In un mondo non tanto diverso dal nostro, la pace non è più un' utopia ma una realtà. Una realtà però di cui la gente è all' oscuro, manipolata dalle industrie belliche impegnate in una guerra fittizia ma che produce profitti sia come produzione d'armamenti che come spettacolo da vendere alle televisioni. I soldati di questa guerra sono i Kildren, individui geneticamente creati per non diventare mai adulti e quindi destinati a morire in battaglia e, all' occasione, ad essere sostituiti. Mamoru Oshii è uno dei nomi più importanti nel panorama cinematografico giapponese ed il suo Ghost in the Shell è considerato, a ragione, una delle opere d'animazione (ma non solo) più importanti di sempre. Sky Crawlers forse non sarà destinato a tanto e magari neanche a diventare oggetto di culto, ma è comunque un' opera estremamente importante. Da un punto di vista puramente tecnico infatti è palese il livello qualitativo raggiunto dallo Studio Production I.G sia nelle sequenze dei combattimenti aerei che nella perfetta fusione tra animazioni convenzionali e computer grafica. Le tematiche affrontate ed il balletto di vita (nel cielo) e morte (sulla terraferma) di cui sono interpreti i Kildren, porta Oshii ad alcune riflessioni, sul costo del progresso (in termini di umanità perduta pezzo dopo pezzo) ma soprattutto sulla guerra e sull' incapacità dell' uomo di ripudiarla in quanto ormai troppo integrata con i meccanismi economici dei Paesi. E tutto questo in un FILM che ancora vengono in maniera riduttiva etichettati come "cartoni animati", pensate un po'.
Prima considerazione: con Guy Ritchie è pace fatta. Dopo l'esordio sorprendente ha rischiato di buttare la sua carriera nel cesso facendosi traviare dalla (fortunatamente ora "ex") moglie per poi risalire la china con un ritorno alle origini seguito dal trionfo nel campo dei blockbuster. Seconda considerazione: Guy ritchie è uno cui piace vincere facile e non è una cosa sbagliata soprattutto quando hai per le mani una formula collaudata. Il regista inglese prende la struttura narrativa, registica e visiva del primo Sherlock Holmes e la ripropone senza grosse variazioni per un seguito che si dimostra all' altezza del precedente. La rivisitazione in chiave action dell' investigatore privato partorito dalla mente e dalla penna di sir. Arthur Conon Doyle, funzionava e continua a funzionare, così come il suo rapporto di collaborazione e profonda amicizia con il fido dottor Watson. Rispetto al primo film però si colma una importante lacuna e cioè dare al nostro Sherlock un adeguato rivale, il Professor Moriarty, che qui esce finalmente dall' ombra e si rivela essere una vera e propria nemesi capace di orchestrare l' inizio di una guerra mondiale. Per non venire meno alla sua natura di blockbuster, il film fa grande sfoggio di ottime sequenze d'azione impreziosite dalle ormai classiche trovate visive di Ritchie il cui personalissimo tocco pare molto più marcato che nel precedente. Ne risulta un prodotto godibilissimo che non punta a chissà quali vette artistiche ma sa intrattenere senza sosta per ben centoventi minuti. Terza considerazione: a Robert Downey Jr. certi personaggi gli si appiccicano addosso e il fa suoi, totalmente. L' accoppiata con Jude Law poi, non solo risulta azzeccata ma anche irresistibile.
...per le ormai incombenti festività natalizie ed il blog si prende una piccola pausa. Si torna operativi non prima di martedì prossimo. Non potevo però lasciarvi cosi senza augurare a tutti voi un
Arrivano le festività natalizie e anche CINE20 si prende una pausa ma ci si ritrova puntuali con la solita cadenza settimanale a partire dal 13 gennaio 2012. Nel frattempo vi lasciamo con la rece delle nuove avventure cinematografiche dello Sherlock Holmes di Guy Ritchie e un sunto delle uscite in sala delle prossime settimane. Online qui.
