La Melancholia di Von Trier e i Super (poco)eroi di James Gunn. In sala arriva il Faust di Sokurov ma anche il nuovo film di Spielberg. Una manciata di buoni titoli anche in DVD e Bluray, tra i quali The Housemaid e Source Code. Tutto questo su CINE20, online qui.
Molto più che l' ormai familiare e caratteristico character design, i film dello Studio Ghibli sono immediatamente riconoscibili per quel modo così leggero ma incisivo di utilizzare le meccaniche del racconto favolistico per abbracciare, attraverso il fantastico, tematiche ben più importanti e universali. Arrietty non fa eccezione. Diretto Hiromasa Yonebayashi, già animatore di alcuni dei capolavori dello Studio e qui al suo notevole esordio alla regia, la sceneggiatura è basata sui racconti dell' autrice inglese Mary Norton adattati da Hayao Miyazaki la cui impronta è percepibile a più livelli partendo proprio dalla protagonista, Arrietty, ragazzina appena quattordicenne appartenente ad una razza molto simile alla nostra se non fosse per l'altezza che non supera i dieci centimetri. Questo personaggio dimostra ancora una volta l' importanza delle figure femminili nei lavori della Ghibli che, spesso e volentieri, diventano il cuore pulsante delle storie raccontate. Arrietty racchiude in se parte di quei personaggi e non è azzardato vedere nel suo coraggio, nella sua determinazione, un po' di Mononoke e di Nausicaa. O percepire, nella sua prima sortita nella casa degli uomini in compagnia del padre, quel percorso di emancipazione già seguito da Kiki o Chihiro. C'è poi l' amore, che nasce fin dal primo momento che lo sguardo della ragazza si incrocia con quello di Sho, giovane malato di cuore, sentimento molto caro a Miyazaki raccontato con il solito garbo, la solita leggerezza fatta di guance arrossate e lacrime troppo grandi, ma proporzionate alle dimensioni dei propri sentimenti. E a loro che viene affidato il messaggio del film, nonchè la visione ottimististica del Maestro, perchè i loro occhi non sono appannati dalla paura, dalla diffidenza, dal pregiudizio ed abbattono le barriere della diversità con la curiosità e la meraviglia di chi si trova per la prima volta davanti a qualcosa di unico e speciale.Recensione già pubblicata su CINE20.
Cheyenne, rockstar ritiratasi da ormai trent'anni dalle scene, abbandona l'apatia nella quale è adagiata la sua vita per intraprendere un viaggio nel cuore degli Stati Uniti per trovare un ex nazista che fu carceriere ed aguzzino del padre ai tempi di Auschwitz. This Must Be The Place di Paolo Sorrentino è questo, un road movie dove un grandissimo Sean Penn se ne va in giro, tra Dublino e gli USA, conciato come Robert Smith dei Cure, una maschera dietro la quale si nasconde da troppo tempo. Ma nasconde da cosa? Mentre il desiderio di completare la ricerca del padre da a Cheyenne una destinazione precisa da seguire, il senso stesso del film, il collante nei suoi vari frammenti, episodi, incontri più o meno fortuiti tra il protagonista e i vari personaggi che incrocia nella sua strada, diventa chiara da un certo momento in avanti: per quanto separati da un oceano e da una vita di incomprensioni, padre e figlio condividono un ossessione che li tiene entrambi ancorati ad un passato che non sono mai riusciti a lasciarsi alle spalle, un sovrapporsi di rancori e sensi di colpa che li tiene come prigionieri in un loop infinito. Oltre ad essere, come si è già detto, un road movie, This Must Be The Place è un film in costante movimento. Tra dolly e carrelli la macchina da presa di Sorrentino non si ferma un momento sottolineando a più riprese le sue ben note capacità registiche ma risultando alla lunga eccessivo, quasi che la sua presenza sulla scena voglia rivaleggiare con quella di Sean Penn. Un neo che frena il giudizio complessivo su di un film che si dimostra comunque un solido racconto ironico e commovente che scivola via sulle preziose note di David Byrne.Recensione già pubblicata su CINE20.
