Thursday, March 15, 2007

Bambole nelle mani di Kitano

Il giovane Matsumoto ama Sawako. Ma la famiglia di lui ha altri progetti e lo convince a sposarsi con la figlia del direttore dell' azienda per la quale lavora. Sawako presa dalla disperazione tenta il suicidio. Viene salvata appena in tempo ma sfortunatamente perde totalmente la ragione. Matsumoto viene a sapere dell' accaduto da alcuni amici, il giorno del suo matrimonio. Decide allora di fuggire e di raggiungere Sawako, l'unica donna che abbia mai amato. Un vecchio e stanco boss della yakuza, di nome Hiro, pensa al suo passato. Oltre ai ricordi di violenza e sangue, c'è l'immagine di una donna di cui era innamorato e che ogni sabato lo raggiungeva in un parco con il bento pronto per lui. Hiro è giovane e non ancora invischiato nella malavita, ma il lavoro va male e decide di partire per cercare fortuna. Lei gli promette che andrà tutti i sabati al parco per attendere il suo ritorno. Con il riaffiorare di questi ricordi, decide di partire e tornare nei luoghi della sua gioventù. Il quel parco, dopo anni, troverà il suo unico e vero amore che ancora lo sta aspettando. Haruna Yamaguchi è una pop star (una idol a dirla tutta) molto famosa. Nukui è uno dei suoi fan più sfegatati, nonchè innamorato della ragazza, ma non sa come poterla avvicinare. Una sera Haruna rimane coinvolta in un incidente stradale e parte del suo viso rimane deturpato. Decide di sparire dalle scene e di isolarsi in una località vicino la mare. Nukui pur di poterla rivedere, è disposto a privarsi perfino della vista. Che grande soddisfazione si prova quando dopo la visione di un film hai svariati spunti per approfondire, per scoprire e imparare nuove sfaccettatura della variegatissima cultura giapponese. Il film di Kitano si apre con una particolare rappresentazione teatrale in cui delle marionette vengono manovrate a vista (tre persone per bambola), mentre un narratore recita la storia. Questa forma di teatro si chiama bunraku il cui maggior esponente fu Chikamatsu Monzaemon. Una rapida ricerca mi permette di scoprire che l'opera rappresentata è Meido no Hikyaku (I messi dell’inferno) dello stesso Monzaemon. La storia è quella di un amore impossibile tra il cortigiano Umegawa e l'amante Chubei. Lui chiede a lei di non compiere un gesto folle per amore, promettendole di fuggire insieme nella neve, arrivando a trascinarsi l'uno stretto all'altro. Ed è da qui che iniziano e si intersecano le tre tristi storie di amori impossibili. Anzi sembra quasi che le vicende di Matsumoto e Sawako facciano da "contenitore" per le altre due storie: il loro eterno peregrinare apre e chiude il racconto, unisce invisibilmente i destini di Hiro, Nukui e i loro amori infelici, scandisce il passare del tempo con lo scorrere delle stagioni. Ed è sottilissimo il confine che il regista traccia tra bunraku e vita reale, tanto che i suoi personaggi diventano sempre più simili alle marionette del teatro. Nasce perciò in maniera prepotente la considerazione che ci vede tutti burattini nelle mani del Destino, attori inconsapevoli (e involontari) di una storia già scritta, che non possiamo cambiare. Kitano dimostra ancora una volta la sua incredibile capacità di creare cinema, in questo caso, partendo da una rappresentazione teatrale che col cinema ha poco a che vedere. Non ritaglia nessun ruolo per lui questa volta, ma anche se non lo vediamo sappiamo che c'è, dietro ogni inquadratura, movimento di macchina o personaggio (come non citare il figlio tetraplegico di uno yakuka con tanto di lacchè personale, o la solita scena sulla spiaggia con cui firma tutti i suoi lavori). Musicato con il solito perfetto minimalismo da Joe Hisaishi, impreziosito dai bellissimi costumi di Yohji Yamamoto, quello che vi lascerà veramente a bocca aperta sarà lo splendido uso dei colori, del rosso in particolare, forte, saturo, sia che si tratti del tessuto di un kimono o del sangue su una strada, sia che si tratti del colore delle foglie d'autunno o il cordone intrecciato che legherà per sempre i destini di Matsumoto e Sawako.

7 comments:

nicolacassa said...

Come dice il mio fratello Deiv c'era una forte predominanza di rosso in questo film, flip-flip!
Bellissimo pezzo cugino hai reso proprio l'anima del film!

Torakiki said...

Bellissimo, uno dei miei preferiti del maestro!

Weltall said...

@Nick: Grazie cugino!!! Il buon Deiv è il più adatto a commentare la fotografia di un film come Dolls ^_______^

@Torakiki: sono daccordissimo!!! Anche se mi viene un tantino difficile fare una classifica dei suoi film ^_____*

Anonymous said...

forse forse questa settimana riesco a vederlo ;-)

Weltall said...

Guardalo e poi fammi sapere che ne pensi...è molto molto molto bello secondo me ^______^

davide said...

Bellissimo!!

Weltall said...

Grande Deiv!!! Ero certo che ad un patito dell' "immagine" come te, non poteva non piacerti
^_____^