L' importanza sociale del cinema risulta spesso evidente quando questo vuole essere specchio della realtà che ci circonda. Il cinema indipendente riesce, in questo senso, a dare un riflesso molto più immediato del presente, raccontandolo attraverso piccole storie che avvengono quasi ai margini della società in cui viviamo. Quella di Mosse Vincenti di Thomas McCarthy ad esempio è una piccola storia di una famiglia qualsiasi che vive in una cittadina dello Stato del New Jersey. Il capofamiglia, avvocato a tempo pieno ed allenatore della squadra scolastica di wrestling per hobby, fa fatica ad arrivare a fine mese e decide perciò di diventare tutore legale di un anziano affetto da demenza senile e di ricevere così l' assegno di mantenimento dello Stato. Quello che non aveva messo in conto però è l' improvviso arrivo del nipote di quest' ultimo, in fuga da una situazione familiare tutt' altro che rosea. Insomma, la recente a tutt' ora insuperata crisi economica scoppiata proprio negli Stati Uniti neanche due anni fa, si insinua nella quotidianità di un nucleo familiare consumandone le basi (finanziarie) e, nello specifico, portando un uomo onesto a mettere da parte i propri valori e la propria integrità. Mosse Vincenti è un film che trova il suo equilibrio tra dramma e commedia, che da sempre la giusta importanza ai ritratti umani che vuole rappresentare anche durante le parentesi sportive, che può contare su di una bella colonna sonora indie e sull' apporto di un cast all' altezza, dal giovane esordiente Alex Shaffer al veterano Paul Giamatti, la cui presenza è già di per se una garanzia per il film di McCarthy.
Nel cinema, l'inserimento di un elemento di fiction in una storia, ha spesso lo scopo di sottolineare con forza un concetto semplicissimo: più le cose cambiano, più rimangono le stesse. Gli alieni profughi costretti a vivere in un campo nomadi sudafricano in District 9 di Neil Blomkamp, riportavano alla memoria ricordi neanche tanto lontani dell' Apartheid. In Monsters di Gareth Edwards troviamo il confine tra Stati Uniti e Messico divenuto ormai "zona contaminata" a causa di esperimenti su forme di vita aliene condotte dalla Nasa e sfuggite al controllo, situazione che ha inasprito ancora di più la rigidità dei controlli sull' immigrazione e ha aumentato esponenzialmente la speculazione su quelle persone che desiderano lasciare un Paese ormai tagliato fuori, in balia delle gigantesche creature aliene e degli incessanti bombardamenti dell' esercito americano. Nonostante la grande cura riservata alla definizione di un preciso contesto socio-politico, l' attenzione si focalizza sui due protagonisti, un uomo e una donna in viaggio dal Sud America fino agli USA attraverso la zona contaminata, sul legame che si instaura tra loro e sui sentimenti sempre più profondi che scoprono di avere l' uno nei confronti dell' altra. Edwards non si abbandona certo a facili romanticismi ma, lasciando a ruolo di background l 'aspetto fantascientifico di questa anomala invasione aliena, gioca in maniera rischiosa con le aspettative del pubblico trasformando Monsters, da film di genere in scommessa coraggiosa. A tutti gli effetti la realtà immaginata da Edwards non è poi così distante dalla nostra: l' uomo da secoli modifica gli ecosistemi, muove guerra alla natura sperando di poter vincere contro l'evoluzione stessa, trovandosi poi ad indietreggiare di fronte a forze al di la di ogni controllo. Ed in questa peculiare "normalità" la vita continua per tutti, per coloro che pagano il prezzo più alto per gli errori degli altri, per chi fugge dalle proprie responsabilità e per chi ha il coraggio di innamorarsi nonostante tutto, nonostante i mostri.
