Thursday, October 16, 2008

Un' Utopia in terra giapponese

In un Giappone in piena crisi finanziaria, la struttura economica che lega le grandi aziende a tutte le attività più piccole, i creditori ai debitori, è fragile come un castello di carte: basta un soffio di vento che la carta che sta in cima cade portando con se tutto quello che gli sta sotto. Così la dichiarazione di fallimento della società del magnate Ookura Nagashima coinvolge irrimediabilmente le piccole attività ad essa collegate, come la tipografia di Seisuke Umemoto che si trova da un giorno all' altro senza lavoro, senza i soldi per pagare i dipendenti e per liquidare le cambiali di cui il fratello è garante. Preso dallo sconforto si dirige in periferia allo scopo di togliersi la vita ma il destino vuole che incappi nel bel mezzo di uno scontro tra una banda di giovani Yakuza e dei senzatetto. Proprio nell' aiutare uno di questi ultimi rimasto ferito, incontra il loro leader, curioso personaggio conosciuto come "Capo Villaggio" (interpretato da un grandioso Sho Aikawa dalla capigliatura improbabile) e di Kuwata, il Vice-Capo Villaggio. Venuti a conoscenza della sventurata storia di Umemoto, decidono di ricambiare la sua gentilezza aiutandolo a rimettersi in piedi finanziariamente e con l'occasione dare una lezione a Nagashima che non ha la minima intenzione di usare il suo patrimonio per pagare i debiti della sua società. Gli Uomini di Utopia, nome della baraccopoli dove il Capo Villaggio e gli altri senzatetto vivono, sono dei perfetti personaggi "miikiani": a differenza dei "senza patria" che il regista giapponese ama raccontare di solito, questi sono Giapponesi esiliati ai margini della società, la stessa società che li ha generati e nella quale non si riconoscono più. Ed eccoli quindi creare un loro piccolo paradiso in una baraccopoli (non a caso nella periferia di Osaka, luoghi in cui Miike è nato e cresciuto), un paese ideale che raccoglie tutti coloro che vogliono separarsi dal resto del mondo e dalle sue regole. Un posto dove la ricchezza finanziaria non fa la differenza, dove si tengono vivi i valori fondamentali di fratellanza e collaborazione che dovrebbero essere i cardini fondamentali su cui poggia ogni società. Un' utopia si, ma con i piedi ben piantati per terra, che sa come va il mondo e che affronta l' "altro" Giappone (quello dell' alta finanza, degli imprenditori avidi, dei creditori inflessibili) con l'unica arma possibile, i soldi. Shangri-La è, allo stesso tempo, un vivido spaccato del Giappone e una favola ottimista dall' inaspettato lieto fine (una vera rarità per il cinema di Miike), riflessiva e scanzonata. Ideale per chi vuole conoscere un lato della poetica del regista giapponese che spesso e volentieri viene messo in ombra dai suoi film più folli e "malati".

8 comments:

Anna Maria said...

Ci vorrebbe un posto utopico pure per gli italiani allora... ^^

Buona serata :)

Fosco Del Nero said...

Ciao concittadino!
Linkato! :)
E ovviamente benvenuto sul blog. :)

Fosco Del Nero

nicolacassa said...

Cugino, ma basta vedere la scenetta del bonzetto e del magnate per capire che si tratta del grande vecchio Miike!!

Anonymous said...

Mi inchino una volta di più alle tue chicche che mi alleviano sere solitarie infrasettimanali.
a presto!
VV

panapp said...

Il «regista giapponese che spesso e volentieri viene messo in ombra dai suoi film più folli e "malati"», che non sempre sono qualitativamente migliori, intendi? Sono d'accordo.

Weltall said...

@inenarrabile: mi sa proprio di si ^__*

@fosco: altrettanto a te! Ci si legge ^__^

@Nick: quelal scena è praticamente una firma ^__*

@violavic: e io ti ringrazio per essere una sempre così attenta lettrice (e per prendere in considerazione i miei consigli cinematografici ^__*)

@panapp: quando si sente parlare di Miike viene sempre identificato come "il regista di Ichi the Killer" o di Audition. Ma la sua filmografia è così vasta che appare riduttivo tirare in ballo solo quei film che lo fanno sembrare troppo attaccato a tematiche "malate" e "violente".
Considerato poi che ha sempre lavorato con budget ridotti all' osso, è veramente difficile per me (ma considera che è uno dei miei registi preferiti, quindi sono di parte) definire quali siano i suoi film qualitativamente inferiori. E' certo che, se si vuole conoscere l' "altro" Miike, conviene recuperare film come Bird People in China, Yong Thugs: Nostalghia o Blues Harp, piuttosto che la trilogia di Dead or Alive o quella della Balck Society (film che vanno comunque visti perchè sono grandiosi ^___*).

panapp said...

Sono d'accordissimo.

Weltall said...

@panapp: mi fa piacere ^___^