Amici lettori, ma soprattutto amici cinequizzari, anche quest' anno WELTALL'S WOR(L)D sarà presente all' edizione 2011 del GioCoMix (che, lo ricordiamo, è la manifestazione 100% sarda dedicata al gioco, al fumetto e al Cosplay) con una versione assolutamente LIVE del Cinequiz che da due stagioni trovate su questo blog, leggermente rinnovata ed adattata per il pubblico ovviamente.
La manifestazione si svolgerà il 9 ed il 10 luglio (tutte le informazioni su luogo, orari e attività le trovate qui) ed il Cinequiz sarà esattamente il primo giorno, approssimativamente a partire dalle ore 14.
Vi aspetto, non dico altro ^__*
Thursday, June 30, 2011
Wednesday, June 29, 2011
6 GIORNI SULLA TERRA, tra "realscienza" e pessimo cinema
Secondo gli studi del Dott. Corrado Malanga, l' invasione della Terra da parte degli alieni starebbe andando avanti da millenni. Insomma, mentre il mondo dormiva a chiappe strette per paura delle sonde rettali e degli omini verdi, c'era chi studiava un fenomeno più assimilabile alla possessione demoniaca dove, entità aliene incorporee trovano casa nei corpi dei rapiti cibandosi di quell' energia meglio conosciuta come anima. Il regista Varo Venturi, sposate totalmente le teorie del Dott. Malanga, ha deciso di farci un film, 6 Giorni Sulla Terra, tenendo a precisare che, trattandosi di cose che ritiene "reali", la definizione "fantascienza" gli vada più che stretta. Difronte a dichiarazioni come questa è facile che nasca un senso di rifiuto verso il film, dovuto più ai peccati di presunzione del suo regista che ad altro. Perchè, alla fine, se ci si avvicina a questa pellicola parzialmente all' oscuro sui suoi retroscena (come il sottoscritto), 6 Giorni Sulla Terra pizzica delicatamente le corde della curiosità. Sarebbe oltremodo ingiusto, infine, giudicare il film per le strampalate idee alle quali Venturi decide di trarre ispirazione, anche se queste arrivano fino a supporre un gigantesco complotto che spingerebbe perfino Fox Mulder a rifuggiarsi in un angolo a piangere. Che importa se tirando le somme si riesce a cavarne fuori del buon cinema? Niente, ma il problema sta proprio qui. 6 Giorni Sulla Terra è un film orribile a prescindere, cinematograficamente tutto sbagliato: Varo Venturi, probabilmente sentendosi un po' Robert Rodriguez, dirige, scrive, collabora a fotografia e montaggio non azzeccandone mezza. La computer grafica ad inizio film è già un segnale funesto ma è proprio il risultato complessivo ad essere quasi imbarazzante e non possono essere i pochi mezzi a disposizione a fungere da scusante visto che su Youtube non è difficile trovare autoproduzioni dalle quali Venturi potrebbe imparare qualcosa su cosa significhi fare cinema. E niente di quello che si vede suscita interrogativi abbastanza ingombranti da scacciare dalla mente una domanda fondamentale: ma com'è possibile che questo film è arrivato ad essere distribuito perfino nei multisala? No davvero, come?
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Tuesday, June 28, 2011
Cage Crociato, Cage sprecato.
L' Ultimo dei Templari è l' esempio perfetto di quel cinema per il quale ci si mette il minimo indispensabile per ottenere altrettanto. Da qualsiasi parte lo si voglia prendere appare così: Dominic Sena prende una sceneggiatura banale con dentro Cavalieri Crociati, Guerra Santa, caccia alle streghe, è ne fa un film piatto ed insipido dove, da una parte è impossibile pensare che si voglia prendere troppo sul serio la crisi morale dei due protagonisti di fronte alle atrocità compiute in nome della Chiesa, e dall' altra c'è l' incapacità di tirarne fuori un decente film d' intrattenimento. Gli elementi alla fine c'erano tutti, spade, cavalieri, grandi battaglie, streghe e diavoli, un lungo viaggio da intraprendere per salvare un' intera Regione dalla pestilenza che ne sta decimando la popolazione. Eppure anche qui, senza nessun guizzo particolare (registico o narrativo) ci si adagia nella mediocrità tirandosi dietro un cast che, con ogni probabilità vorrebbe essere da un' altra parte: Nicolas Cage, si sa, ama tuffarsi da un progetto ad un' altro senza preoccuparsi di dove atterrerà anche se qualche volta gli capita di cadere male come in questo caso, capelli lunghi ed il suo classico sorrisone lasciato troppo da parte in favore di un' espressione da uomo tormentato. Il suo team up con Ron Perlman sembra funzionare ma per brevi momenti che spezzano a tratti l' apatia che riesce a rendere anomino anche il chirichetto/scudiero di Robert Sheenan (si, il Nathan di Misfits). Come se non bastasse il titolo italiano da l' ultima spallata (L' Ultimo dei Templari? Ma dove?) ad un film che già di partenza camminava sull' orlo del baratro.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Monday, June 27, 2011
"All I have are the choices I make"
Il cinema deve a Philip K. Dick più di quanto riuscirà mai a restituirgli in cambio. Nel corso degli anni infatti non sono pochi i registi che si sono cimentati in trasposizioni per il grande schermo delle sue opere: basti citare Ridley Scott, Steven Spielberg e, in tempi recenti, Robert Linklater con A Scanner Darkly. Anche George Nolfi, sceneggiatore e mente dietro la trilogia di Bourne, al suo esordio alla regia sceglie di portare sul grande schermo un adattamento molto personale di un racconto di Dick, Adjustment Team. Un' Entità Superiore ha stabilito che gli uomini non sono in grado di autogestirsi senza autodistruggersi e pertanto il destino di ognuno è stato scritto in precedenza e segue un piano che non può essere modificato. Qualora dovesse succedere entrano nel quadro gli agenti dell' Adjustment Bureau incaricati di far si che tutto si svolga secondo il masterplan. Destino, libero arbitrio, che rientrano tra le riflessioni esistenziali tipiche di Dick, sono prese da Nolfi e utilizzate per raccontare l'aspetto romantico della storia dell' aspirante senatore David Norris e del fortuito incontro con Elise, la donna di cui si innamora perdutamente. Graziato da un' intesa quasi perfetta tra i due protagonisti (la coppia Matt Damon / Emily Blunt), che rende quanto mai convincente questo amore impossibile che lotta contro il destino, e da almeno due sequenze davvero azzeccate (l' incipit e la fuga tra le porte), Nolfi sottovaluta forse un po' troppo l' elasticità dello spettatore, certamente disposto ad accettare una lettura alternativa di Dick ma non ad una eccessiva appannatura delle sue tematiche soprattutto se supportate da una sceneggiatura non sempre limpida e ricca di quelle che potremo definire, ad essere buoni, delle ingenuità. Non ultima, e forse quella più difficilmente perdonabile, è la necessità di una visione ultima ottimistica che non appartiene certo a Dick ma sulla quale sono inciampati registi con molta più esperienza di Nolfi.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Sunday, June 26, 2011
Lyric of the Week + Video / THE WALKER BROTHERS - THE ELECTRICIAN
Baby it's slow
When the lights go low
There's no help no
Baby it's slow
When the lights go low
There's no help no
He's drilling thru the Spiritus Sanctus tonight
Through the dark hip falls screaming, Oh you mambos
Kill me and kill me and kill me
If I jerk
The handle
You'll die in your dreams
If I jerk
The handle
Jerk
The handle
You'll thrill me and thrill me and thrill me
Baby it's slow
When the lights go low
There's no help no
Friday, June 24, 2011
CINE20 - 15^ PUNTATA
Su CINE20 un' ondata di titoloni in uscita home video che fanno da contrappeso ai film recensiti tutt'altro che brillanti (tra i quali la prima pellicola di "realscienza! italiana).
