Ci si ricorderà certo di come, appresa la notizia che J.J. Abrams si sarebbe occupato del reboot cinematografico di Star Trek, in tanti avevano sollevato qualche perplessità, in virtù anche delle dichiarazioni dello stesso regista che ammise di non essere esattamente un appassionato della lunga saga fantascientifica partorita dalla mente di Gene Roddenberry. Eppure, insieme al suo fidato e collaudatissimo team di collaboratori, Roberto Orci, Alex Kurtzman e Damon Lindelof, Abrams è riuscito miracolosamente a soddisfare i "trekkies" più esigenti e ad avvicinare ai viaggi della nave spaziale Enterprise anche chi di Star Trek ne aveva solo sentito parlare distrattamente. Formula semplice e geniale in fondo, quella di non negare anni e anni di serializzazione televisiva e lungometraggi cinematografici (ben 11) ma far ripartire le avventure di Kirk, Spock e soci per effetto di un paradosso temporale. L' ottima risposta del pubblico porta come conseguenza ad un seguito che, guidato dal medesimo team creativo, prosegue nella scrittura della nuova linea temporale "trekkiana" con un' attenzione meticolosa verso quella originale e classica, dai piccoli fino ai più macroscopici dettagli. Questa volta, l' equipaggio della USS Enteprise, si trova faccia a faccia con un nemico che attacca senza tanti scrupoli il cuore stesso della Federazione dando il via ad una caccia all' uomo che potrebbe degenerare in una guerra interplanetaria. Rispetto al primo film, dove la demarcazione buoni e cattivi era ben netta e precisa, in Into Darkness la squadra di scrittori pone le parti in gioco in una posizione decisamente ambigua il che volge decisamente a favore del complesso personaggio interpretato da Benedict Cumberbatch, l' aggiunta più importante e significativa in un cast rimasto pressoché invariato (si segnalano anche Peter Weller e Alice Eve). Ma, al di la che si possa essere fini conoscitori del vasto universo di Star Trek, Into Darkness è un film di fantascienza aperto a tutti, spinto senza freni in una ripidissima discesa, una corsa a rotta di collo traducibile in un ritmo forsennato dall' inizio alla fine, tenuto vivo dalla regia di Abrams che sembra non stancarsi mai di tenere la camera in movimento. Al di la di ogni più rosea aspettativa, soddisfacendo pienamente un hype montato ad arte come solo il creatore di Lost sa fare, il dodicesimo lungometraggio di Star Trek si configura come una conferma a tutto tondo nella speranza che, gli impegni presi da Abrams con un' altra fondamentale saga "stellare", non pregiudichino a questa la lunga vita e prosperità che merita.
1 comment:
ok. lo metto nella lista delle prossime visioni
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