If I had a gun I'd shoot a hole into the sunLeave a burning city down for you If I had the time I'd stop the world to make you mine And everyday would stay the same with you.Give you back a dream show you now what might have been For the tears you cry would fade away.I'll be by your side when they come and say goodbyeWe will live to fight another day.
Scuse me have I spoked too soon?My eyes have always followed you around the roomCause you're the only god that I will ever needI'm holding on and waiting for the moment to find me.Hope I didn't speak too soonMy eyes have always followed you around the roomCause you're the only god that I will ever needI'm holding on And waiting for the moment for my hearth to be unbroken by the see.
Let me fly you to the moonMy eyes have always followed you around the roomCause you're the only god that I will ever needI'm holding on and waiting for the moment to find me.If I had a gun should I hole into the sun And leave a burning city down for you?
L' Amore che Resta, This Must Be The Place e Arrietty sono le recensioni che vi proponiamo questa settimana. In sala trovate l' ultimo film di Lars Von Trier e per l' home video invece questa è la settimana dei Transformers. Online qui.
TITOLO ORIGINALE: GLEETITOLO ITALIANO: GLEENUMERO EPISODI: 22-TRAMA-
E' iniziato il secondo anno per i ragazzi del "Glee Club" è l' obiettivo è sempre quello: vincere il campionato nazionale di canto corale.-COMMENTO-
La seconda stagione di Glee fa ben sperare perchè inizia in maniera decisamente più convincente rispetto a come la prima si era conclusa. Infatti, dopo una serie di episodi finali frettolosi e sfilacciati, la serie riparte con slancio, rinnovando un po' il cast, dando maggiore spinta ad alcuni personaggi (Brittany ed ogni sua linea di dialogo sono oro puro) e rimanendo fedeli a certe tematiche come il desiderio di accettarsi e di farsi accettare nonostante la diversità. Poi naturalmente c'è la musica, altra vera protagonista, utilizzata in maniera tale che ti ritrovi ad ascoltare, anche con piacere, brani che altrimenti non vorresti sentire neanche sotto tortura. Ma si ricade presto nelle stesse lacune, come se la selezione musicale sia più importante di una scrittura adatta ad un prodotto seriale: tanti elementi sono trattati in maniera superficiale, si introducono personaggi affidati ad attori guest star per poi farli sparire in uno schiocco di dita, si ribaltano ruoli, prospettive, relazioni con una facilità tale che neanche gli tsunami ormonali dei protagonisti sono abbastanza per giustificarli. Sembra anzi che tutto ruoti in funzione della morale che si vuole impartire in ogni episodio togliendo alla serie quella freschezza che aveva conquistato agli esordi. C'è poi un problema di ripetitività visto che, anche questa seconda stagione, ha un po' lo stesso percorso narrativo della prima ed è un peccato perchè l' impressione a caldo che si ha è che la serie entri troppo presto in una fase di stanca da cui difficilmente si riesce ad uscire. La terza stagione sarà una resa dei conti a quanto pare.-DVD-
Per chi non vuole aspettare, qui si trova il box con tutta la seconda stagione.