In tanto nei cinema esce Cars 2 e 13 Assassini di Takashi Miike, capito?
TAKASHI
MIIKE
SANTOIDDIO!!!
Online qui.
Thursday, June 23, 2011
FAMILY GUY - IT'S A TRAP!
"It's a trap". Non avrebbe potuto avere titolo migliore il terzo capitolo, quello conclusivo, della trilogia/parodia di Star Wars interpretata dai personaggi di Family Guy che per l'occasione vengono affiancati dalle altre creature di Seth McFarlane arrivate direttamente dalle serie American Dad e The Cleveland Show. Come i precedenti episodi anche la rivisitazione de "Il Ritorno dello Jedi" dimostra il profondo amore per l' opera originale di George Lucas da parte degli autori di Family Guy, un rispetto per quei particolari che sono impressi a fuoco nella memoria degli appassionati della saga fantascientifica per eccellenza (dalle inquadrature fino ai dettagli sonori) che non risparmia però ripetute frecciatine a quello che è anche considerato un capitolo minore soprattutto se confrontato con L' Impero Colpisce Ancora. E' curioso notare come anche questo sia l'episodio/parodia più debole dei tre e non perchè l'umorismo non sia all' altezza, anzi (anche qui ne si esplora l' intera gamma, da quello più becero a quello più cattivo), ma forse perchè si avverte la sensazione che il gioco ha perso il fascino che aveva all' inizio: dalla sorpresa di Blue Harvest si è passati alla svogliatezza di "It's a Trap", dove il limite principale di questi episodi speciali si fa troppo evidente (la sceneggiatura "imbrigliata" rispetto all' anarchia che generalmente contraddistingue la serie) frenare quando invece generalmente si accelera. Al di la di queste dovute considerazioni l' episodio si dimostra, nei sui cinquanta minuti finalmente in widescreen, godibile senza picchi esilaranti toccati dai precedenti due ma senza neanche cadere troppo in basso. E dalla bocca di Peter Griffin stesso la conferma che siamo alla fine. Al massimo la trilogia prequel la faranno quelli di The Cleveland Show.
Wednesday, June 22, 2011
POM POKO, quando la natura lotta per sopravvivere al progresso
A volte ci si dimentica che quello dello Ghibli è uno "Studio" e pertanto, anche se le opere più note e belle sono quelle del suo fondatore Hayao Miyazaki, al suo interno sono presenti altri autori/collaboratori validissimi che hanno realizzato progetti davvero importanti. Alcuni di tenore diverso, basti pensare all' inteso dramma a sfondo bellico di Una Tomba per le Lucciole, ma alcuni altri in perfetta sintonia con le opere del Maestro, come se ci fosse un pensiero forte e unico su alcune tematiche ricorrenti, soprattutto quella ecologica ed il rapporto conflittuale tra uomo e natura. Pom Poko di Isao Takahata ne è un' esempio lampante: la rappresentazione della natura ad esempio, incarnata in una foresta rigogliosa immersa in un' atmosfera carica di misticismo e superstizioni, ricorda quella del capolavoro Tonari No Totoro. In questa foresta vivono i Tanuki, creature della mitologia giapponese abili nel trasformismo e nella metamorfosi, che si vedono progressivamente minacciati dal sempre più aggressivo sviluppo urbano di Tokyo. Ne nasce uno scontro con gli umani, anche violento e sanguinoso, per proteggere quella che da secoli è la loro casa. Pom Poko non è un film che si dimostra immediatamente accogliente ad un pubblico occidentale, tanto è carico di riferimenti più o meno diretti alla sfera leggendaria e mitologica giapponese, ma che sa essere molto chiaro nei suoi messaggi: al di là di quello fortemente ecologico, la lotta tra gli uomini e i Tanuki rappresenta uno scontro tra futuro e passato: il progresso inarrestabile e forse necessario, ha reso gli uomini più impermeabili a quelle suggestioni, al timore ed al rispetto per quelle leggende che, non servono solo a spaventare ma, facendo parte del bagaglio culturale di un' intero popolo, anche ad insegnare, ad esempio, il rispetto e la convivenza con ciò che ci circonda. Anche se era difficile aspettarsi di meno dallo Studio Ghibli, Pom Poko è un film davvero bello, profondo, divertente, adulto, capace di rappresentare la natura come un link diretto alle nostre radici, in maniera tanto magica quanto commovente.
Tuesday, June 21, 2011
Gangster per scelta? Gangster per forza!
William Monahan è uno sceneggiatore che vanta nel suo curriculum collaborazioni importanti come lo script per "Le Crociate" di Ridley Scott, ma soprattutto per "The Departed" di Martin Scorsese. Come altri fortunati sceneggiatori prima di lui, anche Monahan decide di passare dietro la macchina da presa con una gangster story da lui stesso adattata da un romanzo di Ken Bruen. Diciamo subito che i risultati sono tutt' altro che brillanti: Monahan prende la storia dell' ex galeotto Mitchell, che esce di prigione nella speranza di poter iniziare una nuova vita lontano dagli ambienti criminali, e la porta sullo schermo come se seguisse punto per punto un manuale d' istruzione per i film di genere. Quella rappresentata è in fondo la più classica delle storie di redenzione impossibile adagiata su di un binario che, senza il minimo accenno di svolta o bivio, prosegue dritto e spedito nelle sue tappe programmate fino ad un finale che era li ad aspettare fin dai primi minuti del film. Ma non sarebbe neanche giusto giudicare London Boulevard unicamente in base ad una narrazione troppo "pilotata" visto che qualcosa di buono riesce ad emergere soprattutto grazie ai personaggi che ruotano intorno al protagonista, un microcosmo di criminali, sorelle problematiche, attrici recluse e poliziotti corrotti in una Londra poco turistica e molto periferica. L' atmosfera "brit" così caratteristica, è un' altra cosa che gioca a favore di Monahan, ma solo se guardate il film in lingua originale, con il doppiagio si perde in parte anche quella.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Monday, June 20, 2011
Xavier & Magneto : NEMICIAMICI
L' idea di fare un prequel delle avventure cinematografiche degli X-Men già girava nella testa di Bryan Singer quando i mutanti erano affar suo, prima che migrasse verso l' icona DC per eccellenza e che la Fox decidesse di dedicare uno spin-off a Wolverine. Pur rimanendo produttore e firmando parte della sceneggiatura, Singer cede il progetto nelle mani di Matthew Vaughn che dopo aver raccolto (immeritatamente, almeno per me) consensi unanimi con il suo discutibile adattamento di Kick-Ass, affronta qui una sfida forse più semplice ma anche più facile da sbagliare. X-Men : L' Inizio infatti racconta gli avvenimenti che portarono alla nascita del gruppo mutante "cinematografico", particolare fondamentale sottolineato dall' incipit che riprende quello del primo film (ma anche dal divertente cameo di Hugh Jackman). Senza il peso dell' enorme continuity creata sui fumetti, ci si è permessi una grande libertà in fase di scrittura soprattutto per quel che riguarda la mole di personaggi inseriti nella storia, alcuni pescati tra i numerosi comprimari ed altri totalmente inventati. Senza contare il fatto che, alla fine, l' utilità di alcuni di loro è solo quella di solleticare, in maniera furba e fastidiosa, la conoscenza enciclopedica dei lettori, quando ci si sarebbe potuti concentrare sul rapporto tra le due figure centrali del film, Xavier ed Erik, trattato in maniera troppo superficiale e frettolosa. Presi singolarmente invece, i due personaggi risultano particolarmente riusciti, sognatore pronto ad inseguire un' utopia di convivenza pacifica tra razze diverse il primo, uomo corrotto dal suo stesso odio il secondo. I pregi del film di Vaughn non si fermano a questo però e compensano quella sfacciataggine che sembra un po' il marchio di fabbrica del regista inglese: X-Men : L' Inizio, ambientato nel momento più critico della Guerra Fredda (la crisi missilistica cubana), coglie alla perfezione quello spirito che animò Stan Lee e Jack Kirby quando crearono quella che diventò una delle serie più longeve della Marvel, con quella "X" come incognita per un futuro segnato dall' incubo nucleare.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Sunday, June 19, 2011
Lyric of the Week + Video / TOPLOADER - DANCING IN THE MOONLIGHT
Nella colonna sonora di due dei film di cui si è parlato in settimana. Scelta obbligata.
