Wednesday, October 31, 2007

Ma quale ostello!!! Io me ne vado a dormire in albergo!!!

Quando qualche settimana fa elogiavo Quentin Tarantino, mi sono dimenticato di riportare il motivo per il quale lo detesto a tal punto, che lo picchierei fino allo svenimento: vi sarà capitato di vedere in diversi film, più o meno famosi, la sua "firma produttiva" o semplicemente il suo nome che funge quasi da slogan pubblicitario. Se serve a dare visibilità a prodotti validi che difficilmente riuscirebbero a trovare un canale distributivo nel mercato (vedi Hero di Zang Himou), la cosa è positiva. Il male nasce quando il nome "Quentin Tarantino" serve a spingere giovani registi dal dubbio talento, che per qualche misterioso motivo diventano suoi protetti. Eli Roth è uno di questi. Dopo l'indefinibile Cabin Fever, Roth ha dato alla luce il suo secondo progetto da regista, Hostel, proprio dietro l'attenta produzione di papà Quentin. A giochi fatti, quello che doveva essere un nuovo punto di riferimento per gli horror-splatter, si è rivelato pura fuffa in confezione elegante. Il film ha comunque avuto un discreto successo con numerosi fan e sostenitori. Questo ha convinto la coppia Tarantino/Roth a dare un seguito alle vicende dell' ostello degli orrori. Ed eccoci quindi arrivati al cuore del discorso: Hostel part II. La storia inizia dove finiva quella del primo film. Ritroviamo quindi l'unico sopravvissuto al massacro e assistiamo al suo triste destino. La scena si sposta a Roma, dove tre studentesse americane decidono di prendersi un po' di libertà dagli studi e visitare l'est Europa. Sul treno che le porterà a destinazione incontrano una modella conosciuta durante le loro lezioni di arte, che le invita in una località termale in Slovacchia. Giunte sul luogo, si stabiliscono in un ostello per studenti ed è allora la trappola imbastita per loro si completa. Le loro vite vengono comprate da ricchi annoiati, desiderosi di dispensare morte nelle maniere più truci possibili. Contro ogni mia nera previsione, il nuovo Hostel è migliore del precedente. Non ci avrei scommesso un cent, ma è così. Si respira aria d'Italia in questo Hostel part II e non è solo per le location o il "simpatico" ritratto dell' italiano medio. C'è l'intenzione evidente di omaggiare il cinema nostrano anni '70 (la presenza di Edwige Fenech non è casuale) con più di una strizzata d'occhio al genere horror (impagabile il cameo di Ruggero Deodato, mentre pasteggia con la gamba di un ragazzo sfortunato). La storia, cosa incredibile, è molto più coerente e piacevole da seguire, rispetto al primo film. Tutta la parte iniziale del primo Hostel dedicata allo "svago" dei giovani studenti, che per inciso sarebbe dovuta servire a creare il giusto contrasto con il massacro che veniva in seguito, risultava invece solamente irritante. Per il suo nuovo film Eli Roth decide di riduree il cazzeggio e dare maggior spazio all'organizzazione che sta dietro il "club delle torture" (esemplare la sequenza dove uomini facoltosi si comprano all'asta la vita delle ragazze), approfondendo in particolar modo le figure di due aguzzini che riveleranno la loro vera indole solo verso la fine del film. La scelta di girare il seguito con un gruppo di protagoniste femminili, credo sia stata obbligata dalla necessità di creare situazioni e punti di vista differenti rispetto ad Hostel, ma ha reso decisamente più gustosa la furia vendicativa dell'unica sopravvissuta, che si esibisce in una evirazione totale del suo torturatore. A proposito di scene forti, quello che era un "vanto" del primo film, qui è tutto molto più misurato: c'è sangue a volontà e sequenze al limite della sopportazione, ma inserite con maggior criterio e senza voler strafare, evitando di precipitare dal disgusto, al ridicolo. Insomma, mi sono trovato davanti un film che sembra voler prendere le distanze dal suo triste predecessore ma che si risolve in un finale insulso e scontato. Detto questo, non mi sento di dare a questo Hostel part II la sufficienza perché, prendendo in esame quanto di buono è stato fatto per questo film, mi chiedo: quanto è opera di Eli Roth? Quanto invece è da attribuire alla produzione di Tarantino? Insomma caro Eli, il mio giudizio su di te è parecchio altalenante. Quando potremo vederti camminare con le tue gambe per farci finalmente un' idea definitiva su di te?

Tuesday, October 30, 2007

Che mi bruciasse il Fuoco Infernale

Johnny Blaze è uno spericolato motociclista che si esibisce insieme al padre in un piccolo Luna Park. I loro numeri sono un successo e il giovane Blaze è innamorato di Roxanne con la quale progetta di fuggire. Il destino vuole però che, alla vigilia della fuga d'amore, Johnny scopra che il padre ha un cancro. Ed è proprio quella notte che il diavolo, Mefistofele in persona, viene a bussare alla sua porta proponendogli un patto: la sua anima in cambio della guarigione del padre. Johnny accetta firmando il patto con il suo stesso sangue e l'indomani mattina il padre sembra essere in perfetto stato di salute. Sfortunatamente, lo stesso giorno durante uno spettacolo, muore in un incidente. Gli anni passano e Johnny Blaze è diventato famoso e si esibisce in giro per l'America con i suoi numeri spericolati ai limiti dell' umano. Finché un giorno Mefistofele non viene a richiamare il suo debito: Darkheart, suo figlio, vuole spodestare il padre con la complicità di alcuni angeli caduti. Mefistofele vuole che Johnny lo fermi, diventando il suo centauro, diventando Ghost Rider. Non vorrei esagerare ma credo che questa volta ci troviamo di fronte alla migliore trasposizione cinematografica di un fumetto Marvel, anzi, la migliore trasposizione fumetto - film di sempre. Mark Steven Johnson, che già ci aveva deliziato con DareDevil, scrive e dirige un film che rende giustizia all' "eroe dannato" e che prende le distanze da quelle pellicole -tutto effetti speciali e niente sostanza- portate sul grande schermo da registucoli come Raimi e Singer. Non che Ghost Rider sia privo di effetti digitali, intendiamoci, visto che ci troviamo di fronte a quanto di meglio si è visto negli ultimi anni. Menzione speciale per Nicholas Cage che dimostra ancora una volta le sue capacità di grande attore, in grado di mettere la sua nota espressività a favore di un personaggio dei fumetti, rendendolo oltremodo profondo e definito. Visione consigliata senza riserve.
Se siete arrivati a leggere fino a qui e vi state chiedendo "Ma questo si è bevuto completamente il cervello?" allora significa che ci siete cascati in pieno. Sarebbe stato troppo semplice, scontato e assolutamente noioso sparare a zero su questo film. Tanto per farvi stare tranquilli, vi confermo che questo film fa schifo da qualsiasi parte lo si voglia prendere, regia , sceneggiatura e recitazione. Il buon Mark Steven Johnson è riuscito a fare peggio di DareDevil (non era mica facile) e i lettori Marvel di tutto il mondo sentitamente ringraziano. Poi c'è Nicholas Cage. Mio Dio. Non so se sia peggio quando fa sul serio o quando ironizza sul personaggio di Johnny Blaze, dando il meglio del suo faccione inespressivo. Ad un certo punto speri solo che la sua testa sia per sempre sostituita dal teschio fiammeggiante di Ghost Rider, decisamente più accattivante. Lo riguarderei soltanto se sottoposto ad una "cura Ludovico".

Monday, October 29, 2007

SPIDER-MAN 3 - LIMITED EDITION 2 DISCHI - (ITALIA - R2)

Come già accaduto per Spider-man 1 e 2, anche per il terzo capitolo della saga cinematografica dell' "amichevole arrampicamuri di quartiere", la Sony dedica un' edizione in dvd per collezionisti. Nonostante sia leggermente sottotono rispetto alla precedente, la Limited di Spider-man 3 si presenta in un elegante cofanetto con un artwork magnifico (molto meglio di quelli utilizzati per le edizioni "regolari") e al suo interno un booklet di 25 pagine con foto e informazioni sul film.La tiratura di 3000 copie (la mia è la 653, non male vero?^___*) rende questa edizione un ottimo pezzo da collezione che vi invito a recuperare al più presto nel caso siate interessati.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Sony
Distributore: Sony
Video: 2.40:1 anamorfico
Audio: Dolby Digital 5.1 Italiano e Inglese; Dolby Digital Surround Italiano e Inglese
Sottotitoli: Italiano, Inglese, Ceco, Francese, Greco, Olandese, Polacco, Portoghese, Spagnolo, Tedesco, Ungherese
Extra: Disco1 - Commento del regista e del cast, Commento dei cineasti, Featurette "Più divertimento con Spidey!"; Disco2 - Dietro le quinte, Errori sul set, Gallerie fotografiche, Video Musicale "Snow Patrol - Signal Fire", Campagna pubblicitaria
Regione: 2 Italia
Confezione: Cofanetto

Contenuti cofanetto:
1 digipak contenente 1 DVD con il film e 1 DVD dedicato agli extra
1 booklet di 25 pagine











Sunday, October 28, 2007

Lyric of the Week + Video / PORTISHEAD - ALL MINE


All the stars may shine bright,
All the clouds may be white,
But when you smile,
Oh how I feel so good,
That I can hardly wait

To hold you,
Enfold you,
Never enough,
Render your heart to me.

