Monday, November 08, 2010

CODICE : HUGHES

Tutto sommato From Hell non era affatto male come film. Certo, Alan Moore sara stato preso da spasmi e vomiti alla sola idea che una sua opera subisse una trasposizione per il cinema (come sempre d'altronde), ma i fratelli Huges erano riusciti molto bene nell' intento di raccontare la "vera storia di Jack lo Squartatore" lavorando sulle atmosfere, calando lo spettatore in una Londra buia e minacciosa grazie alle splendide scenografie e alla fotografia. Non ci è dato sapere (e francamente non è che ci importi neanche più di tanto) cosa gli abbia tenuti lontani dalla macchina da presa, ma dopo quasi dieci anni tornano con il loro nuovo film che ad un primo impatto colpisce in positivo per gli stessi aspetti del precedente: il futuro post apocalittico in cui si svolge il peregrinare le protagonista è reso in maniera molto convincente da una fotografia che predilige colori desaturati e che mette in risalto il colore plumbeo del cielo. Le scenografie poi, contribuiscono a dare al film un atmosfera quasi da western davvero azzeccata. Ora, gli Huges non sono certo Malik e se fanno passare un paio di lustri tra un film e l'altro non è che li si aspetti con ansia, però un po' di attesa e di aspettative c'erano, soprattutto dopo un trailer che lasciava presagire un po' di azione violenta. Quella a dir la verità c'è e ci piace, ma The Book of Eli mostra anche un lato più riflessivo e forse la mancata integrazione tra questi due aspetti è la causa della generale accoglienza freddina che è stata riservata al film. Difficile imputare le colpe all' operato dei due registi che anzi si impegnano nelle sequenze più movimentate, in particolare quella dove Danzel Washington affetta i suoi assalitori in contro luce o il piano sequenza della sparatoria dove la macchina da presa si muove senza sosta anche tra i fori di proiettile. La parte più debole risiede probabilmente nella sceneggiatura di Gary Whitta che nel raccontare la storia di un uomo che porta con se l' ultima copia esistente della Bibbia nella speranza di trovare ad ovest un posto dove possa essere conservata e protetta, azzarda coraggiosamente una riflessione sul potere della religione, su come la parola di Dio possa essere usata per suggestionare le menti più deboli o come veicolo di fede e speranza. Peccato perchè invece di sviluppare il concetto si preferisce farlo ripetere fino alla nausea al villain di turno (un grande Gary Oldman) perdendo decisamente di efficacia. Un film post apocalittico comunque gradevole (niente di più) solo se lo si guarda dalla giusta prospettiva e non si cerca qualcosa di profondo (per quello c'è The Road).

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