbarazzante. Ma se riuscite a sopportare queste gravi mancanze ed il finale diluito (ma perchè i film giapponesi si dilungano tanto da dare l'impressione di non finire mai?), potreste trovare il film non completamente deprecabile. Certo, a patto che sopravviviate alla visione del primo però.

Tuesday, November 17, 2009

Dateci la distruzione che meritiamo

"Una cosa così può cominciare solo a Hollywood". questa è la frase pronunciata dal personaggio di Woody Harrelson, che un po' riassume anche il modo in cui bisognerebbe approcciarsi a 2012, ultima fatica di Roland Emmerich che, dopo l' inutile 10.000 A.C., torna al sottogenere che l'ha reso famoso e che l'ha fatto conoscere un po' dappertutto come il narratore della fine del mondo, il disaster movie. Quello che ci si aspetta infatti è di potersi godere, nell' ampiezza della schermo cinematografico, uno spettacolo di distruzione senza precedenti che ci incolli alla poltrona per le due ore e mezza di durata, niente di più. Non bisogna star li a sottilizzare sull' impossibilità di alcune sequenze, sull' assurdità, sulle fortuite coincidenze, perché così significa solo castrare a priori il divertimento: Ben venga quindi un aereo che vola indenne fra soprelevate e palazzi che crollano. Ben venga una Bentley che scende da un aereo che effettua un atterraggio di fortuna. Con estremo piacere assistiamo al Presidente degli Stati Uniti che bacia il ponte di una portaerei sul cortile della Casa Bianca. Chi se ne frega se il "cupolone" di San Pietro non va in frantumi crollando, ma si mette a rotolare sulla Piazza schiacciando Presidente del Consiglio e migliaia di fedeli. Così dovrebbe essere ma, come Emmerich ci ha tristemente abituato, così non è. La promessa infatti si fonda su di una ingombrante premessa è cioè basare gli avvenimenti del film sullo spauracchio che va di moda ora, la fine del mondo predetta dai Maya e fissata per il 21 dicembre 2012. Certo, si potrebbe obiettare sull' attendibilità di questa previsione considerata la fine che gli stessi Maya hanno fatto, ma tanto basta a creare il giusto hype intorno al film sfruttando quest'atmosfera da profezia incombente e da apocalisse inevitabile. Ad alimentare questa (incomprensibile) necessità di realismo ci si mette anche lo snocciolamento di teorie scientifiche che, in confronto, a quelle di The Day After Tomorrow ci fanno una pippa, tipo congiunzioni astrali che, se in 2001 Odissea nello Spazio le scimmie cominciavano a pestare le ossa, qui la terra si sfalda come se fosse di burro. Ed ecco che il divertimento è rovinato e indispettiti ci troviamo costretti a mettere i puntini sulle "i": basta personaggi insulsi, basta raccontare la tragedia attraverso le loro storie. Non ci frega nulla dello scrittore sfigato, della sua ex moglie banderuola e un po' mignotta, dello scienziato che pretende di salvare la razza umana a suon di predicozzi o dei bambini russi e ciccioni che vorresti solo vedere morti. E se l'unico personaggio che salverei è quello di Oliver Platt, cinico e risoluto come la situazione richiede, i veri protagonisti sono tutte quelle persone che precipitano dai palazzi, quelli che finiscono nelle viscere della terra con la metropolitana o quelli ingoiati dalla gigantesca onda negli altipiani dell' India. Le vittime sono quelle che raccontano una storia così, ma è consuetudine per i film di Emmerich, in eccessi di buonismo speranzoso che hanno il solo scopo di far uscire dalla sala il pubblico a cuor leggero (ma chi ve l'ha detto che invece non preferisca stare con le fitte allo stomaco e le chiappe strette?) ribaltare il discorso ed uscirsene con un "ehi, alla fine non va poi così male! Abbiamo pure l' Africa da ri-colonizzare!". Tutto come da copione, per carità, ma fa rabbia come questo atteggiamento così "easy" alla catastrofe mi tolga parte del godimento che queste pellicole dovrebbero giustamente regalare, riducendo 2012 ad una inoffensiva, scaramantica, toccatina di palle in formato widescreen.

Monday, November 16, 2009

"Lesbian Vampire Killers" quando di un film è interessante solo il titolo

Non è mica detto che da un film mediocre non si possa trarre qualche prezioso insegnamento e che per forza di cose sia tutto da buttare. Mettete lo sfortunato caso che vi trovate ad affrontare una vampira e per giunta lesbica, che fate? Le trafiggete il cuore? Bene, potrebbe funzionare. Ma se invece si trattasse della regina di tutte le vampire lesbiche, risvegliata dall' unione del sangue dell'ultimo discendente del cavaliere crociato che la uccise e quello di una vergine, cosa vi inventate? Ecco, seppur inconsistente, Lesbian Vampire Killers di Phil Claydon vi mette nelle condizioni di difendervi mostrandovi che l'unica arma in grado di fermare le Regina, lesbica e vampira, è uno spadone dall' impugnatura fallica. Oltre questo il film non da molto altro anzi, tradisce un po' le aspettative che solo dal titolo salgono in maniera incontrollabile. Il problema è che Lesbian Vampire Killers si accoda al trand delle commedia/horror/britannica cominciata con Shawn of the Dead, non possedendo ne le solide basi del film di Edgar Wright ne una coppia di attori protagonisti come Simon Pegg e Nick Frost, anche se si può affermare senza tanti dubbi che, in fondo in fondo, James Corden nel ruolo di Fletch se la cava più che bene e strappa più di una volta una sincera risata al contrario di Mathew Horne, il cui personaggio è anche il perno della vicenda, la cui partecipazione si dimentica in fretta. E questo accade anche perchè il resto del cast è composto quasi unicamente da avvenenti signorine poco vestite che si accarezzano e baciano lascivamente (non che si veda molto di più ma basta questo a catturare l'attenzione). Il fatto è che Lesbian Vampire Killers è soprattutto una commedia dalla comicità orientata su battute sesso allusive-eslicite che usa l' horror e la figura sensuale del vampiro, ma soprattutto la componente lesbica più chiaccherata che mostrata, giusto per attirare un target di pubblico più vasto. Ma se vuoi accontentare tutti e alla fine non accontenti nessuno, il gioco vale la candela? A mio avviso, decisamente no.