Tuesday, November 30, 2010

CARS ovvero, "Hey man, slow down!"

La riprova che la Pixar, nella sua ventennale carriera, non ha sbagliato mai un colpo, arriva proprio con quello che a conti fatti può essere considerato un lavoro "minore" ma che è stato oltremodo sottovalutato: Cars. Il film rappresenta il ritorno alla regia di Lasseter, dopo Toy Story 2, con un film molto personale, frutto dell' esperienza maturata con le pellicole precedenti, sia in termini artistici che di crescita personale. L' impegno di dirigere uno studio d'animazione l'ha spinto infatti alla saggia decisione di staccare per dedicarsi alla sua famiglia in un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti. Proprio da questa esperienza personale e familiare nasce quello che sarebbe poi diventato il cuore pulsante di Cars. Il protagonista Saetta McQueen rappresenta in qualche modo l' uomo moderno ed il suo modo di affrontare la vita, a tutta velocità, curandosi solo dell' obiettivo finale e trascurando tutto quello che c'è tra l'arrivo e la partenza, anche amicizie ed affetti. Ma è anche la società che si è adattata (o ha spinto) verso questa "way of life" e l'autostrada che ha tagliato fuori dal mondo la vecchia cittadina di Radiator Spring, ne è un esempio lampante. Nonostante sia parzialmente ambientato nel mondo delle corse e il suo protagonista sia un' automobile da gara, Cars è un invito a rallentare, perchè spesso gli obiettivi che ci siamo preposti danno gioie momentanee o felicità effimera, mentre le cose importanti che ci lasciamo alle spalle finiamo per non poterle più recuperare e riscoprirle diventa sempre più difficile, come schegge preziose di un passato recente finite nascoste tra le pieghe del mondo moderno. La cosa importante alla fine "non è la destinazione ma il viaggio".

Ancora saluti...

Ciao Irvin, ciao Mario...


Monday, November 29, 2010

Sunday, November 28, 2010

Lyric of the Week + Video / QUEEN - INNUENDO


While the sun hangs in the sky and the desert has sand
While the waves crash in the sea and meet the land
While there's a wind and the stars and the rainbow
'Till the mountains crumble into the plain

Oh yes we'll keep on tryin'
Tread that fine line
Oh we'll keep on tryin yeah
Just passing our time

While we live according to race, colour or creed
While we rule by blind madness and pure greed
Our lives dictated by tradition, superstition, false religion
Through the eons, and on and on

Oh yes we'll keep on tryin'
We'll tread that fine line
Oh oh we'll keep on tryin'
'Till the end of time
'Till the end of time

Through the sorrow all through our splendour
Don't take offence at my innuendo

You can be anything you want to be
Just turn yourself into anything you think that you could ever be
Be free with your tempo be free be free
Surrender your ego be free be free to yourself

Oooh ooh
If there's a God or any kind of justice under the sky
If there's a point if there's a reason to live or die

If there's an answer to the questions we feel bound to ask

Show yourself - destroy our fears - release your mask

Oh yes we'll keep on trying
Hey tread that fine line
Yeah we'll keep on smiling yeah (yeah yeah)
And whatever will be will be
We'll keep on trying
We'll just keep on trying
'Till the end of time
'Till the end of time
'Till the end of time

Thursday, November 25, 2010

CINEQUIZ - ST.02 - EP.12 "Accident in the home"


Primo frame troppo difficile? Provate con il secondo ^^


Soluzione: PHONE BOOT (In Linea Con l' Assassino)
Vincitore: Beld

Classifica:
Grace - pt. 9
Beld - pt. 5
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
kusanagi - pt. 2
Massy - pt. 1
Michele - pt. 1

Terzo frame:

Wednesday, November 24, 2010

Ma perché...

...ci sono mesi in cui non c'è un' uscita degna di nota e poi nel giro di un paio di settimane viene pubblicato tutto questo BENDIDIO?
Il portafoglio chiede pietà!!!



