Per fortuna ci sono registi come Takashi Miike, Kyoshi Kurosawa o Hideaki Anno, capaci di scrostare la facciata patinata che spesso il cinema giapponese applica nel rappresentare la società. Autori che non nascondono la testa sotto la sabbia anche quando c'è da mostrare quella realtà sotto gli occhi di tutti ma sulla quale si preferisce fare finta di niente, ignorarla. Anche Sono Shion rientra in questa schiera di registi e con il suo Noriko's Dinner Table prosegue ed amplifica il discorso iniziato con il suo precedente Suicide Club di cui è il seguito ideale. Per essere precisi, più che un seguito, Noriko's Dinner Table è il secondo capitolo di una trilogia e gli eventi narrati nel film si svolgono prima, dopo e durante Suicide Club. La protagonista è un adolescente di nome Noriko, stanca della sua vita in una piccola cittadina di periferia e desiderosa di trasferirsi a Tokyo per studiare. Trovando la sua decisione ostacolata dai pregiudizi del padre verso le ragazze di città, Noriko decide di fuggire a Tokyo per conoscere un gruppo di ragazze conosciute su di uno strano forum su internet. Pur collegando i due film attraverso il medesimo sito internet (indirizzo diverso ma dai medesimi contenuti) e dalle immagini prese dalla sequenza del suicidio di massa di 54 studentesse nella metropolitana di Tokyo, gli eventi seguono percorsi differenti ma su di una cosa Sono Shion è chiaro: il "Circolo dei Suicidi" non esiste. Nessuno spinge qualcuno a suicidarsi come nessuno invita qualcun'altro ad abbandonare e dimenticare la propria vita. Il male in questo caso è ancora più evidente quanto innominabile e risiede tanto all' interno del nucleo familiare quanto in ogni aspetto di una società alienata che spinge alla ricerca della propria personalità idealizzata, finendo per perdere se stessi e la propria felicità. Noriko's Dinner Table non è un film facile, sia per i suo contenuti che per la sua forma che predilige la voce narrante della protagonista per quasi tutta la sua lunga durata. Un film importante, primo passo decisivo verso quel Love Exposure, suo lavoro più completo e compatto, con il quale condivide la struttura a capitoli e un' intelligente modo di trattare tematiche scomode che caratterizza in positivo il suo cinema.
3 comments:
Ti odio Well, sei sempre un passo avanti a me! ^_^
Mi piace troppo venire nel tuo blog, trovo sempre qualcosa di interessante, grazie davvero.
Bello-bello-bello!! E non vedo l'ora di rivedere Love Exposure!!
@Testadicinema: eh eh eh! Sono io che ti ringrazio per avere la pazienza di passare sempre di qui ^__^
@Nick: sto ponderando un possibile acquisto ^__*
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