...ci lasciamo alle spalle un anno pesante e grosso modo negativo, iniziato in salita della quale ancora non si vede la relativa discesa. Ma siamo ancora qua, positivi nell' animo e pronti a ripartire carichi e motivati. Il giusto spirito con il quale desidero spingere anche WELTALL'S WOR(L)D per i prossimi 12 mesi a venire. Non resta quindi che augurarvi un
Far over the Misty Mountains rise Leave us standing upon the heights What was before, we see once more Our kingdom a distant light Fiery mountain beneath the moon The words unspoken, we’ll be there soon For home a song that echoes on And all who find us will know the tune Some folk we never forget Some kind we never forgive Haven’t seen the back of us yet We’ll fight as long as we live All eyes on the hidden door To the Lonely Mountain borne We’ll ride in the gathering storm Until we get our long-forgotten gold We lay under the Misty Mountains cold In slumbers deep and dreams of gold We must awake, our lives to make And in the darkness a torch we hold From long ago when lanterns burned Till this day our hearts have yearned Her fate unknown the Arkenstone What was stolen must be returned We must awake and make the day To find a song for heart and soul Some folk we never forget Some kind we never forgive Haven’t seen the end of it yet We’ll fight as long as we live All eyes on the hidden door To the Lonely Mountain borne We’ll ride in the gathering storm Until we get our long-forgotten gold Far away from Misty Mountains cold.
Una volta entrati in contatto con il potere dell' Unico Anello, l' unica cosa che rimane da fare è dirigersi ai Porti Grigi per lasciare la Terra di Mezzo. Ed un po' come per i personaggi di Tolkien, anche per Peter Jackson deve essere stato lo stesso alla fine del colossale lavoro per portare sul grande schermo la trilogia de Il Signore degli Anelli, la necessità di prenderne le distanze e dedicarsi ad altro, smentendo a più riprese la sua intenzione di dedicarsi alla trasposizione de Lo Hobbit. Dopo due film personalissimi però (King Kong e Amabili Resti) la possibilità di prendere in mano le redini di un progetto tanto atteso dai fan si sono fatte molto più concrete e, insieme al suo collaudato team creativo, il regista neozelandese ha messo in moto la sua macchina produttiva trovando in Guillermo Del Toro l' uomo giusto da mettere dietro la macchina da presa per le due pellicole previste nelle quali si sarebbero dovute dividere le gesta di Bilbo, Gandalf e i nani. Poi tutto cambia: Del Toro abbandona la produzione e, per non far naufragare il tutto, Peter Jackson fa marcia indietro e si fa carico della regia. Tutti tirano un sospiro di sollievo. I film da due diventano tre. Tutti, sentendo puzza di mera operazione commerciale, storcono il naso. Con delle premesse così rimaneva sempre un sospeso timore di trovarsi di fronte a qualcosa di non voluto, di sbagliato. Qualcosa che potesse in qualche modo intaccare la figura di un autore le cui visioni e passioni l' hanno portato a rischiare tutto, anche la salute. Considerazioni di questo tipo hanno portano anche a sottovalutare Peter Jackson e non si potreva fare davvero cosa più sbagliata. Il motivo è presto detto: Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato è davvero un bel film che alterna momenti dal grande respiro epico ad altri che sembrano attingere direttamente a quelle atmosfere da favola che si respirano nel libro di Tolkien. E a tal proposito bisogna chiarire bene una cosa: questo non è, così come Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit di Tolkien. Questo è Lo Hobbit di Peter Jackson. E' una cosa banale ma che si fa in fretta a dimenticare rischiando di perdere parte del fascino dell' opera cercando le differenze con la carta stampata. Jackson si prende le sue (grosse) libertà con lo scopo di creare un' opera di grande respiro che si integri perfettamente con la trilogia precedente e non lo fa con delle "invenzioni" fini a se stesse ma, da fino conoscitore del lavoro tolkeniano, pesca a piene mani dalla sua mitologia con la precisione di un cultore e non con la mera avidità di uno sciacallo. Ne risulta un film curato nel dettaglio con una precisione maniacale, nel quale si cerca il giusto compromesso tra la componente narrativa e la spettacolarità nella quale Peter Jackson può finalmente dare sfogo a tutto il suo talento (arrivando ad autocitarsi un paio di volte) anche se, a sequenze grandiose come l' attacco di Smaug a Ereborn o la battaglia alle porte di Moria, quella che più risalta e il gioco ad enigmi che il protagonista Bilbo (un grande Martin Freeman) intavola con Gollum per aver salva la vita. Nonostante le ottime sensazioni ricevute portino a sbilanciarsi, è necessario però trattenere il proprio giudizio il più possibile in quanto Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato è solo la prima parte di un progetto che potremo definire concluso, e quindi valutabile nel suo complesso, solo nel 2014. Per il momento il viaggio è cominciato sul giusto sentiero. Recensione già pubblicata su CINE20.
