Wednesday, December 21, 2011

"I don't want to go home"

Nel cinema, l'inserimento di un elemento di fiction in una storia, ha spesso lo scopo di sottolineare con forza un concetto semplicissimo: più le cose cambiano, più rimangono le stesse. Gli alieni profughi costretti a vivere in un campo nomadi sudafricano in District 9 di Neil Blomkamp, riportavano alla memoria ricordi neanche tanto lontani dell' Apartheid. In Monsters di Gareth Edwards troviamo il confine tra Stati Uniti e Messico divenuto ormai "zona contaminata" a causa di esperimenti su forme di vita aliene condotte dalla Nasa e sfuggite al controllo, situazione che ha inasprito ancora di più la rigidità dei controlli sull' immigrazione e ha aumentato esponenzialmente la speculazione su quelle persone che desiderano lasciare un Paese ormai tagliato fuori, in balia delle gigantesche creature aliene e degli incessanti bombardamenti dell' esercito americano. Nonostante la grande cura riservata alla definizione di un preciso contesto socio-politico, l' attenzione si focalizza sui due protagonisti, un uomo e una donna in viaggio dal Sud America fino agli USA attraverso la zona contaminata, sul legame che si instaura tra loro e sui sentimenti sempre più profondi che scoprono di avere l' uno nei confronti dell' altra. Edwards non si abbandona certo a facili romanticismi ma, lasciando a ruolo di background l 'aspetto fantascientifico di questa anomala invasione aliena, gioca in maniera rischiosa con le aspettative del pubblico trasformando Monsters, da film di genere in scommessa coraggiosa. A tutti gli effetti la realtà immaginata da Edwards non è poi così distante dalla nostra: l' uomo da secoli modifica gli ecosistemi, muove guerra alla natura sperando di poter vincere contro l'evoluzione stessa, trovandosi poi ad indietreggiare di fronte a forze al di la di ogni controllo. Ed in questa peculiare "normalità" la vita continua per tutti, per coloro che pagano il prezzo più alto per gli errori degli altri, per chi fugge dalle proprie responsabilità e per chi ha il coraggio di innamorarsi nonostante tutto, nonostante i mostri.

 Recensione già pubblicata su CINE20.

2 comments:

Kusanagi said...

Piu' che la critica al "nemico americano" che ho trovato abbastanza scontata, ho trovato particolarmente efficace la parte "primordiale" ambientata nella zona contaminata, molto suggestiva come atmosfera.

Weltall said...

@Kusanagi: secondo me la critica si allarga da entrambi i lati del confine. Edwards mostra una realtà dove un cambiamento radicale, a livello di ecosistema perlomeno, non faccia che inasprire determinate situazioni socio-politiche. E mi è piaciuto soprattutto il fatto che la critica sia presente ma non sia sbandierata ogni due secondi.
Mi è piaciuto molto comunque, tutte e due le volte che l' ho visto ^__*