Colazione da Tiffany non è un capolavoro, proprio no. Eppure c'è qualcosa che lo rende speciale e quel qualcosa potrebbe essere l' alchimia tra i suoi elementi o quei dettagli che in qualche modo si sono ritagliati uno spazio nell' immaginario collettivo. Le note di Moon River in apertura, ad esempio, mentre la sagoma sognante di una giovane donna si ritaglia il suo piccolo angolo di paradiso davanti alle vetrine di Tiffany in una New York mattutina ancora lontana dalla sua classica caotica quotidianità. E poi naturalmente c'è lei Audrey Hepburn che riesce con estrema semplicità a rendere indimenticabile il personaggio di Holly, con quel suo misto di superficialità, innocenza ed ingenuità. Anche George Peppard, ben lontano dal vestire i panni diventare del colonnello Hannibal Smith, fa la sua parte e diventa la perfetta metà del personaggio della Hepburn, del quale rimane in un primo momento incuriosito e poi totalmente rapito. Parte del fascino arriva certamente dal romanzo di Truman Capote da cui il film è tratto, una storia che ruota intono a due persone che rinnegano il proprio passato o sacrificano le loro aspirazioni per avere in cambio quella felicità che tutti cercano in maniera più semplice anche se fittizia. E' tutto qui quel "qualcosa" di cui si parlava all' inizio e, a conti fatti, non è neanche poco.
Recensione già pubblicata su CINE20.
2 comments:
sulla Audrey Hepburn concordo ;-) sull'autore della storia e le sue qualità un po' dubito...Capote come scrittore ha un non so che che me lo rende antipatico...
@Dreca: obiezione accolta ^^
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