E si, perchè qui si chiude per un paio di giorni, giusto il tempo di festeggiare il Natale in famiglia e poi si riprende proprio con la recensione del nuovo film di Peter Jackson (se non volete aspettare potete già leggerla qui) e altre cosette. Nel frattempo non posso che lasciarvi i miei migliori auguri
C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour C'est long et c'est court Ça dure toujours On s'en souvient On se dit qu'à vingt ans On est le roi du monde Et qu'éternellement Il y aura dans nos yeux Tout le ciel bleu C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour Ça vous met au cur Beaucoup de chaleur Et de bonheur Un beau jour c'est l'amour Et le cur bat plus vite Car la vie suit son cours Et l'on est tout heureux D'être amoureux C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour C'est long et c'est court Ça dure toujours On s'en souvient
Puntata natalizia, il che significa un bel riassunto delle uscite delle prossime settimane curato da me e da Kusa che per le feste non staremo certo attaccati al PC (ma vi vogliamo bene uguale). Ne risulta che le cose migliori da andare a vedere assolutamente sembrano essere il nuovo di Ang Lee, Vita di Pi, e The Master di Paul Thomas Anderson. Ci sono altre cosine interessanti ma scopritele da voi. Ma c'è anche la non certo inaspettata recensione de Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato, il ritorno in gran forma di Peter Jackson nella Terra di Mezzo. Volete fare u bel regalo per Natale? Esce Ribelle in Bluray. Online qui. Insieme ai nostri migliori auguri.
Anche volendo escludere l' importanza storica e sociale di una figura come il Maestro Ip, il successo commerciale del film a lui dedicato, Ip Man, è da ricercarsi soprattutto nella formula studiata in fase di produzione: un budget consistente, un ottimo cast tecnico e artistico ed un' attenzione particolare al lato puramente spettacolare del progetto, quello che riguarda le arti marziali. Con una base così, ma soprattutto con una storyline concentrata unicamente negli anni dell' invasione giapponese, non era difficile aspettarsi un seguito che arriva puntualmente con l 'aggiunta di un "2" al titolo originale e si concentra nel primo periodo in cui il Maestro si trasferì ad Hong Kong con la famiglia, per sfamare la quale inizia ad insegnare il Wing Chun entrando però in contrasto con i maestri delle altre scuole di kung fu e con i colonizzatori inglesi. "Squadra che vince non si cambia" ed ecco quindi Wilson Yip ancora saldamente al timone della regia, Donnie Yen nei panni di Ip Man e Sammo Hung, che nel precedente capitolo si era occupato esclusivamente dell' aspetto coreografico, questa volta interpreta anche il Maestro Hong, amico/rivale di Ip. L' incontro tra due pilastri del cinema d' arti marziali di Hong Kong ha fatto, fin dal trailer, da traino al film ma ha anche dato vita ad una delle sequenze di combattimento più belle ed esaltanti degli ultimi anni diventando, nonostante si violino una o due leggi della fisica, l' immagine stessa di questo seguito. Lo stesso non si può dire di quelle che vedono i due maestri confrontarsi con un campione di box inglese, per il semplice motivo che, tale confronto, mette in luce gli stessi limiti del film precedete forse in maniera anche più evidente. Edmond Wong, parte di quel team vincente di cui si parlava prima, scrive la sceneggiatura anche di questo seguito e con il minino sforzo possibile ricalca, con le dovute ed ovvie differenze, lo schema narrativo del precedente dove al posto degli invasori giapponesi troviamo gli inglesi. Lo scontro fisico tra kung fu e pugilato si configura quindi, ancora una volta, come uno scontro culturale, oriente contro occidente, anche se il ritratto che si fa dei sudditi di Sua Meastà risulta essere esageratamente macchiettistico. Non è un caso infatti che il film sia stato definito ironicamente un remake di Rocky IV, dove al posto degli spettri della Guerra Fredda troviamo il colonialismo, e anche se Ip Man 2 non raggiunge le vette kitsch del film di Stallone tanta superficialità e leggerezza fanno pensare ad un progetto quasi anacronistico. Ciò non di meno parliamo comunque di un gran film di arti marziali, minato da una scrittura che mira a compiacere (fin troppo) il pubblico cinese ma che non gli impedisce di riconfermare gli ottimi risultati di botteghino, piazzandosi però diversi passi indietro rispetto ad Ip Man. Recensione già pubblicata su i-filmsonline.
