Monday, December 22, 2008

La follia di Ishii e l'orgoglio nazionale di Sato

Samehada fugge con i soldi della malavita. Toshiko fugge da uno zio un po' troppo attratto da lei. Samehada è inseguito da un gruppo variopinto di gangster pericolosissimi. Toshiko e braccata da uno strambo killer assoldato dallo zio. Si incontrano in maniera fortuita nella fuga (Toshiko salva "accidentalmente" la vita a Samehada) e da quel momento diventano inseparabili. Un albergo nel mezzo del nulla, una foresta da sogno/incubo, sono gli scenari di questa folle caccia all' uomo. Adattando il manga di Minetaro Mochizuki, il regista Katsuhito Ishii, qui alla sua opera prima, mette in scena una serie incredibile di personaggi sopra le righe fra cui spicca su tutti il killer Yamada, interpretato dal bravissimo caratterista Gashuin Tetsuya. Difficile davvero dare una definizione di questo film anche se sembra facilmente accostabile ai primi gangster movie di Guy Ritchie (quelli fatti prima che si bevesse il cervello insieme alla cara mogliettina). Ishii punta tutto su di una partenza folgorante, preme forte l'acceleratore attraverso dei fantastici titoli di testa e ci fionda nel cuore del feroce inseguimento. Poi però succede qualcosa: il regista giapponese sembra rimanere invischiato nella stessa follia che ha messo in moto, si ritrova con troppe carte da giocare e le mette giù con criterio discutibile. Ne risulta una dilatazione dei tempi spesso insopportabile che separa un assurdo siparietto comico da una scena particolarmente geniale. E quando tutto rallenta, le imperfezioni saltano fuori come funghi e i primi a cadere sono proprio i personaggi, macchiette indubbiamente originali, ma quasi tutti prive di spessore (ed infatti eliminati in quattro e quattr' otto). Ho gradito molto invece l'uso del montaggio e l'interpretazione di Tadanobu Asano che riesce a ritagliarsi il suo giusto spazio. Dispiace naturalmente per le potenzialità un po' sprecate, ma ci si rallegra pensando a questa pellicola come banco di prova per il grandissimo film che Ishii partorirà in seguito, quel The Taste of Tea che non smetterò mai di elogiare.

Giappone, giorni nostri. Alla vigilia del sessantesimo anniversario dall' affondamento della nave ammiraglia della flotta giapponese, la corazzata Yamato, una donna si rivolge all' autorità portuale nella speranza di trovare qualcuno che le noleggi una barca per portarla fino al luogo dove giacciono i resti della nave. Quando un vecchio marinaio scopre che la ragazza è la figlia di un suo compagno d'armi che credeva morto sulla Yamato, si offrirà di accompagnarla. Nel tragitto fino al luogo dell' affondamento, torneranno a galla nella mente del vecchio i dolorosi ricordi di quei tristi giorni durante la Seconda Guerra Mondiale. In parte ambientato nel presente, grande uso di didascalie e voce narrante, fanno da contorno alla vera anima del film, i lunghi flashback che ripercorrono gli eventi di un gruppo di giovani giapponesi imbarcati sulla Yamato per difendere il loro Paese. Titolare il film "I ragazzi della Yamato" che significato ha? Parlare delle giovani vite spente troppo presto sui ponti della famigerata nave da guerra o guardare con orgoglio ai figli del Giappone pronti a morire per il loro Paese? Un' ambiguità che purtroppo il film non riesce a sciogliere. Credo fermamente che, nella fine fatta dalla Yamato e dal suo giovane equipaggio, mandati volontariamente contro la morte, c'è poco di cui essere orgogliosi. Con questo non voglio dire che la pellicola di Junya Sato sia un film pro-bellico o quant'altro, solo che non mi sembra si sia dato il giusto peso ad una delle pagine più nere della recente storia giapponese che avrebbe meritato una critica molto più feroce. Sato preferisce adagiarsi su ottimi effetti speciali (bella la ricostruzione storica e della nave) e su eccessi drammatici e melodrammatici veramente stucchevoli (ma tipici di certo cinema giapponese), per non parlare poi dell' enfasi recitativa propinata dagli attori che, se non fosse dannatamente irritante, risulterebbe anche comica. Da segnalare la notevole sequenza dell' ultima battaglia della Yamato, spettacolare e violenta come doveva essere, ma per il resto un film quasi del tutto sbagliato.

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2 comments:

nicolacassa said...

Tadanobu Asano è un grande! E la Yamato, beh hai ragione la critica alla guerra non è mai troppa, ma i Giapponesi purtroppo hanno ancora nella loro cultura uno spirito dannatamente nazionalistico intriso di protezionismo: A volte penso che siano proprio pazzi...

Weltall said...

@Tadanobu Asano rocks ^__^! Guarda, il problema con Yamato è che per quanto i giovani fossero "inquadrati", non trovo possibile che non ce ne fosse uno che dicesse "non voglio combattere questa guerra" o "non trovo giusto morire per il mio Paese che per giunta è anche un invasore". Quello che ne salta fuori invece è un film che sicuramentecondanna la guerra ma dice anche "guardate igiovani giapponesi come erano orgogliosi di morire sulla Yamato". Questo insomma, è quello che intendo con "sbagliato" ^__^