"After REVOLVER"
Tuesday, October 31, 2006
This is confusion...
Con Lock, Stock ha stupito tutti. Con Snatch ha confermato il suo talento. Con il remake di "Travolti da un insolito destino" ha fatto un passo falso. E con questo suo ultimo "Revolver"? Il talentuoso Guy Ritchie si è perso per strada o ne ha semplicemente imboccato una nuova? Difficile, dopo aver visto il suo ultimo film, trovare una risposta a questa domanda, anche perchè risulta difficile mettere assieme tutte le idee, al fine di avere un quadro coerente del fiume di immagini che ti tempestano per quasi due ore. Una cosa è certa: Ritchie è diventato ambizioso. Se già con il remake della Wertmuller qualcosa si era intuito, con Revolver le sue manie di grandezza sono letteralmente sbattute in faccia allo spettatore. Nel voler puntare in alto non c'è niente di male naturalmente, il problema sorge però quando vai oltre le tue possibilità senza raggiungere niente: è allora che la caduta diventa lunga e dolorosa. Raccontare la trama del film è difficile: in linea di massima abbiamo un truffatore (Jason Statham) che si inguaia dopo aver ripulito un boss (Ray Liotta). Quello che segue è un pretenzioso tentativo di portare una semplice storia noir a vette più elevate citando tutto il citabile, da Tarantino a David Lynch(?!?). Se da un lato abbiamo delle ottime sequenze che ci ricordano quanto Guy Ritchie ci sappia fare dietro la macchina da presa, dall'altro abbiamo un continuo accavallarsi di sequenze scardinate dalla linearità del racconto, flashback, confronti interiori dei personaggi ecc. Il tutto si aggroviglia in maniera incomprensibile, lasciando alla fine del film un'acuta sensazione di stordimento. Sia ben chiaro che io apprezzo molto i film che ti fanno macinare il cervello anche a visione conclusa, che ti fanno riflettere, che ti fanno tirare le conclusioni senza imboccarti. Ma il troppo stroppia si sa, e qui è quasi impossibile raccapezzarsi, orientarsi, perchè manca qualsiasi appiglio o punto di riferimento: oltre all'aver intuito che il protagonista lotta interiormente con un altro suo "io" (forse il suo stesso ego) non si riesce a tirarne fuori altro ad una sola visione. Siccome apprezzo Guy Ritchie come regista, mi riprometto una seconda visione di questo suo film, e se in quell'occasione riuscirò a trovare il bandolo della matassa, prometto che cambierò il mio giudizio. In caso contrario...speriamo che il suo prossimo film ci faccia dimenticare questo.
Monday, October 30, 2006
THAT'S KITSCH!!!
IU-UUUUUUUUUH ^__________________^
Metti una domenica mattina a pranzo...Capitolo 3 - All my people right here, right now -
"Ecco Deiv, mio babbo Ioacheme e mia mamma basiti durante i preparativi"
"UNBELIVABLE!!!"
"Ancora Deiv, Rosuen e MeMedesimo"
"Nick pappuenda"
"Questa è tra le mie preferite ^____^"
"Eh si, il buon Deiv era proprio affamato"
"Un po' di serietà...e che diamine!!!"