In una delle isole sulle coste del New England, una coppia di dodicenni, Sam e Suzie, si conoscono ad una recita, diventano amici di penna ed organizzano insieme una fuga. E' il 1965 e una delle più imponenti tempeste del secolo si sta per abbattere sull 'arcipelago. "Rassicurante". Questo è uno degli aggettivi che meglio descrive il cinema di Wes Anderson, isola felice collocata su coordinate conosciute, ricca di punti di riferimento confortanti e riconoscibili. Un cinema che forse ripete se stesso ma che cresce e si arricchisce ad ogni sua tappa. Un cinema di grandi nomi ma dall' anima incorruttibile ed indipendente. E' proprio per questi motivi che fin dai primi minuti di Moonrise Kingdom si ha la sensazione di essere tornati in un posto conosciuto eppure totalmente nuovo: la costruzione precisa, calcolata eppure così naturale, di ogni quadro e di ogni set, le carrellate, la palette di colori, la musica, i divi di Hollywood che scompaiono dietro i personaggi che interpretano, giovani esordienti che sembrano quasi attori navigati. Ed in mezzo a tutto questo si racconta, con i soliti toni da favola "andersoniana", accompagnato nella stesura della sceneggiatura dal figlio d' arte Roman Coppola, una delicata ed innocente storia d' amore raccontata dal colpo di fulmine alla fuga, reale e metaforica, di due preadolescenti, problematici ma estremamente maturi, da un mondo di adulti totalmente inadeguati al loro ruolo, elemento quest' ultimo che ritorna costantemente nel cinema del buon Wes, spesso caratterizzato da figure paterne mancate o fallimentari. Per accompagnarci in questo nostalgico viaggio nel tempo alla (ri)scoperta dell' innamoramento nella sua forma forse più universale, il regista americano si affida a "collaboratori" fidati come Bill Murray o Jason Swartzman arricchendo le sue scuderie con nomi del calibro di Frances McDormand, Tilda Swinton, Bruce Willis, Edward Norton (al suo ruolo migliore da anni) senza dimenticare i giovanissimi e semplicemente perfetti Jared Gilman e Kara Hayward nei panni di Sam e Suzie rispettivamente. Moonrise Kingdom si rivela così l 'ennesimo gioiello firmato Anderson diventando parte integrante di un universo cinematografico che non ha eguali, luogo magico come una spiaggia senza nome rifugio di due innamorati. Recensione già pubblicata su CINE20.
Once there was this kid who Got into an accident and couldn't come to school But when he finally came back His hair had turned from black into bright white He said that it was from when The cars had smashed him so hard Mmm Mmm Mmm Mmm Once there was this girl who Wouldn't go and change with the girls in the change room But when they finally made her They saw birthmarks all over her body She couldn't quite explain it They'd always just been there Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm
But both the girl and boy were glad Cause one kid had it worse than that Cause then there was this boy whose Parents made him come directly home right after school And when they went to their church They shook and lurched all over the church floor He couldn't quite explain it They'd always just gone there Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm
Inutile dirlo, la settantanovesima puntata di CINE20 è sotto il segno di Peter Jackson e del suo Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato, primo di una nuova trilogia che ci porterà nuovamente nella Terra di Mezzo. Ma oltre alle news curate dal buon Kusangi trovate la mia dichiarazione d' amore al cinema di Wes Anderson che qualcuno potrebbe anche chiamare "recensione di Moonrise Kingdom". Nei negozi arrivano il bellissimo La Collina dei Papaveri e la bomba I Mercenari 2. Correte a leggerci, senza indugi, qui.
Dopo essersi confrontato con il monumentale romanzo di Cormack McCarty, The Road, finendo forse schiacciato dal peso di un testo non facilissimo da trasporre sul grande schermo, John Hillcoat torna con un nuovo film ancora una volta tratto da un opera letteraria "La Contea Più Fradicia del Mondo" di Matt Bondurant. Ambientato nella contea di Franklin in Louisiana durante il proibizionismo alla fine degli anni '30, la storia racconta delle vicende realmente accadute riguardanti i fratelli Bondurant, parenti dell' autore, produttori e distributori di alcolici con il beneplacito delle forze dell' ordine locali. Tutto cambia quando un nuovo procuratore distrettuale decide di entrare nel giro portandosi dietro un ambiguo e spietato vice-sceriffo. Con un background così affascinante, già abbondantemente utilizzato in ambito cinematografico, ci si aspettava che Lawless imboccasse una strada precisa cosa che, con gran sorpresa ed una pizzico di disappunto non succede, anzi. Il film di John Hillcoat si ferma esattamente a metà, tra il più classico film di gangster ed il western. Rimane li, immobile, forse per l' incapacità del regista di dargli un' impronta decisa e riconoscibile. Si limita, a conti fatti, a svolgere il compito che gli viene assegnato senza che da questo emergano elementi che imprimano nella memoria questa o quella sequenza specifica, se si esclude una certa esplicitazione della violenza, spesso e volentieri insistita e dettagliata. Ma al di la di questi elementi, che possono far pensare a Lawless come ad un film piatto e trascurabile, vanno segnalate le cose che invece funzionano a dovere: tanto per cominciare la particolarità della ambientazione, che racconta il proibizionismo vissuto lontano dalle grandi città, in quelle piccole realtà di provincia dove era più facile nascondere le distillerie illegali e dove la violenza era prerogativa della Legge quanto del crimine. C'è poi una scrittura per lo schermo, parecchio azzeccata nei tempi, che rende la progressione narrativa incalzante e priva di letali momenti di stanca. Ultima, ma forse anche più importante, l' apporto dato dall' ottimo cast presente, partendo da un Gary Oldman po' troppo sacrificato a l' ennesima interpretazione "fisica" di Tom Hardy, dalla bella Jessica Castain fino ad un Guy Pierce trasformato in un villain cattivissimo e dall 'aspetto davvero inquietante. Recensione già pubblicata su CINE20.