TITOLO ORIGINALE: TRUE BLOODTITOLO ITALIANO: TRUE BLOODNUMERO EPISODI: 12-TRAMA-
Mentre Sookie scopre le sue vere origini, la scomparsa del Re porta significative rivoluzioni politiche nella comunità dei vampiri della Lousiana.-COMMENTO-
Cosa succede a Bon Temps? Di tutto, santo cielo, proprio di tutto! Vampiri, licantropi, fate, pantere mannare, mutaforma, streghe, stregoni, medium, necromanti. Mancano solo gli zombi ma c'è tempo per rimediare. Dopo la terza stagione, la quarta punta al rialzo e si va di accumulo folle, di personaggi, trame e sottotrame. Ogni singola puntata segue passo dopo passo le vicende di ogni singolo personaggio e le relative side-story alcune delle quali si miscelano poi con la storyline principale anche se quest' ultima non è identificabile in maniera immediata. Non tutto funziona come dovrebbe e qualche parte della coralità si perde un po' per strada. Ci si sarebbe anche stupiti del contrario visto quanta carne al fuoco è presente in questa stagione, ma è apprezzabile il fatto che si siano messi dei punti fermi e sfoltiti quei rami secchi che non potevano più dare frutti (e ci si riferisce a quei personaggi che, si spera, abbiano raggiunto l'altro mondo per non farne più ritorno). Tra l'altro, alcuni characters come Jason e Jessica, continuano ad essere sviluppati in maniera molto intelligente mentre per altri ci vengono riservate delle chicche straordinarie, una su tutte il temporaneo cambiamento di Erik. La season finale poi, è quasi un avvertimento che la serie non cambierà rotta ma proseguirà su questa strada anche nella quinta, dove ci aspetta per di più un gradito e prevedibile ritorno nelle schiere dei "cattivi". Pertanto gli spettatori sono avvertiti: se volete continuare a seguire True Blood questo è quello che vi aspetta. Considerato quanto mi son divertito, da parte mia sono più che pronto.-DVD / BLURAY-
Ancora presto per un edizione casalinga, anche per i mercati esteri.
A real human being, and a real heroBack against the wall and oursWith the strength of a willing to causeA pursuit some called outstandingOr emotionally complexAgainst a grainLeft to stop at claimsOf all the thoughts your actions entertainingAnd you, have proved, to beA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human beingA planet on a cold, cold morn'155 people or moreAll safe and all rescuedFrom the slowly sinking shipWhat are warmer thanHis head so coolAnd type ‘I knew what to do’And you, have proved, to beA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human being, and a real heroA real human beingA real human beingA real human being
In occasione dell' uscita di Arrietty, vi proponiamo la recensione di Pom Poko. Ma in sala arriva anche il nuovo di Sorrentino ed un paio di film fracassoni. In tutti i negozi specializzati invece, Habemus Papam di Moretti. Online qui.
A neanche due anni dall' uscita di Lasciami Entrare (Let The Right One In), incoraggiati anche dal buon riscontro di critica ottenuto un po' in tutto il mondo, a Hollywood hanno fiutato l'affare e hanno pensato bene di accaparrarsi i diritti per un remake lampo. Partendo dalla sceneggiatura dello stesso Lindqvist (autore anche del romanzo da cui il film originale è tratto) ma adattandola al nuovo contesto (gli USA dei primi anni '80 sotto la presidenza di Regan) e alle esigenze del pubblico, si sono leggermente riscritti alcuni passaggi della storia per renderla, diciamo, completa anche se, a conti fatti, eccessivamente spiegata laddove la controparte svedese lasciava di proposito alcuni precisi "vuoti" narrativi. Se da un lato fa un po' storcere il naso questa necessità di esplicitare certi dettagli, dall' altro fa piacere notare come il cuore della storia sia rimasto più o meno integro. Il rapporto tra Abby e Owen ad esempio, funziona alla perfezione come nell' originale ed il merito va anche ai due giovani interpreti anche se Chloe Moretz ruba decisamente la scena a Kodi Smith-McPhee. In cabina di regia Matt Reeves, alle prese con una regia "tradizionale" dopo Cloverfield, si dimostra all' altezza del compito anche se è impossibile non notare come alcune sequenze, la loro composizione, sia ricalcata fedelmente da quella di Alfredson. Tirando rapidamente le somme di quanto fin'ora esposto, si può tranquillamente affermare che, in tempi in cui le idee originali scarseggiano, anche un buon remake è qualcosa di raro e prezioso. Blood Story (Let Me In) è un buon remake sul quale però pesa come un macigno la presenza dell' originale. E' qualcosa che rimane a livello di coinvolgimento emotivo, pertanto forse tutto dipende da quanto e se il film di Alfredson era piaciuto. Ma proprio il fatto che i due film siano così simili, che ci sia una così breve lasso di tempo tra l' uscita del primo e della sua controparte americana, porta a chiedersi se ci serve una buona copia quando abbiamo un ottimo originale.Recensione già pubblicata su CINE20.