Tuesday, November 23, 2010

La lotta al terrorismo si fa UNTHINKABLE

Prendete 24 e togliete tutta l'azione, le esplosioni, gli inseguimenti, le sparatorie. Lasciate soltanto il contesto della lotta al terrorismo in una America post 11 settembre. Ora prendete un protagonista come Jack Bauer, uno che lavora sopra le regole, indipendente dalle agenzie governative. Togliete il suo impegno sul campo e lasciate la sua abilità negli interrogatori ma privo di qualsiasi scrupolo di coscienza. Il risultato è il sorprendente film di Gregor Jordan, Unthinkable ed il suo protagonista H, interpretato magistralmente da Samuel L. Jackson. Le vicende raccontate nel film cominciano negli uffici della sezione anti-terrorismo dell FBI. Il torpore di indagini di routine, condotte dall' agente Brody e dal suo team su alcuni possibili sospettati di appartenere a gruppi estremisti, viene interrotto quando gli investigatori si trovano per le mani, ed in maniera totalmente indiretta, una minaccia vera ed immediata: un cittadino americano, ex soldato ora convertitosi all' Islam, ha recapitato alle principali emittenti televisive un messaggio video nel quale minaccia di far detonare tre ordigni nucleari in tre diverse città degli Stati Uniti se le sue richieste non verranno soddisfatte. Una volta catturato l' attentatore, l' Esercito chiede la collaborazione dell' agente Brody per scoprire dove l' uomo ha nascosto le bomba e a lei affianca H, un misterioso individuo protetto dal Governo ed esperto di interrogatori e tortura. L' inizio di Unthinkable è assolutamente ingannevole e a conti fatti la sua funzione è quella di presentarci i personaggi e di condurli in quella stanza dove si svolgerà il 90% del film, dove Brody, H e alcuni militari avranno per le mani la vita del terrorista Yussur e quelle di centinaia di migliaia di americani. Da qui in avanti il film si fa brutale ed implacabile, un po' come la violenza fisica e psicologica che H dispensa con estrema lucidità, nel portare allo spettatore, diretto come un pugno in faccia, il dilemma morale che vivono i protagonisti: fino a quando si è disposti a mascherarsi dietro la propria moralità e lasciare che siano gli altri a fare il lavoro sporco? Quanta della nostra integrità siamo disposti a sacrificare per il cosiddetto "bene di tutti"? Unthinkable ci porta in quella zona d' ombra (la realtà?) che spesso il cinema di consumo ha paura di attraversare (non è un caso se il film ha trovato difficoltà nell' essere distribuito), dove si perde la differenza tra bene/male, tra giusto/sbagliato, buoni/cattivi. Rimane solo la responsabilità per le proprie scelte e il coraggio di affrontarne le conseguenze e non importa da che parte della barricata si stia tanto alla fine si perde tutti.

Monday, November 22, 2010

"If you want something bad, you have to fight for it"

Prima di iniziare a parlare dell' ultima e enorme fatica di Edgar Wright, Scott Pilgrim vs. the World, è giusto soffermarsi un' attimo su ciò che sono i cosiddetti film generazionali, pellicole a loro modo uniche che creano un feeling ed un' empatia con persone nate e cresciute in un determinato periodo o decennio. Scott Pilgrim vs. the World ha la straordinaria caratteristica di poter abbracciare più di una generazione in quanto film moderno e all' avanguardia, nella forma così come nel "linguaggio", e allo stesso tempo irresistibilmente retrò. Dopo Shawn of the Dead e Hot Fuzz, Wright si butta nel cinecomic portando questo sotto-genere alla sua massima (almeno fino ad ora) evoluzione, riempendo il quadro di didascalie e onomatopee fino ad elementi tipici dei videogiochi, ma soprattutto utilizzando il montaggio in maniera superlativa, rendendo l' unione tra diverse sequenze, o lo sviluppo "orizzontale" di alcune, quanto di più simile al susseguirsi delle vignette di un comic book. Ma proprio come il fumetto ad opera di Bryan Lee O'Malley dal quale è tratto, Scott Pilgrim vs. the World si distingue per la quantità di linguaggi che si sovrappongono: comic, manga, videogiochi e cinema. Una stratificazione che diventa contaminazione, con risultati difficili da descrivere a parole e solo guardando il film si riesce a comprendere la maniera in cui i classici meccanismi comunicativi dei fumetti o dei videogiochi (i punti e l'esperienza guadagnati dai combattimenti o gli avversari che si dissolvono in una pioggia di monete) si integrano perfettamente al "lessico" cinematografico. Rimanendo in tema "comunicazione" e senza nulla togliere a chi è nato alla fine del ventesimo secolo, Scott Pilgrim vs. the World è un film che si rivolge in maniera più che esplicita a chi è stato adolescente negli anni '90 ed è cresciuto con i fumetti, con i manga, con i videogiochi (quelli Nintendo, of course) e con la musica di quel periodo. Tra una strizzata d' occhio a tutti coloro che hanno vissuto l' exploit dei picchiaduro (diciamo da Street Fighter II fino al Tekken) e che nel riconoscere il tema di Zelda o nell' invidiare la collezione di t-shirt del protagonista si sentono orgogliosamente nerd, si raccontano in fondo le vicende di un ventiduenne piuttosto comune, nullafacente ma impegnato con la sua band indie, che trova la donna dei suoi sogni ma è costretto a superare l'annoso problema dei suoi ex fidanzati. Una storia ordinaria, divertente e romantica, raccontata in maniera esplosiva e straordinaria con un cast perfetto (applausi per Kieran Culkin) ed una colonna sonora, curata tra gli altri da Nigel Godrich, che ti rimane in testa fin dagli psichedelici opening credits.