We get it almost every night
When that moon gets big and bright
It's a supernatural delight
Everybody's dancin' in the moonlight
Everybody here is out of sight
They don't bark, and they don't bite
They keep things loose, they keep things tight
Everybody was dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
We like our fun and we never fight
You can't dance and stay uptight
It's a supernatural delight
Everybody was dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
We get it almost every night
When that moon gets big and bright
It's a supernatural delight
Everybody's dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
Dancin' in the moonlight
Everybody's feelin' warm and right
It's such a fine and natural sight
Everybody's dancin' in the moonlight
Friday, June 17, 2011
CINE20 - 14^ PUNTATA
X-Men - L' Inizio, London Boulevard e la rivelazione della settimana (anche se esce in Italia con un ritardo di tre anni) Bronson. Trovate tutto nella quattordicesima puntata di CINE20, online qui.
Thursday, June 16, 2011
BRONSON : I'm not living, I'm existing
C'è chi insegue la celebrità tutta la vita senza mai raggiungerla. C'è chi è destinato alla celebrità. C'è chi vive solo per i "warholiani" quindici minuti e chi, come il protagonista del film di Nicolas Winding Refn, ne gode da più di trent'anni ininterrotti. Perchè a suo modo Michael Peterson, meglio conosciuto come Charles Bronson (alias scelto proprio in onore dell' attore), è una celebrità, molto particolare, ma pur sempre una celebrità. Quella raccontata in questo particolare biopic infatti è la vita del carcerato più famoso d' Inghilterra, un uomo spinto dall' unico desiderio di realizzare qualcosa nel corso della sua esistenza, qualcosa che lo rendesse famoso. Solo che, fin da ragazzo, appare chiaro che non ci fosse posto nel mondo per uno come lui e solo in carcere trova, nella violenza e nella devastazione, la sua vera e unica vocazione. Winding Refn lascia che sia Bronson a raccontare la sua storia (un Tom Hardy in stato di grazia) intervallando frammenti di vita con un monologo su se stesso recitato in un teatro ad un pubblico perennemente in penombra. Un approccio narrativo certamente simbolico per uomo che ha fatto della vita carceraria il palco su cui esprimersi, del sangue e della cicatrici il suo perenne trucco di scena. E su quel palco replica il delirante spettacolo della sua vita ininterrottamente da trentaquattro anni, anche adesso, anche domani.
Wednesday, June 15, 2011
MISFITS - SEASON 02 -
TITOLO ORIGINALE: MISFITS
TITOLO ITALIANO: MISFITS
NUMERO EPISODI: 7
TITOLO ITALIANO: MISFITS
NUMERO EPISODI: 7
-TRAMA-
Proseguono le (dis)avventure dei "disadattati" tra il residuo di servizi sociali da scontare e nuovi "villain" dotati di poteri da affrontare. In più, un misterioso individuo mascherato sembra conoscerli alla perfezione e in qualche modo è in grado di pilotare le loro vite.-COMMENTO-
Forse quella di Misfits è stata la conferma più scontata tra le serie esordienti che mi sono trovato a guardare nel corso degli anni. Voglio dire, sbagliare una seconda stagione dopo quanto fatto nella prima sarebbe stato davvero un errore imperdonabile. Ma qui non si sbaglia anzi, si spinge la serie in avanti mantenendo inalterato il feeling con i precedenti sei episodi ma rendendola più coesa, creando una sottotrama sviluppata intorno ad un personaggio introdotto nella season finale. Proprio in questo senso bisogna sottolineare come la parte "supereroistica" venga tenuta in maggiore considerazione e come assumano maggiore rilevanza viaggiatori nel tempo e futuri alternativi.Discorso a parte credo meriti il settimo episodio, lo special natalizio, una vera e propria chicca dove a farla da padrone è il politicamente scorretto e dove i nostri eroi dovranno vedersela niente meno che con "Gesù". Una roba da far perdere tutti i capelli a bigotti e ben pensanti.
Tuesday, June 14, 2011
"Agent Mulder was right!"
Che Simon Pegg e Nick Frost avessero la tara dei fanboys (nell' accezione più positiva del termine) si era abbondantemente intuito dai riuscitissimi progetti portati a casa insieme all' amico regista Edgar Wright, Shawn of The Dead e Hot Fuzz, omaggio al cinema romeriano il primo e all' action poliziesco il secondo. Momentaneamente separati da Wright, impegnato sul fronte Scott Pilgrim, Pegg e Frost portano sul grande schermo insieme al regista Gregg Mottola, un soggetto scritto a quattro mani incentrato su due nerd inglesi in viaggio nei luoghi culto degli USA per gli appassionati di fantascienza e ufo. Durante il loro peregrinare si imbattono in Paul, un alieno (anzi l' Alieno) in fuga dall' AREA51 ed intenzionato a tornare nel suo pianeta natale. Il duo inglese, che qui interpreta anche i due protagonisti, riversa nel film quello che con grande probabilità fa parte del loro bagaglio culturale, cinematografico ma non solo, infarcendo il film di riferimenti, citazioni che vanno dalle singole linee di dialogo fino alle musiche. Paul è un road movie che, a velocità di camper, ci porta dal Comic-Con di San Diego fino a location entrate con forza nella storia del cinema, omaggiando soprattutto registi come Zemeckis, Lucas e Spielberg. Ed è proprio a quest' ultimo che si fa maggiore riferimento, a quella visione della fantascienza positiva che tirò fuori dal cilindro verso la fine degli anni '70 con capolavori del calibro di Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo ed E.T.. Paul trae grande ispirazione proprio da queste opere, sfruttando la sua natura comica per giocare al ribaltamento: rispetto alla creatura di Spielberg, Paul è smaliziato, al passo coi tempi e con uno sviluppatissimo spirito goliardico. Dispiace constatare però che, nonostante tutte queste ottime credenziali, i lfilm sia stato venduto sfruttando l' espediente della voce famosa utilizzata per doppiare il simpatico alieno, trovata fuori luogo che niente aggiunge ad un film (anzi forse toglie pure qualcosa) già di per se "nerdaviglioso".
