Wednesday, March 31, 2010

Aspettando "Dream Home" : BEYOND OUR KEN

Con Beyond Our Ken, datato 2004, il regista hongkonghese Pang Ho-Cheung sembra prendere le distanze dai suoi film precedenti in maniera netta e decisa. Pur mantenendo una sottile e chirurgica ironia di fondo, i territori della commedia abilmente esplorati con "You Shoot, I Shoot" e "Men Suddenly in Black", cedono il posto ad un registro totalmente diverso ma non per questo meno riuscito o convincente, a partire proprio dalla storia raccontata: Ching viene improvvisamente lasciata dal suo fidanzato, Ken, e come se non bastasse il dolore per la separazione, lui decide di pubblicare in un sito per adulti alcuni scatti fatti con lei nuda. Ching allora decide di avvicinare l'attuale ragazza di Ken, Shirley, per metterla al corrente dei comportamenti scorretti del ragazzo. Tra le due si crea da subito una certa affinità che si trasforma in una profonda amicizia, elemento che tiene banco per tutto il film portando lo spettatore ad interpretare questo legame come la chiave di lettura del film, uno scontro uomini e donne che vede le seconde più inclini a rapporti profondi, non necessariamente amorosi, e comunque votati a contrastare l'imperante egoismo maschile. Con un finale che ammicca leggermente a quello di Men Suddenly in Black ma certamente di maggiore impatto, Pang fa crollare le certezze dello spettatore dimostrando che quando si tratta di sentimenti (amore , gelosia, amicizia ecc.) uomini e donne sono disposti a sporcarsi le mani indistintamente. Dei ritratti umani convincenti sono sicuramente il fiore all' occhiello di questo film, affiancati da una regia "a misura d'uomo", che predilige la camera a mano per muoversi all' interno di una Hong Kong cornice perfetta per questa storia. Da segnalare la curiosa introduzione nella colonna sonora di una canzone interpretata da Gianna Nannini ed un ringraziamento finale al Far East che già aveva rivolto le proprie attenzioni ai lavori di questo talentuoso regista.

Tuesday, March 30, 2010

"Oh you're just having a bad dream, that's all baby. "

Triangle è uno di quei film dei quali non è difficile parlare solo che, alla fine, non puoi farlo. Generalmente è facile parlare dei film brutti ma Triangle ne è l'esatto contrario, anzi, l'ultima fatica di Chirstopher Smith non solo è un bel film ma esercita su di me un fascino del tutto particolare. Il problema nasce dal fatto che per sua stessa natura, per il modo in cui il film "funziona", basterebbe una parola di troppo e si rischierebbe di spoilerare rovinosamente. Il film inizia in maniera abbastanza canonica con quello che sembra il perfetto preambolo del classico horror: una madre con figlio autistico decide di prendersi un giorno di svago facendo una gita in barca. Si reca al molo dove ad attenderla ci sono il capitano dell' imbarcazione, il suo giovane mozzo, una coppia d'amici e un' amica di quest' ultimi. La gita sembra procedere tranquillamente fino a quando una strana tempesta non rovescia l'imbarcazione lasciandoli in balia del mare. La salvezza sembra arrivare da una nave da crociera apparentemente deserta. Arrivati a questo punto della storia, a neanche metà del film, il regista, anche autore della sceneggiatura, ci svela il "trucco" mostrandoci il meccanismo e il suo funzionamento basato su paradossi temporali che vanno ad accumularsi e a sovrapporsi in un loop infinito di sofferenza dal quale è impossibile sottrarsi, una sorta di punizione "divina", non a caso citata all' interno della pellicola stessa, degna di quella spettata a Sisifo per aver sfidato gli Dei. Se il film funziona anche dopo la "rivelazione" è dovuto in gran parte alla scrittura di Smith che con estrema precisione ci fa percorrere senza perdersi/ci nella sua personale visone del "nastro di Moebius", affrontando il caos con coerenza e dando un senso ad ogni piccolo dettaglio, sia ai deja-vu che alla più insignificante inquadratura. Una vera sorpresa, pregevole anche a visioni successive, che arriva dopo il già piacevole Severance.

Monday, March 29, 2010

HEROES - SEASON 04 (Vol. 5) -

TITOLO ORIGINALE: HEROES
TITOLO ITALIANO: HEROES
NUMERO EPISODI: 19

-TRAMA-
Mentre Saylar è imprigionato nelle sembianze del defunto Nathan Petrelli, il leader di un misterioso Luna Park vuole riunire intorno a se tutte le persone dotate di poteri e formare, a suo dire, una grande famiglia.

-COMMENTO-
Questo sarà un post come tutti gli altri perchè in definitiva mi piace fare le cose per bene. Sia ben chiaro però che la quarta stagione di Heroes non meritava certo tutta questa attenzione e tutto il tempo che impiegherò a scrivere queste righe. La serie di Tim Kring prosegue la sua picchiata verso l'inferno del peggio televisivo, in una caduta libera cominciata (è proprio il caso di ammetterlo) con la seconda stagione. Solo l'affetto che provo per la prima stagione (con tutti i difetti che gli si possono attribuire, ma comunque riuscita) mi ha permesso di chiudere un occhio fino a doverli chiudere tutti a due definitivamente alle prime battute di questa quarta stagione. Inutile entrare nel dettaglio: la serie gira a vuoto per diciannove episodi perchè purtroppo troppi danni sono stati fatti in precedenza. Si prova anche ad inserire nuovi personaggi (tanti, troppi!!!) e dopo aver rovinato un bel personaggio come Sylar si tenta la carta del nuovo villain, interpretato da Robert "T-Bag" Knepper che, nonostante il carisma, non riesce a trasmetterci nessuna buona sensazione. Il problema di Heroes è che continua a battere sugli stessi punti, tutto si ripete ciclicamente perchè non c'è uno straccio di idea, uno spunto che sia uno e che dia la sensazione che gli sceneggiatori non stanno allungando il brodo ma sanno quel che stanno facendo. Addirittura arriviamo alla sedicesima puntata, la peggiore di tutta la serie, dove la noia cede il posto alla tristezza, alla pietà e si chiede a gran voce la chiusura immediata di questo serial. Non per niente la cosa più interessante (e immediatamente stroncata) è il bacio tra Madeline Zima e Hayden Panettiere che avviene alla quinta puntata. Per me la stagione poteva pure finire li.

