Il giovane commissario di polizia Tong, nel tentativo di catturare un fuggitivo, finisce per ferire a morte un innocente. Distrutto dal senso di colpa cerca la redenzione nella caccia disperata al rapitore della figlia di un avvocato di pubblica accusa, impegnata nel far condannare per omicidio un rapinatore. Nel panorama cinematografico di Hong Kong, l' action poliziesco ha da qualche anno a questa parte un nuovo e importante nome di riferimento (stando perlomeno ai risultati di botteghino) quello di Dante Lam. Ad un pubblico attento ed esigente però, questo Beast Stalker mostra subito il fianco portando in superficie un neo abbastanza evidente, la scrittura. Spesso autore della storia piuttosto che della sceneggiatura, il regista honkonghese predilige racconti articolati, fitti intrecci tra personaggi spesso molto forzati se non proprio ingenui. In Beast Stalker ad esempio, un terrificante incidente d' auto (tra l' altro la sequenza anche più spettacolare del film) coinvolge tutti una serie di personaggi già di per se connessi su altri livelli narrativi. Destino o tragica coincidenza insomma non bastano certo a giustificare un tentativo di rendere una storia poliziesca più intricata di quello che dovrebbe essere. Questo perchè, mano a mano che la matassa si dipana, quel che rimane è un modo di fare cinema di genere piuttosto semplice (e non in senso negativo), anche brutale e senza sconti. Un cinema fatto sopratutto di personaggi, di uomini che hanno ben poco da perdere, poliziotti tormentati dai sensi di colpa, criminali portati al limite e disposti a tutto,“buoni” e “cattivi” con i quali si empatizza anche se sviluppati forse in maniera troppo superficiale. Nonostante i suoi difetti insomma, The Beast Stalker può essere considerato un buon punto di partenza per avvicinarsi al cinema di Dante Lam e per osservarne lo sviluppo, la crescita, la maturazione nelle opere seguenti.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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