Underneath the bridge The tarp has sprung a leak And the animals I've trapped Have all become my pets And I'm living off of grass And the drippings from the ceiling But it's ok to eat fish Cause they don't have any feelings Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Underneath the bridge The tarp has sprung a leak And the animals I've trapped Have all become my pets And I'm living off of grass And the drippings from the ceiling But it's ok to eat fish Cause they don't have any feelings Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm
Per questa settantottesima puntata, la recensione di Lawless di John Hillcoat è accompagnata dalle uscite settimanali con l' arrivo in sala del nuovo film di Wes Anderson, Moonrise Kingdom, e quello della coppia Dayton/Faris, Ruby Sparks. Ricche le uscite per il mercato home video dove si segnalano la Director's Cut di C'era una Volta in America, Il Cavaliere oscuro - Il Ritorno e Cosmopolis. Tutto questo, a portata di click, qui.
Con una carriera abbastanza lunga e ricca, cominciata prima come sceneggiatore e poi passato alla regia, David Ayer si è concentrato nel raccontare il microcosmo urbano che si agita nei quartieri più "difficili" di Los Angeles, quelli delle minoranze afroamericane e messicane, i così detti ghetti dove ogni giorno è una guerra. Le forze dell' ordine hanno sempre un ruolo importante in questa giungla e Ayer le ha sempre tratteggiate al limite con la legalità come se fosse impossibile non sporcarsi le mani una volta che ci si è addentrati abbastanza in profondità in questo mondo. Basti pensare al poliziotto corrotto di Training Day o al reduce ossessionato dal voler entrare nel corpo di polizia di Harsh Times. Diversa invece è l' immagine dei protagonisti della sua ultima fatica, End of Watch, due poliziotti a tutto tondo fieri della divisa che portano e del loro ruolo nella società. Il primo impatto con il film è come una deflagrazione presa in pieno volto: un inseguimento in auto serratissimo, seguito dalla telecamere installata nella vettura della polizia, che finisce in una violenta sparatoria. Ci ritroviamo poi negli spogliatoi del distretto di polizia dove, armati di telecamera, i due protagonisti presentano brevemente se stessi, il loro ruolo, il loro equipaggiamento, con una devozione e precisione che rasenta il fanatismo. In pochi minuti insomma, il regista mette sul piatto gli ingredienti per un poliziesco nudo e crudo utilizzando, in maniera quasi inedita per il genere, l' espediente delle riprese in soggettiva. Ma con la stessa rapidità con la quale pone queste solidissime basi, altrettanto rapidamente le demolisce quando i punti di vista si moltiplicano esponenzialmente ed, oltre a quello dei due poliziotti, c'è anche quello dei criminali più una regia esterna (quella "ufficiale" di Ayer) a fare da collante. Rispetto ad una totale immersione nella vita di due poliziotti di pattuglia ci troviamo invece alle prese con film che si rivela piuttosto canonico, la cui regia ibrida non convince perchè rappresenta quasi una scelta dettata da una mancanza di coraggio nel condurre il progetto su di una strada ben precisa. Fortunatamente molta cura è stata riservata nel delineare i personaggi di Jake Gyllenhall e Michael Pena che, complici anche le loro ottime interpretazioni, riescono a rendere credibile il legame quasi fraterno che si instaura tra due uomini che rischiano la vita sulle strade ogni giorno. Non si può dire altrettanto della controparte, gli spietati membri ella gang messicana, personaggi troppo caricati da risultare addirittura sopra le righe, quasi delle macchiette. Fintanto che rimaniamo addosso (letteralmente, visto che portano due microcamere sulla divisa) ai due protagonisti, o all' interno dell' abitacolo della loro auto di servizio, End of Watch funziona alla grande. Quando la visuale si allarga su altri fronti (vita privata o, come si diceva, sottobosco criminale) il film perde la sua forza e si accosta a tante altre pellicole di genere adagiandosi su scelte narrative poco brillanti e che sanno di scontato e di già visto. Recensione già pubblicata su CINE20.
I heard you crying loud, All the way across town You've been searching for that someone, And it's me out on the prowl As you sit around feeling sorry for yourself Well, don't get lonely now And dry your whining eyes I'm just roaming for the moment Sleazin' my back yard so don't get so uptight You been thinking about ditching me No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around I heard it all before So don't knock down my door I'm a loser and a user so I don't need no accuser To try and flag me down because I know you're right So go do what you like Make sure you do it wise You may find out that your self-doubt means nothing was ever there You can't go forcing something if it's just not right No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around When I come around When I come around When I come around
Abbiamo visto per voi End of Watch, il nuovo film di David Ayer che parte come un POV ma poi si rivela altro, finendo per non mantenere ciò che promette. Il buon Kusanagi invece ci illustra in maniera approfondita le numerose uscite della settimana, tante trascurabili, ma tra le quali ci sentiamo di segnalare Le 5 Leggende, nuovo film d' animazione targato Dreamworks, e Lawless di John Hillcoat. Interessante anche la sezione home video che vede l' uscita, in dvd e bluray, del piacevole esordio di Ami Canaan Mann, Le Paludi della Morte, e la riedizione de La Conversazione di Francis Ford Coppola. Tanta roba insomma, che trovate come al solito seguendo il link qui.
