E' un invito, già dal titolo, il film di Gaspar Noé. Un invito a lasciarsi andare nel vuoto, trasportati da un flusso di immagini, luci e colori in un viaggio al termine della vita tra presente e passato. Un passaggio che viviamo insieme ad Oscar attraverso una soggettiva forzata che è anche l' unico (o quasi) punto di vista che ci è concesso. Allucinato, allucinante, caleidoscopico, psicotropo, provocatorio, sperimentale. Sono tutti elementi che fanno parte di questa esperienza sensoriale che è Enter The Void e alla quale lo spettatore si deve concedere completamente perchè, in senso inverso, a lui poco o nulla viene concesso: Gaspar Noé prosegue sulla sua strada, spedito. Conduce il suo film con estrema sicurezza, non tanto nella direzione da seguire, quanto nella forma e nel linguaggio utilizzati che trasformano la visione, minuto dopo minuto, da stimolante ad eccessivamente estenuante. Ma il limite principale del film è la freddezza che si avverte nel complesso, una distanza che la muta soggettiva ininterrotta non fa che aumentare, rendendo davvero difficile partecipare emotivamente a quel che succede sotto lo sguardo impotente del trapassato protagonista. Solo i flashback risvegliano dal torpore emotivo e sono probabilmente i momenti migliori del film, forse perchè il punto di vista si sposta leggermente dietro il protagonista ed e come se ci trovassimo ad assistere ai suoi momenti più intimi e dolorosi sbirciando oltre la sua spalla. E' un peccato che questo non basti a mettere in equilibrio gli eccessi e le mancanze sulle quali Enter the Void è costruito, uno sperimentalismo spinto tanto al limite da risultare fine a se stesso. Ma mai come con film così, tutto dipende da quello che ognuno è capace di percepire una volta deciso di lasciarsi andare al Vuoto di Noé.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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