-DVD-
Non lo vorrei neanche se me lo regalassero anzi, se vi interessa, vendo la prima e la seconda stagione (quest' ultima ancora sigillata).

Sunday, March 28, 2010

Lyric of the Week + Video / BAUSTELLE - GLI SPIETATI


Vivere così senza pietà
Senza chiedersi perché
Come il falco e la rugiada
E non dubitare mai

Non avere alcuna proprietà
Rinnegare l’anima
Come i sassi e fili d’erba
Non avere identità

Gli spietati salgono
Sul treno e non ritornano
Mai più, non sono come noi
Perduti antichi eroi
Noi due che al binario ci diciamo addio

Non volere mai la verità
Ottenere l’aldilà
Navigare senza vento
Migliorare con l’età

C’è un amore che non muore mai
Più lontano degli dei
A saperverlo spiegare
Che filosofo sarei

Gli spietati salgono
Sul treno e non ritornano
Mai più, non sono come noi
Falliti antichi eroi,
Noi due che al binario salutiamo

Gli spietati salgono
Sul treno e non ritornano
Mai più, non sono come noi
Innamorati eroi,
Noi due che al binario ci diciamo addio

Noi ci siamo amati
Violentati
Deturpati
Torturati
Maltrattati
Malmenati
Scritti lettere lo sai

Non ci siamo amati
Divertiti
Pervertiti
Dimenati
Spaventati
Rovinati
Licenziati
Lo saprai

Noi ci siamo persi
Ritrovati
Poi bucati
C’è un amore che mi lacera la carne
Ed ancora tu lo sai

Noi ci siamo amati
Violentati
Deturpati
C’è un amore che mi brucia nelle vene
E che non si spegne mai

Noi ci siamo amati
Violentati
Deturpati
Torturati
Maltrattati
Malmenati
Scritti lettere lo sai.

Friday, March 26, 2010

Aspettando "Dream Home" : MEN SUDDENLY IN BLACK

Dopo il sorprendente esordio con "You Shoot, I Shoot", il regista hongkonghese Pang Ho-Cheung prosegue sul sentiero appena battuto anche con il suo secondo film "Men Suddenly In Black". Ed anche in questo progetto una precisa classificazione appare fin troppo riduttiva considerata la maniera in cui il buon Pang si diverte a giocare con la contaminazione di generi diversi partorendo un film quanto mai originale e divertente. Protagonisti delle vicende, che una didascalia ci avverte essere ispirate ad eventi realmente accaduti, sono quattro uomini e le rispettive compagne. Mentre queste ultime dovrebbero essere in volo dirette a Bangkok, i mariti hanno tutte le intenzioni di dedicarsi per un' intera giornata all' adulterio più sfrenato con tanto di programma organizzato nei minimi dettagli. Ma anche il piano più geniale è soggetto a delle variabili che non possono essere calcolate: sfortuna, destino e coincidenze rischiano di mandare a monte la giornata dedicata ai piaceri della carne extraconiugali e di mettere in serio pericolo non solo i loro matrimoni ma anche la futura libertà. Messa così, questa storia di mariti fedifraghi impenitenti braccati dalle mogli desiderose di beccarli in fragranza di reato, non appare particolarmente brillante anzi, piuttosto banale se vogliamo dirla tutta. Ma l'intuizione geniale di Pang Ho-Cheung è quella di portarla sullo schermo come se si trattasse di un poliziesco e di un gangster movie, sia nella narrazione che nella forma, pescando elementi da questi generi (regia, montaggio, commento sonoro) e miscelandoli ai meccanismi della commedia, creando un ibrido davvero sorprendente. Fondamentale il ruolo del cast nella riuscita complessiva, tanto la parte maschile (anche un piccolo ruolo per Lam Suet come in You Shoot, I Shoot) che quella femminile.

Thursday, March 25, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.23 "Unknown landscape"


Soluzione: MAREBITO
Vincitore: Gianmario

Classifica:
Grace - pt. 15
Chimy - pt. 7
Nick - pt. 4
frenzmag - pt. 3
Gianmario - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Visto che ci siamo ecco gli inutilizzati secondo e terzo frame
:


Wednesday, March 24, 2010

FROM MY PERSONAL LIBRARY: ANDREA CHIMENTO / PAOLO PARACHINI - SHINYA TSUKAMOTO : DAL CYBERPUNK AL MISTERO DELL' ANIMA

Dopo aver recensito in anteprima il romanzo Hunger Games, è ancora tempo di "first time" per questa poco aggiornata rubrica. E' infatti con grande piacere che mi trovo a scrivere per la prima volta di un libro del quale conosco personalmente gli autori, ma non solo. E' anche la prima volta che scrivo di una monografia, tra l'altro dedicata ad un regista che per puro caso non ha ancora trovato spazio in questo blog. Gli autori in questione sono Andrea Chimento e Paolo Parachini ma alcuni di voi probabilmente già li conoscono per il blog CINEROOM che gestiscono da quasi tre anni firmandosi come Chimy e Para; ed è forse anche grazie all'esperienza maturata negli anni di collaborazione nei contenuti del loro spazio web che hanno realizzato la prima monografia italiana su Shinya Tsukamoto e sul suo cinema, esaminando, capitolo dopo capitolo, le tematiche portanti che legano indissolubilmente tutti i suoi film (molto interessanti quelle relative al cyberpunk, alla figura del demiurgo e al tema del doppio), guidandoci in un ipotetico percorso ben sottolineato dal sottotitolo dell' opera e dalla struttura dei capitoli stessi che procedono all'esame cronologico delle pellicole, partendo dai primi corti fino alle pellicole più recenti, chiudendo il volume con un' intervista inedita la regista. Quello che mi preme sottolineare però, e che rappresenta senza ombra di dubbio un pregio per libri di questo tipo, è la sua totale accessibilità. Fin dalle prime pagine infatti non sarà difficile, anche per chi non fosse avvezzo a letture di questo tipo, familiarizzare con la scrittura dei due autori sempre molto attenti ad esprimere con chiarezza concetti e riflessioni che necessitano, a volte, di andare oltre il cinema, toccando tematiche filosofiche e religiose. Questa accessibilità non deve essere però travisata: innanzi tutto "scrivere come si mangia" non è certo un difetto ma indice di una capacità comunicativa encomiabile, soprattutto quando i contenuti dimostrano una profondità ed una conoscenza della materia, cinematografica e non solo, invidiabile (ma se siete lettori abituali di CINEROOM già sapete di che parlo). In secondo luogo è bene che una monografia, la prima italiana dedicata a Shinya Tsukamoto, permetta a chiunque di avvicinarsi ad un regista che ha lasciato un segno indelebile nel cinema giapponese moderno, un talento riconosciuto anche a livello internazionale ma che è tenuto ancora nell' ombra dalla miope distribuzione del nostro Paese.