All mine,
You have to be

From that cloud, number nine,
Danger starts the sharp incline,
And such sad regrets,
Oh as those starry skies,
As they swiftly fall.

Make no mistake,
You shan't escape,
Tethered and tied,
There's nowhere to hide from me.

All mine,
You have to be

So don't resist,
We shall exist
Until the day,
Until the day, I die.

All mine,
You have to be

Friday, October 26, 2007

AD UN PRIMO SGUARDO: LOST - SEASON 02, HEROES - VOLUME 02, DEXTER - SEASON 02

Non l'ho guardata al suo primo passaggio su Sky. Ho fatto finta di niente quando Rai 2 l'ha messa in programmazione. Non perché non mi interessasse, ma perché ho aspettato che uscisse il cofanetto con tutta la stagione completa e poter fare così una "full immersion". Sto parlando della seconda Stagione di Lost naturalmente, di che altro?!? Per adesso ho visto i primi otto episodi (conto di arrivare a metà stagione molto presto) e la serie continua a rimanere ad altissimi livelli. Scopriamo qualcosa di nuovo, altri interrogativi vengono posti, vengono introdotti nuovi personaggi mentre altri...ma non voglio dire di più! So che si rischia il linciaggio a "spoilerare" su Lost.

Mentre in Italia ci si avvia a passi da gigante verso il finale del Volume 1, io già mi dedico all' attesissimo secondo capitolo di Heroes. Anche qui starò molto attento ad evitare qualsiasi spoiler, state tranquilli (ho anche messo il logo della serie piuttosto che la foto del cast. Sono bravo, vero?). In America sono arrivati alla quinta puntata, io invece mi sono guardato le prime quattro tutte di seguito. Scelta azzeccata mi sento di dire, visto che le prime due sono "d'assestamento" (si scopre il fato dei vari personaggi e conosciamo alcuni dei nuovi "eroi"). Dalla terza puntata si comincia a fare sul serio, si pongono le prime solide basi della storia che si preannuncia veramente intricata. Speriamo di scoprire alcuni dei misteri rimasti insoluti dal Volume 1.

State seguendo la prima stagione su Fox Crime? Ve la siete procurata con il "mulo" almeno? Se la risposta a tutti e due i quesiti dovesse essere "No", allora io ribatterei "Ma vi volete veramente così male?". Mentre interrogate la vostra coscienza, ho iniziato la seconda stagione con il terrore che venisse rovinato quanto di buono era stato fatto fino ad adesso. Quattro episodi trasmessi in America, io ho visto, per il momento, solo il primo. Bastano questi primi cinquanta minuti per rituffarci nella Miami multietnica che già ho amato nella prima stagione. Dexter non crede più in quello che fa, non crede più nel codice e perciò non riesce più a "sfamare i suoi appetiti"...se così si può dire. Un' ottima prima puntata, che riserva qualche inaspettato colpo di scena e fa ben sperare sull'alta qualità di questa seconda stagione. Sono fiducioso!

Thursday, October 25, 2007

"I'm a soldier of the apocalypse, man!"

Dev'essere che a David Ayer piace raccontare le storie che scrive per il cinema, ambientandole a Los Angeles. Non si spiega altrimenti il fatto che tutte le sue sceneggiature hanno come sfondo la città Californiana. Escludendo i mediocri Fast And Furious e S.W.A.T., Training Day rimane quello più riconducibile a questo Harsh Times, con il quale Ayer esordisce anche alla regia. Quando dico "riconducibile" non intendo a livello di trama, ma più al modo in cui Los Angeles viene raccontata, da Downtown ai bassifondi, con le sue mille culture e le diverse etnie che ci vivono. Una visione più dura e reale con meno fronzoli rispetto al film di Fuqua. Niente poliziotto buono e poliziotto cattivo qui. Più semplicemente due amici: Jim (interpretato da un eccellente Christian Bale) è un ex Ranger dell'esercito degli Stati Uniti congedato con Onore. La sua aspirazione al momento è entrare nel LAPD e poter così sposare la sua fidanzata messicana e portarla con lui a vivere in America. Mike attraversa un periodo difficile, senza lavoro e mantenuto dalla fidanzata Sylvia che lo sprona quotidianamente a distribuire a più aziende possibili il suo curriculum, per aumentare le possibilità di trovare un impiego. I due sono molto amici ma è soprattuto Jim a trascinare Mike in situazioni ben oltre i limiti consentiti dalla legge. Jim non è soltanto una "testa matta", è un uomo segnato profondamente dalla guerra e dalla morte. La notte è tormentato da incubi che divorano lentamente la sua stabilità psichica e di giorno fatica a contenere la violenza che gli cresce dentro. Il film di David Ayer è un lucido ritratto della vita di due amici nella Città degli Angeli, tra droga, armi, risse, alcol, con lo spettro della guerra in Medio Oriente sempre in agguato, pronto ad aggredirti e ad impedirti l'inizio di una nuova vita. Niente di nuovo sotto il sole a dir la verità. Tutto sa di già visto, già raccontato ma la pellicola funziona comunque perché è ben girata e ben scritta, se non fosse per un finale che, viste le premesse, mi sarei aspettato più duro e spietato. Ma forse un po' di speranza alla fine non fa male.

Wednesday, October 24, 2007

The lucky ones die first...

La febbre da horror-remake è un tantino scemata ultimamente. Visto che per la maggior parte dei casi si tratta di prodotti vuoti che si reggono unicamente sul titolo importante che portano, non mi sono affaticato più di tanto a recuperarli. Tra di questi c'era anche Le Colline Hanno gli Occhi di Alexander Aja, remake del cult anni '70 diretto da Wes Craven. Quel che mi ha spinto a vedere questo film piuttosto che Non Aprite Quella Porta, è proprio il regista coinvolto nel progetto che ho avuto modo di apprezzare nel "sanguigno" Alta Tensione. Il film di Craven, seppur nei limiti di una produzione a basso costo, era strutturato in maniera ottimale. Il film di Aja si basa su quella solida struttura e mantiene il più fedelmente possibile la trama originale: una famiglia in viaggio verso la California decide incautamente di attraversare il deserto su consiglio del gestore di una pompa di benzina, imboccano una scorciatoia che li porta direttamente tra le grinfie di uomini deformi che vivono da anni in quelle terre desolate e nelle miniere scavate nelle colline. Sono gente dimenticata, figli della sperimentazione atomica che si è attuata nel deserto del New Mexico subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Sin da subito Aja ci tiene a differenziare il suo film dall' originale imponendo il suo tocco personale: il film si apre con una violenta sequenza, seguita da inquietanti titoli di testa dove, a riprese di repertorio, si alternano immagini di svariate e rivoltanti figure deformi. Pur ricorrendo un po' troppo ed espedienti classici del genere (la colonna sonora che interviene a sproposito per farci fare un balzo sulla sedia anche quando non succede niente), il film costruisce egregiamente la tensione nello spettatore tenendola ad altissimi livelli per tutta la durata della pellicola. Come per il suo film precedente, Aja punta a colpire lo spettatore mostrando invece di nascondere, sia le mostruose mutazioni dei freak, che la violenza disturbante (esemplare la scena dello stupro) con un uso sapiente e gustoso dello splatter. Per chi predilige gli horror con un sottotesto socio-politico, in Le Colline hanno gli Occhi troverà anche questo(il capofamiglia Repubblicano in contrasto con il genero Democratico), ma mi preme sottolineare soprattutto la capacità che ha questo film di tenervi incollati allo schermo per tutta la sua ora e mezzo di durata (sempre che il genere non vi disgusti of course). Le Colline Hanno gli Occhi è il film che Craven avrebbe voluto fare se ne avesse avuto i mezzi e che difficilmente riuscirebbe a fare oggi (da quanto non ne azzecca uno il buon Wes?). Un buon horror "moderno", ma per me il top continuano a rimanere The Descent e 28 Settimane Dopo.