Nicolas Winding Refn firma, al suo primo film americano, anche la sua opera più bella, più completa, più compiuta. Un noir che sembra emergere direttamente dagli anni '80 anche grazie alle atmosfere richiamate da una colonna sonora quanto mai ricercata, parte di un linguaggio che punta all' essenziale partendo da una scenggiatura altrettanto essenziale: un uomo, stuntman di giorno e autista nelle rapine di notte, incontra una donna (una Carey Mulligan ancora una volta perfetta), madre con figlio. Il desiderio di colmare un vuoto nelle loro vita fa il resto. Drive è un film intriso di un romanticismo struggente, suggerito, bisbigliato, lasciato spesso e volentieri più agli sguardi, ai sorrisi abbozzati, che alle parole. Ma è anche un film dove la violenza, brutale, improvvisa, spietata, fa da contrappeso a tutto. L' anima del film è nettamente spaccata in due, così quella della Los Angeles dove si muove il silenzioso protagonista interpretato da Ryan Gosling, una città abitata da pochi, preziosissimi angeli e tanti diavoli, con i quali a volte sembra impossibile riuscire a non scendere a patti, pur sapendo che tutto si ripaga con il sangue, il tuo o quello degli altri. Drive racconta di un amore innocente e impossibile, un sentimento al quale abbandonarsi e da difendere ad ogni costo, sul quale grava un destino tragico ed ineluttabile. Ma è anche la storia di un anti eroe che, con l' innocenza di un innamorato e la spietata freddezza di un sicario, attraversa la vita a bordo della sua auto vintage, fa le sue scelte e ne affronta le conseguenze.Recensione già pubblicata su CINE20.
Woo.. I'm ahead, I'm a man I'm the first mammal to wear pants, yeah I'm at peace with my lust I can kill 'cause in God I trust, yeah It's evolution, baby I'm at piece, I'm the man Buying stocks on the day of the crash On the loose, I'm a truck All the rolling hills, I'll flatten 'em out, yeah It's herd behavior, uh huh It's evolution, baby Admire me, admire my home Admire my son, he's my clone Yeah, yeah, yeah, yeah This land is mine, this land is free I'll do what I want but irresponsibly It's evolution, baby I'm a thief, I'm a liar There's my church, I sing in the choir: (hallelujah, hallelujah) Admire me, admire my home Admire my son, admire my clones 'Cause we know, appetite for a nightly feast Those ignorant Indians got nothin' on me Nothin', why? Because... it's evolution, baby! I am ahead, I am advanced I am the first mammal to make plans, yeah I crawled the earth, but now I'm higher 2010, watch it go to fire It's evolution, baby Do the evolution Come on, come on, come on
Questa settimana siamo letteralmente impazziti per il film di Nicolas Winding Refn e speriamo di impazzire anche la prossima con il nuovo film di Gus Van Sant, in uscita in sala. Online qui.
Secondo frame!!!