Note a margine: qualora si volesse acquistare il libro, consiglio di rivolgersi direttamente al sito della Falsopiano (qui). Le spese di spedizione sono gratuite ed il libro arriva in un paio di giorni.

Tuesday, March 23, 2010

Aspettando "Dream Home" : YOU SHOOT, I SHOOT

Già i primissimi esperimenti amatoriali girati quando aveva dodici anni lasciavano intravedere nel giovane Pang ho-Cheung, non soltanto una nascente passione per il filmmaking ma la particolare influenza che il gangster movie di Hong Kong (A Better Tomorrow e The Killer, per fare due esempi) aveva avuto sulla "formazione" cinematografica, elementi che si ritrovano nel suo lungometraggio d'esordio You Shoot, I Shoot. Bart è un killer che si trova un po' a corto di clienti ultimamente e per mantenere lo stile di vita agiato al quale la moglie sembra particolarmente legata, decide di cercarsi da se i clienti finendo per accettare l'incarico di una ricca signora desiderosa di uccidere uno dei suoi amanti occasionali che ha avuto la sfrontatezza di riprendere la loro notte di passione e di diffondere il video. Per soddisfare appieno la sua sete di vendetta però, la signora pretende che Bart riprenda ogni singolo secondo dell' omicidio. Incapace di svolgere i due compiti contemporaneamente, Bart "convince" il giovane aspirante regista Cheun a lavorare per lui arrivando a mettere in piedi un vero e proprio businnes. Sin dalle prime battute, con l'assurdo scambio di battute tra Bart ed il suo committente, il film rivela la sua natura da black comedy ma è dal titolo, che gioca sulla doppia traduzione di "shoot" (in pratica sarebbe "tu riprendi, io sparo"), che i due elementi cardine della narrazione vengono messi in evidenza: il regista di Hong Kong riesce a coniugare con grande ironia, una classica gangster story (assassini e vendette di mafia) con il difficile percorso di chi aspira ad una carriera come regista: la gavetta, i primi lavori, l'apprezzamento del piccolo pubblico, l'ascesa da indipendente, lo scontro diretto con la produzione fino alla consacrazione finale nei Festival. Attraverso il personaggio di Cheun, Pang non si diletta soltanto in elaborati "snuff-movies", ma racconta anche episodi autobiografici ed esprime tutto il suo lato cinefilo omaggiando Scorsese (e non solo attraverso i poster che Cheung tiene in casa sua), Melville ed il cinema di Woo. Una commedia decisamente riuscita insomma, dove tra hitman e lotte di potere nelle Triadi, il protagonista è uno e uno soltanto: il cinema.

Monday, March 22, 2010

"Alice kept secrets"

Nel panorama dei mockumentary a sfondo horror si affaccia timidamente anche questo Lake Mungo, film australiano dell' esordiente Joel Anderson, datato 2008 ma arrivato sotto i riflettori (attraverso canali ufficiali e non ufficiali) grazie all' incredibile successo di Paranormal Activity con il quale condivide alcuni aspetti tematici e di forma, ma riesce a raggiungere risultati decisamente più soddisfacenti. La storia del film ruota attorno alla morte della sedicenne Alice Palmer, affogata mentre nuotava in un lago artificiale, e agli eventi misteriosi ed inquietanti che coinvolsero la sua famiglia nei mesi successivi. Pur non vantando questa grande originalità, Lake Mungo si distingue da altri prodotti di genere per il modo in cui miscela generi diversi, passando dal dramma familiare, al thriller, alla ghost story, omaggiando in maniera piuttosto inequivocabile Twin Peaks (e non solo per il cognome della protagonista), veicolando il tutto sotto forma di documentario con tanto di interviste a testimoni e protagonisti delle vicende, intervallate da fotografie e riprese amatoriali "reali" fatte con telecamere e cellulari. Quello che colpisce subito in positivo di Lake Mungo e la riflessione che scaturisce sull’ ambiguità delle immagini (fotografie o filmati) e su come esse siano manipolabili soprattutto oggi nell’ era del digitale. Anderson fa “germogliare” questa riflessione dall’ interno, dalle vicende stesse dei protagonisti del film con alcuni “twist” narrativi che ribaltano la prospettiva degli eventi: c’è davvero un fantasma nella casa dei Palmer o è tutta una montatura? Un tema importante portato all’ attenzione dello spettatore con intelligenza, senza superficialità o furbizie commerciali (come in Paranormal Activity) e senza presunzione (come ne Il Quarto Tipo), attraverso azzeccati espedienti di sceneggiatura che creano un grado di coinvolgimento non trascurabile soprattutto se si decide di stare al gioco ed osservare con attenzione tutti i documenti filmati e le foto che ci vengono mostrati durante il film (in tal caso è d’obbligo non perdersi neanche un frame dei titoli di coda). Ma Lake Mungo risulta vincente anche se si decide di considerarlo unicamente come film di un genere che sembrava già aver detto tutto ai tempi di Blair Witch Project e che invece sa essere moderatamente inquietante, disturbante e a regalare qualche sincero brivido lungo la schiena. Tutti questi elementi considerati insieme ci aiutano a capire perché un progetto riuscito nel suo complesso sia finito nell' oblio della distribuzione, ma soprattutto perché Hollywood abbia già deciso di metterci le mani sopra programmando un remake in uscita nel 2011.

