Monday, July 01, 2013

"In time, you will help them accomplish wonders"

Se si pensa alla figura più classica del supereroe dei fumetti, Superman è quasi, senza ombra di dubbio, il primo personaggio che viene in mente. Non soltanto perché è "in giro" dalla fine degli anni '30 ma perché la sua figura rappresenta idealmente il bene incorruttibile che si contrappone al male. Con il passare dei decenni la figura dell' eroe si è evoluta in tante direzioni diverse tali da cancellare quasi definitivamente la demarcazione bene/male, giusto/sbagliato: gli eroi di oggi sono più complessi, sfaccettati e le maschere sono spesso più un peso che una liberazione. Batman è certamente l' esempio più facile da fare anche considerato l' apporto dato al personaggio dalla trilogia cinematografica firmata da Christopher Nolan. E' possibile quindi proporre oggi, al cinema, un personaggio come Superman senza che la sua figura appaia fuori dal tempo? Ci interessa vedere le gesta di un eroe virtualmente invincibile? Bryan Singer non è certo riuscito a rispondere a questa domanda con il suo Superman Returns, operazione nostalgica che fungeva da ideale seguito alla storica pellicola di Richard Donner con protagonista il compianto Christopher Reeve. Ma la Warner non si è arresa e, sfruttando il periodo favorevole per i cinecomics, ha trovato nel produttore Christopher Nolan, nello sceneggiatore David Goyer e nel regista Zack Snyder, la squadra giusta per portare in sala il vero reboot di Superman. Che poi ci siano riusciti è un altro paio di maniche. La prima cosa che salta subito all' occhio è che non ci si è approcciati al personaggio con intenzioni davvero radicali e lo conferma una sceneggiatura che narra le origini dell' Uomo d' Acciaio in maniera molto classica, ma provando, subito dopo l' apertura con la fine di Kripton, ad immergerci direttamente nella vita di un Clark / Kal-el già adulto alla ricerca di se stesso, intervallando a mezzo flashback episodi precisi della sua infanzia. Ed è qui che si è cercato di dare una nuova impronta al personaggio: il Superman di Snyder/Goyer/Nolan è un diverso, un emarginato, ma destinato dalle sue origini aliene ad assurgere a ruolo di messia, a vestire i panni (simbolicamente rappresentati dal classico costume al quale fortunatamente sono stati "spenti" i colori ed eliminati i mutandoni) di salvatore per la gente che lo ha adottato. Non che questo aspetto sia poi così particolarmente approfondito anche perchè, appena può, il film di Snyder decolla verso il suo lato puramente d' intrattenimento: il regista di 300 e Watchman, camera in spalla, ci proietta dentro l' azione dando sfoggio di ciò che la tecnologia ed un corposo budget permettono di questi tempi, traducibile facilmente in due macrosequenze dove pugni e distruzione si susseguono ad un ritmo forsennato. L' Uomo d' Acciaio sembra, insomma, un film diviso in due dove, l 'approccio moderno (alla Il Cavaliere Oscuro, per capirci) è solo accennato e quasi schiacciato dalla necessità di non tradire le solide radici (soprattutto cinematografiche) del personaggio e da quelle puramente spettacolari tipiche del blockbuster. Ci si aspettava certamente di più ma una promozione non gliela toglie nessuno.

Recensione già pubblicata su CINE20.
  

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