E' un invito, già dal titolo, il film di Gaspar Noé. Un invito a lasciarsi andare nel vuoto, trasportati da un flusso di immagini, luci e colori in un viaggio al termine della vita tra presente e passato. Un passaggio che viviamo insieme ad Oscar attraverso una soggettiva forzata che è anche l' unico (o quasi) punto di vista che ci è concesso. Allucinato, allucinante, caleidoscopico, psicotropo, provocatorio, sperimentale. Sono tutti elementi che fanno parte di questa esperienza sensoriale che è Enter The Void e alla quale lo spettatore si deve concedere completamente perchè, in senso inverso, a lui poco o nulla viene concesso: Gaspar Noé prosegue sulla sua strada, spedito. Conduce il suo film con estrema sicurezza, non tanto nella direzione da seguire, quanto nella forma e nel linguaggio utilizzati che trasformano la visione, minuto dopo minuto, da stimolante ad eccessivamente estenuante. Ma il limite principale del film è la freddezza che si avverte nel complesso, una distanza che la muta soggettiva ininterrotta non fa che aumentare, rendendo davvero difficile partecipare emotivamente a quel che succede sotto lo sguardo impotente del trapassato protagonista. Solo i flashback risvegliano dal torpore emotivo e sono probabilmente i momenti migliori del film, forse perchè il punto di vista si sposta leggermente dietro il protagonista ed e come se ci trovassimo ad assistere ai suoi momenti più intimi e dolorosi sbirciando oltre la sua spalla. E' un peccato che questo non basti a mettere in equilibrio gli eccessi e le mancanze sulle quali Enter the Void è costruito, uno sperimentalismo spinto tanto al limite da risultare fine a se stesso. Ma mai come con film così, tutto dipende da quello che ognuno è capace di percepire una volta deciso di lasciarsi andare al Vuoto di Noé.
I was drifting, crying I was looking for an island I was slipping under I'll pull the devil down with me one way or another
I'm out of my mind; think you can wait? I'm way off the line; think you can wait?
We've been running a sleepless run Been away from the baby way too long We've been holding a good night gone We've been losing our exits one by one
I'm out of my mind; think you can wait? I'm way off the line; think you can wait?
Did I? (All I have is all) Think you can wait? Did I? (All I have is all) Think you can wait?
What I'm thinking is simple I'll sell apples and ice water at the temple I won't make trouble I'll pull the devil down with me one way or another
We've been running a sleepless run Been away from the baby way too long We've been holding a good night gone We've been losing our exits one by one
I'll try. I'll try, but I couldn't be better. (All I have is all) I'll try, but I couldn't be better. (All I have is all) I'll try, but I couldn't be better. (All I have is all)
Dopo una settimana ricca di uscite, non poteva che giungere una puntata ricca di recensioni: Enter the Void, Monsters e Mosse Vincenti. Due sorprese ed una delusione. Al cinema, l'antipasto natalizio e l'antidoto anti cinepanettone sono il nuovo Sherlock Holems di Guy Ritchie, Le Idi di Marzo di Clooney e Il Gatto con gli Stivali della Dreamworks. Le uscite home video non sono da meno con alcuni acquisti obbligati (I Sospiri del Mio Cuore, Picnic a Hanging Rock e This is England) e alcuni solo per curiosi e appassionati (Captain America, Bad Teacher e Troll Hunter). Tutta 'sta roba, online qui.
Giunto a metà stagione, il CINEQUIZ si prende una pausa. Vi aspetto di nuovo qui, pronti ed agguerriti, giovedì 2 febbraio 2012. E adesso datevi da fare!!!
Secondo frame tutto per voi!
Soluzione: ESSI VIVONO Vincitore: Jived
Classifica: Jived - pt. 13 Tob - pt. 7 Beld - pt. 3 Falketta - pt. 3 Para - pt. 3 frenzmag - pt. 2 Hawke - pt. 2
TITOLO ORIGINALE: WILFRED TITOLO ITALIANO: N.D. NUMERO EPISODI: 13
-TRAMA-
Giovane disoccupato tenta maldestramente il suicidio fallendo miseramente. All' indomani dell' insano gesto inizia a vedere uno strano uomo con un costume da cane che scopre essere per davvero un cane. O meglio, tutti lo vedono come un cane tranne lui che ci può anche parlare come se fosse una qualsiasi altra persona. Tra i due nasce uno strano rapporto d' amicizia.
