Wednesday, November 11, 2009

THE BLUE LIGHT o dell' "adolescenza distorta"

Generalmente un film che racconta di un' omicidio, soprattutto se perpetrato da un minorenne, porta con se parecchie riflessioni soprattutto se c'è nelle intenzioni del regista l'inserimento dell'atto criminale in un determinato contesto sociale, cosa che Yukio Ninagawa non mi sembra che faccia in questo suo The Blue Light. Anche il suicidio come "uscita di sicurezza" non mi sembra rappresenti un argomento abbastanza sviluppato da dare il giusto spessore al film. D' altronde il protagonista Shuuichi è un liceale come tanti, ha amici, frequenta le ragazze, ha i suoi spazi, un lavoro ed una madre e una sorella che ama molto. Ed è proprio per proteggere la sua famiglia che decide di uccidere il padrino, ubriaco molesto, che si è trasferito a casa loro nonostante il divorzio. Quello che lascia veramente perplessi è che non solo le motivazioni che lo trasformano in assassino sono piuttosto fiacche, ma il film assomiglia fin troppo al classico drammone giapponese quando invece ha gli elementi per essere tutt'altro. Invece di nascondersi dietro la solita regia piatta e le musiche piazzate ad arte, si sarebbe potuto sfruttare quello che il film nasconde sotto la superficie. Perchè grattando via tutto il superfluo (pure troppo per i miei gusti) sotto sotto rimane la figura disturbante di un ragazzo che lucidamente si documenta ed organizza un omicidio in piena regola, creandosi anche un alibi che lo scagioni. Una volta superato quel limite è solo l'assassino che rimane indipendentemente dalle motivazioni che l'hanno mosso. Insomma, Shuuichi è un piccolo bastardo che non vuole solo proteggere la madre e la sorella, ma vuole rimanere anche libero e impunito. E anche nel finale, nella sua decisione (abbondantemente anticipata fin dai primi minuti del film) di evitare le sue responsabilità prendendo quell' "uscita di sicurezza" di cui si parlava prima, non si intravede un desiderio di catarsi, quanto la più lucida e ragionata delle soluzioni, epilogo inevitabile inciso come un testamento su di un vecchio registratore. Insomma mi sembra che il film, nella sua superficialità, si prenda fin troppo sul serio nel rappresentare l'adolescenza come "età di mezzo" dove tutto è possibile, dove le responsabilità sono facilmente aggirabili, e visto il pubblico di giovani al quale si rivolge, fa specie notare i messaggi distorti (la polizia che lascia libero un potenziale pluriomicida? Ma dove diavolo si è mai visto?) che ne scaturiscono soprattutto in materia di suicidio, argomento piuttosto caldo in terra giapponese. Ma queste sono solo disquisizioni a livello teorico, pensieri estrapolati dal lato "sporco" della pellicola e percezioni del tutto personali (e forse sbagliate) che mi sono arrivate da un film che sembra voler farsi piacere a forza, e in un modo poco corretto, ad un pubblico adolescente.

4 comments:

Killo said...

Bella recensione...profonda...

Weltall said...

@Killo: diciamo che ci ho provato ^__^ E quel che ho scritto forse è più profondo del film stesso ^__^"

nicolacassa said...

Un'occasione sprecata, ma l'ho trovato interessante proprio per la sua ambiguità e falsità...

Weltall said...

@Nick: ma infatti credo che il problema sia mio e del modo in cui ho "percepito" il film ^__^"