Sunday, March 21, 2010

Lyric of the Week + Video / AKIHABARA MAJOKKO PRINCESS - I'M TURNING JAPANESE (feat. KIRSTEN DUNST)


I've got your picture of me and you
You wrote "I love you" I wrote "me too"
I sit there staring and there's nothing else to do
Oh it's in color Your hair is brown
Your eyes are hazel And soft as clouds
I often kiss you when there's no one else around

I've got your picture, I've got your picture
I'd like a million of you all round my cell
I want a doctor to take your picture
So I can look at you from inside as well
You've got me turning up and turning down
And turning in and turning 'round

I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so

I've got your picture, I've got your picture
I'd like a million of them all round my cell
I want the doctor to take a picture
So I can look at you from inside as well
You've got me turning up and turning down and turning in and turning 'round

I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so

No sex, no drugs, no wine, no women
No fun, no sin, no you, no wonder it's dark
Everyone around me is a total stranger
Everyone avoids me like a cyclone ranger
That's why I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
I'm turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so

Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so
(think so think so think so)
Turning Japanese
I think I'm turning Japanese
I really think so

Thursday, March 18, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.22 "The screaming woman"


Secondo frame! Film moooooolto più recente di quelli che avete tentato fino ad ora!!!


Soluzione: SCOOP
Vincitore: frenzmag

Classifica:
Grace - pt. 15
Chimy - pt. 7
Nick - pt. 4
frenzmag - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

Il terzo frame, adeguatamente ingrandito, dava l' indizio rivelatore (credo ^__^)


Wednesday, March 17, 2010

FAMILY GUY : SOMETHING, SOMETHING, SOMETHING, DARK SIDE - LIMITED EDITION COLLECTOR'S PACK - (R2 - UK)

Anche se ultimamente in Italia hanno riottenuto un po' di visibilità (ma la censura e sempre in agguato) mi sembra che I Griffin (Family Guy) continuino ad essere considerato prodotti d'animazione di seconda scelta, cosa che non mi trova per niente d'accordo. Ed è così anche nel mercato dell' home video dove i DVD delle nuove stagioni della serie si fanno attendere all' infinito ma non solo: mentre il primo speciale dedicato alla parodia di Star Wars, "Blue Harvest", era stato editato in un pregevole cofanetto da collezione (anche se venduto unicamente on-line) il secondo capitolo, "Something, Something, Something, Dark Side" è arrivato nei negozi in una classica edizione in DVD ed in una discutibile edizione in Bluray. Nel mercato inglese invece è presente già da diversi mesi (e considerato la tiratura limitata, forse ancora per poco) una collector's edition del tutto simile alla prima che farà felici tutti i collezionisti/feticisti. Naturalmente niente audio o sottotitoli italiani, compensati però da una bella confezione e succulenti extra "materiali". Altra occasione sprecata per il mercato italiano.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Fox
Distributore: Fox
Video: 1.33:1
Audio: Inglese Dolby Digital 5.1
Sottotitoli: Danese, Finlandese, Norveggese, Svedese e Inglese per non udenti
Extra: Commento del cast tecnico, Family Guy Fact-Ups, The Dak Side of poster art, Animatic Scene-to-Scene con commento del regista, "Something, Something, Something, Dark Side" table read, "Episode VI : We have a Bad Feeling About This" sneak peek table read
Regione: 2 UK
Confezione: cofanetto

Contenuti Cofanetto
1 DVD (film + extra)
1 DVD Digital Copy
Booklet di 20 pagine
9 Trading cards da collezione
1 T-Shirt









Tuesday, March 16, 2010

"Which would be worse, to live as a monster or to die as a good man?"

Quello che potrebbe trarre in inganno durante la visione di Shutter Island è la relativa semplicità, almeno per un pubblico non di primo pelo, con la quale è possibile svelare il meccanismo del film o perlomeno intuirne la "soluzione" prima dell' inevitabile e prevedibile spiegone finale. Se quello fosse l'unico pregio della pellicola, e cioè raccontare una storia da thriller psicologico con colpo di scena/ribaltone finale, la delusione potrebbe essere decisamente cocente amplificata dal fatto che dietro la macchina da presa non c'è un signore qualsiasi ma Martin Scorsese. Il regista americano prende invece la sceneggiatura tratta dal romanzo di Dennis Lehane (i cui libri, è bene ricordarlo, sono già stati portati sul grande schermo con notevoli risultati, basti pensare a Mystic River di Eastwood o al notevolissimo esordio registico di Ben Affleck con Gone Baby Gone) e attraverso il personaggio principale, Teddy Daniels (interpretato da un Di Caprio alla quarta collaborazione con Scorsere e, forse, alla sua migliore interpretazione di sempre) racconta come un' investigazione federale per trovare una detenuta evasa da una struttura psichiatrica costruita su di un' isola nel golfo di Boston, diventi una lenta ed inesorabile discesa in un inferno di incubi, allucinazioni, paranoia e follia. A metà strada tra thriller e ghost story, Scorsese esplora i territori dove la violenza ha messo radici (importanti in tal senso i flashback sulla Guerra Mondiale), tematica ben presente nel bagaglio cinematografico del regista, al quale si aggiungono il tema del "doppio" e della "colpa" (splendide le sequenze oniriche) sulle quali si poggia la solidissima struttura narrativa del film. Attraverso la regia di Scorsese, coaudivato dalle scenografie di Ferretti e dalla fotografica di Robert Rishardson, anche i luoghi dell' isola assumono ruoli di primo piano, basti pensare alla macchina da presa che dall' alto verso il basso ci mostra l'inquietante profondità del Padiglione C, la cui oscurità è come un buco nero in cui inconsciamente gettare i propri segreti più inconfessabili, o l'inquadratura inversa nel faro, con una stretta scala chiocciola che pare infinita, sulla cui cima si trova la verità "illuminante", quello svelamento tacciato di prevedibilità che conduce però ad un finale doloroso nella sua lucidità, che si riassume in una domanda la cui risposta si legge nella tacita accettazione del proprio destino che pesa come una sentenza di morte e ferisce come una coltellata allo stomaco.