"This is what you get, when you mess with us"
"^__________^"
Sunday, October 29, 2006
Miike's Yakuza Horror Theatre
Una volta tanto le frasi ad effetto delle fascette dei dvd non sono solo sparate pubblicitarie. Mi trovo infatti perfettamente d'accordo nel vedere Miike paragonato ad altri grandi registi, che come lui, hanno una visione del cinema molto personale, non facilmente assimilabile da quella parte di pubblico (la maggior parte a dir la verità) anestetizzato da blockbuster hollywoodiani e tv spazzatura. Se il Canada ha David Cronenberg e gli Stati Uniti (anche se ormai lavora solo coi francesi) David Lynch, il giappone ha Takashi Miike. Il regista nipponico si è dedicato, specialmente agli inizi della carriera, a film a sfondo yakuza (yakuza-eiga) riuscendo a non rimanere legato agli stereotipi del genere ma anzi, reinventandolo in più di un'occasione: primo film di Miike ad essere arrivato ad un festival cinematografico internazionela, Gozu ne è un esempio lampante. La storia racconta del capo banda Yakuza Ozaki, che da diverso tempo mostra segni di squilibrio mentale. Il Boss, preoccupato che questo possa in qualche modo danneggiare la sua posizione, decide di farlo eliminare. L'ingrato compito di portarlo nel luogo dove verrà ucciso (una discarica di Nagoya) spetta al giovane Minami, legato ad Ozaki da un profondo rispetto e forse da qualcosa di più. Ma qualcosa va storto durante il viaggio: una brusca frenata fa sbattere la testa ad Ozaki che muore sul colpo. Minami arriva sino a Nagoya e da un bar cerca di chiamare il suo boss. Ma è proprio qui che il corpo di Ozaki scompare e inizia per Minami un vero e proprio incubo. Trovare una semplice chiave di lettura per questo film non è affatto facile: La prima che mi viene in mente è legata al Karma o alla Legge causa-effetto, al Buddhismo e alla reincarnazione. Le azioni di Minami si svolgono in una sorta di dimensione sospesa, un limbo o meglio ancora un vero proprio inferno che assomiglia soltanto a Nagoya (a prova di questo c'è il fatto che non sappiamo come Minami sia arrivato in città, visto che la strada finiva nel nulla). Ed è qui che il giovane yakuza partecipa in maniera passiva e (forse) involontaria alla reincarnazione (la giovane donna che afferma di essere Ozaki) e alla sua rinascita (la nascita del "nuovo" Ozaki, dal ventre della stessa donna). La "Nagoya" di Gozu è popolata da strani individui ma due su tutti sembrano particolarmente legati alla natura stessa del film: la donna che gestisce la locanda, i cui seni non smettono di produrre latte, assurge quasi a figura materna e l'uomo-toro (Gozu appunto) che secerne uno strano liquido bianco dalla bocca, rappresenta forse la virilità e la fertilità maschile. In definitiva Minami causa la morte accidentale di Ozaki e lo stesso sarà l'artefice della sua resurrezione. Una seconda riflessione, che non sostituisce la prima ma anzi la integra, nasce dal nome dello sceneggiatore, tale Sakichi Sato, già screenwiter di Ichi the Killer: in questo film i personaggi principali vivono la loro sessualità in manierà ambigua e repressa, proprio come accade in Gozu. La pellicola lascia volutamente intendere che il rapporto tra Minami e Ozaki vada (o meglio vorrebbe andare) ben oltre il semplice rispetto e ammirazione. Circondato da personaggi strani (i tre avventori del bar travestiti da donne e la sua "guida" No'se) e ambigui (i gestori della locanda, fratello e sorella che giacciono nello stesso letto, il primo allattato dalla seconda), quando Minami scopre che il suo aniki è diventato una donna, qualsiasi freno inibitore viene meno e "partecipa" (diciamo così) fisicamente alla rinascita dell'Ozaki maschio. Considerando infine, che il buddhismo accetta e in certi casi santifica l'omosessualita, forse non siamo molto lontani dall'aver colto gli elementi cardine di questo film. Un'ultima considerazione la voglio dedicare alle splendide e inquietanti musiche di Koji Endo, che con stridii e distorsioni accentuano ancora di più le atmosfere da incubo del film.
Friday, October 27, 2006
"Chi stai chiamando?" - "L'unica persona di cui posso fidarmi"
"Il ritorno di Tony non poteva passare inosservato ai fan della serie..."
