Wednesday, March 01, 2017

Back to its (Resident) EVIL roots


La Capcom fa le cose per bene e riporta la saga di Resident Evil (Biohazard in Giappone) a livelli e fasti che non raggiungeva più da troppo tempo e anzi, vista la svolta "shooter" degli ultimi capitoli, forse parevano pure perduti per sempre.
Per questo settimo capitolo del franchise si recupera l'eredità del passato (tanti dettagli ed elementi storici di gameplay) e si fa buon uso di quanto insegnato da altri titoli horror moderni (si pensi alla demo P.T. o Outlast) per portare la più grossa rivoluzione nella saga: la visuale in prima persona.
Scelta che ha fatto storcere il naso ai purisiti ma che si è rivelata totalmente vincente nel restituire al giocatore un'esperienza immersiva impressionante dandogli finalmente il ruolo di protagonista. Capcom si scrolla coraggiosamente di dosso il peso di personaggi iconici che si alternano ormai da vent'anni (Chris, Jill, Leon o Claire) e ci fa impersonare un uomo qualunque che, nella speranza di ritrovare la moglie scomparsa da tre anni, finisce in una fattoria sperduta tra le paludi della Louisiana nelle mani di una famiglia poco rassicurante.
Ma è anche un capitolo estremamente cinefilo che cita in più occasioni il cinema di genere: si va da "La Casa" di Raimi nella fase iniziale, passando per una cena in famiglia degna de "Non aprite quella porta" di Hopper, fino ad una sezione degna di James Wan e del suo "Saw".
Al di la dei cambiamenti, dei riferimenti e delle sensazioni che può aver trasmesso la demo (Beginnin hours) che ha anticipato l'uscita del gioco (svolta sovrannaturale? Ma quando mai!) questo è un Resident Evil a tutti gli effetti con una storia che si dipanerà mano a mano che ci si addentrerà sempre più a fondo nell'incubo che ha inghiottito i Baker e la loro casa.

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