Tuesday, February 14, 2012

"You lost your wife. And you lost your mom. I lost my nut."

Padre e figlio, travolti da un gravissimo lutto, si ritrovano incapaci di rimettere le loro vite in carreggiata quanto basta per ricompattare un nucleo familiare sbriciolatosi sotto il peso del dolore per la perdita. In aggiunta ad una situazione già di per se al limite, arriva Hesher, uno sbandato vagabondo metallaro che si instaura nel loro garage diventando, anche dietro minaccia, loro ospite poco gradito. Quasi come nel "miikiano" Visitor Q, la salvezza arriva dal fattore X inaspettato, l' elemento esterno che, anche con metodi poco ortodossi, mette ordine nel caos. L' elaborazione del lutto, in questo caso, passa attraverso l' anarchica follia di Hesher che spinge padre e figlio oltre quel limite dove, o ci si rialza o si sprofonda definitivamente. Le somiglianze, seppur superficiali, con il film di Miike non tardano però a farsi sempre più impalpabili lasciando la sensazione che il regista Spencer Susser, qui al suo esordio nel lungometraggio (2010), non sia riuscito a portare a compimento quanto di buono lasciato intuire sin dai primi minuti del film. Le potenzialità del personaggio di Hesher ad esempio (interpretato da un Joseph-Gordon Lewitt cappellone trasandato e malamente tatuato) si perdono strada facendo forse per una mancanza di coraggio nel tenere un approccio politicamente scorretto (perfettamente incarnato dal protagonista) anche di fronte al dramma. Susser preferisce la strada più facile, rifugiandosi appena possibile dietro la facciata da commedia agro-dolce tipica di un certo modo di fare cinema "indie" negli Stati Uniti, perdendo la preziosa occasione di lasciare il segno con un film che si dimostra, certo piacevole, ma nulla più.

Recensione già pubblicata su CINE20.

4 comments:

Para said...

Sapevo che anche tu ci avresti trovato qualche "somiglianza" con Visitor Q! :)
In ogni caso Hesher è un filmetto da poco. Fa finta di essere un film indie "a la Sundance", ma di indie ha ben poco.
La dimostrazione che il cinema indie è diventato un genere (commedia agrodolce) piuttosto che un metodo produttivo.
Meglio Miike. Quella sì che è indipendenza vera e che spacca! :)
Saluti.
Para

Weltall said...

@Para: eh eh eh le sensazioni da Visitor Q erano li tutto il tempo, cacchio, e mi hanno fatto pure ben sperare...però alla fine si è tutto risolto con pochissimo!
Sempre sia lodata l' indipendenza di Miike ^__*

Noodles said...

sono d'accordo con Para. condivido molte linee della tua recensione ma credo che alla fine anche la piacevolezza evapori in una ripetizione abbastanza prevedibile di caratteri. Poteva essere interessante, ma è rimasto tutto sulla carta. Menzione speciale però per il personaggio di Natalie Portman: adorabile!

Weltall said...

@Noodles: quella del "piacevole" era una sensazione a caldo, momento nel quale ho scritto questo post. Non posso che ammettere quanto poco di quella sensazione sia rimasto a pochi giorni dalla visione ^^