Un Manga con le PALLE
Thursday, October 26, 2006
The more you try to erase him, the more that he appears
- 1) The Eraser
2) Analyse
3) The Clock
4) Black Swan
5) Skip Divided
6) Atoms For Peace
7) And It Rained All Night
8) Harrowdown Hill
9) Cymbal Rush
A tre anni dall'uscita di Hail To The Thief, Thom York pubblica il suo primo album senza Radiohead pur affidandosi sempre al produttore Nigel Godrich. Il risultato è un album bellissimo le cui canzoni rimandano alle atmosfere elettroniche degli ultimi Radiohead, ma maggiormente minimaliste dal punto di vista degli arrangiamenti e dei virtuosismi vocali di Thom. Quarantacinque minuti di musica eccezionale per quello che è, a mio avviso, il disco più interessante del 2006. Da segnalare la presenza di Jonny Greenwood come musicista ospite e la splendida cover del disco disegnata da Stanley Donwood di cui posto qui sotto due foto:
"Front Cover"
"Back Cover"
HARROWDOWN HILL VIDEO CLIP
Wednesday, October 25, 2006
Di amicizia, amore e cuori infranti
Quando, terminata la visione di un film si ha la sensazione di aver colto qualcosa in più di quanto la pellicola lasci intendere, significa che ci troviamo di fronte ad un buon prodotto. Guardando un film come Hana & Alice la sensazione è proprio quella: come già dimostrato in Love Letters, la capacità del regista Shunji Iwari di catturare con la macchina da presa emozioni e sensazioni non espresse verbalmente, ha del prodigioso. Uno sguardo, un momento di silenzio, un pianto sordo possono trasmettere molto più di un diaologo prolisso e scontato. La storia di Hana & Alice è molto più lineare rispetto a quella di Love Letters, ma non per questo meno ricca di tante sfumature e spunti di riflessione. Hana e Alice sono due amiche molto unite, simili e allo stesso tempo profondamente diverse; questa diversità e data principalmente dal diverso background familiare da cui provengono. Le immagini che abbiamo della vita familiare delle due ragazze sono diametralmente opposte: mentre Hana sembra provenire da una famiglia unita, i genitori di Alice sono separati. Lei vive con la madre troppo presa dalle sue continue relazioni sentimentali, e frequenta il padre molto raramente ma ne è particolarmente legata. Le stesse case dove abitano riflettono queste condizioni: la casa di Hana è ordinata, pulita e letteralmente sommersa di fiori, mentre in quella di Alice regna un disordine assoluto. Nonostante rimangano legate dalla passione per il balletto, il legame tra le due ragazze si affievolisce quando dalle scuole medie passano alle superiori e si riavvicineranno quando Hana inventarà una bugia per uscire con un ragazzo che le piace e chiederà ad Alice di coprirla. La situazione degenererà qunado questo ignaro ragazzo si innamorerà di Alice. Quello che può sembrare un tipico film commedia/dramma a sfondo adolescenziale, si dimostra invece uno sguardo profondo e riflessivo su un'età difficile come l'adolescenza, dove amicizia, amore e delusioni non sono affatto argomenti scontati. Lo "sguardo" del regista, sempe puntato sui protagonisti, lascia allo spettatore la totale libertà di cogliere ogni sfumatura dell'essere adolescenti, del crescere, della capacità di uscire a testa alta da ogni fallimento, della necessità di trovare sempre la forza di riprovare (la scena del balletto dimostra quanto Alice, dopo vari insuccessi, abbia la necessità di dimostrare di cosa è capace) e dell'importanza di certi legami che sopravvivono nonostante tutto e nonostante tutti.
Tuesday, October 24, 2006
Do you fell a little sick?
Monday, October 23, 2006
Chinese Cinema RULES!!!
Says the Budda:
"He who's in Continuous Hell never dies.
