Brad Anderson è tra le altre cose regista de L' Uomo Senza Sonno, un film dove si affrontavano tematiche quali il rimosso ed il senso di colpa, in un viaggio allucinato tra sogno e realtà il cui protagonista assoluto era uno scheletrico ma bravissimo Christina Bale. Vanishing on 7th Street è tutta un' altra cosa: primo perchè non c'è un attorone come Bale ma il ben più modesto Hayden Christensen, secondo perchè pecca pesantemente in originalità male che, purtroppo, colpisce gran parte del cinema horror odierno. Il film si apre in un multiplex dove un proiezionista, tra un cambio di pizza e l'altro si dedica a letture culturali. All' improvviso le luci si spengono ed insieme all' elettricità scompaiono anche tutte le persone delle quali rimangono in terra solo i vestiti. L' evento non è circoscritto solo al cinema ma a tutto il mondo, immerso in un' oscurità minacciosa che sta giorno dopo giorno riducendo anche la presenza della luce solare. L' atavica paura del buio è certamente un punto di partenza anche convincente per il film di Anderson che punta fin dalla prima sequenza a creare una certa tensione con un' atmosfera apocalittica che ricorda un po' Io Sono Leggenda e molto lo Shyamalan di E Venne il Giorno. I problemi nascono quando questo pescare a destra e a manca non riesce più a coprire il fatto che Vanishing on 7th Street non sa dove andare a parare con il suo smarrito manipolo di superstiti che si arrovellano tra teorie religiose, dilemmi esistenziali e tanta retorica. Il buio cos'è, cosa rappresenta? La fine o un nuovo inizio? Le risposte non arriveranno ne si avrà voglia di cercarle a visione ultimata dove ci si chiederà più che altro perchè insistere nell' animare l' oscurità con ombre e sagome utilizzando una computer grafica neanche tanto ben "integrata" con il resto. Il buio, caro Anderson, è già abbastanza spaventoso ed inquietante di per se.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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