...ci lasciamo alle spalle un anno pesante e grosso modo negativo, iniziato in salita della quale ancora non si vede la relativa discesa. Ma siamo ancora qua, positivi nell' animo e pronti a ripartire carichi e motivati. Il giusto spirito con il quale desidero spingere anche WELTALL'S WOR(L)D per i prossimi 12 mesi a venire. Non resta quindi che augurarvi un
Far over the Misty Mountains rise Leave us standing upon the heights What was before, we see once more Our kingdom a distant light Fiery mountain beneath the moon The words unspoken, we’ll be there soon For home a song that echoes on And all who find us will know the tune Some folk we never forget Some kind we never forgive Haven’t seen the back of us yet We’ll fight as long as we live All eyes on the hidden door To the Lonely Mountain borne We’ll ride in the gathering storm Until we get our long-forgotten gold We lay under the Misty Mountains cold In slumbers deep and dreams of gold We must awake, our lives to make And in the darkness a torch we hold From long ago when lanterns burned Till this day our hearts have yearned Her fate unknown the Arkenstone What was stolen must be returned We must awake and make the day To find a song for heart and soul Some folk we never forget Some kind we never forgive Haven’t seen the end of it yet We’ll fight as long as we live All eyes on the hidden door To the Lonely Mountain borne We’ll ride in the gathering storm Until we get our long-forgotten gold Far away from Misty Mountains cold.
Una volta entrati in contatto con il potere dell' Unico Anello, l' unica cosa che rimane da fare è dirigersi ai Porti Grigi per lasciare la Terra di Mezzo. Ed un po' come per i personaggi di Tolkien, anche per Peter Jackson deve essere stato lo stesso alla fine del colossale lavoro per portare sul grande schermo la trilogia de Il Signore degli Anelli, la necessità di prenderne le distanze e dedicarsi ad altro, smentendo a più riprese la sua intenzione di dedicarsi alla trasposizione de Lo Hobbit. Dopo due film personalissimi però (King Kong e Amabili Resti) la possibilità di prendere in mano le redini di un progetto tanto atteso dai fan si sono fatte molto più concrete e, insieme al suo collaudato team creativo, il regista neozelandese ha messo in moto la sua macchina produttiva trovando in Guillermo Del Toro l' uomo giusto da mettere dietro la macchina da presa per le due pellicole previste nelle quali si sarebbero dovute dividere le gesta di Bilbo, Gandalf e i nani. Poi tutto cambia: Del Toro abbandona la produzione e, per non far naufragare il tutto, Peter Jackson fa marcia indietro e si fa carico della regia. Tutti tirano un sospiro di sollievo. I film da due diventano tre. Tutti, sentendo puzza di mera operazione commerciale, storcono il naso. Con delle premesse così rimaneva sempre un sospeso timore di trovarsi di fronte a qualcosa di non voluto, di sbagliato. Qualcosa che potesse in qualche modo intaccare la figura di un autore le cui visioni e passioni l' hanno portato a rischiare tutto, anche la salute. Considerazioni di questo tipo hanno portano anche a sottovalutare Peter Jackson e non si potreva fare davvero cosa più sbagliata. Il motivo è presto detto: Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato è davvero un bel film che alterna momenti dal grande respiro epico ad altri che sembrano attingere direttamente a quelle atmosfere da favola che si respirano nel libro di Tolkien. E a tal proposito bisogna chiarire bene una cosa: questo non è, così come Il Signore degli Anelli, Lo Hobbit di Tolkien. Questo è Lo Hobbit di Peter Jackson. E' una cosa banale ma che si fa in fretta a dimenticare rischiando di perdere parte del fascino dell' opera cercando le differenze con la carta stampata. Jackson si prende le sue (grosse) libertà con lo scopo di creare un' opera di grande respiro che si integri perfettamente con la trilogia precedente e non lo fa con delle "invenzioni" fini a se stesse ma, da fino conoscitore del lavoro tolkeniano, pesca a piene mani dalla sua mitologia con la precisione di un cultore e non con la mera avidità di uno sciacallo. Ne risulta un film curato nel dettaglio con una precisione maniacale, nel quale si cerca il giusto compromesso tra la componente narrativa e la spettacolarità nella quale Peter Jackson può finalmente dare sfogo a tutto il suo talento (arrivando ad autocitarsi un paio di volte) anche se, a sequenze grandiose come l' attacco di Smaug a Ereborn o la battaglia alle porte di Moria, quella che più risalta e il gioco ad enigmi che il protagonista Bilbo (un grande Martin Freeman) intavola con Gollum per aver salva la vita. Nonostante le ottime sensazioni ricevute portino a sbilanciarsi, è necessario però trattenere il proprio giudizio il più possibile in quanto Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato è solo la prima parte di un progetto che potremo definire concluso, e quindi valutabile nel suo complesso, solo nel 2014. Per il momento il viaggio è cominciato sul giusto sentiero. Recensione già pubblicata su CINE20.
