Tuesday, October 28, 2014

Soffia forte il vento dei sogni

Forse idealmente ci si aspettava che l'ultimo film di Miyazaki, non in ordine di tempo ma, per ammissione dello stesso regista, l' ultimo prima di ritirarsi dalle scene, potesse essere la sua opera più bella. Così non è. Si Alza il Vento non è la sua opera più bella ma questo non vuol dire che non sia un bel film, anzi. Si Alza il Vento è un bellissimo film, importante e perfettamente coerente con una filmografia che rasenta la perfezione. A differenza dei suoi film precedenti però è un film dalla predominante componente biografica che non lascia spazio a quella vena fantastica spesso rivolta anche ad un pubblico di giovanissimi. Non ci sono castelli magici, maiali aviatori, streghe o creaturine di fuliggine. C'è il Giappone che marcia a testa bassa verso la Seconda Guerra Mondiale e c'è un uomo che fin da bambino ha ben chiara quale sarà la sua strada: Jiro Horikoshi. Come Miyazaki, Jiro è un sognatore capace di trasformare i sogni in pura ed elementare passione. Come Miyazaki, Jiro ha la passione per il volo e per gli aerei ma una forma di miopia lo inchioda a terra senza appello. Ma la sua fantasia non si fa ancorare ed è così che dedica la sua vita alla progettazione di aerei. Jiro Horikoshi è infatti l'uomo che ideò e diede vita agli Zero, gli aerei che diventarono l' orgoglio della flotta Giappone durante la guerra. Aerei e guerra è un binomio che Miyazaki ha già affrontato in passato ma mai da un punto di vista così vicino alla celebrazione di chi questi strumenti di morte li ha concepiti. Eppure non c'è celebrazione ne una traboccante morale pacifista. C'è lo sguardo commosso di un uomo, di un artista, di un sognatore verso un altro, con il quale condivide tanto. Ed è proprio nel sogno, nelle varie sequenze oniriche dove il protagonista conversa con Giovanni Battista Caproni, che Miyazaki coglie e trasmette le emozioni più positive che si contrappongono a quelle più tese e pesanti, come l'impressionante scena del terremoto o la componente melò, delicata come solo il regista giapponese sa raccontare, che sfortunatamente spezza il film a metà pregiudicandone il ritmo. Ma non di certo pregiudicando un film che è uno degli addii migliori che ci potessimo aspettare. Addio allora Maestro, e grazie.

Recensione già pubblicata su CINE20.


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