Monday, February 18, 2013

"They think we're all gonna drown down here. But we ain't going nowhere."

Re della Terra Selvaggia (traballante adattamento dall' originale Beast of the Southern Wild) e la riflessione sul modo in cui il cinema rappresenta il dramma e la tragedia. Dovendosi spesso rivolgere ad un pubblico poco propenso a letture stratificate, ci si è adagiati con maggiore frequenza nella scelta più semplice e cioè quella di impattare direttamente con le emozioni più basilari, puntando alle lacrime senza passare mai dal cuore. Il film di Benh Zeitlin, straordinario esordio al lungometraggio che è riuscito a catturare le attenzioni del Sundance e dell 'Academy, sceglie fortunatamente strade differenti: senza mai tracciare precise coordinate spaziali o temporali, le immagini del film, l' acqua, il fango e le case sommerse, non possono che riportare alla memoria la morte e la distruzione che ha portato con se l' uragano Kathrina nel 2005, filtrate però attraverso il linguaggio della favola per raccontare la storia della piccola Hushpuppy che, insieme al padre, vive nella piccola comunità di Bathtube. Il villaggio, separato (o meglio, isolato) dal resto del mondo civilizzato da una diga, rischia di finire sommerso dall' innalzamento dei mari per il lento ma inesorabile disgelo delle calotte polari. Un evento di portata catastrofica che risveglia anche gli Aurochs, gigantesche creature preistoriche. Pur camminando sui territori del fantastico, il regista newyorkese riesce a cogliere in pieno il senso del disastro che ha colpito la Louisiana e New Orleans in particolare, la distruzione, la morte, la perdita, la rabbia, quel senso di impotenza nel vedere le proprie radici cancellate, nel vedersi strappati dalla propria vita mente il mondo intorno osserva, per lo più, in maniera fredda ed indifferente. Ed è in questo contesto che si svolge la formazione di Hushpuppy, seguita con burbera autorità da un padre severo ma amorevole che cerca con tutte le sue forze di prepararla al ruolo che dovrà assumere in una società in rovina quando lui non ci sarà più. Girato con un taglio quasi da documentario e avvalendosi di attori non professionisti, Zeitlin trova nella piccola Quvenzhané Wallis un talento naturale impressionante, una protagonista che ad appena nove anni si carica sulle spalle un film con una interpretazione capace di trasmettere la forza di chi lotta contro un' infanzia negata ed una innocenza perduta sotto metri di acqua.

Recensione già pubblicata su CINE20.

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