Tuesday, July 09, 2013

Mother Nature is a serial killer

Scritto, riscritto, girato, rigirato, annunciato e rimandato, non si può certo dire che la produzione di World War Z non sia stata alquanto travagliata. Fortemente voluto da Brad Pitt e dalla sua Plan B, il soggetto iniziale del film è stato rimaneggiato parecchie volte fino ad allontanarsi sensibilmente dal libro omonimo di Max Brooks da cui è tratto, tanto da poterlo definire, più che un adattamento, uno sfruttamento dei diritti a scopo puramente commerciale. Il punto di vista corale del romanzo, che definiva attraverso punti di vista diversi un mondo radicalmente cambiato a livello socio politico a causa di un’ apocalisse zombie, è sostituito da un racconto Brad Pitt-centrico dove il suo personaggio, un ex agente delle Nazioni Unite, viene sballottato da un angolo all’ altro del globo per trovare le cause, ed una possibile cura, al morbo che sta trasformando le persone in feroci morti viventi. Una semplificazione assoluta che, unita ad una sceneggiatura “orizzontale” che procede a tappe ben definite, da il senso di un progetto concepito con intenti ben precisi: sugli zombi (lenti, che corrono o semplicemente infetti) il cinema ha già detto tutto ciò che poteva dire grazie a gente come Romero, Fulci, Lenzi, Boyle, Snyder, Fresnadillo ma mai si era tentato un radicale sdoganamento dal genere puntando al grande pubblico con un attore di richiamo, budget stratosferico ed un sensibile abbassamento della violenza. Il risultato è un giocattolone da multiplex che neanche ci prova ad impostare una riflessione di carattere politico o sociale, preferendo raccontare del più classico eroe americano che salva il mondo con l’ unico desiderio di riabbracciare la sua famiglia. E quando c’è da tirare fuori i muscoli lo si fa nella maniera più fracassona (anche se la regia di Marc Foster spesso è troppo confusionaria), basti pensare alla tesa prima parte, con lo scoppio dell’ epidemia e la fuga. Oppure a quella in Israele con i morti (realizzati digitalmente) che si accalcano frenetici in vere e proprie montagne umane. O, ancora, quella a bordo del volo di linea. Quelli elencati possono essere, a ragione, visti unicamente come dei difetti, un sintomatico impoverimento che affligge tutto il cinema per le masse in cui si spende molto e ciò che conta sono gli incassi. Ma possono rappresentare anche dei pregi dal momento che World War Z, fin dal trailer, si propone in maniera molto limpida e onesta come uno spettacolo di puro intrattenimento fine a se stesso. Rimane un po’ di rammarico invece per la mancanza di un finale adeguato al quale si preferisce uno cucito alla bene e meglio, molto positivo e consolatorio. Difficile chiudere un occhio quando, un po’ di pessimismo in più, avrebbe dato al film una spinta in chiusura che invece proprio gli manca.

Recensione già pubblicata su CINE20.

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