Sunday, November 21, 2010

Lyric of the Week + Video / RADIOHEAD - CREEP


When you were here before
Couldn’t look you in the eye
You’re just like an angel
Your skin makes me cry
You float like a feather
In a beautiful world
And I wish I was special
You’re so fuckin’ special

But I’m a creep, I’m a weirdo.
What the hell am I doing here?
I don’t belong here.

I don’t care if it hurts
I want to have control
I want a perfect body
I want a perfect soul
I want you to notice
When I’m not around
You’re so fuckin’ special
I wish I was special

But I’m a creep, I’m a weirdo.
What the hell am I doing here?
I don’t belong here.

She’s running out again,
She’s running out
She’s run run run running out…

Whatever makes you happy
Whatever you want
You’re so fuckin’ special
I wish I was special…

But I’m a creep, I’m a weirdo,
What the hell am I doing here?
I don’t belong here.
I don’t belong here.

Thursday, November 18, 2010

CINEQUIZ - ST.02 - EP.11 "Old picture and stuff"


Secondo frame, tutto per voi (anche questo un po' scuro ma con un po' di dettagli)


Bisogna smuovere un po' le acque! Terzo frame:


Soluzione: UNFORGIVEN (Gli Spietati)
Vincitore: Massy

Classifica:
Grace - pt. 9
Beld - pt. 3
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
kusanagi - pt. 2
Massy - pt. 1
Michele - pt. 1

Wednesday, November 17, 2010

Donnie Yen e Sammo Hung nella KILL ZONE di Wilson Yip

Kill Zone di Wilson Yip è un classico poliziesco made in Hong Kong ma anche un film dove ci si mena, e non poteva essere diversamente visto che tra i protagonisti, oltre all' immancabile Simon Yam, troviamo Donnie Yen ed il mito assoluto Sammo Hung (trio che tra l'altro troveremo riunito, grazie allo stesso Yip, in Ip-Man 2). Simon Yam interpreta il detective Chung divenuto padre di una bambina rimasta orfana dopo che i genitori sono stati uccisi per essere testimoni scomodi del Boss, Wong Po, interpretato invece da Sammo Hung, tanto desideroso di diventare padre quanto spietato nel togliere la vita ai suoi nemici. Chung è malato di cancro e presto verrà sostituito alla guida del suo team anticrimine dal giovane ispettore Ma, Donnie Yen. Dopo un inizio che, tra cliffhanger, flashback ed ingombranti didascalie sembra quasi un trailer più lungo del solito, il film prende forma proprio intorno ai tre protagonisti, al loro incontro/scontro guidato da antagonismo, giustizia, vendetta che li porterà verso le più nefaste conseguenze. Da buon dramma a sfondo poliziesco, Kill Zone ci mostra un gruppo di uomini legati da rapporti ben più profondi di quelli lavorativi, disposti a qualsiasi cosa per coprirsi le spalle anche a superare il limite imposto dalla legalità per ottenere un briciolo di giustizia. Dall' altra parte abbiamo invece un criminale di una crudeltà inflessibile quando si tratta di proteggere ciò che è suo ma estremamente umano quando in ballo c'è la sua famiglia. Ma dicevamo anche del lato action del film: ebbene, anche se condensati in tre sequenze specifiche, non si può certo dire che i combattimenti presenti nel film di Yip siano roba da niente anche considerato che la direzione artistica è dello stesso Donnie Yen. Ed è quasi inutile sottolineare che quando di trova faccia a faccia con Sammo Hung i due facciano letteralmente scintille, soprattutto perchè quest' ultimo, nonostante una mole non trascurabile, continua a sfoggiare un' agilità impressionante. Non ci troviamo di fronte ad un film memorabile ma neanche trascurabile: Kill Zone alla fine appare abbastanza bilanciato tra violenza, dramma e azione, con un finale ben lontano dall' essere in qualche modo consolatorio.