-COMMENTO-
Wilfred sembra essere stata partorita dalle menti di Spike Jonze o Charlie Kaufman ma in realtà è l' adattamento americano di uno show made in Australia. L' idea di base ha del folle e del geniale allo stesso tempo: un uomo qualsiasi inizia uno stranissimo rapporto d' amicizia con un cane che solo lui è in grado di vedere come un uomo con indosso un costume peloso con tanto di orecchie, e con una passione piuttosto marcata per la cannabis. Tutta la serie si basa su questo strano rapporto tra Wilfred (il cane) e Ryan (interpretato da un bravo Elija Wood) dove il primo domina il secondo mettendolo, spesso in maniera brutale e ingannatoria, di fronte ai suoi limiti, difetti e debolezze. Ciò che però risulta davvero azzeccato è quel dubbio che si insinua nello spettatore sulle reali intenzioni di Wilfred, spesso mosso da puro egoismo piuttosto che dal desiderio di aiutare il prossimo (si tratta pur sempre di un animale!). Un' ambiguità che poi si riflette sulla natura stessa di Wilfred: reale? Allucinazione da stupefacenti? Follia? La serie arriva a suggerire delle risposte senza però darne una precisa, lasciando alla season finale il compito di sottolineare maggiormente questa incognita. Nonostante l' impatto positivo e la piacevole visione degli episodi, rimane però il dubbio che la serie non sappia bene dove andare e che ci si trovi sempre davanti ad uno schema narrativo che si ripete arrivando ad essere anche un po' stancante. Alla seconda stagione il compito di far sparire questi dubbi o meno.
-DVD / BLURAY-
Ancora in attesa che la serie venga trasmessa su qualche canale italiano, al momento non esiste un edizione europea mentre in America è possibile acquistare la serie in DVD o Bluray qui.
Un gruppo di studenti universitari sta girando un documentario su di un possibile cacciatore di frodo. Decisi a seguirlo e a coglierlo sul fatto finiscono per scoprire la sua vera attività, una sorta di guardia forestale per conto dello Stato che si occupa di cacciare e tenere arginati nelle loro riserve i Troll. Anche la Norvegia si getta nel mockumentary, genere che negli ultimi anni sta davvero spopolando con risultati non sempre esaltanti. Questo Troll Hunter di André Øvredal si piazza, diciamo, a metà di una ipotetica scala di valutazione: quello che gli impedisce di essere un film più che sufficiente è forse una sceneggiatura buttata un po' li che semplifica eccessivamente certi passaggi. Verissimo che una didascalia ci avvisa che quello che stiamo per vedere è un montato del totale girato dai ragazzi, ma è davvero difficile digerire certi passaggi narrativi (la semplicità con la quale due degli studenti si lasciano alle spalle il cameraman appena perduto, ad esempio) nonchè lo stra-abusato espediente del filmato ritrovato che di originale ha veramente il nulla assoluto. Detto questo però non si può che appaludire per una realizzazione tecnica davvero notevole. Si sa, la regia in questo tipo di film ha pregi e difetti, le riprese "reali" spesso per necessità narrative non sembrano tali ma l'effetto è convincente sopratutto perchè rispetto ad altri film come Blair Witch Project (il paragone viene naturale visto che molte sequenze sono girate nel buio di una foresta) si mostra tutto invece di nascondere: i troll sono imponenti, addirittura giganteschi e realizzati davvero bene rispettando, nelle fattezze, l' immaginario fantastico e favolistico norveggese. Ottimo anche il personaggio del cacciatore, triste, disilluso, solitario, che si affida alla telecamera dei ragazzi un po' per far sapere a tutti cosa il Governo lo ha costretto a fare ed un po' per liberarsi la coscienza. E forse mi sbaglierò ma Øvredal si diverte un bel po' a ridicolizzare Governo e autorità, valore aggiunto ma non elemento portante di un film che vale comunque la pena scoprire.
In un prossimo futuro, per soddisfare il sempre più crescente desiderio di brutalità e violenza del pubblico, gli incontri di boxe non verranno più disputati da degli atleti in carne e ossa ma da robot costruiti appositamente per combattere sul ring. Liberamente tratto dal racconto "Steel" di Richard Matheson, il film di Shawn Levy si allontana presto dalle tematiche del testo originale e la cornice fantascientifica diventa il background ideale per una storia di riscatto personale che si rifà, senza neanche provare a nascondersi, a film come Rocky e Over the Top. Ovunque si parli di Real Steel, l' accostamento con il film di Stallone e quello di Golan nasce spontaneo e d' altronde, la storia di un ex pugile riciclatosi come "manager" di combattenti robot che cerca di costruire un legame con il figlio undicenne che non ha mai conosciuto, a cos'altro potrebbe far pensare? Sensazioni di deja-vu a parte, Real Steel non è un brutto film perlomeno non nella misura che ci si potrebbe aspettare da una pellicola molto semplice, quasi basilare, nel trattare con tanta retorica tematiche come la rivincita personale attraverso lo sport ed il rapporto padre-figlio. Detto questo però, gli effetti speciali sono ben fatti e ben integrati nel contesto e come ha insegnato Super 8, anche se in misura nettamente inferiore, questo pescare dal passato non è una cosa tanto sbagliata alla fine, e sempre meglio di rifugiarsi con insistenza nel tunnel dei remake.
