Tuesday, July 23, 2013

"Where would you rather die? Here, or in a Jaeger?"

Non si scherza con i sogni dei bambini di ieri, ne si trattano con leggerezza. Questo perchè gli adulti di oggi potrebbero non accettare di buon occhio un eventuale tradimento. Del Toro è stato probabilmente uno di quei bambini e pertanto, quando gli è stato portato all 'attenzione il soggetto di Pacific Rim scritto da Travis Beacham, non l'ha preso sottogamba. Era apparso chiaro fin dai primi teaser trailer che, tra mostri che emergono dalle acque, piloti vestiti con tute futuristiche, robot titanici le cui teste vanno ad assemblarsi al resto del corpo, il regista messicano ha costruito il suo immaginario fantastico/fantascientifico con la stessa materia con la quale molti bambini, nati nella seconda metà degli anni '70 in avanti, hanno costruito la loro: non soltanto i kaiju eiga (i film di Godzilla e compagnia) ai quali si deve un grosso debito di riconoscenza per il design delle gigantesche creature (i Kaiju, appunto) ma tutta l' animazione robotica giapponese che ha incantato una generazione, dalle creature di Go Nagai (Mazinga Z, Il Grande Mazinga, Goldrake, Jeeg, Jetta Robot) a tutti gli altri robottoni come Daitarn 3, Vultus V, Daltanius ecc. ecc. Da questi Del Toro ha preso tanto, in maniera evidente e meno evidente, cercando comunque di evitare il mero omaggio preferendo inserire questo o quel dettaglio nel tessuto stesso della narrazione o nella concezione dei giganteschi Jeager e del mondo futuristico che si trovano a difendere, minacciato da mostri provenienti da una breccia dimensionale apertasi nei fondali dell' Oceano Pacifico. Alla stessa maniera si pesca da opere forse più complesse ma alle quali Pacific Rim deve la sua ricercatezza di un contesto socio-politico ben definito e di una tecnologia certo fantascientifica ma comunque credibile: si va dal Gundam di Tomino fino alla serie che ha segnato la fine dello scorso millennio, Neon Genesis Evangelion di Anno. Può sembrare da queste considerazioni che Pacific Rim sia indirizzato esclusivamente ad un preciso target di pubblico e che per i restanti non possa essere considerato tanto diverso dai più classici blockbuster estivi ai quali tra l'altro si ascrive a pieno titolo con tutti i pregi e difetti. La trama è estremamente semplice e chiusa nello schema "arriva mostro - robot lo abbatte - arriva nuovo mostro" e così via (ma anche questo è derivato dal materiale da cui trae ispirazione), ed i personaggi non brillano certo per tridimensionalità anche se quelli di Rinko Kikuci ed Idris Elba spiccano sugli altri. Detto questo però, perfino il meno esperto di "cartoni giapponesi" e pellicole fracassone non può che spalancare gli occhi dalla meraviglia per una delle pellicole più spettacolari di sempre, dove le dimensioni contano e si percepiscono quando mostri e robot si stagliano imponenti tra i grattaceli di Hong Kong. Dove lo scontro si fa soprattutto "fisico" con giganteschi pugni meccanici che si schiantano sulle facce coriacee di bestioni alieni. E quando non bastano, ci sono pure cannoni al plasma, spade e petroliere, con immensa gioia di chi assiste all' ennesima grande magia del cinema che, grazie ad uno dei suoi autori più visionari, realizza quello che tanti avevano fino ad oggi solo immaginato ed atteso con pazienza.

Recensione già pubblicata su CINE20.

1 comment:

Anonymous said...

Mi permetto di segnalare che il robot principale è palesemente ispirato alla serie Gundam.
Corrado
Ps: film imperdibile.