Tuesday, November 16, 2010

"We lived in farms, then we lived in cities, and now we're gonna live on the internet!"

"And I wish I was special
You're so fucking special
But I'm a creep
I'm a weirdo
What the hell I'm doing here?
I don't belong here"


E' bello pensare che il social network più famoso e diffuso di tutti tempi sia nato durante una serata alcolica a seguito di una delusione amorosa, che i suoi meccanismi siano intrisi di rancore e da rigurgiti di egocentrismo e misantropia. Perchè dietro idee geniali si nasconde sempre e comunque un genio, un essere umano con i suoi pregi ed i suo i difetti come chiunque altro. Si faccia attenzione però a non cadere nell' equivoco di considerare l' ultimo film di David Fincher, un film su Facebook, o che si voglia in qualche modo esaminare la rivoluzione culturale che ha portato con se: The Social Network racconta la nascita di Facebook mettendolo in primo piano solo in circoscritte occasioni, concentrandosi invece sulla figura del suo creatore, Mark Zuckerberg. David Fincher e lo sceneggiatore Aaron Sorkin, basandosi sul libro di Ben Mezrich "Milionari per caso", mettono in scena un film dal ritmo serrato che racconta , attraverso le due cause risarcitorie che videro coinvolto Zuckerberg (la prima contro due fratelli di famiglia aristocratica che lo accusarono di avergli rubato l'idea, e la seconda contro il suo miglior amico e co-fondatore di Facebook), i momenti salienti dell' ascesa di un giovane al quale i panni del "nerd" andavano fin troppo stretti. Uno "stronzo per scelta" che fa il vuoto intorno a se pur di raggiungere il suo obiettivo, solo all' apparenza identificabile nel trittico "donne, soldi e fama", quando in realtà l' intenzione era di colpire e abbattere dalle fondamenta il sistema elitario universitario, quello delle confraternite e dei club prestigiosi e privatissimi, riunendo tutti in un unico luogo "virtuale" accessibile a qualsiasi livello o classe sociale. Un impatto i cui effetti si moltiplicarono esponenzialmente con il moltiplicarsi degli accessi al sito che resero presto Facebook un caso di portata mondiale ("in Bosnia non hanno le strade ma hanno Facebook"). Non appare strano perciò che un personaggio così complesso, capace di pugnalare il suo migliore amico alle spalle, si lasciò incantare dall' affabile Sean Parker, inventore di Napster e a suo modo altro genio rivoluzionario che riuscì a mettere all' angolo l' impero delle major discografiche. Gli ultimi saranno i primi, insomma, soli e ricchi sfondati. Ai secondi non resta che accontentarsi delle "briciole" (esemplare e molto bella la sequenza della gara di canottaggio) o di avere un profilo su Facebook.

