Eric Packer, ventottenne multimiliardario, decide di attraversare da parte a parte una New York paralizzata dalla visita del Presidente degli Stati Uniti per andare dal vecchio barbiere di famiglia a farsi aggiustare il taglio. All' interno della sua Limousine ultra tecnologica, blindata ed insonorizzata, il giovane affronterà una personale Odissea mentre dai finestrini scorrono le immagini della fine del mondo capitalista. Sembra che, con Cosmopolis di DeLillo, Cronenberg abbia trovato nuovamente materia malleabile dalla quale far riemergere le sue ossessioni, a partire da un protagonista che pare un ibrido partorito dalle pulsioni sessuali carne/metallo di Crash, che di umano ha solo un corpo che svolge tutto le sue funzioni, partendo proprio da quelle basilari fisiologiche, all' interno di una autovettura/incubatrice che lo isola dall' esterno ma che non può impedire che dall' interno avvenga la trasformazione che lo preparerà al confronto con il suo destino. Eric è l' incarnazione stessa del capitalismo e tutto nella sua esistenza ruota intorno alla monetizzazione ed all' ossessione per il controllo: dal tempo, ridotto e sfruttato in particelle infinitesimali, al matrimonio, dall' arte fino al proprio corpo. Tutto si regge però sulla gigantesca illusione di poter ricondurre ogni cosa a schemi prevedibili, economici e non solo, ma incapaci di elaborare nei loro processi l' anomalia, l' imprevedibile (la crescita dello Yuen, la morte di un rapper per cause naturali, la prostata asimmetrica). Un' illusione tanto simile a quella di cui furono vittima i mercati finanziari a i tempi della così detta "New Economy" e assimilabile anche alla grande crisi economica cominciata nel 2008. Da qui il grande peso profetico del libro di DeLillo che Cronenberg porta sullo schermo mantenendo per i dialoghi, che Eric intrattiene con le persone che incontra nel suo percorso, una precisione quasi sillabica, riversando sullo spettatore un fiume di parole che pare incontrollato, senza senso e logica eppure il suo esatto contrario allo stesso tempo. Coraggiosa e parzialmente ricompensata, la scelta di Robert Pattinson nel ruolo del protagonista anche se è impossibile non notare l' abisso che lo separa dai suoi colleghi, come emerge dal confronto finale con un perfetto Paul Giamatti.
Recensione già pubblicata su CINE20.
1 comment:
non l'ho visto.
ovviamente Pattinson ha ancora molto da imparare, anche se è lanciatissimo e famoso più di altri
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