Tuesday, October 23, 2007

Torna il "quartetto" ma non sono i Beatles

Leggo fumetti Marvel da un decennio (moooolto) abbondante. Seguo principalmente le testate legate agli X-Men ma negli anni ho "girato" temporaneamente per gli albi dedicati a Capitan America, Thor, Vendicatori, Fantastici Quattro, Uomo Ragno, Venom ecc. ecc. Insomma si può ben capire che ho un'infarinatura generale del complesso universo creato da Stan Lee e soci. Non posso perciò tirarmi sempre indietro di fronte alla visione di una delle tante trasposizioni cinematografiche che negli ultimi anni hanno portato gli eroi di carta sul grande schermo, soprattutto quelle che già sai "a pelle" essere delle irrimediabili boiate. Senza andare a cercare esempi (chi a detto Daredevil?) arriviamo al succo della questione: I Fantastici Quattro. Il primo film, a parte la sequenza sul ponte, è tutto da buttare. Nonostante i progressi fatti in film come Spider Man o X-Men, nei Fantastici Quattro si fa un grosso passo indietro: personaggi piatti, scialbi, privati di qualsiasi approfondimento psicologico da una sceneggiatura che punta tutto sulle scene in cui impiegare migliaia di effetti speciali. Ma non sprecherò ulteriori parole per questa schifezza che comunque ha incassato bene in sala e si è aggiudicata l'onore (un onere per noi) di un seguito: I Fantastici Quattro e Silver Surfer diretto, come il primo film, da Tim Story. Dopo aver sconfitto il Dottor Destino, il Fantastico Quartetto ha iniziato a tempo pieno l' attività di supereroi con tanto di grattacielo come base operativa. Sue e Reed (la Donna Invisibile e Mr Fantastic) stanno per convolare a nozze ma qualcosa di imprevisto ritarderà quel tanto atteso momento: in diverse parti del globo è comparsa una strana cometa e dovunque sia stata avvistata, si sono verificati inquietanti fenomeni atmosferici e ambientali. Quella che sembra una cometa in realtà è Silver Surfer e nel caso ve lo stiate chiedendo -- e anche se non avete visto il film ve lo dico lo stesso -- non è lui il pericolo per la terra. L' Argentato Surfista è solo l'araldo dell' entità cosmica conosciuta con il nome di Galactus il Divoratore di Mondi che ha deciso di pasteggiare con la nostra amata terra. Tutto qui. Ah no! Mi stavo dimenticando di scrivere che I Fantastici Quattro e Il Dottor Destino (che non è morto alla fine del precedente film) uniranno temporaneamente le forze per contrastare la minaccia comune. Contrariamente ad ogni mia aspettativa il seguito è meglio del primo film. La pellicola è pur sempre uno spettacolo messo su per catturare quel pubblico famelico di effetti speciali, ma questa volta c'è una storia più solida alle spalle, presa direttamente dagli albi storici della serie e con quella spruzzata di moralismo ambientale (anche se il riscaldamento globale viene citato una sola volta in tutto il film) che non fa mai male. Continua a essere un film mediocre ma non così terribile come temevo. Il problema sono ancora i personaggi: Silver Surfer, seppur in maniera molto limitata, è il personaggio migliore del film, mentre i Fantastici Quattro continuano a non convincere. Forse dipende dal fatto che, al contrario degli eroi/uomini problematici e diversi (esempio: Peter Parker e i mutanti), i Quattro vivono la loro condizione con serenità (a perte Ben "La Cosa" Grimm), non si nascondono alla gente, ma sono come delle star, ricche, famose e amate. Insomma, non mi sembra che abbiano i numeri per funzionare al cinema. Uff, che delusione però! Per stare meglio adesso mi guardo per l'ennesima volta Spider-Man o il primo X-Men.

Monday, October 22, 2007

"Keep saying that my head’s locked up in the clouds"

OASIS
LORD DON'T SLOW ME DOWN (2007) (DIGITAL SINGLE)

1) Lord Don't Slow Me Down
2) The Meaning of Soul - Live Manchester '05
3) Don't Look Back In Anger - Live Manchester '05

Nuovo singolo per gli Oasis? Si e No. Chi ha avuto modo di vedere le previews del documentario Lord Don't Slow Me Down, in uscita a fine ottobre (ormai ci siamo quasi), avrà sentito le note di questa nuova canzone di cui vi sto parlando. Siccome, per ogni buon Fan, ogni pezzo nuovo è oro che luccica, si è atteso pazientemente di sapere di cosa si trattasse. Poco settimane prima della pubblicazione ufficiale del documentario, ecco che viene svelato l'arcano: la nuova canzone, omonima, uscirà solo come singolo per il download digitale. Noel Gallagher ha dichiarato di non essere pronto per la pubblicazione di un nuovo singolo, ma la casa discografica (scaduto il contratto con la Sony, adesso hanno firmato con la Universal) ha voluto comunque fare uscire questa canzone per "spingere" maggiormente il documentario. Ora, ben venga una canzone nuova. Ben venga il download digitale (anche se avrei preferito il cd). Ben venga anche la pubblicazione a scopo unicamente promozionale. Quello che proprio non digerisco è il prezzo che mi sembra ridicolo: £ 1,50 per il bundle comprendente la title track e due brani live registrati a Manchester durante il tour del 2005 (concerto che dovrebbe essere presente nel secondo dvd del documentario ^____^). Ora, con quella cifra (ma anche meno), potevo ricomprare/o regalare a qualcuno in Rainbows e questo mi fa crescere la convinzione che, l'operazione dei Radiohead rimarrà un caso isolato...spero di sbagliarmi. La cifra non è esagerata ma è comunque eccessiva per dei brani che non hanno comunque la qualità di un cd.
Ma veniamo al contenuto del disco: la title track è una canzoncina piacevole ed orecchiabile, registrata durante le sessioni di Don't Believe The Truth ma rimasta fuori dalle 11 scelte per il disco. Nonostante siano passati due anni, il sound del brano è riconducibile a quello dell' album e questa è un' ottima cosa.
Le due tracce live sono, in ordine, The Meaning of Soul e Don't Look Back In Anger: la prima è un brano recente che live suona molto potente. Peccato che la voce di Liam non sia più quella di un tempo. La seconda è un classico. Un brano presente in ogni tour che, nonostante gli anni, non ha perso il suo fascino (soprattutto su di me, visto che è la canzone che me li ha fatti conoscere). la voce è quella di Noel Galagher accompagnato per tutta la brano dal pubblico...WOW ^___*.
A questo punto, in attesa del nuovo album in arrivo per metà 2008, non rimane che attendere l'uscita di questo famigerato documentario.


"LORD DON'T SLOW ME DOWN" VIDEO

Sunday, October 21, 2007

Lyric of the Week + Video / MASSIVE ATTACK - KARMA COMA (FEAT. TRICKY)


You sure you want to be with me
I've nothing to give
Won't lie and say this lovin's best
Leave us in emotional peace
Take a walk, taste the rest
No, take a rest

I see you digging a hole in your neighborhood
You're crazy but you're lazy
No need to live in a lean-to
Your troubles must be seen to seen to
Money like it's paper with faces I remember
I drink on a daily basis
Though it seldom cools my temper
It never cools my temper

Walking through the suburbs though not exactly lovers
You're a couple, 'specially when your body's doubled
Duplicate, then you wait for the next Kuwait

Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma

You sure you want to be with me I've nothing to give
Take a walk take a rest taste the rest
You sure you want to be with me I've nothing to give
Take a walk take a rest taste the rest
Take a walk take a rest a taste of rest

Don't want to be on top of your list
Monopoly and properly kissed
We overcome in sixty seconds
With the strength we have to together
But for now, emotional ties they stay severed
When there's trust there'll be treats
And when we funk we'll hear beats

Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma
Karma coma, jamaica' aroma

Deflowering my baby, are you my baby mate
I must be crazy, see I'm swazy
Digging a hole in your neighborhood
You're crazy but you're lazy, must be lazy

Don't wanna be on top of your list
Monopoly and properly kissed

Deflowering my baby, are you my baby mate
My baby
Deflowering my baby, are you my baby mate
I must be crazy, you must be lazy

Karma coma, what?, jamaica' aroma
Karma coma, what?, jamaica' aroma
Karma coma, what?, jamaica' aroma
Karma coma, what?, jamaica' aroma

Friday, October 19, 2007

GRINDHOUSE - The fake trailers

Visto che se ne è parlato nei commenti dei giorni scorsi, approfitto di questa sembra la settimana dedicata a Grindhouse, per dedicare un post ai famosi "fake trailers" girati apposta per la versione ad episodi del film. Da noi è arrivato ufficialmente solo Machete ma, grazie a Youtube è possibile vederli tutti. Speriamo solo che decidano di inserirli come extra nelle prossime edizioni in dvd dei film di Tarantino e Rodriguez.


MACHETE

Diretto da Robert Rodriguez


Forse l'unico "fake" che diventerà film in uscita solo per il mercato dvd...WOW ^___^


WAREWOLF WOMAN OF THE SS

Diretto da Rob Zombie


Straordinaria partecipazione di Nicholas Cage in una delle migliori interpretazioni della sua carriera


DON'T

Diretto da Edgar Wright


Il regista è quello di Shawn of the Dead e tra gli interpreti trovate Simon Pegg e Nick Frost. Il film si chiama "Don't" e i protagonisti fanno tutto quello che in un horror dovresti assolutamente evitare di fare...GENIALE!!!


