Friday, June 07, 2013

Lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile

Impossibile ormai affrontare il discorso Paolo Sorrentino mantenendo una qualsiasi discussione su toni pacati e civili. La causa è da ricercarsi nella maniera in cui il regista italiano ha letteralmente diviso critici e cinefili, tra chi adora incondizionatamente il suo coerente percorso cinematografico e chi invece ne disprezza il manierismo sfacciato e quell'insistere su di una forma ricercata ma vuota. Escludendo a priori la comodità di piazzarsi nel mezzo della contesa, si potrebbe provare ad analizzare il suo cinema, ed il suo ultimo film La Grande Bellezza, dal punto di vista di chi il cinema lo ama a prescindere, senza avere dietro un' educazione precisa, senza conoscere i significati del linguaggio cinematografico. L' approccio insomma, di chi percepisce a pelle una bella sequenza, dal modo in cui si muove la macchina da presa o dal modo in cui la musica si sposa con le immagini. Perché, indipendentemente dall'importanza della forma, la storia di Jep Gambardella, scrittore con all'attivo un solo romanzo di successo scritto quarant'anni prima ed ora protagonista assoluto della mondanità capitolina, arriva con forza implacabile: diverte, inquieta, rattrista e commuove nel suo raccontare un microcosmo imbalsamato nel kitsch di feste interminabili in cima a terrazze che dominano Roma, e che rimugina su tutte le occasioni perdute. Ma La Grande Bellezza, tra alcuni momenti surreali e altri grotteschi, è anche un film che traccia un ritratto implacabile di una società decadente che trova nella Capitale un punto di riferimento per parlare dell' intero Paese, triste, annoiato, che in vent'anni ha saputo solo tirare i remi in barca e vivere di rendita, aggrappandosi all'arte, alla cultura e alla Fede, come avvoltoi su di un cadavere al quale è rimasto ben poco oltre alle ossa. Forse per questo una nave da crociera affondata diventa l' immagine più rappresentativa di un' Italia a cui non resta altro che trovare, come Jep, il coraggio di guardarsi indietro, ripercorrere i propri passi per trovare quel bandolo di una matassa che si è aggrovigliata su se stessa. Il punto preciso dove ci siamo persi e dove ricominciare, perchè "le radici sono importanti".

Recensione già pubblicata su CINE20.


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