Monday, March 15, 2010

FAMILY GUY - SOMETHING, SOMETHING, SOMETHING, DARK SIDE


Dopo Blue Harvest, prosegue l' omaggio di Seth McFarlane alla grande saga cinematografica di fantascienza partorita da George Lucas, con un altro episodio speciale della sua prima creatura, Family Guy, questa volta incentrato sul secondo film, l' episodio V nella numerazione ufficiale, L' Impero Colpisce Ancora. Come il precedente anche "Something, Something, Something, Dark Side", questo il titolo dell' episodio, sottolinea ancora di più l'amore sconfinato di McFarlane verso Star Wars, quello che ha rappresentato e quello che ancora oggi rappresenta. Questo determina un approccio all' adattamento molto più inclinato verso il fan/nerd/appassionato piuttosto che al solito "mood" tipico di Family Guy. Insomma, al solito, se siete cresciuti a pane e spade laser, troverete in questo episodio speciale una cura per il dettaglio, anche quello minimo, veramente maniacale prendendo forse un po' le distanza da quello che generalmente vediamo nella serie. Troviamo sempre il solito umorismo (anche molto pesante e cattivo, insomma, non per tutti i palati) e la valanga di citazioni cinematografiche (ma non solo) e personaggi noti e meno noti (almeno da noi) inseriti a forza nel contesto. Tirando le somme, ci troviamo di fronte ad un episodio più lungo del normale che farà felici soprattutto gli aficionados di Star Wars ma che non farà storcere il naso (anche se forse si pretende sempre qualcosina in più) anche tutti gli altri. E adesso rimaniamo in attesa di "We Have a Bad Feeling About This".


Sunday, March 14, 2010

Lyric of the Week + Video / IL TEATRO DEGLI ORRORI - DIREZIONI DIVERSE


Ti prego ascoltami
Ascoltami bene almeno una volta
Solo poche parole
Sarebbe stato bello invecchiare insieme
La vita ci spinge verso
Direzioni diverse

Ti prego ascoltami
Ascoltami bene almeno una volta
E' un mondo diverso che voglio
Altro che storie
Senza né despoti né preti
Più giusto e libero se vuoi
Dove abbracciare
Il sole il mare la terra l'amore
Quanto ti manca l'amore?

Sarebbe stato bello invecchiare insieme
La vita ci spinge verso
Direzioni diverse

Non te la prendere
Non te la prendere, almeno una volta
Il lavoro mi rincorre, adesso
Devo scappare

Ti prego ascoltami
Ascoltami bene, almeno una volta
Solo poche parole
Sarebbe stato bello invecchiare insieme
La vita ci spinge verso
Direzioni diverse

Ti prego ascoltami
Ascoltami bene, almeno una volta
Solo poche parole
Sarebbe stato bello invecchiare insieme
La vita ci spinge verso
Direzioni diverse

Ti prego ascoltami
Ascoltami bene almeno una volta
E' un mondo diverso che voglio
Altro che storie
Senza né despoti né preti
Più giusto e libero se vuoi
Dove abbracciare
Il sole il mare la terra l'amore
Quanto ti manca l'amore?

Friday, March 12, 2010

L' INCUBO di Lenzi

Ah gli zombi che corrono! Cioè, a me le creature claudicanti dei film di Romero mi mettono sempre una certa strizza, ma quelli che corrono sono ancora più terrificanti e Zack Snyder ce ne ha dato un assaggio nel suo modesto remake di Dawn of the Dead anche se, a dirla tutta, i migliori sono quelli della miniserie Dead Set. Poi ci sono quelli di Danny Boyle che mettono a ferro e fuoco l'intera Inghilterra, che in realtà non sono morti viventi ma solo infetti, accomunati per comodità (ma anche perché ne sono cinematograficamente dei discendenti) nella grande famiglia degli zombie movies, esattamente come quelli di Robert Rodriguez nel suo Planet Terror. Non è che questi signori abbiano inventato qualcosa di nuovo però, perché già nel 1980 Umberto Lenzi con il suo Incubo sulla Città Contaminata, aveva portato sul grande schermo i suoi infetti, uomini orribilmente mutati da radiazioni nucleari diventati improvvisamente feroci assassini bramosi di sangue umano. Il tutto avviene sotto gli occhi del reporter Dean Miller che, giunto all' aeroporto per intervistare un eminente scienziato circa una fuga di gas radioattivi, si trova coinvolto nel primo cruento scontro tra un gruppo di infetti, scesi da un aereo militare, e la polizia. Da li alla diffusione a macchia d'olio del contagio è solo questione di ore. Sicuramente molto conosciuto per i suoi sexy-gialli o per gli ancora più famosi polizieschi all' italiana degli anni settanta, Umberto Lenzi ha lasciato il suo segno anche nel genere horror e Incubo sulla Città Contaminata ne è un esempio perfetto anche se sicuramente paga un debito di riconoscenza (sia per la tematica "simil-zombie" che per alcune delle sequenze più violente) al cinema di Fulci. Nonostante i quasi trent'anni che si porta sulle spalle il film di Lenzi si dimostra assolutamente attuale nella sua critica ad una società votata al progresso e al tempo stesso all' autodistruzione, nel suo dichiarare l'importanza di una informazione libera da bavagli, e non risparmia neanche la religione con una visione cinica delle convinzioni di salvezza che porta con se l'atto di fede. Per non parlare poi di una struttura circolare che è come uno schiaffo in piena faccia. Un film diventato col tempo cult assoluto apprezzato e omaggiato dai su citati Boyle e Rodriguez ma anche da Quentin Tarantino: non per niente l'attore protagonista si chiama Hugo Stigliz, mica cazzi.