E si, perchè qui si chiude per un paio di giorni, giusto il tempo di festeggiare il Natale in famiglia e poi si riprende proprio con la recensione del nuovo film di Peter Jackson (se non volete aspettare potete già leggerla qui) e altre cosette. Nel frattempo non posso che lasciarvi i miei migliori auguri
C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour C'est long et c'est court Ça dure toujours On s'en souvient On se dit qu'à vingt ans On est le roi du monde Et qu'éternellement Il y aura dans nos yeux Tout le ciel bleu C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour Ça vous met au cur Beaucoup de chaleur Et de bonheur Un beau jour c'est l'amour Et le cur bat plus vite Car la vie suit son cours Et l'on est tout heureux D'être amoureux C'est le temps de l'amour Le temps des copains Et de l'aventure Quand le temps va et vient On ne pense à rien Malgré ses blessures Car le temps de l'amour C'est long et c'est court Ça dure toujours On s'en souvient
Puntata natalizia, il che significa un bel riassunto delle uscite delle prossime settimane curato da me e da Kusa che per le feste non staremo certo attaccati al PC (ma vi vogliamo bene uguale). Ne risulta che le cose migliori da andare a vedere assolutamente sembrano essere il nuovo di Ang Lee, Vita di Pi, e The Master di Paul Thomas Anderson. Ci sono altre cosine interessanti ma scopritele da voi. Ma c'è anche la non certo inaspettata recensione de Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato, il ritorno in gran forma di Peter Jackson nella Terra di Mezzo. Volete fare u bel regalo per Natale? Esce Ribelle in Bluray. Online qui. Insieme ai nostri migliori auguri.
Anche volendo escludere l' importanza storica e sociale di una figura come il Maestro Ip, il successo commerciale del film a lui dedicato, Ip Man, è da ricercarsi soprattutto nella formula studiata in fase di produzione: un budget consistente, un ottimo cast tecnico e artistico ed un' attenzione particolare al lato puramente spettacolare del progetto, quello che riguarda le arti marziali. Con una base così, ma soprattutto con una storyline concentrata unicamente negli anni dell' invasione giapponese, non era difficile aspettarsi un seguito che arriva puntualmente con l 'aggiunta di un "2" al titolo originale e si concentra nel primo periodo in cui il Maestro si trasferì ad Hong Kong con la famiglia, per sfamare la quale inizia ad insegnare il Wing Chun entrando però in contrasto con i maestri delle altre scuole di kung fu e con i colonizzatori inglesi. "Squadra che vince non si cambia" ed ecco quindi Wilson Yip ancora saldamente al timone della regia, Donnie Yen nei panni di Ip Man e Sammo Hung, che nel precedente capitolo si era occupato esclusivamente dell' aspetto coreografico, questa volta interpreta anche il Maestro Hong, amico/rivale di Ip. L' incontro tra due pilastri del cinema d' arti marziali di Hong Kong ha fatto, fin dal trailer, da traino al film ma ha anche dato vita ad una delle sequenze di combattimento più belle ed esaltanti degli ultimi anni diventando, nonostante si violino una o due leggi della fisica, l' immagine stessa di questo seguito. Lo stesso non si può dire di quelle che vedono i due maestri confrontarsi con un campione di box inglese, per il semplice motivo che, tale confronto, mette in luce gli stessi limiti del film precedete forse in maniera anche più evidente. Edmond Wong, parte di quel team vincente di cui si parlava