Tuesday, March 06, 2007

Where would we be without our painful childhoods?

Torno al cinema in una settimana ricca di proposte: c'è Saturno Contro di Ozpetek (neanche morto vado a vederlo), Uno su Due "con" (è più importante del regista stesso...) Fabio Volo, il fenomeno Borat (?!?), e l'ultimo di Soderberg, Intrigo a Berlino (ma The Good German, come in originale, non andava bene?). Ho preferito, però, lasciar perdere questi "titoloni" è puntare su un prodotto di basso profilo, se mi si passa l'espressione: Correndo Con Le Forbici In Mano dell' esordiente (per lui all'attivo solo la regia di alcuni episodi della serie Nip/Tuk) Ryan Murphy. Tratto dall' omonima autobiografia di Augusten Burroughs, il film racconta della difficoltà di crescere seguendo una propria strada, quando i tuoi punti di riferimento (i genitori in questo caso) ti abbandonano a te stesso. Il padre di Augusten è un alcolizzato. Dopo anni di matrimonio si separa dalla moglie e taglia i ponti anche con il giovane figlio. Deirdre, la madre, è un'aspirante poeta. Il suo "talento" si scontra duramente contro il rifiuto, delle più importanti riviste, di pubblicare i suoi scritti. Cade in una profonda crisi depressiva, ed entra in cura con lo psichiatra Dott. Finch (un grandissimo Brian Cox). Deirdre segue ciecamente i consigli e le cure del Dott. Finch tanto che, quando lui le consiglia di allontanarsi per un po', lascia Augusten a vivere in casa del medico e, in un secondo momento, li affida anche la sua tutela legale. Visto il suo profondo attaccamento alla madre, per il quindicenne Augusten la separazione non è certo indolore, considerata anche la difficoltà di inserirsi nella strampalata famiglia di Finch. Sembrerà scontato ma questo film mi riporta forzatamente alla memoria Il Calamaro e La Balena e di riflesso anche I Tenenbaum. Se da un punto di vista prettamente "scenico" ci si riallaccia al film di Wes Anderson (le scelte scenografiche ricordano, con le dovute differenze, le eccentricità di casa Tenenbaum), i personaggi risultano "dolorosamente" reali e quindi più facilmente paragonabili alla famiglia del film di Baumbach. Ed è proprio la famiglia, "luogo" dove avviene la formazione personale e la crescita come individui, il punto d'incontro fra queste pellicole: la natura disfunzionale di quest'ultima si ripercuote negativamente sulla vita dei figli. Augusten viene abbandonato dalla sua famiglia naturale e nella sua famiglia adottiva, guidata da un patriarca che fa il bello ed il cattivo tempo della vita dei suoi cari, le cose non vanno meglio. Nel suo precario percorso di crescita, Augusten sarà costretto ad affrontare da solo tutte le esperienze della vita (la propria omosessualità, per esempio, e cosa comporta l'essere omosessuali) e le decisioni più difficili (la definitiva separazione dalla madre e l'inizio della sua nuova vita). I tono del film assume più di una volta dei contorni drammatici ed è qui che interviene un uso sapiente di un' ironia tagliente che ha rappresentato, a tutti gli effetti, la vera ancora di salvezza del giovane Augusten. Ultimamente sto veramente apprezzando questo tipo di cinema e, pur non essendo una garanzia, vi posso assicurare che sono uscito dalla sala veramente soddisfatto (ed è una cosa non da poco). Se mi permettete una precisazione: il doppiagio italiano fa veramente pietà...ormai neanche ci provano più.

2 comments:

nicolacassa said...

film incredibili...

Weltall said...

Cugino, come ben sai, cerco sempre film incredibili ^_________^