Dopo Non Ti Muovere e La Bellezza del Somaro, la collaborazione artistica e professionale tra i coniugi Margaret Mazzantini e Sergio Castellitto si "arricchisce" con Venuto al Mondo, trasposizione cinematografica dell' omonimo romanzo della stessa Mazzantini. Quella di Venuto al Mondo è una storia fortemente drammatica che ruota intorno a Gemma, italiana che si reca in Jugoslavia per ragioni di studio, e Diego, giovane fotografo americano. Tra i due scocca subito la proverbiale scintilla alimentata da un desiderio di famiglia condiviso da entrambi ma maledetto dalla sterilità di lei. Il loro profondo legame inizia e finisce a Sarajevo, con la guerra e tutti i suoi orrori nel mezzo, ma la storia comincia a Roma quando Gemma riceve una telefonata da un vecchio amico per recarsi a Sarajevo per partecipare ad una mostra fotografica degli scatti di Diego. Per la donna diventa l' occasione per un tuffo nel passato e per far conoscere al figlio adolescente le sue origini. Raccontare per immagini la complessità dei rapporti e dei sentimenti non è cosa facile. Ancor di più se questi sono legati in maniera indissolubile con una guerra scoppiata a due passi da Casa nostra e le cui ferite non sono certo completamente rimarginate. Bisogna rendere merito a Castellitto di averci almeno provato e di esserci perfino riuscito in un paio di occasioni ma nel complesso il suo è un film che risulta oltremodo artificiale, sia per la necessità di doppiare in italiano attori stranieri (bravi, sia la Cruz che Emil Hirsch) che recitano però nella nostra lingua, sia per l' incapacità di "tradurre" adeguatamente i tempi della pagina scritta con quelli filmici. Ne risulta un film frammentario, slegato, del quale è difficile afferrare il filo conduttore narrativo ed allo stesso tempo lasciarsi coinvolgere dalla storia e dai loro sfortunati protagonisti. E' un qualcosa che si nota molto nella prima parte del film, ma anche nella seconda spuntano fuori episodi isolati difficili da contestualizzare (la partita di calcio). Solo alla fine Castellitto cerca il raccordo, unisce i puntini con una sequenza molto dura ma la cui forza (sopratutto emozionale) è smorzata da un film che si trascina stancamente e mette in bella mostra le brutalità della guerra come se fossero Jolly appena pescati che ti salvano la partita. Ma non ci si salva però dal vuoto che rimane dopo la visione di un film che le cui potenzialità emergono a sprazzi ma che rimangono soffocate da una forma imperfetta (sbagliata?) che tiene distanti. Troppo distanti. Recensione già pubblicata su CINE20.
A long ass fuckin' time ago, In a town called Kickapoo, There lived a humble family Religious through and through. But yea there was a black sheep, And he knew just what to do. His name was young J.B. And he refused to step in-line. A vision he did see of Fucking rocking all the time. He wrote a tasty jam And all the planets did align. Oh the dragon's balls were blazin' As I stepped into his cave. Then I sliced his fuckin' cockles, With a long and shiny blade! Twas I who fucked the dragon, Fuckalizing fuckaloo! And if you try to fuck with me, Then I shall fuck you too! Gotta get it on in the party zone! I gots to shoot a load in the party zone! Gotta lick a toad in a party zone! Gotta suck a chode in the party zone! You've disobeyed my orders son, Why were you ever born? Your brother's ten times better than you, Jesus loves him more. This music that you play for us Comes from the depths of hell. Rock and roll's the devil's work, He wants you to rebel. You'll become a mindless puppet; Beelzebub will pull the strings! Your heart will lose direction, And chaos it will bring. You'd better shut your mouth, You better watch your tone! You're grounded for a week with no telephone! Don't let me hear you cry, Don't let me hear you moan! You gotta praise The Lord when you're in my home! Dio can you hear me? I am lost and so alone... I'm askin' for your guidance, Won't you come down from your throne? I need a tight compadre Who will teach me how to rock. My Father thinks you're evil, But man, he can suck a cock. Rock is not the devil's work, It's magical and rad. I'll never rock as long as I am Stuck here with my Dad... I hear you brave young Jables, You are hungry for the rock. But to learn the ancient method, Sacred doors you must unlock. Escape your father's clutches, On this oppressive neighborhood. On a journey you must go, To find the land of Hollywood! In The City of Fallen Angels, Where the ocean meets the sand, You will form a strong alliance, And the world's most awesome band! To find your fame and fortune, Through the valley you must walk. You will face your inner demons. Now go my son and rock! So he bailed from fuckin' Kickapoo With hunger in his heart. And he journeyed far and wide To find the secrets of his art. But in the end he knew That he would find his counterpart. Rooooock! Rah-ha-ha-ha-hock. Raye-yayayayaye-yock.