Monday, November 15, 2010

Un maiale DEVE volare

Quel che rende i film di Miyazaki delle esperienze uniche, sono anche quei piccoli dettagli che la mano del maestro riesce ad imprimerci sul retro degli occhi e nel profondo del cuore: l' insegna di un negozio, un giardino rigoglioso o il tavolo appartato di un ristorante. In Porco Rosso c'è questo ma anche molto di più: si racconta per immagini la nostra Italia nel periodo fascista, ma soprattutto lo splendore di un Mar Mediterraneo reso, come sempre ama fare Miyazaki, attinente al reale e allo stesso tempo fantastico, con alberghi costruiti in mezzo alle acque, centinaia di isole e profondissime insenature. Ma i suoi film non sarebbero così speciali se non fosse per la capacità di infondere nelle sue opere la forze delle sue passioni e di conseguenza quelle tematiche che sono diventate un po' il segno distintivo del suo cinema. Porco Rosso è forse il film dove l' amore di Miyazaki per l'aviazione emerge con maggiore forza attraverso gli aerei e gli idrovolanti che solcano i cieli e i mari. Tra le altre cose il volo, tema ricorrente nella cinematografia del regista giapponese, mai come prima assume qui un significato unico: libertà da qualsiasi legame o vincolo terreno. Gli idrovolanti che popolano cieli e mari immaginati da Miyazaki, sono pilotati da pirati, contrabbandieri, cacciatori di taglie, non tutta gente per bene insomma, ma comunque legata ad un profondo codice d'onore, uomini liberi sullo sfondo di un Paese dove la stessa libertà è soffocata dal fascismo. Emblematica in questo contesto la figura del protagonista, pilota di un magnifico idrovolante rosso, ex soldato ora cacciatore di taglie, il cui aspetto da maiale ci conduce dritti ad un'altro tema ricorrente nella poetica di Miyazaki, quella trasformazione dell' aspetto fisico (per mano di incantesimi o maledizioni) che portano come conseguenza importanti riflessioni sull' identità. Le curiose fattezze di Porco Rosso sono riconducibili (o almeno così ci viene detto) ad un sortilegio subito, ma durante e dopo la visione si fa spazio in maniera prepotente l' idea che la sua umanità sia morta insieme ad i suoi amici e compagni d'armi caduti durante la Grande Guerra. O meglio ancora, considerato anche il disprezzo che il protagonista esprima verso il genere umano e la particolare cornice storica, sembra quasi che Porco Rosso abbia rinunciato volontariamente alla sua umanità, svincolandosi dalle leggi che regolano la società ed affermando con forza un desiderio di libertà che permea ogni frame di questa meravigliosa pellicola. D' altronde è lo stesso Marco a dirlo "Meglio maiale che fascista".

Sunday, November 14, 2010

Lyric of the Week + Video / ROLLING STONES - GIMME SHELTER

Solo due parole: BLACK. OPS.


Oh, a storm is threat'ning
My very life today
If I don't get some shelter
Oh yeah, I'm gonna fade away

War, children, it's just a shot away
It's just a shot away
War, children, it's just a shot away
It's just a shot away

Ooh, see the fire is sweepin'
My very street today
Burns like a red coal carpet
Mad bull lost its way

War, children, it's just a shot away
It's just a shot away
War, children, it's just a shot away
It's just a shot away

Rape, murder!
It's just a shot away
It's just a shot away

Rape, murder!
It's just a shot away
It's just a shot away

Rape, murder!
It's just a shot away
It's just a shot away

The floods is threat'ning
My very life today
Gimme, gimme shelter
Or I'm gonna fade away

War, children, it's just a shot away
It's just a shot away
It's just a shot away
It's just a shot away
It's just a shot away
Shot away, shot away
It's just a shot away
It's just a shot away
It's just a shot away
Shot away, shot away

I tell you love, sister, it's just a kiss away
It's just a kiss away
It's just a kiss away
It's just a kiss away
It's just a kiss away
Kiss away, kiss away
It's just a kiss away
It's just a kiss away
It's just a kiss away
Kiss away, kiss away
Kiss away, kiss away

Thursday, November 11, 2010

CINEQUIZ - ST.02 - EP.10 "Blood on your white dress"


Soluzione: KAMIKAZE GIRLS
Vincitore: Falketta

Classifica:
Grace - pt. 9
Beld - pt. 3
Falketta - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
kusanagi - pt. 2
Michele - pt. 1

Gli altri due frame


Wednesday, November 10, 2010

EVANGELION : 2.22 (R2 - ITALIA)

