16 Luglio 1988. Una violenta esplosione rade al suolo la città di Tokyo dando inizio alla terza Guerra Mondiale. Trent' anni dopo, sulle ceneri della vecchia capitale giapponese sorge Neo Tokyo, il cui skyline futuristico nasconde un malcontento che cresce e si agita nei suoi bassifondi dove la gente si ribella ed invoca a gran voce il ritorno di Akira, il salvatore. 16 Luglio 1988. Akira di Katsuhiro Otomo arriva nelle sale giapponesi con l' impatto di una violenta esplosione, la cui potenza scuote il mondo intero dell' animazione arrivando anche a svegliare da un lungo torpore perfino gli Stati Uniti e l' Europa, anche se con un paio d' anni di ritardo. Se fino a quel momento l' idea che si aveva dell' animazione giapponese arrivava unicamente dai prodotti seriali, trasmessi da circa un decennio nelle tv nazionali, e sul mercato la Disney dominava con i suoi Classici, Akira si impose come la prima vera alternativa, il "cartone animato" che mostra i denti ed uno sfarzo produttivo degno di un vero e proprio blockbuster. Infatti, per portare in sala il suo ambizioso progetto, Otomo riunisce ben dieci studi d' animazione (ribattezzati Akira Commettee) ed il risultato è un opera visivamente stupefacente, sia per la ricchezza di dettagli di ogni singolo quadro, che per il livello delle animazioni ancora lontane dall' intervento invasivo della computer grafica, usata qui in maniera davvero marginale. La storia, accompagnata delle musiche perfette e stranianti del collettivo musicale Geinoh Yamashirogumi, è un adattamento diretto del manga omonimo scritto e disegnato dallo stesso Otomo, ed è anche l' elemento dell' insieme che pone il film in una posizione difficile soprattutto nei confronti di un pubblico poco propenso a vedere accomunati animazione con atmosfere cupe e tematiche di un certo peso. C' è anche da dire che, rispetto al manga, dove la storia la storia poteva vantare un respiro più ampio ed un approfondimento maggiore su diversi personaggi secondari, il film risulta più asciutto, concentrato, essenziale ma non per questo sacrificato: nelle due ore di durata del lungometraggio, Otomo è riuscito comunque a mantenere intatto il "cuore" di Akira, il ritratto di un futuro che riflette un presente dove il progresso dell' uomo passa per la sua disumanizzazione, dove la società si frantuma e si sedimenta in strati in cui, i più deboli e gli emarginati, occupano quelli più bassi. Ma è anche la storia di due di questi reietti, Kaneda e Testsuo, praticamente fratelli ma messi l' uno contro l' altro dal destino. Il primo un leader nato, il secondo logorato da un complesso di inferiorità che lo renderà vittima del suo stesso delirio di onnipotenza. Rispetto alla sua versione cartacea quindi, il film sfiora il capolavoro ma, proprio grazie alla sua complessità e ricchezza di suggestioni (le mutazioni carne/metallo di Testsuo richiamano un po' il cyberpunk ma anche il cinema di Cronenberg), si può tranquillamente ascrivere tra quelle pellicole che non riescono ad invecchiare sopravvivendo alle decadi, che rimangono impresse a prescindere, anche quando non vengono comprese o vengono sminuite in maniera pregiudizievole.
"Il ricordo di Akira vive per sempre nei nostri cuori"
Recensione già pubblicata su I-FILMSonline.
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