La festa per il giorno del Ringraziamento si trasforma in un incubo per i Keller e i Birch quando le loro bambine scompaiono misteriosamente. Il principale sospettato pare essere l' autista di un vecchio camper visto parcheggiato poco distante le loro case. Arrestato il conducente, un giovane ragazzo con evidenti problemi mentali di nome Alex, questi viene rilasciato dopo quarantotto ore per insufficienza di prove. Mentre la polizia prosegue le indagini, il padre di una delle bambine decide di seguire una propria pista convinto della colpevolezza di Alex. Alla sua prima fatica in terra americana, il regista Denis Villeneuve punta ad una efficace riflessione su quanto poco basti per abbandonare il comune senso della morale (dettato principalmente da regole sociali e religiose) e della giustizia, quando la vita di pone nelle condizioni di non avere più nulla a cui aggrapparti. Ed è così che un padre di famiglia, abbandonate le preghiere e tradito dalla società di leggi, decide di cercare una sua personale giustizia. La demolizione del più classico quadretto familiare americano, passa in Prisoners attraverso il registro di thriller teso e compatto grazie ad uno script che non si rivela mai completamente, rimanendo ambiguo e duplice come la maggior parte dei personaggi che lo popolano, interpretati da un cast di grandi nomi sui quali spiccano Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal e Paul Dano. Altrettanto solida è la regia di Villeneuve, accompagnata dall' efficace fotografia di Roger Deakins capace di catturare il contrasto tra calore delle mura domestiche e il freddo della provincia americana che pare desolata ed abbandonata a se stessa. L' unica pecca del film risiede forse in una certa semplificazione (difetto che si trova in tanto cinema made in USA) che arriva nel momento in cui si vuole necessariamente esplicitare il messaggio che il film comunica efficacemente sottotraccia, finendo per scivolare in qualche occasione nella facile retorica.
Recensione già pubblicata su CINE20.
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