Thursday, March 11, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.21 "The white and hard way to the top"

Il frame più facile da un po' di tempo a questa parte!


Soluzione: MISERY
Vincitore: Moka

Classifica:
Grace - pt. 15
Chimy - pt. 7
Nick - pt. 4
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1


Ed ecco i frame che sarebbero seguiti. Inutile dire che nel terzo c'era praticamente la soluzione ^__*


Wednesday, March 10, 2010

La Fenice ubriaca

Sono piuttosto convinto che Chocolate abbia abbattuto qualsiasi pregiudizio si potesse avere sulle capacità del gentil sesso di ricoprire ruoli di primaria importanza nel cinema action tailandese ed abbia trovato in Jeeja Yanin la controparte femminile al mito assoluto Tony Jaa. E diciamocelo, il buon Tony è tanto bravo ma sembra una scimmia, mentre Jeeja è tanto caruccia (anche e soprattutto quando mena) basta non farle aprir bocca, perchè quando parla è peggio di un pezzo di gesso sfregato su di una lavagna. Ed ora, grazie all' inesauribile volontà produttiva di Prachya Pinkaew e Panna Rittikrai, le spetta nuovamente il ruolo da protagonista in Raging Phoenix di Rashane Limtrakul, già montatore in Chocolate. La storia è...importante? No, credo di no. Trattandosi di un film tailandese la storia è un pretesto per i combattimenti e quella di Raging Phoenix si attesta sui livelli medio bassi del genere, situazioni al limite del credibile ma che ci fanno tanta, tanta simpatia. Jeeja ricopre il ruolo di Dea, giovane batterista che viene scaricata dal suo gruppo e soffre tanto per questo perchè sin da piccola tutti non vedono l' ora di lasciarsela alle spalle, tranne una misteriosa organizzazione che vuole rapire lei ed altre donne per degli scopi non chiari (nel film si scopre ma non ve lo dico e non è certo quello che pensate). Per fortuna viene salvata da un gruppo di lottatori ubriaconi ai quali si unisce per imparare a combattere e per liberare le donne rapite. Ecco che, con un piccolo particolare (lottatori ubriachi), il cinema tailandese ci dimostra ancora una volta la volontà di portare novità al cuore di questi film che in questo caso si traduce in uno stile di lotta a metà strada tra il muai thai e la capoeira da imparare e da eseguire al meglio sotto l'effetto degli alcolici. I combattimenti, coreografati dal sempre grande Panna Rittikrai, non lasciano certo l'amaro in bocca (soprattutto il primo con i trampolieri) anche se in quello sul quale riversavo tutte le mie aspettative (quello sui ponti sospesi sopra un pozzo senza fondo) manca qualcosa, una mano esperta nel girare (che evidentemente Limtrakul non ha) che avrebbe reso la sequenza un classico del genere e che avrebbe valorizzato molto meglio le incredibili doti atletiche di Jeeja. Tutto sommato però i fan di questo cinema, e quindi coloro che ne conoscono pregi e difetti, non dovrebbero lasciarselo sfuggire: il divertimento è sempre a portata di una ginocchiata in faccia.

Tuesday, March 09, 2010

The dreams we have as children fade away

"Infine, si immaginò come questa sua stessa sorellina sarebbe diventata anche lei donna adulta, nei tempi a venire; e come durante gli anni più maturi avrebbe serbato il cuore semplice e affettuoso della sua infanzia; e come avrebbe riunito intorno a se altri bambini. e avrebbe fatto a sua volta brillare di desiderio i loro occhi con molto racconti strani, forse perfino con il sogno del Paese delle Meraviglie di tanto tempo prima; e avrebbe diviso tutti i loro semplici dolori e goduto di tutte le loro semplici gioie, nel ricordo della sua fanciullezza, e dei felici giorni d'estate."
Lewis Carrol - Alice nel Paese delle Meraviglie

"E' l' Alice sbagliata" ripetono spesso gli strambi personaggi di Sotto-Mondo ed in fondo, l' Alice burtoniana, non è la stessa Alice di Carrol, o almeno, è la stessa ma cresciuta. Sono passati tredici anni infatti da quando un' Alice bambina precipitò nel Paese delle Meraviglie e partecipò ad una curiosa partita a scacchi nella sua passeggiata Attraverso lo Specchio. Ora quella bambina è una ragazza diciannovenne in procinto di lasciarsi alle spalle per sempre la sua fanciullezza, di accantonare definitivamente le sue fantasie per entrare nell' alta società con uno scomodo matrimonio combinato. Quale migliore occasione allora per seguire un'altra volta quel curioso coniglio bianco con il panciotto fin dentro il tronco cavo di un albero e giù, fino al Paese delle Meraviglie? Ma quello in cui Alice si trova catapultata è un mondo tutt'altro che meraviglioso, sconvolto dalla guerra tra una deposta Regina Bianca e la Regina Rossa, nuova regnante di quello che ora è conosciuto come Sotto-Mondo. La parte più convincente di Alice in Wonderland, nonché la grande sfida vinta da Tim Burton è stata quella di prendere tutto il complesso immaginario dei libri di Carrol e di riproporlo sotto un' ottica nuova prendendone le giuste distanze, mostrandoci che parallelamente al diventare grande di Alice anche le sue fantasie sono cambiate. L' Alice di oggi ha dimenticato il suo precedente "viaggio" (riproposto però in uno splendido flashback) e si ritrova oggi in quello stesso posto che osserva però con gli occhi di una persona che si appresta a diventare adulta. L' innocenza perduta (ma non per sempre) "corrompe" anche le più solari fantasie trasformando una regina altezzosa in una despota spietata che vive nel suo castello circondato da un fossato dove galleggiano le teste dei suoi oppositori. Un mondo in rovina dove non si raccontano quasi più le filastrocche e le follie ed i non-sense del Cappellaio sembrano i farfugliamenti di un reduce di guerra. D'altro canto però Alice in Wonderland non è un film totalmente nelle mani di Burton e ce ne accorgiamo quando la sceneggiatura di Linda Woolverton, con tutto il suo bagaglio d'esperienza disneiano, dopo un inizio veramente convincente vira completamente cercando ci aggrapparsi a quell' immaginario cinematografico fantasy esploso con Il Signore degli Anelli ma al quale la Disney non è mai riuscita a stare in scia. Vedere il Cappellaio Matto duellare con il Fante di Cuori o ancora, Alice in armatura, scudo e spada preparasi allo scontro con il Cicciarampa (Jabberwocky nella versione originale ma anche nel libro) fa pensare, più che ad una trovata originale, al fatto che alla Disney ancora non riescano a digerire il fallimento del progetto "Narnia". Se escludiamo qualche sbandamento, come il ridicolo (in)volontario toccato con la danza di Depp, abbiamo in fondo un film impreziosito da pregevoli interpretazioni e da personaggi digitali animati in maniera eccellente (lo Stregatto è irresistibile), le cui anime in conflitto, quella di Burton e quella Disney, stabiliscono a mio parere un giusto equilibrio anche se dal regista americano era lecito aspettarsi qualcosina di più. E in fondo anche la morale finale non ci dispiace, crescere senza perdere la capacità di sognare. Chiudere un capitolo della propria vita per iniziarne subito uno nuovo, proprio come il Brucaliffo insegna.