prima, scrive la sceneggiatura anche di questo seguito e con il minino sforzo possibile ricalca, con le dovute ed ovvie differenze, lo schema narrativo del precedente dove al posto degli invasori giapponesi troviamo gli inglesi. Lo scontro fisico tra kung fu e pugilato si configura quindi, ancora una volta, come uno scontro culturale, oriente contro occidente, anche se il ritratto che si fa dei sudditi di Sua Meastà risulta essere esageratamente macchiettistico. Non è un caso infatti che il film sia stato definito ironicamente un remake di Rocky IV, dove al posto degli spettri della Guerra Fredda troviamo il colonialismo, e anche se Ip Man 2 non raggiunge le vette kitsch del film di Stallone tanta superficialità e leggerezza fanno pensare ad un progetto quasi anacronistico. Ciò non di meno parliamo comunque di un gran film di arti marziali, minato da una scrittura che mira a compiacere (fin troppo) il pubblico cinese ma che non gli impedisce di riconfermare gli ottimi risultati di botteghino, piazzandosi però diversi passi indietro rispetto ad Ip Man. Recensione già pubblicata su i-filmsonline.
In una delle isole sulle coste del New England, una coppia di dodicenni, Sam e Suzie, si conoscono ad una recita, diventano amici di penna ed organizzano insieme una fuga. E' il 1965 e una delle più imponenti tempeste del secolo si sta per abbattere sull 'arcipelago. "Rassicurante". Questo è uno degli aggettivi che meglio descrive il cinema di Wes Anderson, isola felice collocata su coordinate conosciute, ricca di punti di riferimento confortanti e riconoscibili. Un cinema che forse ripete se stesso ma che cresce e si arricchisce ad ogni sua tappa. Un cinema di grandi nomi ma dall' anima incorruttibile ed indipendente. E' proprio per questi motivi che fin dai primi minuti di Moonrise Kingdom si ha la sensazione di essere tornati in un posto conosciuto eppure totalmente nuovo: la costruzione precisa, calcolata eppure così naturale, di ogni quadro e di ogni set, le carrellate, la palette di colori, la musica, i divi di Hollywood che scompaiono dietro i personaggi che interpretano, giovani esordienti che sembrano quasi attori navigati. Ed in mezzo a tutto questo si racconta, con i soliti toni da favola "andersoniana", accompagnato nella stesura della sceneggiatura dal figlio d' arte Roman Coppola, una delicata ed innocente storia d' amore raccontata dal colpo di fulmine alla fuga, reale e metaforica, di due preadolescenti, problematici ma estremamente maturi, da un mondo di adulti totalmente inadeguati al loro ruolo, elemento quest' ultimo che ritorna costantemente nel cinema del buon Wes, spesso caratterizzato da figure paterne mancate o fallimentari. Per accompagnarci in questo nostalgico viaggio nel tempo alla (ri)scoperta dell' innamoramento nella sua forma forse più universale, il regista americano si affida a "collaboratori" fidati come Bill Murray o Jason Swartzman arricchendo le sue scuderie con nomi del calibro di Frances McDormand, Tilda Swinton, Bruce Willis, Edward Norton (al suo ruolo migliore da anni) senza dimenticare i giovanissimi e semplicemente perfetti Jared Gilman e Kara Hayward nei panni di Sam e Suzie rispettivamente. Moonrise Kingdom si rivela così l 'ennesimo gioiello firmato Anderson diventando parte integrante di un universo cinematografico che non ha eguali, luogo magico come una spiaggia senza nome rifugio di due innamorati. Recensione già pubblicata su CINE20.
