Il problema più grande che si può riscontrare nelle tre incarnazioni cinematografiche di Mission : Impossible è la totale mancanza di continuità sia nel trattare il personaggio principale che nell' approccio indeciso con il quale si è portato al pubblico uno spy-movie potenzialmente vincente ma mai all' altezza di James Bond o dei vari Bourne. A parte Ethan Hunt e qualche personaggio di contorno a fare da collegamento, i tre film sono incompatibili e solo nel terzo Abrams è riuscito a dare al franchise un' impronta solida e coerente virata all' action, non perfetta, tutt' altro, ma comunque gradevole. Sono dovuti passare sei anni prima che qualcuno rimettesse mano su di una serie creduta morta e sepolta ma, per fortuna, il tempo passato non ha fatto smarrire la giusta strada presa nel 2006 tanto da poter considerare Protocollo Fantasma il miglior Mission Impossible fino ad oggi. La Bad Robot rimane alla produzione ma il creatore di Lost si fa da parte cedendo la regia a Brad Bird. Curiosità cinefila vuole che sia proprio lui uno dei motivi per i quali ci si avvicina al film, sopratutto per vedere come se la cava un rinomato regista Pixar (suoi Gli Incredibili e Ratatouille) con un blockbuster live-action. Basterebbe l' arrampicata sul grattacielo di Dubai per promuoverlo a pieni voti, ma Bird si dimostra capace di gestire un action a tutto tondo dall' inizio alla fine, con un ritmo sostenuto che segue di pari passo una narrazione che concede pochissimi momenti per riprendere fiato, magari aprendo delle parentesi da commedia (Simon Pegg non è inserito nel cast per puro caso) mai eccessive. Un sequel finalmente all' insegna dell' equilibrio insomma che, a distanza di sedici anni dal capitolo d'esordio sul grande schermo, ha perlomeno l' onestà e l' intelligenza di non prendersi troppo sul serio trasformando l' "impossibile" in puro e semplice cinema d' intrattenimento.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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