"Dai fiducia al cinema italiano" mi dicevano. "Non essere sempre prevenuto" mi dicevano. Volete sapere come quella fiducia è stata ricambiata? Venite a leggere la recensione su Venuto al Mondo di Castellitto allora! Ed in più trovate tutte le uscite in sala, anche questa settimana non particolarmente invitanti a meno che non vogliate buttarvi su qualche titolo nostrano (incluso il Dracula 3D di Argento) o Paranormal Activity 4. E' l' home video a riservare grosse sorprese invece con la riedizione de Il Grande Lebowski e l' uscita (finalmente) de I Ragazzi della 56^ Strada di Coppola. Online qui. Olè.
Argo è il nome di un copione che girò per anni nella mani di diversi produttori hollywoodiani fino a capitare, grazie anche all' interessamento del premio Oscar per il trucco de "Il Pianeta delle Scimmie" John Chambers, in quelle di Lester Siegel che mise insieme i capitali ma il film alla fine non si fece mai. Il motivo è rimasto un mistero per tantissimi anni. Questo perchè Argo è anche il nome di un' operazione della CIA classificata fino alla presidenza Clinton, messa in piedi dall' agente Tony Mendez, esperto in estrazione di cittadini americani da territori ostili, per mettere in salvo sei membri dell' ambasciata statunitense a Theran rimasti coinvolti nei moti rivoluzionari iraniani del 1979 e accolti in casa dell' ambasciatore canadese. L' idea di Mendez, assurda, folle, ma semplice allo stesso tempo, era quella di far passare se stesso ed i sei civili come una troupe di Hollywood impegnata nel trovare location adatte per un film sci-fi, Argo appunto. Ma è anche il titolo del terzo film da regista di Ben Affleck, uno che la faccia di legno non gli ha impedito di dimostrare le sue capacità dietro la macchina da presa o nello scegliere attentamente le sceneggiature da portare sullo schermo. Argo è una pellicola americana fino al midollo, lambisce il patriottismo prima che diventi esageratamente ostentato e non è un film politico nonostante racconti gli eventi che seguirono il 4 novembre del '79 da un punto di vista principalmente di parte, non apertamente schierato ma di certo non completamente obiettivo. Ci si schiera invece dalla parte degli ostaggi e dalla parte del cinema soprattutto. Perchè il nuovo film di Affleck è un omaggio al cinema ma anche celebrazione della grande illusione della settima arte in un particolare momento storico in cui pellicole come Star Wars avevano sdoganato completamente il genere fantascientifico relegato fino a quel momento ad un pubblico di nicchia. Tutto sembrava possibile anche, e perché no, usare la suggestione del nuovo cinema di Hollywood per ingannare perfino la rivoluzione. In Argo avviene la messa in scena di una messa in scena, la duplicazione, fuori e dentro lo schermo, dei meccanismi di produzione cinematografica, tanto che il cinema è la lente unica attraverso la quale osservare la Storia, come in Bastardi Senza Gloria ma senza riscriverla, magari drammatizzarla o commentarla con il disincanto di un vecchio produttore di Hollywood "John Wayne se ne è andato da sei mesi e questo è quello che resta dell'America". Recensione già pubblicata su CINE20.
This is the end Hold your breath and count to ten Feel the earth move and then Hear my heart burst again For this is the end I’ve drowned and dreamt this moment So overdue I owe them Swept away, I’m stolen Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together At skyfall At skyfall Skyfall is where we start A thousand miles and poles apart Where worlds collide and days are dark You may have my number, you can take my name But you’ll never have my heart Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together At skyfall (Let the sky fall When it crumbles We will stand tall)
(Let the sky fall When it crumbles We will stand tall)
Where you go I go What you see I see I know I’d never be me Without the security Of your loving arms Keeping me from harm Put your hand in my hand And we’ll stand Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together Let the sky fall When it crumbles We will stand tall Face it all together At skyfall Let the sky fall We will stand tall At skyfall
Settimana fiacca questa. Troppe uscite in sala poco stimolanti se si esclude 7 Psicopatici. Ce ne parla in maniera approfondita l' amico Kusanagi mentre appare ovvio recuperare qualcosa dalle settimane precedenti. Come Argo ad esempio, che riconferma il talento di Ben Affleck dietro la macchina da presa. E' tutto già online, qui.