Once there was this kid who Got into an accident and couldn't come to school But when he finally came back His hair had turned from black into bright white He said that it was from when The cars had smashed him so hard Mmm Mmm Mmm Mmm Once there was this girl who Wouldn't go and change with the girls in the change room But when they finally made her They saw birthmarks all over her body She couldn't quite explain it They'd always just been there Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm
But both the girl and boy were glad Cause one kid had it worse than that Cause then there was this boy whose Parents made him come directly home right after school And when they went to their church They shook and lurched all over the church floor He couldn't quite explain it They'd always just gone there Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm Mmm
Inutile dirlo, la settantanovesima puntata di CINE20 è sotto il segno di Peter Jackson e del suo Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato, primo di una nuova trilogia che ci porterà nuovamente nella Terra di Mezzo. Ma oltre alle news curate dal buon Kusangi trovate la mia dichiarazione d' amore al cinema di Wes Anderson che qualcuno potrebbe anche chiamare "recensione di Moonrise Kingdom". Nei negozi arrivano il bellissimo La Collina dei Papaveri e la bomba I Mercenari 2. Correte a leggerci, senza indugi, qui.
Dopo essersi confrontato con il monumentale romanzo di Cormack McCarty, The Road, finendo forse schiacciato dal peso di un testo non facilissimo da trasporre sul grande schermo, John Hillcoat torna con un nuovo film ancora una volta tratto da un opera letteraria "La Contea Più Fradicia del Mondo" di Matt Bondurant. Ambientato nella contea di Franklin in Louisiana durante il proibizionismo alla fine degli anni '30, la storia racconta delle vicende realmente accadute riguardanti i fratelli Bondurant, parenti dell' autore, produttori e distributori di alcolici con il beneplacito delle forze dell' ordine locali. Tutto cambia quando un nuovo procuratore distrettuale decide di entrare nel giro portandosi dietro un ambiguo e spietato vice-sceriffo. Con un background così affascinante, già abbondantemente utilizzato in ambito cinematografico, ci si aspettava che Lawless imboccasse una strada precisa cosa che, con gran sorpresa ed una pizzico di disappunto non succede, anzi. Il film di John Hillcoat si ferma esattamente a metà, tra il più classico film di gangster ed il western. Rimane li, immobile, forse per l' incapacità del regista di dargli un' impronta decisa e riconoscibile. Si limita, a conti fatti, a svolgere il compito che gli viene assegnato senza che da questo emergano elementi che imprimano nella memoria questa o quella sequenza specifica, se si esclude una certa esplicitazione della violenza, spesso e volentieri insistita e dettagliata. Ma al di la di questi elementi, che possono far pensare a Lawless come ad un film piatto e trascurabile, vanno segnalate le cose che invece funzionano a dovere: tanto per cominciare la particolarità della ambientazione, che racconta il proibizionismo vissuto lontano dalle grandi città, in quelle piccole realtà di provincia dove era più facile nascondere le distillerie illegali e dove la violenza era prerogativa della Legge quanto del crimine. C'è poi una scrittura per lo schermo, parecchio azzeccata nei tempi, che rende la progressione narrativa incalzante e priva di letali momenti di stanca. Ultima, ma forse anche più importante, l' apporto dato dall' ottimo cast presente, partendo da un Gary Oldman po' troppo sacrificato a l' ennesima interpretazione "fisica" di Tom Hardy, dalla bella Jessica Castain fino ad un Guy Pierce trasformato in un villain cattivissimo e dall 'aspetto davvero inquietante. Recensione già pubblicata su CINE20.
Underneath the bridge The tarp has sprung a leak And the animals I've trapped Have all become my pets And I'm living off of grass And the drippings from the ceiling But it's ok to eat fish Cause they don't have any feelings Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Underneath the bridge The tarp has sprung a leak And the animals I've trapped Have all become my pets And I'm living off of grass And the drippings from the ceiling But it's ok to eat fish Cause they don't have any feelings Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm Something in the way Ummmmm Something in the way, yea Ummmmm
Per questa settantottesima puntata, la recensione di Lawless di John Hillcoat è accompagnata dalle uscite settimanali con l' arrivo in sala del nuovo film di Wes Anderson, Moonrise Kingdom, e quello della coppia Dayton/Faris, Ruby Sparks. Ricche le uscite per il mercato home video dove si segnalano la Director's Cut di C'era una Volta in America, Il Cavaliere oscuro - Il Ritorno e Cosmopolis. Tutto questo, a portata di click, qui.