Indipendentemente dal fatto che qualsiasi DVD di Evangelion andrebbe comprato anche se la confezione fosse composta da una sola bustina di plastica trasparente, bisogna constatare che di speciale e limited questa edizione ha veramente poco, soprattutto considerato il prezzo elevato (siamo intorno ai 25 Euro) che sembra quasi volerci spingere alla gemella edizione in Bluray. A conti fatti però questo cofanetto entra in questa rubrica in quanto la prima tiratura contiene una cartolina con effetto lenticolare 3D. Per il resto Dynit presenta un' edizione molto simile alla precedente a livello di grafica (con l'unica differenza che trattandosi di un disco singolo il cofanetto è la metà del primo), di parametri tecnici (audio Italiano e originale in Dolby Digital EX 6.1 corredato di sottotitoli per dialoghi e cartelli o solo per i cartelli) e di contenuti accessori tutti sottotitolati. Ne risulta un edizione non tanto "limited" e forse un po' troppo cara per l' utente che fosse anche solo curioso di avvicinarsi a questi film. Acquisto obbligato e imprescindibile, invece, per chi ama Evangelion.

Caratteristiche Generali e Tecniche:
Produttore: Dynit
Distributore: Dynit
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Giapponese Dolby Digital 6.1 EX
Sottotitoli: Italiano
Extra: "Rebuilt of Evangelion 2.02" making of, Scene eliminate, Scena "I Would Give You Anything" versione Noguchi, Trailers
Regione: 2 Italia
Confezione: cofanetto

Contenuti Cofanetto:
1 DVD Film e contenuti extra
1 Flyer
1 Cartolina in edizione limitata per la prima stampa






Tuesday, November 09, 2010

You have just advanced


"Evangelion, nuova versione cinematografica: Intermezzo (dove letteralmente intermezzo è la traduzione del giapponese ha).
Di fatto con intermezzo tutta la versione cinematografica avanza verso l' assunzione della forma di un' opera diversa...A questo punto, qual'era il risultato che aveva in mente di portare a casa lo staff operativo?
La parola che meglio simboleggia questo concetto è intermezzo (il sostantivo ha in lingua originale può voler dire anche rottura)"
Dall'Introduzione riportata nel flyer del DVD.

Come dal titolo, il secondo lungometraggio della Rebuilt di Evangelion si pone tra il Prologo, rappresentato dal primo film, e l' Epilogo che vedremo nel prossimo. Una fase di passaggio o di congiungimento tra l'inizio e la fine di un' opera, ma che in questo caso assume un importanza assoluta in quanto è da qui che gli autori cominciano a riscrivere in maniera concreta quel capolavoro che è Neon Genesis Evangelion.
Mentre nel primo film era facilmente identificabile l'arco di episodi coperti dal lungometraggio, qui la cosa si fa più complessa in quanto gli eventi narrati vanno dal settimo fino al diciannovesimo. La rottura insomma, di cui si parla nel brano tratto dall' Introduzione, comincia con una riscrittura che lascia inalterati (o quasi) i momenti topici della serie animata, inserendo però avvenimenti nuovi, nuovi personaggi, nuovi angeli, ma lasciando intatto quel perfetto connubio tra tecnologia, influenza da Antico Testamento, Cabale e approfondimento psicologico dei personaggi. Vero è che il centro della narrazione è Shinji, ma non meno importante è il lavoro fatto con i personaggi di contorno come Asuka ma soprattutto Rei.
Si allontana in maniera definitiva l' idea che questa operazione non fosse altro che un sunto degli episodi dell' anime aggiornati con le più moderne tecnologie d' animazione: qui ci troviamo di fronta ad una pellicola che narra una notevole mole di eventi, tra azione e introspezione, che procedono spediti in maniera molto armoniosa. Rimane quindi solo la certezza di trovarci di fronte ad un film che, rispetto al primo, sembra veramente un "progresso", un passo in avanti con il quale i registi Masayuki e Kazuya Tsurumaki guidati da Hideaki Anno, hanno intenzione di condurre Evangelion a diventare opera di riferimento anche di questo millennio.

