Friday, December 29, 2006
L' IMPRINT del Maestro
Da qualche settimana sono disponibili nelle videoteche italiane, le versioni a noleggio dei primi due episodi della serie Masters of Horror. Per chi non lo sapesse, trattasi di una serie tv composta da tredici mediometraggi horror la cui regia è stata affidata ai migliori registi del genere, tra i quali Dario Argento, Joe Dante, John Carpenter e Tobe Hopper. Senza nulla togliere a questi illustri signori, la mia attenzione è stata subito catturata dal regista nominato per il tredicesimo ed ultimo episodio, quello censurato in America, quello che non è stato trasmesso in Tv ma pubblicato direttamente in dvd: stiamo parlando di Takashi Miike. Quella che a prima vista può sembrare una trovata pubblicitaria per mettere in risalto l'opera di un regista che va sempre più affermando il suo talento a livello internazionale, è probabilmente una scelta abbastanza condivisibile trattandosi di un opera dalle scene molto forti e disturbanti. La storia racconta di un uomo americano, Christpher, che si reca in un bordello di un'imprecisata isola giapponese alla ricerca della donna che ama, tale Komomo, alla quale anni prima, aveva promesso di portarla in America per farle vivere la vita che meritava. Con suo grande rammarico non riesce a trovarla e "invitato" a passare la notte nel bordello, si vede costretto a prendere una stanza e una prostituta. La ragazza da lui scelta, dal volto orribilmente sfigurato, ha conosciuto Komomo ma sfortunatamente la ragazza si è tolta la vita tempo addietro, distrutta dalla falsa speranza di rivedere il suo amato Christopher. L'uomo non crede alla storia della prostituta e la costringe a raccontargli tutta la verità. Cominciato l'atroce racconto, sarà difficile per Christopher distinguere la verità dalla menzogna, la realtà dall'incubo. Forse in America, Miike è stato superficialmente etichettato come un regista che usa la violenza, come segno distintivo e firma stilistica. Personalmente non condivido, ma Miike sembra non curarsene e da allo spettatore americano quello che vuole da lui: violenza, sangue e momenti raccapriccianti a vagonate. Gli oltre sessanta minuti di durata sono horror allo stato puro, pregni degli elementi tipici del cinema del regista giapponese, che confonde quando dovrebbe essere rivelatorio proprio come la prostituta che nasconde la verità in ognui suo racconto. Quella che non viene celata è la violenza, non ironicamente attutita come Ichi The Killer e molto più forte che in Audition. Non sono uno che si impressiona facilmente ma, tra torture procurate con spilloni conficcati sotto le unghie o nelle gengive e feti abortiti, la visione raggiunge i limiti del sostenibile. Un' ottima prova per Miike, che gira il film in inglese per una produzione americana, rimanendo fedele al suo inconfondibile stile. Non ho ancora visto i precedenti dodici episodi ma sarà veramente difficile trovare qualcosa di meglio.
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