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Monday, June 13, 2011
"I'm taking my team up to the top floor now. I'll see you up there."
Qualsiasi posizione si decida di assumere nei confronti del film di Christopher Morris, bisogna dare merito al regista di aver affrontato con coraggio una tematica difficile e scottante come il terrorismo, soprattutto se si considera che questo è il suo film d'esordio e che il pubblico inglese è certamente, per ovvi motivi, tra i più sensibili all' argomento. Morris sceglie certamente la strada meno facile dando al film un registro da commedia nera, in bilico tra la satira e realismo, nel raccontare la storia di questi quattro aspiranti terroristi islamici decisi ad immolarsi per la Jihad. Se il film risulta davvero riuscito nel suo complesso, il merito va ricercato proprio nella maniera in cui si tengono in equilibrio le varie parti evitando che si ecceda in un senso o nell' altro: al ritratto dei terroristi ad esempio, che arriva a sfiorare la parodia, fa da contraltare quello familiare del loro "leader" Omar, quasi agghiacciante nella sua normalità. Stessa cosa dicasi per l'addestramento militare o per la preparazione dell' attentato alle quali corrisponde la svolta drammatica nel finale. Tra una risata di gusto ed un' altra a denti stretti, Four Lions mette l'accento su quanta contraddizione ci sia dietro la "logica" del terrorismo ma anche all' interno di quelle culture basate su di un rigido dogma religioso. Ma Morris non si risparmia neanche una critica agli organi che dovrebbero essere preposti a difenderci, incapaci di affrontare una vera lotta al terrorismo che non si trasformi in una cieca caccia al musulmano.
Sunday, June 12, 2011
Lyric of the Week + Video / BOSTON - MORE THAN A FEELING
I looked out this morning and the sun was gone
Turned on some music to start my day
I lost myself in a familiar song
I closed my eyes and I slipped away
It's more than a feeling (more than a feeling)
When I hear that old song they used to play
(more than a feeling)
I begin dreaming (more than a feeling)
'till I see Marianne walk away
I see my Marianne walkin' away
When I'm tired and thinking cold
I hide in my music, forget the day
and dream of a girl I used to know
I closed my eyes and she slipped away
She slipped away.
It's more than a feeling (more than a feeling)
When I hear that old song they used to play
(more than a feeling)
I begin dreaming (more than a feeling)
'till I see Marianne walk away
BONUS: SCRUBS AIR BAND
Friday, June 10, 2011
CINE20 - 13^ PUNTATA
Questa settimana abbiamo Paul, Four Lions e Zack & Miri! Non vi basta? Allora il buon Tob ha recuperato per voi anche l' ultimo dei Dardenne! Online qui.
Thursday, June 09, 2011
"All I wanted was a bachelor brunch"
Una Notte da Leoni (The Hangover) ha rappresentato, non soltanto il folgorante esordio di Todd Phillips, ma soprattutto una ventata di aria fresca in un genere "di largo consumo"come la commedia, nel quale sono in pochi ad emergere dalle mediocrità. Phillips vince questa difficile sfida con una storia se vogliamo anche banale, un addio al celibato che finisce in malora, ma lasciando volontariamente un buco narrativo sui "festeggiamenti" che spetterà ai tre protagonisti colmare nella speranza di ritrovare il futuro sposo andato disperso. Il grande successo in patria, forse neanche tanto aspettato, convince quindi produttori e lo stesso Phillips che forse non sarebbe una cattiva idea dare un degno seguito alla (dis)avventura di Stu, Phil e Alan. Il regista, forse per evitare di toppare miseramente, sceglie la strada più facile ma non certo priva di rischi e cioè quella di fare un sequel che allo stesso tempo è anche un rifacimento dell' originale. La solida struttura narrativa del primo film viene qui riproposta in maniera quasi identica spostando però il teatro delle vicende dagli Stati Uniti alla Tailandia, da Las Vegas a Bangkok. Inutile sottolineare come sia proprio la trasferta interra straniera a dare la giusta spinta comica al film amplificando il senso di smarrimento del "branco" ma anche la portata delle loro azioni che riemergeranno pian piano dall' oblio della memoria e delle quali avremo un breve ma saporito assaggio nei titoli di coda. Insomma, Una Notte da Leoni 2 funziona e diverte anche grazie ad un trio di protagonisti abbondantemente rodato, sui quali l' Alan di Galifianakis continua a spiccare in maniera prepotente. Ma non son tutte rosa e bisogna sottolinearlo: impossibile infatti restituire con questo seguito quel fattore sorpresa, vero elemento vincente del primo film, che qui risulta per forza di cose assente. Le risate possono anche compensare ma per un pubblico esigente potrebbero non essere abbastanza.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Wednesday, June 08, 2011
Far East Film Festival 13 - Day 9
WANTED : BORDER
Regia di Ray Dafante Gibraltar
Che cos'è Wanted : Border? Questa la domanda che ci si pone alla fine di una visione straniante, che lascia confusi e in fondo anche affascinati. Cinema di natura sperimentale o semplicemente pretenzioso? Forse non esiste un' unica risposta per questo film dove è impossibile individuare un filo narrativo da seguire, così come appaiono confusi, sovrapposti, frammentati i piani temporali delle diverse storie e dei diversi personaggi rappresentati. Esiste comunque una figura cardine, quella della locandiera e del suo locale famoso per l' ottima cucina, intorno al quale ruotano vicende collaterali a volte violente (lo sfortunato documentarista o il patrigno incestuoso) a volte rappresentative della realtà politica e religiosa delle Filippine. Un film che nel suo intricatissimo complesso rimane indecifrabile e difficilmente categorizzabile.
TROUBLESHOOTER
Regia di Kwon Hyeok-jae
Il cinema coreano si conferma fino all' ultimo uno dei protagonisti principali di questa edizione del Far East. Troubleshooter è infatti un' onestissima pellicola di genere perfettamente bilanciata tra una storia complessa ed articolata e grandi momenti d' azione. La storia si concentra su di un ex poliziotto che, diventato investigatore privato, si trova coinvolto in un omicidio che è solo la punta dell' iceberg di un ben più complesso e profondo complotto politico. Quello di Kwon non appare un film troppo costruito a tavolino come The Unjust, ma impostato fin dai primi minuti per far precipitare lo spettatore dentro la vicenda, rivelando tutti gli intrecci senza tante attese e, permettendo di poter godere in egual misura tanto della storia quanto delle parti puramente action. Ennesima dimostrazione dello stato di salute di un certo genere di cinema commerciale e d' intrattenimento coreano.
