Il più delle volte il problema non sta nel remake. Anche se ci si oppone, spesso con grande pregiudizio, alle operazioni di rifacimento di film di una certa importanza soggettiva ed oggettiva, bisognerebbe sempre considerarle come la possibilità di una rilettura in chiave nuova e personale. Il più delle volte il problema sta nel modo in cui viene concepito un remake, spesso camuffato come un progetto che vuole prendere le distanze dal film originale, portato avanti da un nome più o meno altisonante. E qui cadiamo a bomba su Old Boy di Spike Lee. Se nelle intenzioni del regista americano ci fosse stata davvero la convinzione di partire dal manga piuttosto che dal film di Park Chan-wook, sicuramente ci saremo trovati davanti qualcosa di completamente diverso e certamente più personale. La storia si avvia e si muove su binari conosciuti: un uomo, ubriacone e molesto, viene rinchiuso per vent'anni in una stanza nella quale, attraverso la televisione, apprende della morte della moglie, della quale viene accusato, e dell' adozione della figlia ad un' altra famiglia. Uscito dalla sua personale prigione, si metterà alla ricerca e di chi lo ha rinchiuso e del perchè. Da qui si prendono alcune deviazioni che, pur lasciando nel dubbio anche i conoscitori del film coreano, conducono ad un finale dove la componente disturbante che si agita come uno spettro nella materia stessa di cui è fatto Oldboy rimane, a dir la verità, praticamente invariata ma in qualche modo privata della stessa forza d' impatto dell' originale. Però c'è più sangue. Si potrebbe anche dire che il vero apporto di Spike Lee arrivi soprattutto da una rappresentazione esplicita della violenza, che tocca dei momenti da vero e proprio torture porn, senza però che questa diventi cifra stilistica o che assuma una funzione specifica all' interno della narrazione se non quella di regalare qualche forte emozione ad un pubblico sempre più narcolettico. Quel che però risulta inaccettabile ed in qualche modo affonda inesorabilmente questo nuovo Old Boy, è il modo in cui il buon Spike riprende in maniera maldestra alcune delle scene clou del film di Park Chan-wook (il combattimento con il martello nel luogo di prigionia o il flashback nella scuola) rendendole, insieme ad altri piccoli dettagli sparsi qua e la per il film, piccole perle di ridicolo (in)volontario. Ed in virtù di tutto questo si può capire perchè, il più delle volte, il vero problema sta nel CHI i remake li fa.
Recensione già pubblicata su CINE20.
No comments:
Post a Comment