Nel suo ultimo film, Shame, il regista Steve McQueen (solo omonimo con il mai troppo compianto attore americano) racconta la storia di ordinaria disperazione di Brandon, erotomane compulsivo incapace di controllare le proprie pulsioni sessuali. La sua routine quotidiana, fatta di rapporti occasionali con donne consenzienti e prostitute, porno e masturbazione, viene bruscamente interrotta dall' improvviso arrivo della sorella Sissy la cui instabilità psicologica mina il già fragile equilibrio sul quale poggia la sua vita. Seppur con patologie molto diverse, entrambi sono prigionieri in una spirale autodistruttiva che ha radici lontane, remote, in un passato sul quale McQueen preferisce sorvolare ma le cui cicatrici hanno lasciato Brandon incapace di instaurare una relazione sentimentale e Sissy ossessionata dal desiderio di essere amata. Ma mentre lei cerca nel fratello la sua ancora di salvezza, lui si rifugia in una solitudine necessaria e nasconde la sua vergogna dietro una facciata di ordinario trentenne con tanto di casa e lavoro stabile. Se la Mulligan continua a confermare le sue qualità ed il suo talento ruolo dopo ruolo, Michael Fassbender regge su di se l' intero film con un ruolo difficile ed un interpretazione sofferta che traspare anche grazie a McQueen che al corpo preferisce il volto, le lacrime, gli sguardi. Ma anche New York ricopre un ruolo di assoluta protagonista, gelida, anonima dietro le sue luci, le sue strade, i panorami oltre le grandi vetrate. Un labirinto di cemento all' interno del quale le disperate urla d'aiuto dei protagonisti si perdono e si confondono irrimediabilmente con il caos circostante.
Recensione già pubblicata su CINE20.
2 comments:
Hai sintetizzato molto bene in poche frasi il ruolo di questa algida New York. Anch'io ho avuto la stessa impressione.
@Luciano: una New York protagonista fondamentale! Mi fa piacere che anche tu hai avuto le stesse impressioni ^^
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