THE DRUNKARD
Regia di Freddy Wong
Forse il film più artisticamente rilevante visto al Festival che richiama alla mente Wong Kar Wai (non a caso l' autore del romanzo dal quale è nato il film ha ispirato In the Mood for Love e 2046) e porta sullo schermo la vita ad Hong Kong negli anni '60 attraverso la figura di uno scrittore, Mr. Lau, che tra donne e alcol cerca di sopravvivere come romanziere, finendo poi per rinnegare i suoi stessi principi artistici cominciando a scrivere racconti per riviste pornografiche. Tra le diverse storie d'amore infelici e frammenti di vita offuscati dall' abuso di alcolici, quello che emerge maggiormente è proprio una riflessione molto profonda sullo scrivere e sull' essere uno scrittore. The Drunkard è un film che scorre lento eppure nella sua quasi immobilità si costruisce il ritratto di una società, di un uomo e di un periodo storico in grado di regalare grandi suggestioni.
PUNISHED
Regia di Law Wing-cheong
Direttamente dalla factory di Johnnie To, la Milkyway, arriva un thriller incentrato sulla vendetta ed il senso di colpa, dove un padre vuole trovare ad ogni costo i responsabili del rapimento e della morte della figlia. Costruito intorno ad una struttura a flashback, riciclata ma di sicuro effetto, Punished si poggia tutto sul personaggio interpretato dal sempre bravo Anthony Wong il cui ruolo paterno, severo ed irreprensibile, è da inquadrare in un' ottica più ampia di quel che possa sembrare e va bel oltre quello intrinseco al suo nucleo familiare. Sulla sua coscienza gravano le decisioni e le responsabilità di padre di famiglia e di datore di lavoro, aspetto questo trattato forse in maniera troppo superficiale cosa che va a discapito degli intrecci e la definizione dei personaggi secondari. Punished si configura infatti nel suo complesso come una violenta e disperata caccia all' uomo forse un po' al di sotto delle aspettative considerata l' importanza dei nomi coinvolti e la nota qualità dei thriller targati Milkyway.
Regia di Ray Dafante Gibraltar
Che cos'è Wanted : Border? Questa la domanda che ci si pone alla fine di una visione straniante, che lascia confusi e in fondo anche affascinati. Cinema di natura sperimentale o semplicemente pretenzioso? Forse non esiste un' unica risposta per questo film dove è impossibile individuare un filo narrativo da seguire, così come appaiono confusi, sovrapposti, frammentati i piani temporali delle diverse storie e dei diversi personaggi rappresentati. Esiste comunque una figura cardine, quella della locandiera e del suo locale famoso per l' ottima cucina, intorno al quale ruotano vicende collaterali a volte violente (lo sfortunato documentarista o il patrigno incestuoso) a volte rappresentative della realtà politica e religiosa delle Filippine. Un film che nel suo intricatissimo complesso rimane indecifrabile e difficilmente categorizzabile.
TROUBLESHOOTER
Regia di Kwon Hyeok-jae
Il cinema coreano si conferma fino all' ultimo uno dei protagonisti principali di questa edizione del Far East. Troubleshooter è infatti un' onestissima pellicola di genere perfettamente bilanciata tra una storia complessa ed articolata e grandi momenti d' azione. La storia si concentra su di un ex poliziotto che, diventato investigatore privato, si trova coinvolto in un omicidio che è solo la punta dell' iceberg di un ben più complesso e profondo complotto politico. Quello di Kwon non appare un film troppo costruito a tavolino come The Unjust, ma impostato fin dai primi minuti per far precipitare lo spettatore dentro la vicenda, rivelando tutti gli intrecci senza tante attese e, permettendo di poter godere in egual misura tanto della storia quanto delle parti puramente action. Ennesima dimostrazione dello stato di salute di un certo genere di cinema commerciale e d' intrattenimento coreano.
THE DRUNKARD
Regia di Freddy Wong
Forse il film più artisticamente rilevante visto al Festival che richiama alla mente Wong Kar Wai (non a caso l' autore del romanzo dal quale è nato il film ha ispirato In the Mood for Love e 2046) e porta sullo schermo la vita ad Hong Kong negli anni '60 attraverso la figura di uno scrittore, Mr. Lau, che tra donne e alcol cerca di sopravvivere come romanziere, finendo poi per rinnegare i suoi stessi principi artistici cominciando a scrivere racconti per riviste pornografiche. Tra le diverse storie d'amore infelici e frammenti di vita offuscati dall' abuso di alcolici, quello che emerge maggiormente è proprio una riflessione molto profonda sullo scrivere e sull' essere uno scrittore. The Drunkard è un film che scorre lento eppure nella sua quasi immobilità si costruisce il ritratto di una società, di un uomo e di un periodo storico in grado di regalare grandi suggestioni.
PUNISHED
Regia di Law Wing-cheong
Direttamente dalla factory di Johnnie To, la Milkyway, arriva un thriller incentrato sulla vendetta ed il senso di colpa, dove un padre vuole trovare ad ogni costo i responsabili del rapimento e della morte della figlia. Costruito intorno ad una struttura a flashback, riciclata ma di sicuro effetto, Punished si poggia tutto sul personaggio interpretato dal sempre bravo Anthony Wong il cui ruolo paterno, severo ed irreprensibile, è da inquadrare in un' ottica più ampia di quel che possa sembrare e va bel oltre quello intrinseco al suo nucleo familiare. Sulla sua coscienza gravano le decisioni e le responsabilità di padre di famiglia e di datore di lavoro, aspetto questo trattato forse in maniera troppo superficiale cosa che va a discapito degli intrecci e la definizione dei personaggi secondari. Punished si configura infatti nel suo complesso come una violenta e disperata caccia all' uomo forse un po' al di sotto delle aspettative considerata l' importanza dei nomi coinvolti e la nota qualità dei thriller targati Milkyway.
Tuesday, June 07, 2011
THE HOUSEMAID : A SEXY THRILLER?
Remake dell' omonimo film del 1960 diretto da Ki-young Kim, The Housemaid (Hanyo) è una pellicola non facile da inquadrare per il modo in cui il regista Sang-soo Im scivola tra i generi, trasformandola di fatto in qualcosa di diverso rispetto alla premesse. La storia di Eun-yi, giovane ragazza di umili origini che viene assunta da una ricca famiglia come domestica e come tata per la loro primogenita e per i gemelli che stanno per nascere, sembra prendere la piega abbastanza telefonata del melodramma quando il padrone di casa comincia ad avere attenzioni particolari nei suoi confronti seducendola senza tante resistenze. Il film assume altri connotati quando suocera e moglie scoprono cosa è successo e decidono di rimediare al danno prima che le cose peggiorino: la facciata di perbenismo viene improvvisamente meno e la ricchezza ed il potere diventano armi da usare contro i più deboli che non possono fare altro che soccombere. E' nel complesso insomma che il film di Sang-soo Im trova la sua forza, nella critica feroce che fa alla società coreana, concentrata per motivi narrativi sui ceti benestanti, ma in fondo molto più ampia: la pellicola si apre con una morte tragica. Un incipit tragico e amaro dove una vita si spegne nell' indifferenza quasi generale di un mondo egoista ed egocentrico. The Housemaid si chiude in maniera simile ma con gesto estremo molto più plateale e provocatorio, quasi uno sfregio a chi pensa che sia possibile dare un prezzo alla vita umana. Una sequenza che conduce ad un quadro familiare quasi surreale, agghiacciante dove lo sguardo di una bambina ancora innocente lascia immaginare che qualcosa in quel mondo dorato e immorale ha cominciato ad incrinarsi.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Recensione già pubblicata su CINE20.
