Argo è il nome di un copione che girò per anni nella mani di diversi produttori hollywoodiani fino a capitare, grazie anche all' interessamento del premio Oscar per il trucco de "Il Pianeta delle Scimmie" John Chambers, in quelle di Lester Siegel che mise insieme i capitali ma il film alla fine non si fece mai. Il motivo è rimasto un mistero per tantissimi anni. Questo perchè Argo è anche il nome di un' operazione della CIA classificata fino alla presidenza Clinton, messa in piedi dall' agente Tony Mendez, esperto in estrazione di cittadini americani da territori ostili, per mettere in salvo sei membri dell' ambasciata statunitense a Theran rimasti coinvolti nei moti rivoluzionari iraniani del 1979 e accolti in casa dell' ambasciatore canadese. L' idea di Mendez, assurda, folle, ma semplice allo stesso tempo, era quella di far passare se stesso ed i sei civili come una troupe di Hollywood impegnata nel trovare location adatte per un film sci-fi, Argo appunto. Ma è anche il titolo del terzo film da regista di Ben Affleck, uno che la faccia di legno non gli ha impedito di dimostrare le sue capacità dietro la macchina da presa o nello scegliere attentamente le sceneggiature da portare sullo schermo. Argo è una pellicola americana fino al midollo, lambisce il patriottismo prima che diventi esageratamente ostentato e non è un film politico nonostante racconti gli eventi che seguirono il 4 novembre del '79 da un punto di vista principalmente di parte, non apertamente schierato ma di certo non completamente obiettivo. Ci si schiera invece dalla parte degli ostaggi e dalla parte del cinema soprattutto. Perchè il nuovo film di Affleck è un omaggio al cinema ma anche celebrazione della grande illusione della settima arte in un particolare momento storico in cui pellicole come Star Wars avevano sdoganato completamente il genere fantascientifico relegato fino a quel momento ad un pubblico di nicchia. Tutto sembrava possibile anche, e perché no, usare la suggestione del nuovo cinema di Hollywood per ingannare perfino la rivoluzione. In Argo avviene la messa in scena di una messa in scena, la duplicazione, fuori e dentro lo schermo, dei meccanismi di produzione cinematografica, tanto che il cinema è la lente unica attraverso la quale osservare la Storia, come in Bastardi Senza Gloria ma senza riscriverla, magari drammatizzarla o commentarla con il disincanto di un vecchio produttore di Hollywood "John Wayne se ne è andato da sei mesi e questo è quello che resta dell'America".
Recensione già pubblicata su CINE20.
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