THANKSGIVIN

Diretto da Eli Roth


Eli Roth in un semplice trailer ha fatto meglio di quanto sia riuscito a fare con Cabin Fever e Hostel...


Per la versione canadese di Grindhouse è stato proiettato un trailer aggiuntivo vincitore del Grindhouse Fake Trailer Competition:

HOBO WITH A SHOTGUN

Diretto da Jason Eisener



Questo e tutto. Per ulteriori informazioni vi consiglio il sito al quale ho fatto riferimento per trovare tutto quello che c'era da sapere su questi magnifici trailer:
http://www.tarantinoitalia.altervista.org

Thursday, October 18, 2007

Un pizzico di Paprika per condire i vostri sogni

E' cosa nota che il mercato dell'animazione cinematografica se lo spartiscono americani e giapponesi. Ci siamo anche noi europei con piccoli ma significativi prodotti (vedi Wallace & Gromit) ma nel complesso non contiamo poi molto. Per comprensibili leggi di mercato e di distribuzione (che comunque non condivido) le produzioni animate americane trovano maggiore spazio e visibilità, vuoi perché i nomi coinvolti sono importanti e conosciuti (Pixar, Disney, Dreamworks, chi non li conosce?), vuoi perché sono opere rivolte soprattutto ai più piccoli. Anche noi grandi le apprezziamo, ma capita a volte che non ci bastino animazioni in computer grafica strabilianti ma fine a se stesse. Così come qualche volta si sente il bisogno di qualcosa in più di un buonismo retorico e morali spicciole. Ed ecco che, rivolgendoci al mercato nipponico per soddisfare il nostro palato esigente, ci troviamo a sbattere contro la quasi impossibilità di vedere nelle sale cinematografiche questi film, considerati di nicchia o di poca presa per il pubblico occidentale. Non ci rimane allora che rivolgerci al mercato dell' home video o ad "altri" più accessibili ed economici espedienti. Paprika di Satoshi Kon non ha fatto eccezione: presentato in concorso a Venezia nel 2006, il film è uscito nei cinema italiani solo nel 2007. Nella mia città naturalmente non si è neanche visto e così mi sono trovato a recuperarlo direttamente in dvd. Ma questa ormai è una storia che tutti conoscono e che si ripete ininterrotta da anni. Veniamo al film dunque. Paprika basa la sua trama su un argomento molto affascinante: i sogni. In una azienda che sviluppa nuove tecnologie, un giovane scienziato inventa il DC Mini, un' apparecchiatura in grado di connettere ai sogni di un qualsivoglia individuo. In un epoca di voyeurismo esasperato, la cosa può fa storcere il naso. La vita di ogni individuo è sovraesposta: è giusto quindi, che la scienza violi l'unico posto (nel film definito il"santuario") dove l'uomo è libero? Le originali intenzioni dello sviluppatore del DC Mini erano di utilizzare l'invenzione per fini medici, più precisamente per la cura di alcune patologie psichiche. Un terrorista interno alla compagnia ha rubato uno dei DC Mini per utilizzarlo in maniera poco pulita. A quanto pare il suo livello di interazione con l'apparecchio ha raggiunto livelli tali da permettergli di entrare nei sogni delle persone anche se queste sono in stato di veglia. Si potrebbero spendere ora a parlare della magnificenza visiva di questo film: dai disegni, ai colori, alle animazioni. Questi elementi sono amalgamati assieme in maniera superba tanto che ci lasciamo trasportare volentieri in questa esperienza per immagini, in questo "trip" tra veglia e sogno. Uno degli aspetti più affascinanti di Paprika stà proprio nell'impossibilità di distinguere, da un certo punto del film in poi, tra queste due realtà dove anche i personaggi si sdoppiano (la stessa Paprika è la versione "sognata" di una scienziata fredda e razionale ). Questo porta purtroppo ad un finale non proprio chiarissimo (un po' come quello di Akira) che lascia allo spettatore carta bianca per interpretare. Questo piccolo neo non influisce però su un giudizio da parte mia totalmente positivo. Probabilmente piacerà anche a quelli che hanno trovato Tokyo Godfather un po' troppo lineare e fiabesco.

Wednesday, October 17, 2007

GRINDHOUSE - Planet Rodriguez

Parlare di Planet Terror dopo aver visto Death Proof non è facile. Se presi nell'insieme del progetto Grindhouse, i due film possono anche "convivere". Separati e resi due film a se stanti, le loro strade divergono e vengono fuori le personalità registiche alle loro spalle. Death Proof, nella sua dimensione completa, tira fuori tutto quel cinema di cui Tarantino ci ha nutrito in questi anni diventando "quasi" film d'autore, discostandosi non poco dall'idea originale per la quale era stato concepito. Planet Terror è diverso: episodio o film non credo che il risultato cambi. Il film di Rodriguez è quello che più si avvicina all'idea di pellicola da Grindhouse. Questo perchè il genere si sposa bene con il cinema del regista messicano capace di alternare tristi ciofechine (C'era una Volta in Messico) con veri gioielli (Sin City). D'altronde Dal Tramonto all' Alba non era anche quella una pellicola perfetta per il grindhouse?. Con questo non voglio dire che Rodriguez ha fatto meglio di Tarantino ma che entrambi i film vanno visti in maniera differente, perchè i due autori fanno cinema in maniera differente. Per il suo film Rodriguez omaggia a piene mani il cinema di serie Z degli anni '70, creando a sua volta un film di serie Z a cominciare dalla storia: un gas verde viene rilasciato da dei militari in una base nel Texas. Il gas si diffonde in fretta nella vicina cittadina trasformando gli abitanti in zombi pustolosi e famelici. Un piccolo gruppo di sopravvissuti cercherà una via di fuga verso il Messico, dove ricomincieranno una nuova vita. Inutile andare oltre perchè, a conti fatti, la storia non è poi così importante. In maniera anche maggiore rispetto al film di Tarantino, la pellicola presenta per tutta la proiezione segni di usura, sbalzi di colore e una bella bruciatura con annessa scena mancante. Nel film c'è tutto quello che ci si aspetta da una pellicola così...e anche di più: soldati dementi, un militare che dice di aver ucciso Bin Laden, deformità, pus, splatter, amputazioni, esplosioni, sparatorie, umorismo, citazioni, piccoli cameo (Tarantino, Tom Savini, Fergie dei Black Eyed Peas e Bruce Willis) ma soprattutto lei, la ragazza con un fucile mitragliatore al posto della gamba. So che è assurdo e assolutamente demenziale ma, in quel contesto ci sta veramente come il famoso "cacio", e al film sarebbe mancata la spinta finale senza di lei. Ora, giudicando in maniera razionale la pellicola di Rodriguez non si può che essere molto severi, ma ingiusti. Non si può guardare in maniera razionale un film che di razionale ha poco o nulla per sua stessa natura. Planet Terror è un film che intrattiene e diverte a patto che siate in grado di sconnettere per un' ora e mezzo il cervello, lasciando da parte qualsiasi pregiudizio. La pellicola di Rodriguez è forse la più immonda montagna di spazzatura che abbiate mai visto ma perlomeno è un film onesto, che non nasconde i suoi difetti e la sua natura. Quasi dimenticavo: all'inizio del film viene proiettato uno dei quattro finti trailer, girati originatriamente per il Grindhouse ad episodi, dal titolo "Machete". Meraviglioso...e non aggiungo altro.