Monday, June 06, 2011
Far East Film Festival 13 - Day 8
CANNONBALL WEDLOCK
Regia di Maeda Koji
Un film giapponese che parla di una ragazza che si destreggia tra cinque fidanzati è qualcosa di particolare e per certi versi atipico, tanto da rendere l' esordio di Maeda Koji già sulla carta interessante. Rispetto alla stragrande maggioranza di titoli che provano a raccontare i rapporti tra uomini e donne in una società chiusa come quella nipponica, Cannonball Wedlock stupisce per come riesca ad essere politicamente scorretto nel parlare d' amore e rapporti sentimentali, ma anche alternativo nel mettere una donna in una posizione di assoluto potere al punto che può permettersi di scartare ad uno ad uno i suoi pretendenti fino a trovare quello giusto per lei. Trionfo dei sentimenti? Romantico lieto fine? Fortunatamente no. Nel divertente film di Maeda quel che trionfa è l'orgoglio e l'egoismo di cui per una vota sono gli uomini ad esserne vittime più o meno inconsapevoli.
AFTERSHOCK
Regia di Feng Xiaogang
Il grande cinema di Feng Xiaogang incontra una delle più grandi tragedie della storia recente cinese, il terremoto che nell' estate del 1976 costò la vita a 240.000 persone. Quello che scaturisce da questo incontro è un colossal, moderno nella rappresentazione del disastro e classico nel raccontare in chiave fortemente melodrammatica la storia lunga trentadue anni di una famiglia lacerata da questa immane tragedia, dai sensi di colpa e dal rancore. La spettacolarità agghiacciante della sequenza del terremoto insomma, fa da conrtappeso alla dimensione umana che il racconto assume quando di un' intera città non sono rimasti che macerie, polvere e sangue. Attraverso le vite della famiglia protagonista, Aftershock celebra e racconta un intero popolo, capace di rialzarsi, rimettersi insieme e diventare ancora più forte. Rispetto a The Assembly, Xiaongang non riesce ad evitare strizzatine d'occhio al regime ma lo spettro del film di propaganda non va troppo a demerito di una pellicola che rimane comunque maestoso e commovente.
THE UNJUST
Regia di Ryoo Seung-wan
Quasi un anti-action thriller. Ecco come appare l' ultimo film di Ryoon Seung-wan, un ritratto della giustizia segnato dal marcio e dalla corruzione che divora tutti, dal poliziotto fino all' ufficio del procuratore. Il film è certamente dinamico ma il dinamismo è dettato da una sceneggiatura di ferro capace di dare un ritmo continuo alla narrazione nonostante siano gli intrecci tra i personaggi a farla da padrone piuttosto che la mera azione. Questo comporta che il film si presenti ad un primo impatto densissimo di avvenimenti e nomi e richieda perciò una grande attenzione soprattutto se non si vuole rimanere tagliati fuori dalla girandola di ricatti, tradimenti e doppi giochi che si susseguono dall' inizio alla fine della pellicola. The Unjust è quindi un film che fa della scrittura il suo punto di forza (la sceneggiatura è opera di Park Hoon-jung) ma che Ryoo riesce a mettere in scena senza sbavature anche grazie alle notevoli prestazioni degli attori.
YAKUZA WEAPON
Regia di Yamaguchi Yudai e Sakaguchi Tak
La mente fa un salto indietro a Full Metal Yakuza di Miike quando si pensa alla storia di Shozo, trasformato da un' Agenzia governativa segreta in una macchina da combattimento con tanto di gaitling gun al posto del braccio e lancia razzi in un ginocchio. I risultati non sono così brillanti però ma Yakuza Weapon riesce comunque a portare a casa un risultato accettabile anche se al di sotto delle aspettative. Ci sono dei momenti dove la limitatezza dei mezzi appare evidente ingombrante, altri dove sembra che il film proceda con il freno a mano tirato, cosa gravissima in un film di questo tipo. Dall' altra parte però sono in film come questi che emerge una gran voglia di fare ed inventare da un punto di vista narrativo e visivo, magari spingendosi fino ad un ambizioso combattimento in piano sequenza (quello del protagonista contro gli incappucciati, awesome!).
Regia di Maeda Koji
Un film giapponese che parla di una ragazza che si destreggia tra cinque fidanzati è qualcosa di particolare e per certi versi atipico, tanto da rendere l' esordio di Maeda Koji già sulla carta interessante. Rispetto alla stragrande maggioranza di titoli che provano a raccontare i rapporti tra uomini e donne in una società chiusa come quella nipponica, Cannonball Wedlock stupisce per come riesca ad essere politicamente scorretto nel parlare d' amore e rapporti sentimentali, ma anche alternativo nel mettere una donna in una posizione di assoluto potere al punto che può permettersi di scartare ad uno ad uno i suoi pretendenti fino a trovare quello giusto per lei. Trionfo dei sentimenti? Romantico lieto fine? Fortunatamente no. Nel divertente film di Maeda quel che trionfa è l'orgoglio e l'egoismo di cui per una vota sono gli uomini ad esserne vittime più o meno inconsapevoli.
AFTERSHOCK
Regia di Feng Xiaogang
Il grande cinema di Feng Xiaogang incontra una delle più grandi tragedie della storia recente cinese, il terremoto che nell' estate del 1976 costò la vita a 240.000 persone. Quello che scaturisce da questo incontro è un colossal, moderno nella rappresentazione del disastro e classico nel raccontare in chiave fortemente melodrammatica la storia lunga trentadue anni di una famiglia lacerata da questa immane tragedia, dai sensi di colpa e dal rancore. La spettacolarità agghiacciante della sequenza del terremoto insomma, fa da conrtappeso alla dimensione umana che il racconto assume quando di un' intera città non sono rimasti che macerie, polvere e sangue. Attraverso le vite della famiglia protagonista, Aftershock celebra e racconta un intero popolo, capace di rialzarsi, rimettersi insieme e diventare ancora più forte. Rispetto a The Assembly, Xiaongang non riesce ad evitare strizzatine d'occhio al regime ma lo spettro del film di propaganda non va troppo a demerito di una pellicola che rimane comunque maestoso e commovente.
THE UNJUST
Regia di Ryoo Seung-wan
Quasi un anti-action thriller. Ecco come appare l' ultimo film di Ryoon Seung-wan, un ritratto della giustizia segnato dal marcio e dalla corruzione che divora tutti, dal poliziotto fino all' ufficio del procuratore. Il film è certamente dinamico ma il dinamismo è dettato da una sceneggiatura di ferro capace di dare un ritmo continuo alla narrazione nonostante siano gli intrecci tra i personaggi a farla da padrone piuttosto che la mera azione. Questo comporta che il film si presenti ad un primo impatto densissimo di avvenimenti e nomi e richieda perciò una grande attenzione soprattutto se non si vuole rimanere tagliati fuori dalla girandola di ricatti, tradimenti e doppi giochi che si susseguono dall' inizio alla fine della pellicola. The Unjust è quindi un film che fa della scrittura il suo punto di forza (la sceneggiatura è opera di Park Hoon-jung) ma che Ryoo riesce a mettere in scena senza sbavature anche grazie alle notevoli prestazioni degli attori.
