Il detective Manfred e l' Ispettore Kee sono due poliziotti le cui strade si incrociano per puro caso: mentre il primo indaga sull' omicidio di una prostituta, l' altro ha bisogno d' aiuto per trovare dei ragazzini che hanno rubato il cellulare ad uno dei suoi informatori. Nonostante le differenze di ruolo e di grado, tra i due si stabilisce subito una certa sintonia destinata però a trasformarsi in dubbi e sospetti quando Manfred scopre che dietro le azioni di Kee si celano fini tutt' altro che leciti. In Fire of Coscience non ci suono buoni e cattivi ma solo uomini di legge che camminano sul confine, a volte superandolo abbondantemente, che separa la giustizia dalla criminalità. Poliziotti consumati da un male oscuro radicato nella sfiducia verso il sistema o in un inestinguibile desiderio di vendetta. Lam, che anche questa volta scrive di suo pugno la storia, non rinuncia ad un approccio narrativo ermetico fin dai (bei) titoli di testa, mettendo pian pianino ogni tassello al proprio posto lasciando che trama e personaggi si sviluppino di pari passo. Narrazione in funzione dei personaggi insomma, senza dimenticarci quel che il genere richiede, quello che il pubblico si aspetta da un action di Hong Kong firmato Dante Lam: inseguimenti, sparatorie, esplosioni inserite in una onnipresente ed evocativa cornice urbana. In virtù di quanto scritto sopra e tenendo ben presente che il regista honkonghese non riesce ad evitare alcuni scivoloni sopratutto nel finale, Fire of Coscience può essere considerato a tutti gli effetti come un potenziale punto di riferimento della sua recente filmografia. Rispetto ai suoi lavori precedenti infatti (The Beast Stalker e The Sniper), le singole parti sono complementari le une con le altre rendendo il risultato finale molto più solido e coeso.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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