Con una carriera abbastanza lunga e ricca, cominciata prima come sceneggiatore e poi passato alla regia, David Ayer si è concentrato nel raccontare il microcosmo urbano che si agita nei quartieri più "difficili" di Los Angeles, quelli delle minoranze afroamericane e messicane, i così detti ghetti dove ogni giorno è una guerra. Le forze dell' ordine hanno sempre un ruolo importante in questa giungla e Ayer le ha sempre tratteggiate al limite con la legalità come se fosse impossibile non sporcarsi le mani una volta che ci si è addentrati abbastanza in profondità in questo mondo. Basti pensare al poliziotto corrotto di Training Day o al reduce ossessionato dal voler entrare nel corpo di polizia di Harsh Times. Diversa invece è l' immagine dei protagonisti della sua ultima fatica, End of Watch, due poliziotti a tutto tondo fieri della divisa che portano e del loro ruolo nella società. Il primo impatto con il film è come una deflagrazione presa in pieno volto: un inseguimento in auto serratissimo, seguito dalla telecamere installata nella vettura della polizia, che finisce in una violenta sparatoria. Ci ritroviamo poi negli spogliatoi del distretto di polizia dove, armati di telecamera, i due protagonisti presentano brevemente se stessi, il loro ruolo, il loro equipaggiamento, con una devozione e precisione che rasenta il fanatismo. In pochi minuti insomma, il regista mette sul piatto gli ingredienti per un poliziesco nudo e crudo utilizzando, in maniera quasi inedita per il genere, l' espediente delle riprese in soggettiva. Ma con la stessa rapidità con la quale pone queste solidissime basi, altrettanto rapidamente le demolisce quando i punti di vista si moltiplicano esponenzialmente ed, oltre a quello dei due poliziotti, c'è anche quello dei criminali più una regia esterna (quella "ufficiale" di Ayer) a fare da collante. Rispetto ad una totale immersione nella vita di due poliziotti di pattuglia ci troviamo invece alle prese con film che si rivela piuttosto canonico, la cui regia ibrida non convince perchè rappresenta quasi una scelta dettata da una mancanza di coraggio nel condurre il progetto su di una strada ben precisa. Fortunatamente molta cura è stata riservata nel delineare i personaggi di Jake Gyllenhall e Michael Pena che, complici anche le loro ottime interpretazioni, riescono a rendere credibile il legame quasi fraterno che si instaura tra due uomini che rischiano la vita sulle strade ogni giorno. Non si può dire altrettanto della controparte, gli spietati membri ella gang messicana, personaggi troppo caricati da risultare addirittura sopra le righe, quasi delle macchiette. Fintanto che rimaniamo addosso (letteralmente, visto che portano due microcamere sulla divisa) ai due protagonisti, o all' interno dell' abitacolo della loro auto di servizio, End of Watch funziona alla grande. Quando la visuale si allarga su altri fronti (vita privata o, come si diceva, sottobosco criminale) il film perde la sua forza e si accosta a tante altre pellicole di genere adagiandosi su scelte narrative poco brillanti e che sanno di scontato e di già visto. Recensione già pubblicata su CINE20.
I heard you crying loud, All the way across town You've been searching for that someone, And it's me out on the prowl As you sit around feeling sorry for yourself Well, don't get lonely now And dry your whining eyes I'm just roaming for the moment Sleazin' my back yard so don't get so uptight You been thinking about ditching me No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around I heard it all before So don't knock down my door I'm a loser and a user so I don't need no accuser To try and flag me down because I know you're right So go do what you like Make sure you do it wise You may find out that your self-doubt means nothing was ever there You can't go forcing something if it's just not right No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around No time to search the world around Cause you know where I'll be found When I come around When I come around When I come around When I come around