Longevity is a big hardship in Continuous Hell"
Sunday, October 22, 2006
Miike knows what "happiness" means
Nel 1998 uscì nelle sale il film The Quite Family del regista coreano Kim Ji-woon. La pellicola narra la storia di una famiglia che trasferitasi in una casa in montagna, comincia un'attivita alberghiera. La morte per suicidio del loro primo cliente, li porterà a nasconderne il corpo per evitare che l'incidente possa in qualche modo incidere negativamente sulla loro attività. Immaginate adesso che qualche anno dopo un tale di nome Takashi Miike, abbia noleggiato questo film in vhs e una volta a casa abbia cominciato a guardarlo in un vecchio videoregistratore malfunzionante. Le immagini tutte disturbate e la riproduzione "a scatti" della videocassetta, insieme alla fervida immaginazione di Miike, diedero vita ad un'idea grandiosa: farne un remake in versione musical. Potrà sembrare pazzesco ma le cose sono andate veramente così. Inutile sottolineare la bravura con cui Miike costruisce la storia intorno ad un nucleo familiare tanto eccentrico quanto sgangherato e sul quale aleggia un alone di sventura. Se infatti non basta il fatto che la coesione tra i membri della famiglia sia messa in crisi dalle profonde differenze di ognuno, si aggiunge anche un'attività alberghiera che stenta a decollare, i clienti che muoiono uno dopo l'altro e un vulcano minaccioso in lontananza. Ma sarà proprio quando le difficoltà sembrano insormontabili che tutti insieme troveranno la forza di ribaltare le sorti di un destino infausto, di trovare giovamento da un'eruzione vulcanica e di scoprire infine cos'è la vera felicità. Dietro la macchina da presa, Miike ci lascia nuovamente senza parole: le sequenze musical sono veramente ben coreografate e girate splendidamente, per non parlare delle scene animate con la tecnica "passo uno". Per sopperire al limitato budget dei suoi film, il geniale regista si inventa sempre qualcosa: in questo caso le scene che avrebbero richiesto un maggiore utilizzo di effetti speciali e computer grafica, sono state sostituite da animazioni in stop motion con personaggi di plastilina. Esempio lampante è rappresentato dalla sequenza dell'eruzione vulcanica o dalla inquietante e divertente sequenza iniziale che vede un angelo(?) venire fuori da un piatto di minestra, strappare via l'ugola ad una commensale per finire mangiato da un corvo e poi rinascere. Bisogna dire che questa scena nulla ha a che vedere con il resto del film, ma anche questo è Miike e quel che fa non si discute.
"Copertina del DVD R2 edito dalla Tartan. Edizione eccellente, naturalmente già presente nella mia collezione ^____^"
TAKASHI MIIKE, questo sconosciuto...
A parte gli scherzi, Miike è a tutt'oggi il più prolifico e interessante regista giapponese a cui il Museo del Cinema di Torino ha dedicato una retrospettiva la scorsa primavera. In quell'occasione è stata presentata una bella monografia dell'editrice Il Castoro, di cui posto una foto della copertina:
Per chi volesse avventurasi subito alla scoperta dei suoi film, ecco un link con la sua filmografia in continuo aggiornamento: http://www.imdb.com/name/nm0586281/
Friday, October 20, 2006
Ma se per Jack è difficile, immaginate cosa è per gli spettatori...
"La nuova ora sta per cominciare..."
"...e gli animi sembrano calmi e pacati"
"Ma ecco che Jack comincia il suo inseguimento decisivo..."
"...e sopratutto i nuovi arrivati non riescono a trattenere l'emozione e le domande..."
"...Problema che viene prontamente risolto in via amichevole"
"La sequenza della liberazione di Heller è carica di pathos..."
"...e c'è chi viene colto da spasmi intestinali e crisi mistiche..."
"...Arrivando a fine visione devastato e lacerato nel profondo"
LUNGA VITA A PETORIA
Can't touch me!
Metti una domenica mattina a pranzo...Capitolo 2 Parte 3 di 3 - Strumenti&Preparazione -
"Tra gli strumenti non puo' mancare un super coltello..."
"...Con tanto di ideogrammi incisi"
"Ecco il Maestro che procede alla frittura"
"It' time for tempura!"
"La tavola inbandita, e gli ingordi sono i primi a farsi avanti"
"...ed ecco cosa c'è sull'altro tavolo"
Thursday, October 19, 2006
V for...WHAT?!?