YAKUZA WEAPON
Regia di Yamaguchi Yudai e Sakaguchi Tak
La mente fa un salto indietro a Full Metal Yakuza di Miike quando si pensa alla storia di Shozo, trasformato da un' Agenzia governativa segreta in una macchina da combattimento con tanto di gaitling gun al posto del braccio e lancia razzi in un ginocchio. I risultati non sono così brillanti però ma Yakuza Weapon riesce comunque a portare a casa un risultato accettabile anche se al di sotto delle aspettative. Ci sono dei momenti dove la limitatezza dei mezzi appare evidente ingombrante, altri dove sembra che il film proceda con il freno a mano tirato, cosa gravissima in un film di questo tipo. Dall' altra parte però sono in film come questi che emerge una gran voglia di fare ed inventare da un punto di vista narrativo e visivo, magari spingendosi fino ad un ambizioso combattimento in piano sequenza (quello del protagonista contro gli incappucciati, awesome!).
Sunday, June 05, 2011
Lyric of the Week + Video / PERTURBAZIONE - MONDO TEMPESTA
Un grande gruppo, un' ottima canzone e c'è anche il video interattivo
Quando ripenso a quel me stesso da ragazzo
Età drammatica che non ritornerà
Se ci ripenso sento ancora gli occhi addosso
Mentre attraverso il centro della città
Mondo tempesta
Con te ci stavo bene
E in cambio ho avuto la solitudine
Mondo tempesta
Con te ci stavo bene
Ed oggi incrocio quel me stesso da ragazzo
Negli occhi inquieti degli adolescenti in tram
Han passo incerto ed una sicurezza tragica
Che mi domando cosa mai li aspetterà
Mondo tempesta
Loro ti detestano
E in cambio ottengono la solitudine
Mondo tempesta
Loro ti detestano
Penso alle donne e a quel me stesso da ragazzo
Ci assomigliamo pur nella diversità
Se avessi anche voluto sarei soldato
Ma è l'essere me stesso che mi è negato
E' l'essere te stesso che ti è negato
Mondo tempesta
Che ci hanno messo in testa?
La posta in cambio si chiama solitudine
Mondo tempesta
Che ci hanno messo in testa?
La posta in cambio si chiama solitudine
La solitudine
La solitudine
Friday, June 03, 2011
CINE20 - 12^ PUNTATA
CINE20 12^ puntata! A questo giro, The Housemaid, Una Notte da Leoni 2 e Corpo Celeste. Oltre alle uscite della settimana poi, una guida a "Consigli per gli Acquisti". La potete leggere qui.
Thursday, June 02, 2011
CINEQUIZ - ST.02 - AND THE WINNER IS...
...GRACE!!!
Non solo si aggiudica il secondo CINEQUIZ consecutivo ma migliora anche il suo record di punti accumulati. Primo premio meritatissimo il suo ma siccome dalla seconda posizione in poi in tanti si sono dati battaglia, ho pensato fosse giusto premiare anche il secondo e terzo classificato. Ma andiamo con la classifica definitiva:
Grace - pt. 21
1° PREMIO : DVD "MOTHER - SPECIAL EDITION"
Beld - pt. 9
2° PREMIO : DVD "MULHOLLAND DRIVE - SPECIAL EDITION" + BORSA FEFF13
Tob - pt. 8
3° PREMIO : BORSA FEFF13
kusanagi - pt. 6
frenzmag - pt. 5
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Viper - pt. 3
curiositizen - pt. 2
Nick - pt. 2
Para - pt. 2
sommobuta - pt. 2
Massy - pt. 1
Michele - pt. 1
Vorrei solo aggiungere che è un grande piacere condividere con i vincitori, attraverso le borse messe in palio, la splendida iniziativa "FEFF FOR JAPAN" organizzata dal Far East Film Festival per raccogliere fondi da destinare alla Civic Force giapponese direttamente impegnata negli aiuti alle popolazioni colpite dal terremoto e dallo tsunami.
Detto questo faccio i complimenti a tutti i partecipanti e ringrazio tutti quelli che hanno partecipato anche con poca fortuna.
Arrivederci alla prossima stagione? Chissà ^__*
P.S.: naturalmente contatterò a breve i vincitori per la consegna o spedizione dei premi ^__*
Non solo si aggiudica il secondo CINEQUIZ consecutivo ma migliora anche il suo record di punti accumulati. Primo premio meritatissimo il suo ma siccome dalla seconda posizione in poi in tanti si sono dati battaglia, ho pensato fosse giusto premiare anche il secondo e terzo classificato. Ma andiamo con la classifica definitiva:
Grace - pt. 21
1° PREMIO : DVD "MOTHER - SPECIAL EDITION"
Beld - pt. 9
2° PREMIO : DVD "MULHOLLAND DRIVE - SPECIAL EDITION" + BORSA FEFF13
Tob - pt. 8
3° PREMIO : BORSA FEFF13
kusanagi - pt. 6
frenzmag - pt. 5
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Viper - pt. 3
curiositizen - pt. 2
Nick - pt. 2
Para - pt. 2
sommobuta - pt. 2
Massy - pt. 1
Michele - pt. 1
Vorrei solo aggiungere che è un grande piacere condividere con i vincitori, attraverso le borse messe in palio, la splendida iniziativa "FEFF FOR JAPAN" organizzata dal Far East Film Festival per raccogliere fondi da destinare alla Civic Force giapponese direttamente impegnata negli aiuti alle popolazioni colpite dal terremoto e dallo tsunami.
Detto questo faccio i complimenti a tutti i partecipanti e ringrazio tutti quelli che hanno partecipato anche con poca fortuna.
Arrivederci alla prossima stagione? Chissà ^__*
P.S.: naturalmente contatterò a breve i vincitori per la consegna o spedizione dei premi ^__*
Wednesday, June 01, 2011
Far East Film Festival 13 - Day 7
PEDICAB DRIVER
Regia di Sammo Hung (Retrospettiva "Asia Laugh")
Nel percorso di riscoperta della classica commedia asiatica attraverso la retrospettiva Asia Laugh, non si poteva non coinvolgere anche il cinema di Sammo Hung. In questo Pedicab Driver, che lo vede sia regista che interprete, troviamo un minestrone di generi ed un continuo ribaltarsi di situazioni che vanno del comico al tragico, momenti violenti ed altri melò, gag esilaranti ed umorismo nero. Trattandosi di un film di Sammo Hung poi, non possono certo mancare le sue coreografie che rendono fantastiche e preziose le sequenze di combattimento. Pedicab Driver racconta semplicemente la storia di un gruppo di guidatori di risciò ma è allo stesso tempo un classico esempio di un tipo di cinema molto importante ad Hong Kong negli anni '80.
