Credevo che con Seven fosse stato detto tutto quello che c'era da dire riguardo i serial killer, almeno cinematograficamente parlando. Anche provandoci, non riesco a trovare un film che possa in qualche modo avvicinarsi o aggiungere qualcosa a quanto fatto e detto da David Fincher nel suo film (e non provate neanche a pensare a Saw, sarebbe come bestemmiare). Solo Fincher poteva riprenderne in mano l'argomento (a più di dieci anni di distanza) e scriverne un nuovo bellissimo capitolo muovendosi, in più di un aspetto, in maniera nettamente opposta rispetto al film precedente. Innanzitutto la storia si basa su eventi realmente accaduti: Zodiac è il serial killer che alla fine degli anni sessanta terrorizzò San Francisco e non fu mai catturato. Le sue vicende hanno già ispirato produzioni cinematografiche, basti pensare alla pellicola Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (che tra l'altro viene citato più volte durante il film).Tutto ciò che vediamo sullo schermo è stato ricostruito seguendo fedelmente i documenti delle indagini e basandosi sui libri scritti da Richard Graysmith, vignettista del San Francisco Chronicle, che raccolse negli anni tantissimo materiale su Zodiac. La vicenda, che si sviluppa nell' arco di trent'anni (dal '69 al '91 circa), ci viene raccontata attraverso le indagini dei detective David Toschi e William Armstrong, e dei giornalisti Paul Avery e lo stesso Richard Graysmith. Nonostante le loro ricerche si muovano in maniera parallela, riusciranno solo ad avvicinarsi all' assassino e alla sua identità, senza mai riuscire a fare il passo decisivo, diventando inconsapevolmente loro stessi vittime di Zodiac, o meglio, del "caso" Zodiac. Fincher imposta la narrazione soprattutto sui dialoghi, con una regia contenuta (sono lontani i piani sequenza "impazziti" di Panic Room) che da spazio soprattutto ai personaggi e ai loro volti, ma regalandoci alcune scene da antologia: l'omicidio del tassista, la telefonata di Zodiac durante una trasmissione televisiva e la sequenza nello scantinato...assolutamente da brividi. Il gruppo di attori che interpreta i personaggi principali è assolutamente fenomenale: Mark Ruffalo e Anthony Edwards (il dottor Green di E.R. con i capelli) nel ruolo, rispettivamente, dei detective Toschi e Armstrong. Jake Gyllenhaal interpreta Richard Graysmith, mentre il grandissimo Robert Downey Jr. (che sta azzeccando un ruolo dietro l'altro) è il reporter Paul Avery. Ma veniamo a colui che è il perno (seppur invisibile e misterioso) della vicenda: Zodiac. Messo a confronto con la geniale mente criminale che era il John Doe di Seven, il nostro sfigura e anche parecchio. Zodiac è un serial killer, ma dei trenta omicidi dei quali si è dichiarato l'artefice, solo cinque (o al massimo sette) gli sono attribuibili. Zodiac è probabilmente un assassino improvvisato, che ha scoperto il piacere di trovarsi al centro dell' attenzione, atteggiandosi da serial killer: i suoi messaggi cifrati non sono altro che giochi da Settimana Enigmistica. Il suo nome e il suo simbolo, spudoratamente copiati dal logo di una marca di orologi. Non c'è uno schema nelle sue azioni, nessun piano preciso nei suoi omicidi ed è proprio questo, probabilmente, che ne ha reso impossibile la cattura. Ma Zodiac è soprattutto un' ossessione ed è questa probabilmente la chiave di lettura del film. Zodiac è come una malattia che ti divora lentamente, colpendo la famiglia, gli affetti, il lavoro e la salute di tutti coloro che ne vengono a contatto. Zodiac è una caccia senza preda, un labirinto con solo vicoli ciechi. Zodiac è un film straordinario di un regista che adoro, ennesima perla di una grande stagione cinematografica ormai agli sgoccioli.