Monday, February 24, 2014

"What are you doing?"

Ci sono davvero poche cinematografie che possono vantare un percorso cristallino e coerente come quello intrapreso dai fratelli Joel e Ethan Coen da Blood Simple ad oggi. Nella loro ventennale carriera i due registi / sceneggiatori, seppur con qualche sbandata, hanno saputo raccontare una grande varietà di personaggi unici e peculiari, eppure tutti accomunati da un destino che non possono prevedere o controllare in alcun modo, travolti dagli eventi (messi in moto, spesso e volentieri, dai soldi) piuttosto che esserne gli artefici. Llewyn Davis rientra perfettamente in questa descrizione: cantante folk senza fissa dimora, approfitta dell' ospitalità e dei divani di amici e conoscenti mentre i suoi tentativi di far decollare la sua carriera solista vengono continuamente frustrati. Ispirato alla vita e alla figura di Dave Van Ronk, cantante e musicista fondamentale per la scena folk newyorkese degli anni '60, A Proposito di Davis è un film "coeniano" fino al midollo nel raccontare l' odissea di un uomo (accompagnato da un gatto di nome, non a caso, Ulisse) che cerca di imboccare la sua strada ma rimane intrappolato in un circolo di fallimenti e sconfitte, mentre intorno a lui infuria un inverno quasi surreale, reso ancora più "polare" dalla splendida fotografia di Bruno Delbonnel. Sceneggiato in maniera tale da rendere ancora più immediato percepire il loop nel quale si trova intrappolato Llewyn Davis, costellato di momenti grotteschi e riconoscibili, quasi familiari per la filmografia dei cineasti americani, A Proposito di Davis è anche, e soprattutto, la storia divertente e commovente di un uomo che, a dispetto di quante volta la vita gli sbatte le porte in faccia, vuole vivere dei propri sogni e della propria musica, che diventa colonna sonora dolce amara di un irriducibile perdente.

Recensione già pubblicata su CINE20.

  

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