Considerato il soggetto della pellicola le aspettative erano alte, ma moderate da profonde delusioni ricevute da altri adattamenti cinematografici delle opere di Moore (vedi il terribile La Leggenda degli Uomini Straordinari). Ad aumentare questa apprensione ci si sono messi un regista praticamente esordiente, tale James McTeigue, e i fratelli Wachowski (che non ringrazieremo mai abbastanza per Matrix e non odieremo mai abbastanza per Reloaded e Revolution) alla sceneggiatura ed alla produzione. Ma ecco riaffacciarsi timidamente un po' di ottimismo: il testo originale è pressochè perfetto e con i dovuti adattamenti per adeguarsi ai tempi cinematografici si può indubbiamente ricavare una bella sceneggiatura. Ma così non è stato. Se da un lato, i Wachowski dimostrano di conoscere bene e di apprezzare profondamente il materiale d'origine, dall'altro ne portano sullo schermo una versione rimaneggiata in vari punti del racconto, nella caratterizzazione dei personaggi, ma sopratutto nel significato. E' stato fatto sicuramente un gran lavoro per riuscire ad inserire tutte le tappe salienti dello svolgersi dela storia, seguendo fedelmente il filo narrativo del romanzo grafico. Di conseguenza sono stati inseriti tanti, troppi personaggi appena abbozzati di cui si fa anche difficoltà a ricordarne i nomi. Con grande rammarico, lo stesso personaggio di V è stato ridotto a mero vendicatore e non solo: forse nel maldestro tentativo di rendere più umano questo personaggio perennemente nascosto dietro una maschera, lo si è fatto prestare ad una ridicola scena "casalinga"(con tanto di grembiule) e ad una dichiarazione d'amore del tutto fuori luogo. Era così difficile rappresentarlo per quello che è? Se porta la maschera è proprio per ribadire il fatto che l'uomo che c'è dietro non è importante! Quello che conta è l'ideale che rappresenta, quella forza di ribellione e anarchia da troppo tempo sopita nel popolo Inglese. Il personaggio di Evey è forse il più fedele e Natalie Portman la interpreta in maniera splendida. La regia di McTeigue si dimostra piatte nei frangenti parlati (sono frequenti i monologhi del protagonista) e appena sufficiente in quelli più movimentati. Ennesima grande occasione sprecata insomma, ed il fatto che il nome di Alan Moore non compaia neanche nei titoli di coda, forse spiega il perchè di questo risultato.
Wednesday, October 18, 2006
"Remember, remember, the 5th of November"
In occasione dell'uscita nelle sale cinematografiche di V per Vendetta, la casa editrice Rizzoli ha pubblicato raccolta in un unico volume la graphic novel scritta da Alan Moore e illustrata da David LLoyd.
Terminata la lettura questo pomeriggio, lascio questo post per esprimere la mia assoluta soddisfazione su quest'opera adulta, complessa, profonda, oscura e inquietante. La storia, ambientata in un "passato alternativo", racconta di un mondo sconvolto da un'ennesima guerra mondiale. L'inghilterra in pieno periodo di instabilità, vede salire al potere un partito neo fascista che instaura un governo totalitario guidato dal Leader e dai suoi "organi" esecutivi, l'Occhio, l'Orecchio, il Dito. Dopo anni di regime fatti di epurazioni di minoranze in veri e propri campi di sterminio, la messa al bando di qualsiasi forma d'arte, un'uomo con indosso una mascera di Guy Fawkes (cospiratore cattolico che il 5 novembre del 1605 cercò di assassinare il protestante Re James, facendo espodere il Parlamento britannico) decide di risvegliare dal torpore il popolo e di permettergli di riacquistare la libertà.
Scritto benissimo e disegnato ancora meglio è un acquisto obbligato per chi vuole qualcosa in più dei classici comics americani.
Questa sera vedrò la trasposizione cinematografica nella speranza di non assistere ad uno scempio come già è successo per l'altra opera di Moore fatta a film, La Lega degli Straordinari Gentleman.
Tuesday, October 17, 2006
Metti una domenica mattina a pranzo...Capitolo 2 Parte 2 di 3 - Strumenti&Preparazione -
"Il maestro seziona la ventresca sotto il vigile sguardo di un giovane padawan"
"Ed ecco quasi pronta quella che Deiv ha definito una pappetta"
"Un'aggiunta di aceto di riso"
"Prima fase: si distende il riso sul foglio d'alga"
"Seconda fase: si aggiunge la pappetta"
"Terza fase: si arrotola il tutto con l'ausilio della stuoietta"
"Ed ecco il risultato"
"Si affetta il tutto..."
"Ecco la presentazione su vassoio"