Tuesday, October 16, 2007

GRINDHOUSE - A prova di Quentin

Quentin Tarantino. Il solo leggere questo nome vi esalta? Oppure gli angoli della vostra bocca precipitano irrimediabilmente verso il basso? Lo chiedo perché credo che il suo ultimo film, Death Proof ("A prova di morte" in Italia), renda incolmabile il gap tra estimatori e detrattori già irrimediabilmente compromesso dalle ultime dichiarazioni del regista sul cinema italiano (in parte pienamente condivisibili). Inutile dire che io mi schiero tra quelli della prima categoria, perché nella seconda vedono il buon Quentin già morto e sepolto dai tempi di Jackie Brown. Io che invece adoro per motivi diversi ogni suo film, mi sono esaltato non poco alla visione di questa sua ultima fatica. Originariamente Grindhouse doveva essere un film composto da due episodi separati, uno diretto da Tarantino (Death Proof) e l'altro dall'amico di sempre Robert Rodriguez (Planet Terror). Scopo di questa operazione era un omaggio alle grindhouse (fenomeno nato alla fine degli anni '60 e primi anni '70), sale nelle quali venivano proiettati in spettacoli doppi , film horror/splatter assolutamente di serie B (per non dire di serie Z) . Arrivando direttamente da due registi/cinefili per eccellenza, l'operazione era, almeno sulla carta, molto interessante ma il pubblico americano non ha gradito. Il mezzo flop al cinema ha portato la produzione a rivedere il progetto per la sua diffusione oltreoceano. Ed ecco arrivare anche da noi europei, i due episodi Grindhouse separati e rimontati: in pratica due film distinti. Death Proof racconta la storia di Stuntman Mike (interpretato da uno sfregiatissimo Kurt Russel unico interprete maschile insieme a Tarantino che si ritaglia un piccolo cameo) che con la sua macchina (la Death Proof appunto) si diverte a uccidere ignare e indifese fanciulle...almeno finchè non incontra chi può tenergli testa. Trama semplice e lineare, musiche bellissime ed accuratamente selezionate, finti graffi, spuntinature, colori slavati da "pellicola rovinata"(almeno nella prima metà del film), sono le caratteristiche che colpiscono subito lo spettatore. Probabilmente nella sua versione corta (sto facendo una supposizione perché non l'ho vista) il film si basava unicamente sulle due principali scene di inseguimento e sugli spettacolari incidenti. Nella sua versione allungata invece, il film diventa un prodotto "tarantiniano" al 100% con l'inserimento di lunghe (molti le hanno definite interminabili e inutili) scene di dialogo che mettono in risalto le vere protagoniste: le donne. Tarantino dedica a loro la sua massima attenzione (gambe e piedi inquadrate in maniera quasi feticistica) e anche grazie alla bravura delle attrici, vengono fuori degli ottimi personaggi. Dolci, risolute, vittime, carnefici e deliziosamente sboccacciate come le migliori figure femminili del regista americano. Se questo non dovesse bastare aggiungeteci alcune sequenze in macchina tra le più adrenaliche degli ultimi anni e avrete tutti gli ingredienti di un mix (quasi) perfetto. Mi rimane solo un po' l'amaro in bocca per non averlo visto al cinema ma ne sono rimasto totalmente rapito e me lo riguarderei anche subito.

Monday, October 15, 2007

LOST - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: LOST
TITOLO ITALIANO: LOST
NUMERO EPISODI: 25

-TRAMA-
Il volo Sidney-Los Angeles della Oceanic precipita su un'isola apparentemente deserta. Nonostante l'entità del disastro, il numero dei sopravvissuti e molto alto. Mentre si aspettano i soccorsi, i superstiti recuperano il recuperabile dai rottami dell'aereo e curano i feriti più o meno gravi. Ma dalla foresta alle loro spalle giungono inquietanti rumori mentre in lontananza si scorgono alberi abbattuti da una forza misteriosa. Forse quel posto non è solo una semplice isola deserta in mezzo all' oceano.

-COMMENTO-
Lost è una di quelle serie fortunate che gode di un grande successo di pubblico e questo comporta una grande visibilità (prima serata sia sui canali Sky che su quelli Rai) e un battage pubblicitario più che adeguato. Rispetto ad altre però, la serie creata da quel furbetto di J.J. Abrahams, già autore di Alias, merita la sua notorietà. Il segreto del successo di Lost sta soprattutto nella formula "metto in piazza tanti misteri e a nessuno do una spiegazione" che cattura letteralmente lo spettatore. La prima stagione si snoda in 25 episodi nei quali facciamo la conoscenza dei personaggi principali (che sono veramente tanti) e iniziamo ed esplorare l'isola dai mille segreti. Ogni episodio si divide equamente tra, la vita post disastro aereo e i flashback, con i quali si approfondisce psicologicamente questo o quel personaggio e gli si crea un adeguato background che ne giustifica i comportamenti sull' isola. Ma l'espediente "flashback" è servito agli autori per immergere noi spettatori direttamente nella storia principale, lasciandoci spaesati e con ben pochi punti di riferimento. Un ottimo sistema per farci immedesimare completamente con la condizione dei protagonisti. Chi cerca trame esageratamente complesse, qui troverà pane per i suoi denti senza escludere il fatto che, anche tecnicamente, Lost è una serie di prim'ordine: difficilmente ricordo, per esempio, un episodio pilota così bello e folgorante. Per quel che mi riguarda la serie è promossa con una media voti molto alta, che spero di poter confermare dopo la visione della seconda stagione.

-DVD-
Produttore: Touchstone
Distributore: Buena Vista
Video: 1.78:1 anamorfico
Audio: Italiano, Inglese, Spagnolo Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano, Spagnolo, Islandese, Inglese, Inglese per non udenti
Extra: Disco1 - commento audio agli episodi 1, 2, 4; Disco2 - commento audio all'episodio 7; Disco4 - La genesi di Lost, Creando un disastro, Prima di perdersi, Making of, L'arte di Matthew Fox, Scene eliminate, Lost su Comicon, Lost: nei luoghi delle riprese; Disco5 - commento audio all'episodio 13; Disco8 - Racconti dall' isola, Lost: nei luoghi delle riprese; Scene eliminate, Papere dal set
Regione: 2 Italia
Confezione: box in cartone contenente 8 amaray slim

Note: la serie è stata pubblicata anche in due cofanetti separati da 4 dvd ciascuno. Il mio consiglio è di comprare il cofanetto completo perché, con molta probabilità, si risparmia.

Sunday, October 14, 2007

Lyric of the Week + Video / R.E.M. - IMITATION OF LIFE


Charades, pop skill
Water hyacinth, named by a poet
Imitation of life
Like a koi in a frozen pond
Like a goldfish in a bowl
I don't want to hear you cry

That's sugarcane that tasted good
That's cinnamon, that's Hollywood
C'mon, c'mon no one can see you try

You want the greatest thing
The greatest thing since bread came sliced.
You've got it all, you've got it sized.
Like a Friday fashion show teenager
Freezing in the corner
Trying to look like you don't try

That's sugarcane that tasted good
That's cinnamon, that's Hollywood
C'mon, c'mon no one can see you try

No one can see you cry

That sugar cane that tasted good
That freezing rain, that's what you could
C'mon, c'mon no one can see you cry

This sugarcane
This lemonade
This hurricane, I'm not afraid
C'mon, c'mon no one can see me cry

This lightning storm
This tidal wave
This avalanche, I'm not afraid
C'mon, c'mon no one can see me cry

That sugar cane that tasted good
That's who you are, that's what you could
C'mon, c'mon no one can see you cry

That sugar cane that tasted good
That's who you are, that's what you could
C'mon, c'mon on no one can see you cry

Friday, October 12, 2007

"See our family. And feel better about yours"

La vita scorre come sempre nella cittadina di Springfield e tra le quattro mura di casa Simpson: Marge si occupa della casa, mentre Maggie gioca in giardino. Bart viene arrestato per oscenità e Homer adotta un maiale. La piccola Lisa, invece, cerca di sensibilizzare i suoi concittadini verso i gravi problemi d' inquinamento che minacciano il lago di Springfield. Nonostante l'impegno dei cittadini a ripulire il lago, Homer manda tutto all'aria gettando un silo pieno di "rifiuti" suini proprio nelle sue acque. La grave crisi ambientale che si genera costringe il Presidente degli Stati Uniti (Swarzenegger) a prendere drastici provvedimenti, isolando Springfield sotto una gigantesca cupola di vetro. Le cause del disastro non rimangono nascoste a lungo e presto l'intera famiglia Simpson si vede costretta ad una fuga precipitosa. Ho visto il film dei Simpson. E' passato un mese dalla sua uscita e questo tempo ha spento l' hype creatosi in attesa di questa pellicola, permettendomi di vedere questo film per quello che realmente è. Forse, come da diverse parti ho letto, un evento? No, non penso. Credo invece si tratti di un atto dovuto, sia verso il pubblico che segue le avventure dei "gialli" da più di diciotto stagioni, sia verso quegli stessi pesonaggi che meritavano la promozione cinematografica dopo anni di onorata carriera. Ed eccoci quindi giunti al film, che difficilmente potrà non piacere a chi già apprezza la serie tv: a tutti gli effetti ci troviamo di fronte ad un episodio "allungato", una storia 100% simpsoniana, divertente e politicamente scorretta. La vicenda ruota intorno al nucleo familiare dei Simpson (nonno compreso) ma tutti i comprimari storici, più o meno noti, fanno la loro comparsa. Favolose alcune chicche, all' inizio del film (Grattachecca e Fichetto con il loro film nel film), alla fine (nei titoli di coda Maggie dice la sua prima parola) e qualche divertente autocitazione (Homer e Bart saltano nuovamente la gola di Springfield con tanto di ambulanza ancora schiantata sull'albero). Il formato cinematografico, infine, non può che giovare ad una serie da sempre costretta al 4:3 televisivo, che trova così una maggiore spazialità riempita da curatissime animazioni. L'unica pecca che ho riscontrato è un punto morto a circa metà film: la storia "si siede" e il divertimanto fa spazio alla noia. Per fotuna è solo un breve momento che non pregiudica la riuscita della pellicola. Che la serie stia attaversando un comprensibile periodo di stanca è una cosa innegabile anche perchè, serie più giovani e decisamente più cattive (vedi I Griffin), incominciano a scavarsi una spazio sempre più importante nel cuore degli spettatori. Ma I Simpson sono pur sempre I Simpson e questo film non fa che ribadire questo concetto.