A distanza di quasi sei anni dall' esordio con "I Racconti di Terramare", Goro Miyazaki ritorna con il suo nuovo lungometraggio animato. Molto più compiuto ed importante del precedente, La Collina dei Papaveri diventa subito occasione quanto mai perfetta per confermare le capacità di un regista destinato, e non solo per il nome che porta, a diventare una delle colonne portanti dello Studio Ghibli. A voler quasi sottolineare l' intenzione di non mettersi pedissequamente sulle orme del padre Hayao, Goro si allontana dai territori del fantasy per raccontare il Giappone degli anni '60: i mondi immaginati dalla scrittrice Ursula Le Guin cedono il passo alla quotidianità della vita di provincia a Yokohama e alla caoticità di una Tokyo pronta a diventare la metropoli che oggi conosciamo. Tratto dal racconto originale di Tetsuro Sayama ed adattato per lo schermo dallo stesso Hayao Miyazaki, La Collina dei Papaveri racconta la storia di due liceali, Umi e Shun, i cui destini si incrociano per puro caso e con la stessa casualità finiscono per trovare l' amore l' uno nell' altra. Ma sul loro innocente sentimento grava il passato dei loro genitori legato a doppio filo con la fin troppo recente guerra di Corea. Sullo sfondo della loro storia, si agita la lotta dei compagni di liceo per salvare il "Quartiere Latino", antico edificio sede dei club della scuola e destinato ad essere demolito per lasciare spazio a nuove costruzioni. Ad un anno dalle Olimpiadi di Tokyo del '64, il Giappone si prepara a voltare pagina incurante di un futuro che incombe come un reset storico e culturale inaccettabile. Tanto Umi e Shun, quanto il Quartiere Latino, rappresentano la memoria storica di una Nazione, un lascito per il futuro che impone la necessita di preservare il passato e portarlo avanti, anche quando si mostra con il suo volto più scomodo e doloroso, non come un fardello ma come un' eredità da tramandare per costruire il domani su basi solide. Molto più che ricercare ne La Collina dei Papaveri quel passaggio di testimone "artistico" che condizionò molti giudizi all' uscita del film precedente, è particolarmente stimolante leggere in questa nuova fatica di Goro, classe 1967, l' intenzione di tramandare, da padre a figlio, qualcosa di più importante, l' eco mai spenta di una generazione che ha visto con i propri occhi i due volti del proprio Paese in un momento storico fondamentale. Il cinema (d' animazione, nel caso specifico) è il mezzo ideale per farlo perche è un linguaggio che la famiglia Miyazaki conosce bene. Con il quale racconta la poesia nei dei più piccoli dettagli. Con il quale fa emergere l’ aspetto magico anche nell' ordinario. Con il quale parla al cuore prima che alla testa. Recensione già pubblicata su i-filmsonline.
Anche per il "nuovo" 007 è arrivato il momento di mettere un punto fermo a definire quella che, almeno per il momento, è una trilogia la cui gestazione, nel complesso, è stata lunga e travagliata: partendo da Casino Royale e la scelta di affidare il ruolo della spia più famosa la mondo a Daniel Craig, criticato con grosso pregiudizio e poi rivelatosi uno dei migliori interpreti del personaggio. O con il suo seguito, Quantum Of Solace, film che prendeva le distanze in maniera più netta dal classico Bond movie cercando riparo in dimensioni di genere che forse non gli appartenevano e che gli riservarono una bocciatura quasi unanime ma non completamente condivisibile. Arrivando fino a Skyfall, quattro anni dopo, con il quasi fallimento della MGM, lo spettro del naufragio del progetto e dell' intero franchise. Ma le difficoltà e l'attesa non sono state vane considerato che ci troviamo di fronte un grandissimo film di Bond, il punto più alto del ciclo "Craig" e forse uno dei migliori in assoluto tra i ventitre che compongono la storica saga. Un risultato ottenuto da una combinazione quasi perfetta di elementi, non ultimi la necessità di proseguire con la ridefinizione in chiave moderna dell' universo bondiano senza mai voltare le spalle ad un passato impresso a fuoco nell' immaginario cinematografico di tanti e che riemerge attraverso citazioni (la storica Aston Martin, il sedile eiettabile ecc.) inserite con un gran senso dell' ironia: "Cosa si aspettava? Una penna esplosiva?" incalza Q mentre consegna a Bond una pistola ed una radio come unica dotazione, un modo per porre l' accento sul percorso intrapreso per far emergere l' uomo dietro la leggenda, una figura ricca di sfaccettature e tutt' altro che invincibile. Un processo che tocca un po' tutti personaggi, messi faccia a faccia con degli ingombranti scheletri nell' armadio incarnati in un Javier Bardem, villain perfetto, ambiguo e vendicativo. Ma Skyfall non è solo una pellicola di (ottimi e credibili) personaggi. E' anche un grandissimo film d' azione, girato con un grande senso dei tempi e degli spazi da un regista, Sam Mendes, che si approccia al genere con quel tocco da "autore" che lo porta ad una ricerca della perfetta composizione del quadro (le sagome nere che lottano con le luci di Shangai sullo sfondo), coaudivato in questo da un direttore della fotografia del calibro di Roger Deakins. Insomma, il mito di James Bond rimane immutato ma si aggiorna ai tempi che stiamo vivendo, dove distinguere buoni è cattivi è sempre più difficile, dove gli eroi non sono senza macchia, dove è necessario cadere prima di potersi rialzare. E' questa la formula per rimanere giovani a cinquant' anni suonati.
La settantaquattresima puntata di CINE20 si apre all' insegna di Skyfall ed il buon Kusanagi ci spiega perchè ci troviamo di fronte ad uno dei migliori Bond movie a memoria cinefila. Anche le uscite in sala sono parecchio ricche e ci preme sottolineare l' uscita di Argo, nuovo film di Ben Affleck, il documentario La Nave Dolce di Daniele Vicari e (finalmente) La Ballata dell' Odio e dell' Amore di Alex De La Iglesia. Dopo la pausa della settimana scorsa anche in zona home video si muove qualcosa e si segnala l' uscita del (discusso/discutibile) The Amazing Spider-Man ma soprattutto dell ottimo Attack The Block. Leggeteci che è tutto online. Ma come "dove"? Qui.