Swinging in the backyard Pull up in your fast car Whistling my name
Open up a beer And you say get over here And play a video game
I'm in his favorite sun dress Watching me get undressed Take that body downtown
I say you the bestest Lean in for a big kiss Put his favorite perfume on
Go play a video game
It's you, it's you, it's all for you Everything I do I tell you all the time Heaven is a place on earth with you Tell me all the things you want to do I heard that you like the bad girls Honey, is that true? It's better than I ever even knew They say that the world was built for two Only worth living if somebody is loving you Baby now you do
Singing in the old bars Swinging with the old stars Living for the fame
Kissing in the blue dark Playing pool and wild darts Video games
He holds me in his big arms Drunk and I am seeing stars This is all I think of
Watching all our friends fall In and out of Old Paul's This is my idea of fun Playing video games
It's you, it's you, it's all for you Everything I do I tell you all the time Heaven is a place on earth with you Tell me all the things you want to do I heard that you like the bad girls Honey, is that true? It's better than I ever even knew They say that the world was built for two Only worth living if somebody is loving you Baby now you do
Now you do Now you do Now you do Now you do Now you do Now you do
It's you, it's you, it's all for you Everything I do I tell you all the time Heaven is a place on earth with you Tell me all the things you want to do I heard that you like the bad girls Honey, is that true? It's better than I ever even knew They say that the world was built for two Only worth living if somebody is loving you Baby now you do
Robot di menare con Real Steel di Shawn Levy. Settimana ricchissima in sala con Enter The Void, Monsters, The Artist e l' indipendente Mosse Vincenti. Uscita evento per l' home video con Clerks di Kevin Smith seguito da Detective Dee e At The End Of The Day. Online qui.
Nella piccola cittadina di Pontypool sembra una mattinata fredda e nevosa come tante, anche per lo speaker radiofonico Grant Mazzy. Ma da li a pochi minuti dall' inizio delle trasmissioni si trova tra le mani la notizia di scontri violenti scoppiati a pochi chilometri dall' emittente, riconducibili al diffondersi di un epidemia che si trasmette attraverso le parole. Nel corso degli anni, lo zombie movie è stato soggetto a numerose varianti ed interpretazioni, ma mai si era arrivati ad attribuire l' outbreak epidemico a delle singole parole infette che si insinuano nella mente delle persone creando un loop infinito che porta alla follia il contagiato. Un' idea assurda ma per nulla campata per aria. La sceneggiatura di Tony Burgess si rifà infatti allo studio della memetica, il modo in cui, dalle idee fino alle singole parole, vengono trasmesse da individuo ad individuo assimilandone in maniera inconscia anche il significato. Non appare perciò tanto ridicola l' idea di base del film se si considera la maniera "virale" con la quale si diffonde il linguaggio, e forse la tematica sarebbe stata di maggiore impatto se si fosse evitato uno spiegone che arriva poco dopo metà film, francamente di troppo. E' bene sottolineare che il film di Bruce McDonald è ben lontano dall' essere perfetto ma il regista riesce nell' impresa di utilizzare i pochi mezzi e i pochi spazi per generare un inquietudine sottile ma fastidiosa, di appellarsi alla violenza in maniera isolata ma improvvisa ed efficace, di suggerire con ironia che la caduta dell' impero culturale occidentale arriverà attraverso la lingua più diffusa (nel film è solo l' inglese ad essere infetto), attraverso le parole più comuni che si usano quotidianamente. Un film imperfetto, ripeto, ma ugualmente originale e stimolante.