Thursday, October 11, 2007

Lost In Rainbows - Part 1

RADIOHEAD
IN RAINBOWS (2007)

1) 15 Steps
2) Bodysnatchers
3) Nude
4) Weird Fishes / Arpeggi
5) All I Need
6) Faust Arp
7) Reckoner
8) House of Cards
9) Jigsaw Falling Into Place
10) Videotape

** PICCOLA PREMESSA: questo mio post non ha la presunzione di essere la recensione di un disco "uscito" da poco più di 24 ore, ma solo una raccolta di prime personali impressioni e un piccolo resoconto della rivoluzionaria distribuzione messa in piedi dai Radiohead. Mi riservo perciò di tornare a parlare di questo disco in dicembre quando probabilmente riceverò l'edizione DISCBOX **

Era già successo qualcosa di simile nel 2000 ai tempi di Kid A. L'album in rete settimane prima della sua uscita nei negozi e una volta pubblicato, senza nessun singolo a promuoverlo, ecco che scala in un lampo la classifica UK. Un segnale di cambiamento? Forse. Sono passati sette anni da allora e probabilmente per svariati motivi (non ultima la diffusione ormai capillare di internet) si era pronti al passo successivo.
Ho seguito la genesi di questo nuovo album (io come molti altri credo) attraverso gli sporadici post che i Radiohead stessi lasciavano sul loro blog. Lunedì 1 ottobre ecco comparire un sintetico comunicato di Jonny Greenwood: "Hello everyone. Well, the new album is finished, and it's coming out in 10 days; We've called it
In Rainbows. Love from us all." Cliccando su "In Rainbows" si poteva accedere ad un mini sito dove veniva messo subito in chiaro che il disco non sarebbe uscito nei negozi ma che era possibile fare un pre-order sia della versione download che del DISCBOX. Andiamo con ordine: per la versione download, disponibile dal 10 ottobre (cioè da ieri) non c'è un prezzo fisso ma la possibilità di fare un' offerta. In parole povere è l'utente che decide quanto è disposto a spendere per poter scaricare UFFICIALMENTE il disco...semplicemente geniale!!! La versione DISCBOX invece, ha un prezzo fisso di 40 Sterline (circa €. 57,00) e verrà spedita a partire dal 3 dicembre. Acquistare questa versione significa possedere il disco "fisico" cosa che in molti (me compreso) preferiscono ai semplici download. La confezione comprende, oltre al cd, un secondo disco enhanced (con altre 8 tracce, artwork e foto), due vinili, un book con foto e testi e naturalmente la possibilità di effettuare un download dell'album.
E qui entro in scena io con la mia esperienza diretta: acquistato (anzi mi è stato regalato) il DISCBOX, ieri mattina mi è arrivato via e-mail, alle 8:30 del mattino, il link personale per effettuare il download. Cliccato sopra, dopo una ventina di minuti (il server doveva essere un po' carico) ho scaricato il file zip, di circa 49 mega, contenete la cartella In Raibows. All' interno, le 10 tracce in versione MP3 che ho sottoposto praticamente subito ad un ascolto attento ed ininterrotto.
L'album si apre con una traccia, 15 Steps, che potrebbe essere benissimo l' ideale decima canzone di
The Eraser. Fa piacere notare questa sorta di continuità con lo splendido lavoro solista di Thom York anche perché, trattandosi di uno dei miei ascolti regolari da più di più di un anno ormai, l'impatto con il nuovo lavoro della band di Oxford non è stato brusco, anzi, decisamente piacevole. Si prosegue poi con tracce che puntano a testa bassa al cuore (o alle coronarie?) dell'ascoltatore (Bodysnatcher, Weird Fishes o Jigsaw Falling Into Place) ed altre che sono come profonde boccate d'aria (Nude o All I Need). Il limitato numero di canzoni, a differenza del precedente Hail To The Thief, è un punto a favore di un disco che ha bisogno di essere ascoltato, riascoltato e assimilato soprattutto da chi predilige un tipo di musica più "facile". Io personalmente già lo adoro e sono sicuro che il pensiero dei fan dei Radiohead sia pressoché unanime. Ci hanno fatto aspettare quattro anni per poter completare In Rainbows così come l'hanno pensato e voluto. Devo dire che ne è valsa la pena.

Wednesday, October 10, 2007

PAPRIKA - LIMITED EDITION - (ITALIA - R2)

Non ho ancora parlato del film (presto lo farò, promesso) ma non potevo resistere. Così oggi vi parlo della bellissima Limited Edition che la Sony ha distribuito in Italia in 1500 copie. Non sono moltissime, ma rispetto a quanto fatto per Tokyo Godfathers, questa volta saranno molti di più gli appassionati che potranno portarsi a casa questo pezzo da collezione. La confezione è composta da un box in cartone rigido che per tre facciate su cinque è occupata da una bellissima illustrazione di Kon (sotto le foto). Al suo interno una busta con tre disegni autografati (copie naturalmente), una semplice amaray con i due dvd (e ci mancherebbe) ed il pezzo forte di questa limited: un incredibile -- e qui vi conviene tenervi stretti i calzoni -- libro di SETTECENTOCINQUANTADUE pagine con lo storyboard del film che da solo vale l'acquisto. Se siete interessati vi conviene sbrigarvi: i negozi on-line la danno esaurita ancora prima dell' uscita e su e-Bay la si trova a prezzi da furto aggravato. Io l'ho comprata in negozio (la mia copia l'ho prenotata a fine luglio) ad un prezzo inferiore a €. 50,00. Non è una spesa da poco, ma per un pezzo da collezione così...

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Sony
Distributore: Sony
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Giapponese, Spagnolo Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Italiano, Inglese, Portoghese, Spagnolo
Extra: Disco1 - commento audio; Disco2 - Tetsui e kon parlano di paprika, Conversazione sul "sogno", Intervista al direttore della fotografia, Intervista al direttore artistico

Contenuti Cofanetto:
1 amaray contenente 1 DVD per il film e 1 DVD per gli extra
1 busta contenete 3 disegni di Satoshi kon
1 book di 752 pagine con tutto lo storyboard del film











Tuesday, October 09, 2007

From My Personal Library: TAKESHI KITANO - NASCITA DI UN GURU

Periodaccio per il giovane Kazuo: non solo la sua ragazza lo ha appena lasciato per un altro, ma si trova anche ad affrontare una grave crisi esistenziale. Ma ecco che, nel momento peggiore, la vita gli getta una fune alla quale aggrapparsi, una nuova via per continuare a vivere: il caso vuole infatti che, mentre si trova al parco, Kazuo assista ai "miracoli" di un sedicente Guru. Rapito da quello spettacolo e da una improvvisa rinascita della fede, Kazuo chiede ed ottiene di poter entrare in quella "setta" come collaboratore. Con grande sorpresa dello stesso Kazuo, in poco tempo il ragazzo si troverà a ricoprire ruoli ben più importanti. Kitano è un autore completo. Già avevo scritto qualcosa a riguardo quando parlai di Asakusa Kid, e adesso mi trovo qui a confermare il mio giudizio dopo aver letto un altro suo libro, Nascita di un guru, pubblicato dalla Mondadori nella collana Strade Blu. Questa volta Kitano tratteggia in maniera molto reale e ironica una realtà (ma definirla piaga non sarebbe sbagliato) della società giapponese: le sette religiose. Il regista giapponese osserva il fenomeno sia dal lato di chi crede realmente in quello che sta facendo (nel portare la fede nel cuore di chi ne ha bisogno) ma anche dal lato di chi approfitta della "debolezza" o della "povertà" del popolino per lucrarci sopra. Non dimentica inoltre di sottolineare quanto la società moderna abbia perso i valori religiosi e di quanto la fede sia diventata unicamente un' ancora di salvezza, quando non ci rimane nient' altro. Si diventa credenti per opportunismo insomma, e le sette sono li pronte a fare proseliti. Nascita di un guru è una lettura piacevole che, come il libro precedente, è assolutamente consigliata agli estimatori di Kitano ma anche a chi non lo conosce (bisogna pur cominciare con qualcosa). Io personalmente ho preferito Asakusa kid, ma il mio giudizio è dovuto al fatto che nell'autobiografia si colgono molti aspetti del Kitano regista e del suo cinema.