TITOLO ORIGINALE: CALIFORNICATION TITOLO ITALIANO: CALIFORNICATION NUMERO EPISODI: 12
-TRAMA-
Per sfuggire ad una relazione finita male, Hank va via da New York e torna a Los Angeles dove, oltre all' ex moglie e alla figlia, lo aspetta n lavoro come sceneggiatore per un rapper che vuole sfondare nel mondo del cinema.
-COMMENTO-
Hank, Hank, Hank. Ti lasciamo mentre imbocchi la strada per la costa est in cerca del cambiamento, e ti ritroviamo in fuga dalla tua amata New York verso la tentatrice Los Angeles a causa dell' ennesima relazione finita male. Rispetto alla stagione precedente sono passati ben due anni, ma come si può notare fin dalla prima puntata, poco o nulla è cambiato nella sostanza. Per chi segue la serie dall' inizio la cosa non è certo una novità in quanto,ogni possibile "suggerimento"atto a stravolgere lo status quo (più che della serie, si intende quello del nostro Hank) si è sempre risolto con un ritorno alle consuetudini che sanno ormai di loop infinito tanto che, alla fine, si segue Californication con una spinta inerziale dovuta unicamente alla simpatia infinita che proviamo per il personaggio principale, sulle cui spalle gli sceneggiatori hanno poggiato il peso dell' intera serie. Infatti, se lasciamo da parte tutti i restanti personaggi, che si arrabattano per ritagliarsi un po' di luce sotto i riflettori, qualche accenno di cambiamento arriva proprio da Hank e attraverso Hank, in un tentativo di fargli raggiungere una sorta di maturità (come padre e come compagno) per la quale forse era davvero arrivato il momento. Però (e c'è un bel però) la season finale potrebbe castrare tutto questo portandoci, nella prossima stagione, punto e a capo come sempre. Ma fino a quando si può tirare avanti così? Bella domanda.
-DVD/BLURAY-
Ancora nessuan data per l' edizione Regione 2 inglese. Figuriamoci la nostra.
Difficile anche solo immaginare le responsabilità che gravano sopra i così detti "figli d'arte", soprattutto quando si trovano sottoposti ad un giudizio di pubblico e critica sempre in bilico tra una pregiudizievole diffidenza e ingannatrici aspettative. E tutto questo diventa ancora più problematico se sei il figlio di una leggenda vivente come Hayao Miyazaki. Così, nonostante fosse da tempo impegnato in settori diversi da quelli strettamente artistici dello Studio Ghibli, Goro Miyazaki si presenta da esordiente al Festival di Venezia del 2006 con il suo primo lungometraggio, I Racconti di Terramare, ricevendo un' accoglienza generalmente piuttosto fredda e, a distanza di anni, ancora difficilmente giustificabile.
Approfittando dell' imminente uscita (ma sarebbe meglio parlare di "evento unico") nelle sale de La Collina dei Papaveri, ho scritto una nuova recensione per i-filmsonline (la vecchia la potete leggere qui) del film d' esordio di Goro Miyazaki. A voi.
P.S.: al momento in cui pubblico questo post, è già online, sempre su i-filmsonline, la mia rece in anteprima su La Collina dei Papaveri. La trovate qui.
And I heard as it were the noise of thunder One of the four beasts saying come and see and I saw And behold a white horse There's a man going around taking names And he decides who to free and who to blame Everybody won't be treated all the same There'll be a golden ladder reaching down When the Man comes around The hairs on your arm will stand up At the terror in each sip and in each sup Will you partake of that last offered cup? Or disappear into the potter's ground When the Man comes around Hear the trumpets, hear the pipers One hundred million angels singing Multitudes are marching to the big kettledrum Voices calling, voices crying Some are born and some are dying It's Alpha and Omega's kingdom come And the whirlwind is in the thorn tree The virgins are all trimming their wicks The whirlwind is in the thorn tree It's hard for thee to kick against the pricks Till Armageddon no shalam, no shalom Then the father hen will call his chickens home The wise man will bow down before the throne And at His feet they'll cast their golden crowns When the Man comes around Whoever is unjust let him be unjust still Whoever is righteous let him be righteous still Whoever is filthy let him be filthy still Listen to the words long written down When the Man comes around Hear the trumpets, hear the pipers One hundred million angels singing Multitudes are marching to the big kettledrum Voices calling and voices crying Some are born and some are dying It's Alpha and Omega's kingdom come And the whirlwind is in the thorn tree The virgins are all trimming their wicks The whirlwind is in the thorn tree It's hard for thee to kick against the pricks In measured hundred weight and penney pound When the Man comes around. Close And I heard a voice in the midst of the four beasts And I looked and behold, a pale horse And his name that sat on him was Death And Hell followed with him.