Monday, March 08, 2010

AD UN PRIMO SGUARDO: DAMAGES - SEASON 03, LOST - SEASON 06

Damages è una delle mie serie preferite, è bene che si sappia. La prima stagione è semplicemente splendida. La seconda si mantiene su altissimi livelli ed è a completamento della prima a livello di trame e sottotrame. E la terza? Ah che interrogativo fastidioso che si presenta quando arriva una nuova stagione a riaprire quello che era stato con tanta diligenza chiuso. Con Prison Break non ha funzionato ad esempio ma con Damages sarà lo stesso? Il mio solito test sulle prime quattro puntate è comunque positivo (giudizio da considerarsi sempre con riserva) anche perchè la serie si regge su di un personaggio enorme ed ambiguo come Patty Hewes ma anche da comprimari (vecchi e nuovi) sempre all' altezza. Ah si, la struttura degli episodi e dell' intera serie rimane la stessa e se qualcuno dice "ripetitiva" io dico invece che è affascinante e coinvolgente. Vedremo a fine stagione comunque.

Questa è una cosa che oramai sanno anche i muri ma visto che siamo qui a scrivere tanto vale ripeterla un' altra volta: Lost sta finendo. Questa è l'ultima serie. Sapete che significa? Che a furia di spot misteriosi e viral marketing feroce, l' hype ha raggiunto livelli mai visti con la conseguenza che in molti (troppi) hanno storto il naso per questo inizio di stagione. Sapete che vi dico? Lost, anche nei momenti di incertezza, ha sempre spaccato i culi e continua a spaccarli ora, dopo appena quattro puntate e a quattordici dalla conclusione definitiva. C'è tanta di quella ROBA in questi episodi da perdere la testa nelle più svariate supposizioni e congetture. Ma anche in questo caso non si può che aspettare la conclusione per tirare tutte le somme.

Colgo l'occasione anche per segnalare che, su gentile invito dell' amico
Kusanagi (che ringrazio ancora una volta), ho scritto un paio di articoletti (ai quali ne seguiranno altri) per il sito TV-Zone proprio riguardo a questa stagione di Lost. Li trovate qui e qui.

Sunday, March 07, 2010

Lyric of the Week + Video / FIRST AID KIT - I MET UP WITH THE KING

**Oh, il nuovo singolo bellobellobello**


I met up with the king
He confessed his body was burning
I met up with the king
His body had begun to rot and he said
Don't think less of me
I'm still the same man I used to be

But no one believed him, no one believed him

I once knew a pretty girl
And she was in love with the world
And she loved a young man
Who loved her body but never saw her mind
He took everything she had kept
And then took everything else that was left

But no one believed her, no one believed her

I feel just like the king
As I fall on the muddy ground
I feel just like you girl
There's people thinking they know something now
Well I don't know anything at all
And we mean nothing, history, well thank god

So tell me, do you believe me? Do you believe me?
I bet you don't, I bet you won't

Thursday, March 04, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - EP.20 "The water-gun army"


Secondo frame, scena cultissssssssima (e nel caso ve lo stiate chiedendo, si, il film è uscito in Italia)


Soluzione: THE PROTECTOR
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 15
Chimy - pt. 7
Nick - pt. 4
Tob - pt. 3
Spino - pt. 2
frenzmag - pt. 1
Hazred - pt. 1
sommobuta - pt. 1

E come terzo frame, immancabile, un' immagine tratta dall' incredibile piano sequenza del quale, se non l'avete mai visto, vi agevolo un video
qui. ^__^

Wednesday, March 03, 2010

I primi "bastardi senza gloria"

La guerra non è combattuta da nazioni o schieramenti ma da uomini, uomini che ammazzano altri uomini. E' questo il messaggio anti-bellico che salta fuori da Quel Maledetto Treno Blindato film del 1978 di Enzo G. Castellari ambientato in Francia durante gli ultimi anni della Seconda Guerra Mondiale. Qui, un gruppo di soldati americani accusati di diserzione, omicidio ed insubordinazione fugge durante un bombardamento nazista e decide di dirigersi verso la Svizzera per sfuggire alla corte marziale ed iniziare una nuova vita lontana dal' esercito e dalla guerra. Ma un tragico equivoco li porterà a riscattare il proprio nome partecipando ad un' operazione segreta che ha lo scopo di intercettare e dirottare un treno tedesco che trasporta un prototipo di missile. L'atipico war-movie di Castellari è un film che parla (anche per bocca di alcuni protagonisti) della brutalità della guerra, di come questa perda senso quando i soldati non sono più "americani", "tedeschi", "partigiani" (esemplare l' equivoco delle divise nella sequenza che da la svolta definitiva ala pellicola), ma lo fa attraverso il variegato gruppo di "inglorious bastards" protagonisti del film, un accozzaglia di personaggi stereotipati (c'è il soldato di colore, il razzista sbruffone, il soldato con una coscienza e quello codardo, l'italo americano che saccheggia i cadaveri) che messi insieme funzionano alla grande, il tutto tenuto insieme da dei dialoghi e da una carica ironica irresistibili. I "bastardi"I protagonisti attraversano la guerra nel mezzo con un fare quasi spensierato (anche se sul finale le cose cambieranno leggermente) e con questo stesso atteggiamento i protagonisti affrontano la loro sorte, guardando la morte in faccia con il sorriso sulle labbra e la battuta fulminante sempre pronta, anche quando il prezzo per libertà diventa fin troppo salato e non ammette sconti per nessuno. Si racconta che durante la realizzazione Castellari ebbe grossi problemi di budget eppure a distanza di anni Quel Maledetto Treno Blindato appare ricco di inventiva cinematografica (le false prospettive nella sequenza finale dell'arrivo del treno in stazione) e anche i suoi limiti l'hanno reso il cult riconosciuto a livello internazionale che è ancora oggi.