Monday, October 08, 2007

"Now that Dr. King is gone, nobody left but Bobby. Nobody"

Hotel Ambassador. Il vecchio portiere dell'albergo ormai in pensione e senza una vita al di la del suo lavoro. Una giovane in procinto di sposarsi con coetaneo per impedirgli di partire per il Vietman. Camerieri messicani che convivono con i problemi razziali. Il direttore dell'albergo che ha una relazione extra coniugale con una centralinista. Una cantante ubriacona ormai sul viale del tramonto. Giovani stagisti della campagna per le primarie presidenziali californiane, alla prese con un trip da lsd. Questi e altri personaggi, si trovano in quell' hotel lo stesso giorno, il 4 giugno 1968. Poche ora più tardi, nella sala conferenze, il senatore Robert Kennedy terrà un discorso a seguito del quale subirà un attentato in cui rimarranno coinvolte anche altre cinque persone. Kennedy morirà il giorno seguente in ospedale. E' un piacere trovare Emilio Estevez (ex "ragazzo della 56^ strada" di Coppola), che qui scrive dirige e recita, alla prese con un film su un momento cruciale della storia americana. Un momento in cui le cose sarebbero potute cambiare e che tristemente rimasero le stesse. Uguaglianza, pari diritti e opportunità per tutti a prescindere da razza o estrazione sociale, la fine di una guerra inutile costata la vita a tanti, troppi americani, sono parole che portano gli americani a credere, anche dopo la morte di Martin Luther King, che ci sia ancora qualcuno o qualcosa in cui credere che "Bobby" Kennedy sia l'uomo che può fare la differenza. Sentiamo i suoi discorsi, vediamo immagini di repertorio, ma non è sua la storia che Estevez vuole raccontare. Preferisce concentrarsi su 22 storie di altrettante persone, che si trovavano all' Ambassador quel giorno: messicani e afroamericani; camerieri e direttori; giovani e anziani; benestanti e chi invece è costretto a rubare il cibo dal tavolo di un buffet; un campionario quasi completo di una società, quella americana, probabilmente non molto diverso da quello odierno. In questa "coralità" risiede la forza del film ma anche il suo punto debole: 22 personaggi sono veramente tanti e Estevez non riesce a gestirli tutti alla stessa maniera, sacrificandone alcuni a favore di altri. Molte figure rimangono sullo sfondo, appena abbozzate, e mi chiedo se non sarebbe stato opportuno eliminarle per dare maggior rilievo ad altri personaggi. Nonostante questo, Bobby è un film emozionante, commovente anche quando spinge un po' troppo sulla retorica, che racconta una storia di quasi quarant'anni fa le cui tematiche portanti sono incredibilmente attuali. Operazione riuscita a metà insomma, ma bisogna dare merito ad Estevez per l'impegno, questo non glielo si può negare.

Sunday, October 07, 2007

Lyric of the Week + Video / RADIOHEAD - THERE THERE


In pitch dark
I go walking in your landscape
Broken branches
Trip me as I speak
Just 'cause you feel it doesnt mean it's there.
Just 'cause you feel it doesnt mean it's there.

There's always a siren
Singing you to shipwreck
(Don't reach out, don't reach out
Don't reach out, don't reach out)
Steer away from these rocks
We'd be a walking disaster
(Don't reach out, don't reach out
Don't reach out, don't reach out)
Just 'cause you feel it doesn't mean it's there.
(There's someone on your shoulder)
(There's someone on your shoulder)
Just 'cause you feel it doesn't mean it's there.
(There's someone on your shoulder)
(There's someone on your shoulder)

There there!

Why so green and lonely?
And lonely
And lonely

Heaven sent you to me
To me
To me

We are accidents
Waiting waiting to happen.

We are accidents
Waiting waiting to happen

Friday, October 05, 2007

Ma qualcuno si ricorda di: RALPH SUPERMAXI EROE

In un periodo in cui gli Eroi sono tornati di prepotenza nel piccolo schermo ho deciso di dedicare il DECIMO appuntamento con la rubrica del ricordo e della nostalgia ad un telefilm cult/trash degli anni '80: Ralph Supermaxi Eroe (The Greatest American Hero). Se vi ricordate del telefilm vi ricorderete a grandi linee anche la storia: Ralph Hinkley, insegnante, riceve direttamente dagli alieni un costume che, una volta indossato, gli dona dei superpoteri. Peccato che perda il manuale d'istruzioni ed è quindi costretto ad impararne il funzionamento tutto da solo, aiutato dalla bella Pam e dall'amico, agente dell' FBI, Bill Maxwell.
Di seguito trovate, il video della sigla, il testo della canzone Believe It Or Not e la foto del Box a tiratura limitata contenente la serie completa in dvd (solo Regione 1 purtroppo)...nonchè il mitico mantello!!!


SIGLA

BELIEVE IT OR NOT

Look at what's happened to me,
I can't believe it myself.
Suddenly I'm up on top of the world
It should've been somebody else.

Believe it or not, I'm walking on air.
I never thought I could feel so free.
Flying away on a wing and a prayer.
Who could it be? Believe it or not it's just me.

It's like a light of a new day,
It came from out of the blue.
Breaking me out of the spell I was in,
Making all of my wishes come true.

Believe it or not, I'm walking on air.
I never thought I could feel so free.
Flying away on a wing and a prayer.
Who could it be? Believe it or not it's just me.
Who could it be? Believe it or not it's just me.

LIMITED DVD BOX


P.S.: CI TENGO AD INVITARE TUTTI I NUOVI LETTORI, A VISITARE I POST PRECEDENTI DI QUESTA RUBRICA. CHISSA' CHE NON VI RIACCENDANO QUALCHE RICORDO SOPITO ^___*

Thursday, October 04, 2007

Infection. Quarantine. No escape.

Sono andato un po' controcorrente, lo so. Quasi tutti hanno già visto il film dei Simpson e io ancora no. Ieri vado al cinema e che faccio? Mi fiondo alla proiezione di 28 Settimane Dopo, seguito del film di Boyle, 28 Giorni Dopo, uscito qualche anno fa. I motivi sono principalmente due: 1) le belle recesioni lette sulla rete 2) la vogli di gustarmi un horror nel buio della sala (l'ultimo è stato l'orripilante remake americano di The Grudge). La storia è questa: 28 giorni dopo lo scoppio di un'epidemia di rabbia che colpisce unicamente gli esseri umani, l' Inghilterra è in balia degli "infetti" che danno la caccia alle persone sane. 28 settimane dopo, gli infetti sono morti per mancanza di cibo. Una forza Nato si è stabilita in Inghilterra per verificare le non pericolosità del virus, cominciare la ricostruzione ed il ripopolamento. Nonostante la massiccia presenza militare, la vita sembra tornare lentamente alla normalità. Ma il virus non è morto, attende sopito nel corpo di uno dei pochi sopravvissuti, una portatrice sana, aspettando uno sbocco per riprendere il suo contagio. Chi si aspettava che fosse proprio un bacio quello sbocco. Un gesto d'amore che avrebbe dovuto liberare un cuore dagli artigli del senso di colpa e che si tramuta invece, nell' inizio di un nuovo incubo. Vi dico subito che il film mi è piaciuto e pure tanto. Già altre volte ho espresso la mia passione per zombi e affini. Quelli di 28 Settimane Dopo non sono certo zombie, ma rientrano perfettamente nella seconda categoria: corrono, sbraitano, gli occhi iniettati di sangue. Sono tanti,troppi e molto più inquietanti dei non morti "velocisti" del film di Zack Snyder. Mi piace la sensazione claustrofobica che trasmettono queste pellicole, il terrore dovuto alla segregazione forzata come difesa da un destino ineluttabile che attende instancabile, sotto forma di creature troppo simili a noi (e per questo molto più reali e spaventose). Il film si apre con un prologo che toglie il fiato (da vedere!): pochi sopravvisuti all'interno di una casa di campagna, vengono attaccati dagli infetti che cominciano ad entrare dalle finestre, rompendo le assi che le sigillavano. La macchina da presa si muove, si agita senza mettere precisamente a fuoco i soggetti nelle inquadrature. Qualcuno potrebbe dire "ma allora non si capisce niente!". Invece, dico io, la regia riesce a trasmetterci il senso di panico dovuto alla perdita di orientamento. Ci sentiamo come i protagonisti, accerchiati, braccati, alla ricerca di una via di fuga da quelle stanze che si riempiono sempre più di persone che di umano hanno ben poco ormai. Il film, ben lontano da essere un capolavoro (ci tengo a chiarirlo), prosegue con i classici espedienti del genere ("non fate questo" e sistematicamente viene fatto, "non andate di la che è pericoloso" e indovinate dove andranno i protagonisti?) ma ognuna delle sensazioni espresse prima rimangono vive per tutti i 90 minuti di proiezione. Sarà pure un' impressione tutta personale, ma mi sembrava che le sedie del multisala fossero dannatamente piccole ieri sera. Per tutto questo (e anche per quello che qui non ho scritto) mi sento di dover dire un gigantesco "bravo" al regista Juan Carlos Fresnadillo per averci regalato uno dei migliori film horror degli ultimi anni. Consigliato agli amanti del genere e non.

