Wednesday, January 30, 2013

FRANKENBURTON

Pare che il punto più alto raggiunto dal cinema di Tim Burton, Big Fish, corrisponda anche al momento in cui in tanti, tra pubblico e critica, hanno cominciato a disaffezionarsi ai lavori del cineasta americano come se tutto si fosse ridotto unicamente alla collaborazione con attori feticcio e ad elementi stilistici e tematici ricorrenti. Condivisibile o meno che possa essere questo punto di vista, da Sweeney Todd in avanti Burton si è dedicato a progetti più facili e forse commercialmente più appetibili come il tanto discusso Alice in Wonderland che lo ha riavvicinato alla Disney dopo tanti anni. Ed è proprio per la Disney che dirige Frankenweenie, film d' animazione in stop-motion con il quale rifà un suo stesso corto "live action" dell' '84. Burton che rifà Burton in un momento così particolare della sua carriera può far pensare ad un consapevole tentativo di suicidio ma così non è. Frankenweenie è un ritorno di Burton su territori cinematografici a lui (e a noi) familiari, storie ambientate in sobborghi fati di case e giardini tutti uguali, la cui facciata puliti nasconde l' ignoranza di vite vissute con i paraocchi, con la paura per qualsiasi cosa sia diverso. E i diversi sono loro, i bambini (rappresentati, in certi casi, come dei veri e propri freaks) con le loro domande, la loro curiosità "pericolosa". E mentre si omaggia tutto un universo cinematografico tanto caro al regista di Edward Mani di Forbice, dall' horror (i classici come Frankestein e La Moglie di Frankenstein) fino alla fantascienza (i kaiju-eiga giapponesi), si racconta la storia commovente di un amicizia talmente profonda da travalicare i confini della vita e della morte. Se è particolarmente stimolante vedere la casa che ha dato i natali a Mickey Mouse & Co. impegnata in un film con tematiche così particolari e con un continuo richiamo grafico al gotico (ma il finale è quanto di più "disneyiano" si possa immaginare), lo è altrettanto vedere un Tim Burton ritagliarsi il suo spazio, trasformare il giovane Victor nel suo alter ego (splendido il gioco metacinematografico ad inizio film), il diverso che vive delle, e nelle, sue passioni, le ama e le tiene vive a dispetto di tutti coloro che non possono o non vogliono capirle. 

2 comments:

Weltall said...

@Pupottina: secondo me è Tim Burton al 100%! Da vedere assolutamente!

Alessandro G. Fuso said...

Tornando alle origini del suo cinema Tim Burton è riuscito finalmente a regalarci un'opera da annoverare tra i suoi lavori più riusciti.
Un film bellissimo, sotto ogni punto di vista.

Ti aspetto sul mio blog!

Un saluto!