A volte basta anche un solo un piccolo particolare fuori posto per far emergere tutta la fragilità della superficie sulla quale i vari elementi del film cercano di stare in equilibrio. E quel singolo dettaglio rischia di innescare una reazione a catena difficile da contenere. Hanna di Joe Wright è un film che impatta sullo spettatore con la forza di una valanga: si inizia con un incipit perfetto dove nel giro di una manciata di minuti si delinea il personaggio principale (Saoirse Ronan), un' adolescente cresciuta ed addestrata come un killer perfetto, da un padre che vuole proteggerla da chi cercherà di ucciderla appena scoprirà della sua esistenza, un algida Cate Blanchet nel ruolo di una spietatissima agente governativo. Joe Wright, che non ha mai nascosto il suo talento neanche in film di tutt'altro tenore come Orgoglio & Pregiudizio o Espiazione, fa un lavoro di regia davvero notevole (il lungo piano sequenza alla stazione della metropolitana) che, unito alla colonna sonora dei Chemical Brothers, si trasforma in un impianto audio/visivo solidissimo in cui immagini e suoni diventano un tutt'uno. Ma come accade fin troppo spesso, i problemi cominciano quando la scrittura viene messa pian piano in secondo piano ritrovandosi a dover tirare le fila di una storia, e dei personaggi che ci ruotano intorno (che tra principali e secondari qui sono forse troppi), in maniera fin troppo frettolosa, ricorrendo a soluzioni narrative anche prive di qualsiasi coerenza. Una leggerezza ingiustificabile che, per un film capace di abbracciare azione adrenalinica e momenti intimi e introspettivi, significa scavarsi la fossa da solo. Per fortuna non di caderci dentro.
Questo è il vero Scontro Tra Titani! Non me ne voglia Louis Leterrier, che le sue cosucce carine le ha fatte, ma il suo progetto non era un buon remake figuriamoci un buon film, mentre quello di Tarsem Singh, pur non essendo da grandi lodi, si lascia comunque apprezzare. A differenze del suo collega francese, il regista indiano riesce a trovare un giusto compromesso tra le necessità commerciali e le sue esigenze artistiche partendo proprio proprio dall' elemento che più fa discutere ultimamente, il 3D. Tarsem utilizza la tecnologia stereoscopica non per esaltare la spettacolarità ma per dare ulteriore spessore e profondità al quadro con un effetto di "distacco" tra primo e secondo piano, tra i personaggi e le scenografie. In questo aiuta certamente anche l' attento uso dei colori e delle tonalità tanto nei costumi che negli ambienti, particolare al quale il regista ci ha ben abituato con i suoi precedenti lavori. L' immagine prima di tutto insomma, ed anche se più di una volta viene da pensare che ci si trova di fronte ad un nuovo 300, l' impronta personale di Tarsem è sempre in evidenza ed anche l' uso dei ralenty ha la sua precisa funzione, ben diversa da quella che è diventata la firma di Zack Snyder. Di contro però non si può non notare una fin troppo evidente superficialità di scrittura che, se da un lato si dimostra particolarmente ispirata nel riscrive alcuni episodi della mitologia, dall' altra si avvicina appena ai personaggi, ne sfiora la superficie lasciando davvero poco allo spettatore. L' unica eccezione è quella del villain, Iperione, che da la possibilità a Mickey Rourke di giganteggiare, come sempre.
Her hair is harlow gold, Her lips sweet surprise Her hands are never cold She's got Bette Davis eyes She'll turn her music on You won't have to think twice She's pure as New York snow She got Bette Davis eyes
And she'll tease you She'll unease you All the better just to please you She's precocious And she knows just what it Takes to make a pro blush She got Greta Garbo stand off sighs, She's got Bette Davis eyes
She'll let you take her home It whets her appetite She'll lay you on her throne She got Bette Davis eyes She'll take a tumble on you Roll you like you were dice Until you come out blue She's got Bette Davis eyes
She'll expose you When she snows you Off your feet with the crumbs she throws you She's ferocious And she knows just what it Takes to make a pro blush All the boys think she's a spy, She's got Bette Davis eyes
And she'll tease you She'll unease you All the better just to please you She's precocious And she knows just what it Takes to make a pro blush All the boys think she's a spy, She's got Bette Davis eyes
She'll tease you She'll unease you Just to please you She's got Bette Davis eyes She'll expose you When she snows you
Questa settimana vi parliamo del nuovo film di Tarsem, Immortals, ma sono state soprattutto le uscite home video a spingerci a recuperare Hanna e Pontypool. In sala arriva il nuovo Allen ed una manciata di film italiani tra cui uno con Fabio Volo che, se fosse per me, lo prenderei a badilate dalla mattina alla sera. Armatevi di badile quindi e venite a leggerci qui.