Wednesday, October 03, 2007

"No one could break us, no one could take us, if they tried"

OASIS
DON'T BELIEVE THE TRUTH (2005)

1) Turn Up The Sun
2) Mucky Fingers
3) Lyla
4) Love Like A Bomb
5) The Importance Of Being Idle
6) The Meaning Of Soul
7) Guess God Thinks I'm Abel
8) Part Of The Queue
9) Keep The Dream Alive
10) A Bell Will Ring
11) Let There Be Love


Se mi chiedete qual'è il mio gruppo preferito (o la mia band del cuore ^__^), la mia risposta non può essere che "Oasis" (espressioni di disgusto si diffondono tra i lettori). Se mi chiedete se preferisco la musica degli Oasis o quella dei Radiohead, la mia preferenza va senza dubbio alcuno alla band di Thom Yorke e soci. Può sembrare un piccolo controsenso ma tra le due cose c'è un sottilissimo confine fatto di puri e semplici sentimenti affettivi: seguo il gruppo di Manchester praticamente dagli esordi e la loro musica occupa una parte importante nella colonna sonora della mia adolescenza (e anche oltre, diciamoci la verità). Oggi parlo di questo disco non solo perché tra poco meno di un mese uscirà finalmente il documentario girato durante l'ultimo tour, ma soprattutto perché, i fan di vecchia data aspettavano un album come Don't Believe The Truth sin dai tempi di (What's The Story) Morning Glory?. Dal '96 al '05 abbiamo avuto infatti un disco troppo lungo e troppo simile ai precedenti (Be Here Now), un disco flop (Standing On The Shoulder Of Giants) e un disco con segni di ripresa (Heathen Chemistry). Finalmente con Don't Believe The Truth si ritorna ad un disco compatto, 11 canzoni legate tra loro (e non appicicate a sputo) soprattutto grazie all'ottima e pignola produzione di Dave Sardy, che ha riportato il sound degli Oasis alle origini, all'acustico, mettendo molto in risalto soprattutto le chitarre. Noel Gallagher non scrive più tutte le canzoni, ma tutti i membri del gruppo partecipano alla composizione: dal fratello Liam ai più recenti ed ottimi acquisti Gem Archer e Andy Bell che da Standing On The Shoulder Of Giants, sostituiscono Bonehead e Guigsy. E' sempre merito di Dave Sardy se, un disco scritto in pratica da quattro persone diverse, non si sfilaccia, ma risulta invece molto omogeneo. A parte i singoli estratti (Lyla, The Importance Of Being Idle e Let There Be Love), trovo che siano veramente ottime canzoni Turn Up The Sun, Mucky Fingers, Guess God Thinks I'm Abel e Part Of The Queue. Un disco for fans only? Probabilmente. Difficilmente chi non ha mai gradito la loro musica, potrà apprezzare questo disco. Magari può piacere a chi vuole avvicinarsi per la prima volta agli Oasis (in quel caso consiglierei di procurarsi Definitely Maybe). Magari basterebbe ascoltarlo senza pregiudizi. Magari tornerò sull'argomento all' uscita del documentario.

Tuesday, October 02, 2007

Samaritan girl

Jae-yeong e Yeo-jin sono amiche. La prima si prostituisce, mentre la seconda le organizza gli incontri e gestisce la parte finanziaria. In realtà il loro rapporto è molto più profondo di una semplice amicizia e questo porta ad una gelosia da parte di Yeo-jin, che chiede alla sua amica di non legarsi troppo ai propri clienti. Jea-yeong, d'altro canto, non vade il male in quello che fa, ne nel voler stringere confidenza con gli uomini con cui ha rapporti occasionali. Un giorno, durante una retata della polizia nel motel dove Jae-yeong era solita appartarsi, accade la tragedia: per sfuggire ai poliziotti, la ragazza si butta da una finestra riportando ferite mortali. Yeo-jin disperata, decide di liberarsi di tutti i soldi guadagnati, "incontrando" i clienti dell'amica e restituendo loro il denaro. Il padre di Yeo-jin scopre casualmente il segreto della figlia e distrutto dal dolore sfoga la sua incontenibile rabbia su i clienti di Yeo-jin. Samaria (La Samaritana in Italia) di Kim Ki-Duk è un film che parla di prostituzione minorile, una vera piaga della società coreana. Con il suo solito sguardo, a volte poetico, altre volte duro e spietato, Ki-Duk ci mostra questo scottante argomento da tre punti di vista differenti: Jae-yeong che vive con innocenza (il suo sorriso onnipresente ne è la prova) lo "scambio" con gli uomini che giacciono con lei. Yeo-jin, che in un primo momento decide di bruciare i soldi guadagnati in quella maniera sporca, per poi scegliere di restituirli ai clienti di Jae-yeong concedendosi a loro. Il padre di Yeo-jin, che vede la triste realtà scontrarsi contro l'immagine innocente che aveva della figlia, trasformando il suo amore paterno in rabbia. Da qualsiasi parte lo si provi a prendere questo è un'argomento scottante e non facile da trattare. Ki-duk ci prova e ci riesce, soprattutto attraverso i magnifici personaggi femminili, evitando di mostrare rapporti fisici ma soffermandosi invece su momenti decisamente più intimi (le scene al bagno pubblico tra le due ragazze o quando uno dei clienti piega delicatamente i vestiti che Yeo-jin ha lasciato per terra, per esempio). C'è da dire però che, quando comincia la furia vendicativa del padre di Yeo-jin, il film perde un po' quell'atmosfera costruita in precedenza, ritrovandola fortunatamente nel finale: il padre e figlia sono in viaggio per le campagne. Lui insegna alla ragazza a guidare, segnandole un percorso non rettilineo da seguire, delimitandolo con dei sassi gialli. Yeo-jin segue le indicazioni del padre fino a riuscire a portare la macchina in assoluta autonomia. Dopo il dolore per aver visto l'innocenza della sua bambina svanire, il padre ritrova il suo ruolo di "guida" quando sa che dovrà abbandonare la figlia. Le mostra la strada (della vita) e le insegna quanto serve per proseguire con le sue forze: "Ora va da sola" le dice "Senza l'aiuto di papà" e si allontana per incontrare il suo destino. Meraviglioso.

Monday, October 01, 2007

DEXTER - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: DEXTER
TITOLO ITALIANO: DEXTER
NUMERO EPISODI: 12


-TRAMA-
Dexter Morgan è un esperto ematologo della polizia di Miami. Ha una sorella poliziotta e una fidanzata. E' amichevole e disponibile con tutti. Potrebbe essere una persona perfetta se non fosse che quella mostrata alla gente è solo una facciata che nasconde il vuoto assoluto...perché Dexter Morgan in realtà è un serial killer.


-COMMENTO-
Se escludiamo Jericho, le ultime serie tv in cui mi sono imbattuto sono state in grado di catturarmi dal primo all'ultimo episodio: Dexter, naturalmente, è una di queste. Onestamente non so da dove cominciare a parlar bene di questa serie perché, sia ben inteso, qui troverete solo delle lodi. Dexter è una serie geniale che riesce a portare il pubblico ad affezionarsi ad un personaggio "oscuro", che sfrutta alla perfezione il "meccanismo" delle serie tv. Ogni episodio racconta una storia, e ci mostra un tassello della complicata vita di Dexter. Ma nel frattempo viene anche sviluppata la trama portante della serie. Considerando che la media del numero di episodi a stagione di una serie americana si aggira intorno ai 23-24, potrebbe sembrare che 12 siano effettivamente pochi. Ma non è così. Dodici episodi sono veramente perfetti: la storia non è troppo concisa ne troppo stiracchiata. Non vi capiterà di trovare un episodio tappabuchi, ne l'ormai abusatissimo episodio flashback. La serie è tratta dal racconto "Darkly Dreaming Dexter" di Jeff Lindsay. Come è tristemente noto, spesso trarre un film da un racconto non porta buoni risultati. Ma utilizzare un soggetto di questo tipo per una serie tv ha permesso di sviluppare egregiamente ogni singolo aspetto (personaggi secondari soprattutto). Tecnicamente parlando c'è poco da dire: Dexter è l'ennesima conferma che la linea di demarcazione tra prodotti televisivi e cinematografici si sta facendo sempre più sottile. Una regia sempre all'altezza e una fotografia in grado di restituirci una Miami splendida (altro che CSI) sono un biglietto da visita che non può passare inosservato, soprattutto agli spettatori più esigenti. Da segnalare assolutamente la bravura di tutto il cast (Michael C. Hall è un Dexter perfetto) e una sigla d' apertura tra le più belle viste fin'ora. Dexter arriverà in Italia il prossimo 11 ottobre sul canale Fox Crime di Sky. E' d'obbligo secondo me, in questo caso soprattutto, la lingua originale.


-DVD-
Disponibile il cofanetto R1 della prima stagione. Lo trovate qui.