OPERATION TATAR
Regia di Baatar Bat-Ulzii
I Paesi asiatici coinvolti nella selezione festivaliera vedono aggiungere alle loro fila un' altro “fratello minore”. Operation Tartar è infatti il primo film proveniente dalla Mongolia ad essere presentato al FEFF e non si può negare che è stato un piacere avvicinarsi come pubblico a questa sconosciuta cinematografia. Un padre perde il lavoro in banca e ha bisogno di soldi per curare la figlia malata di cancro. Che fare? Ma contattare un vecchio amico e organizzare una rapina alla stessa banca dove lavorava, e cos' altro altrimenti? Il film di Baatar, a parte le fuorvianti sequenze iniziali, ha ben poco di “nero” ma è certamente una commedia divertente e ben strutturata in due macrosezioni, la preparazione ed il colpo, ricche di gag talvolta davvero esilaranti. Certo, la pochezza dei mezzi a disposizione si fa vedere, ma allo stesso modo emerge una gran voglia di fare e un gusto per la citazione davvero sorprendente (difficile crederlo ma ci si butta dentro anche Transformers). Non rimane altro che da dire: benvenuta Mongolia!
THE SHOWDOWN
Regia di Park Hoon-jung
Durante l' era Ming, in un sanguinoso campo di battaglia, solo in tre sopravvivono e vengono costretti da una tempesta di neve a trovare rifugio in una taverna. Tre uomini uniti sotto la stessa bandiera ma divisi profondamente da rancori personali e sociali, sono gli assoluti protagonisti di questa pellicola, esordio dietro la macchina da presa per Park Hoon-jung già sceneggiatore dell' ottimo I Saw the Devil di Kim Jee-woon. Costretti in un ambiente relativamente ristretto, tra loro comincia quasi subito un confronto, una lotta psicologica prima e fisica poi, intervallata da flashback che fanno luce sul loro background e sui loro trascorsi. Un film che gioca bene le sue carte nell' accumulare tensione e poi rilasciarla attraverso scoppi di violenza, in un gioco di equilibrio che purtroppo si va perdendo verso la fine, quando uno dei pezzi principali viene eliminato dalla scacchiera. Un film storico davvero atipico che, nonostante qualche sbavatura, pone un' interessante riflessione sull' eterno scontro fra classi sociali e i poteri forti della politica.
THE PIANO IN A FACTORY
Regia di Zhang Meng
Un musicista di strada, ex operaio di fabbrica, si trova ad affrontare il divorzio con la moglie che allo stesso tempo vorrebbe anche la custodia della loro figlia. Per convincere la piccola a rimanere con lui, l' uomo vorrebbe regalarle un pianoforte ma, impossibilitato economicamente, decide di costruirglielo lui stesso. Zhang Meng racconta in questo film una realtà che conosce bene, quella della regioni cinesi del nord-est. Un “freddo” spaccato di una società in cambiamento, che guarda al futuro lasciandosi alle spalle un cimitero di industrie e stabilimenti abbandonati. Non a caso i protagonisti sono una classe operaia ormai inutile che si è dovuta reinventare in altri campi per tirare avanti. Il pianoforte che decidono di costruire, usando quelle vecchie strutture abbandonate e materiali di scarto, rappresenta quasi un moto d'orgoglio di un passato che è ancora capace di lasciare un segno forte (in questo caso, musicale) nel presente.
Regia di Sammo Hung (Retrospettiva "Asia Laugh")
Nel percorso di riscoperta della classica commedia asiatica attraverso la retrospettiva Asia Laugh, non si poteva non coinvolgere anche il cinema di Sammo Hung. In questo Pedicab Driver, che lo vede sia regista che interprete, troviamo un minestrone di generi ed un continuo ribaltarsi di situazioni che vanno del comico al tragico, momenti violenti ed altri melò, gag esilaranti ed umorismo nero. Trattandosi di un film di Sammo Hung poi, non possono certo mancare le sue coreografie che rendono fantastiche e preziose le sequenze di combattimento. Pedicab Driver racconta semplicemente la storia di un gruppo di guidatori di risciò ma è allo stesso tempo un classico esempio di un tipo di cinema molto importante ad Hong Kong negli anni '80.
OPERATION TATAR
Regia di Baatar Bat-Ulzii
I Paesi asiatici coinvolti nella selezione festivaliera vedono aggiungere alle loro fila un' altro “fratello minore”. Operation Tartar è infatti il primo film proveniente dalla Mongolia ad essere presentato al FEFF e non si può negare che è stato un piacere avvicinarsi come pubblico a questa sconosciuta cinematografia. Un padre perde il lavoro in banca e ha bisogno di soldi per curare la figlia malata di cancro. Che fare? Ma contattare un vecchio amico e organizzare una rapina alla stessa banca dove lavorava, e cos' altro altrimenti? Il film di Baatar, a parte le fuorvianti sequenze iniziali, ha ben poco di “nero” ma è certamente una commedia divertente e ben strutturata in due macrosezioni, la preparazione ed il colpo, ricche di gag talvolta davvero esilaranti. Certo, la pochezza dei mezzi a disposizione si fa vedere, ma allo stesso modo emerge una gran voglia di fare e un gusto per la citazione davvero sorprendente (difficile crederlo ma ci si butta dentro anche Transformers). Non rimane altro che da dire: benvenuta Mongolia!
THE SHOWDOWN
Regia di Park Hoon-jung
Durante l' era Ming, in un sanguinoso campo di battaglia, solo in tre sopravvivono e vengono costretti da una tempesta di neve a trovare rifugio in una taverna. Tre uomini uniti sotto la stessa bandiera ma divisi profondamente da rancori personali e sociali, sono gli assoluti protagonisti di questa pellicola, esordio dietro la macchina da presa per Park Hoon-jung già sceneggiatore dell' ottimo I Saw the Devil di Kim Jee-woon. Costretti in un ambiente relativamente ristretto, tra loro comincia quasi subito un confronto, una lotta psicologica prima e fisica poi, intervallata da flashback che fanno luce sul loro background e sui loro trascorsi. Un film che gioca bene le sue carte nell' accumulare tensione e poi rilasciarla attraverso scoppi di violenza, in un gioco di equilibrio che purtroppo si va perdendo verso la fine, quando uno dei pezzi principali viene eliminato dalla scacchiera. Un film storico davvero atipico che, nonostante qualche sbavatura, pone un' interessante riflessione sull' eterno scontro fra classi sociali e i poteri forti della politica.
THE PIANO IN A FACTORY
Regia di Zhang Meng
Un musicista di strada, ex operaio di fabbrica, si trova ad affrontare il divorzio con la moglie che allo stesso tempo vorrebbe anche la custodia della loro figlia. Per convincere la piccola a rimanere con lui, l' uomo vorrebbe regalarle un pianoforte ma, impossibilitato economicamente, decide di costruirglielo lui stesso. Zhang Meng racconta in questo film una realtà che conosce bene, quella della regioni cinesi del nord-est. Un “freddo” spaccato di una società in cambiamento, che guarda al futuro lasciandosi alle spalle un cimitero di industrie e stabilimenti abbandonati. Non a caso i protagonisti sono una classe operaia ormai inutile che si è dovuta reinventare in altri campi per tirare avanti. Il pianoforte che decidono di costruire, usando quelle vecchie strutture abbandonate e materiali di scarto, rappresenta quasi un moto d'orgoglio di un passato che è ancora capace di lasciare un segno forte (in questo caso, musicale) nel presente.
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