Tuesday, March 02, 2010

L' Uomo Invincibile sconfigge il vecchio Clint?

Retorica contro l' Importanza del messaggio. Il Mito Mandela contro l' Uomo Mandela. La storia contro Clint Eastwoon, ancora una volta anche se, a questo giro, uscirne vincitori non è facile come a Iwo Jima. Confronti non da poco comunque, e che si protraggono fino alla fine del film, forse il momento più bello ed intenso per quanto breve, dove la maschera di sorrisi cede il posto ad un uomo vecchio e stanco. Il Sud-Africa ha appena conquistato il titolo mondiale nel Rugby e la gente si riversa nelle strade a festeggiare, si mischia senza più differenze politiche o di etnia mantre dentro la macchina presidenziale, che si muove calma tra la folla, rieccheggiano un' ultima volta le parole che fino a poco prima avevano udito per oltre vent'anni solo le quattro mura di una piccola cella ed ora pesano come un macigno di fronte al primo grande passo di un uomo e del suo sogno per il quale tanto è stato sacrificato e con il quale inizia ad allontanare i fantasmi ancora troppo presenti dell' apartheid. Ed è in questa sequenza che finalmente guardiamo Mandela con gli occhi del vecchio Clint, gli stessi occhi con i quali ha immortalato le vite (cinematografiche) dei personaggi dei suoi film. Probabilmente infatti, il primo grosso ostacolo che si pone tra lo spettatore ed l' ultima pellicola di Eastwood è il modo in cui Mandela viene ritratto, un immagine come quelle reali che compaiono nei titoli di coda, con annessa citazione delle sue parole. L' umanità è lasciata volutamente in disparte così come il Mandela padre e marito. Rimane solo il Mandela Presidente, rimangono le sue parole (e non mi riferisco certo a quelle con le quali si dilegua dagli incontri di politica estera per seguire le partite) ed il suo operato con tutta l'importanza che ha avuto nella storia recente, ed il rugby non può che rappresentare mero veicolo di tutto questo. Per tirare fuori quanto di buono c'è in Invictus insomma, bisogna stabilire quante delle scelte fatte da Eastwood possono considerarsi banali, prevedibili, superflue, e quante invece necessarie (i festeggiamenti delle guardie del corpo per fare un esempio). Bisogna anche capire quanto si è disposti a perdonare (ed è difficile soprattutto quando il personaggio di Matt Damon apre bocca) ad un regista che negli ultimi anni ci ha regalato film enormi uno dopo l'altro. Di sicuro Invictus non riesce a stare al passo con loro ma non rimane così indietro da perderli di vista.

Monday, March 01, 2010

DOLLHOUSE - SEASON 02 -

TITOLO ORIGINALE: DOLLHOUSE
TITOLO ITALIANO: DOLLHOUSE
NUMERO EPISODI: 13

-TRAMA-
La Dollhouse della DeWitt e i suoi "abitanti" si riprendono a fatica dalle ferite inferte dall' incursione del folle Alpha, soprattutto Echo, affidata alla supervisione dell' ormai ex agente del FBI Ballard.

-COMMENTO-
Si pensava che superato l' ostacolo della prima stagione tutto filasse liscio con la seconda ed invece, dopo appena quattro puntate, ecco arrivare al mazzata: la Fox cancella la serie lasciando a Joss Whedon nove puntate per portare a conclusione la storia, compito che il creatore di Buffy svolge, secondo me, in maniera quasi impeccabile. Se infatti solo nel finale si avverte la necessità di accelerare la narrazione, il resto mantiene sempre il giusto ritmo e si rimanendo molto coerenti con la stagione precedente (per quel che riguarda il corso degli eventi) abbandonando definitivamente gli episodi autoconclusivi in favore di un unico blocco narrativo che procede fluido episodio dopo episodio. Tanto la storia quanto i personaggi vengono sviluppati seguendo gli "indizi" lasciati dall' episodio Epitaph 1 e mentra abbiamo una maggiore definizione di Echo come character (che da Doll acquista piena coscienza di se), altri purtroppo vengono sacrificati (come la Dott.ssa Sanders) fatto che viene comunque compensato da una estrema attenzione ai vari comprimari (dalla DeWitt a Ballard, da Topher a Boyd) anche quelli relegati a brevi ma importanti apparizioni (Bennet Halverson, il personaggio di Summer Glau). Sulla trama, ahinoi, è inutile fare supposizioni su come si sarebbe potuta sviluppare avendo maggiore spazio in termini di numero di episodi, si può solo accennare, giusto per evitare fastidiosi spoiler, che è stato fatto il possibile per "chiudere il cerchio" arrivando ad un risultato finale, forse non perfetto ma coivolgente, con una narrazione tesa e ricca con colpi di scena che vanno a stimolare una vasta gamma di emozioni in puro stile Whedon, del quale non possiamo che attendere un nuovo progetto sperando che la prossima vada decisamente meglio.

-DVD-
Nessun cofanetto DVD disponibile per la seconda stagione al momento.