Tuesday, January 25, 2011

"What is the worst way to die?"

Le premesse erano già buone ma non ci si aspettava di certo che Adam Green, dopo Hatchet, centrasse in maniera così precisa il suo secondo film horror che lo vede, ancora una volta, sia regista che sceneggiatore di una storia che attinge da una delle paure forse non tra le più comuni ma che di certo avrà sfiorato la mente di chi è un abituale frequentatore delle mete sciistiche: rimanere bloccato sulla seggiovia a decine di metri d'altezza. Green abbandona il gioco citazionistico del film precedente e costruisce Frozen tutto intorno alla situazione in cui si trovano i tre sfortunati protagonisti della vicenda, ma soprattutto su quella che per il 90% della pellicola ne costituisce l' unica ambientazione. E' vero che l' espediente della negligenza degli addetti ai lavori utilizzato per creare le circostanze che lasciano i protagonisti abbandonati a se stessi (al gelo e sospesi a mezz' aria, ma non proprio soli), ricordano molto da vicino quelle di Open Water di Chris Kentis, ma il film si regge egregiamente sulle proprie gambe grazie ad un meccanismo che, con pochi, pochissimi elementi, innesca una crescita esponenziale della tensione che crea un coinvolgimento ed un empatia totale con i protagonisti. E' giusto spendere due parole proprio su questi ultimi che, come in Hatchet, dimostrano una particolare cura che il regista riserva loro, più che nel definirli in profondità, dimostrandosi totalmente impietoso nel farli precipitare in situazioni totalmente al limite. Adam Green, questa volta la promozione è meritata.

2 comments:

nicolacassa said...

Sembra interessantissimo!!!

Weltall said...

@Nick: è una figata, parola mia ^^