Soluzione: AMABILI RESTI
Vincitore: hawke
Classifica:
Tob - pt. 4
Beld - pt. 3
Hawke - pt. 2
Jived - pt. 2
Un film cult assoluto. Un personaggio icona indimenticabile. Chissà se John Carpenter e Debra Hill immaginavano cosa avevano tra le mani quando incominciarono a lavorare alla prima stesura di 1997 Fuga da New York durante gli anni '70, dentro il quale riversarono, oltre ad influenze provenienti del cinema western e dal cinema horror, tutta la sfiducia verso le istituzioni post Watergate, nonché gli ingombranti spettri della Guerra Fredda. Il futuro immaginato da Carpenter infatti (cioè, a quel tempo era futuro, per noi è passato prossimo) è quanto mai cupo tanto che una delle città simbolo degli Stati Uniti e del mondo occidentale, New York e nello specifico l' isola di Manhattan, è stata trasformata in un carcere di massima sicurezza a causa dell' incremento esponenziale della criminalità. Per non parlare poi del Presidente degli Stati Uniti, immaginato come una figura ridicola e vigliacca la cui vita vale meno della valigetta che porta con se. E' in questo scenario pre-apocalisse nucleare (l' incubo atomico aleggia nel film come un' ombra) che emerge la figura antieroica per eccellenza, Jena Plissken (Snake, nell' originale, così come il famoso protagonista della saga videoludica Metal Gear a lui ispirato) ex soldato pluridecorato condannato all' ergastolo per aver rapinato una banca federale. Per ottenere una totale cancellazione della pena accetta il compito di recuperare il Presidente degli Stati Uniti dopo che l' Air Force One è stato fatto precipitare proprio all' interno dell' isola-prigione, anche se il vero scopo della missione è nastro di importanza fondamentale che la massima carica dello Stato porta con se. A vestire i pani del disilluso protagonista Carpenter sceglie un perfetto Kurt Russel che fa suo il personaggio inventandone perfino il look. Ma nel film spiccano anche altri grandi nomi come Lee Van Cleef ed Ernest Borgnine.
Prequel? Remake? Reboot? Forse ognuno di queste cosa ma anche nessuna. Certamente l' idea di un accavallarsi delle ormai radicate tendenze produttive hollywoodiane, sembrava gettare fin da subito più ombre che luci sul progetto del regista Rupert Wyatt che coraggiosamente prova a riportare in auge Il Pianeta delle Scimmie dopo il dimenticabilissimo film di Tim Burton. Per farlo sceglie di partire dal principio, in senso cronologico, raccontando il declino della razza umana che cede il posto ad una nuova specie dominante, la scimmia. Pur con riferimenti al bel film di Shaffner, che i più attenti non potranno che cogliere con piacere, e a 1999 - Conquista della Terra, L' Alba del Pianeta delle Scimmie prende un percorso tutto suo allontanandosi da tematiche legate all' incubo atomico, che avevano fatto da fondamenta per la saga originale, ma puntando il dito contro il progresso scientifico, i cui peccati compiuti in suo nome ci fanno perdere pezzo dopo pezzo la nostra umanità. Argomenti importanti che i tre sceneggiatori del film non sembrano però in grado di gestire senza abbandonarsi ad una retorica spicciola mettendo in scena un parco personaggi piuttosto piatti e stereotipati che minano pesantemente il film, almeno nella prima parte. Nella seconda, quando le scimmie, ma soprattutto il protagonista primate Cesare, prendono coscienza delle loro capacità e cominciano una piccola ma "virale" rivoluzione, il film cresce dimostrandosi capace di coinvolgere ed emozionare. Gran parte del merito va certamente attribuito ai risultati strabilianti ottenuti con la motion capture che danno al film di Wyatt un tratto distintivo quasi unico, un po' come fu per il trucco delle scimmie nel film del '68. Operazione non completamente riuscita ma, viste le premesse, abbastanza soddisfacente (anche come incassi), tanto da far prevedere che la saga delle scimmie evolute non finirà certo qui.Recensione già pubblicata su CINE20.
I'm inside of meSearching through thingsTrying hard to findPieces to matchTogether in lifeRearrangingMy confusing thoughtsTrying hard to findFeelings that ICan bring back aliveI believe in so much moreThan just being nice and saying alrightI deserve to be this goodDon't you bring me downThere is so much more to life than thisI just cannot say it straight to your face
Falling sidewaysReaching forwardMaking tears fall downReady to aimReady to fightComplicatedWords in silenceMaking tears fall downReady to fightI know that I'm rightI believe in so much moreThan just being nice and saying alrightI deserve to be this goodDon't you bring me downThere is so much more to life than thisI just cannot say it straight to your faceI believe in so much moreThan just being nice and saying alrightI deserve to be this goodDon't you bring me downThere is so much more to life than thisI just cannot say it straight to your faceThere is so much more to life than thisI just cannot say it straight to your face