Monday, November 08, 2010

CODICE : HUGHES

Tutto sommato From Hell non era affatto male come film. Certo, Alan Moore sara stato preso da spasmi e vomiti alla sola idea che una sua opera subisse una trasposizione per il cinema (come sempre d'altronde), ma i fratelli Huges erano riusciti molto bene nell' intento di raccontare la "vera storia di Jack lo Squartatore" lavorando sulle atmosfere, calando lo spettatore in una Londra buia e minacciosa grazie alle splendide scenografie e alla fotografia. Non ci è dato sapere (e francamente non è che ci importi neanche più di tanto) cosa gli abbia tenuti lontani dalla macchina da presa, ma dopo quasi dieci anni tornano con il loro nuovo film che ad un primo impatto colpisce in positivo per gli stessi aspetti del precedente: il futuro post apocalittico in cui si svolge il peregrinare le protagonista è reso in maniera molto convincente da una fotografia che predilige colori desaturati e che mette in risalto il colore plumbeo del cielo. Le scenografie poi, contribuiscono a dare al film un atmosfera quasi da western davvero azzeccata. Ora, gli Huges non sono certo Malik e se fanno passare un paio di lustri tra un film e l'altro non è che li si aspetti con ansia, però un po' di attesa e di aspettative c'erano, soprattutto dopo un trailer che lasciava presagire un po' di azione violenta. Quella a dir la verità c'è e ci piace, ma The Book of Eli mostra anche un lato più riflessivo e forse la mancata integrazione tra questi due aspetti è la causa della generale accoglienza freddina che è stata riservata al film. Difficile imputare le colpe all' operato dei due registi che anzi si impegnano nelle sequenze più movimentate, in particolare quella dove Danzel Washington affetta i suoi assalitori in contro luce o il piano sequenza della sparatoria dove la macchina da presa si muove senza sosta anche tra i fori di proiettile. La parte più debole risiede probabilmente nella sceneggiatura di Gary Whitta che nel raccontare la storia di un uomo che porta con se l' ultima copia esistente della Bibbia nella speranza di trovare ad ovest un posto dove possa essere conservata e protetta, azzarda coraggiosamente una riflessione sul potere della religione, su come la parola di Dio possa essere usata per suggestionare le menti più deboli o come veicolo di fede e speranza. Peccato perchè invece di sviluppare il concetto si preferisce farlo ripetere fino alla nausea al villain di turno (un grande Gary Oldman) perdendo decisamente di efficacia. Un film post apocalittico comunque gradevole (niente di più) solo se lo si guarda dalla giusta prospettiva e non si cerca qualcosa di profondo (per quello c'è The Road).

Sunday, November 07, 2010

Lyric of the Week + Video / BOB DYLAN - BLOWIN' IN THE WIND


How many roads most a man walk down
Before you call him a man ?
How many seas must a white dove sail
Before she sleeps in the sand ?
Yes, how many times must the cannon balls fly
Before they're forever banned ?
The answer my friend is blowin' in the wind
The answer is blowin' in the wind.

Yes, how many years can a mountain exist
Before it's washed to the sea ?
Yes, how many years can some people exist
Before they're allowed to be free ?
Yes, how many times can a man turn his head
Pretending he just doesn't see ?
The answer my friend is blowin' in the wind
The answer is blowin' in the wind.

Yes, how many times must a man look up
Before he can see the sky ?
Yes, how many ears must one man have
Before he can hear people cry ?
Yes, how many deaths will it take till he knows
That too many people have died ?
The answer my friend is blowin' in the wind
The answer is blowin' in the wind.

Thursday, November 04, 2010

CINEQUIZ - ST.02 - EP.09 "The cold weapon"


Secondo frame e ancora armi ^^


Soluzione: EL MARIACHI
Vincitore: Grace

Classifica:
Grace - pt. 9
Beld - pt. 3
Moka - pt. 3
Tob - pt. 3
kusanagi - pt. 2
Michele - pt. 1

Il terzo frame, olé:

Wednesday, November 03, 2010

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI - MULHOLLAND DRIVE

Produttore: Universal
Distributore: Universal
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Inglese Dolby Digital 5.1, Italiano DTS
Sottotitoli: Italiano, Inglese
Extra: Intervista a Regista e Cast, Premiazione Cannes 2001, B-roll, Filmografia del regista e degli attori principali
Regione: 2 Italia
Confezione: amaray

Produttore: Universal
Distributore: Universal
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Inglese Dolby Digital 5.1, Italiano DTS
Sottotitoli: Italiano, Inglese
Extra: Disco1 - Intervista a Regista e Cast, Premiazione Cannes 2001, Dietro le Quinte; Disco2 - Galleria fotografica, Il making of, Interviste a Mary Sweeney e Angelo Badalamenti, Trailer


Note: Mulholland Drive è stato, fin dalla sua prima uscita, uno dei titoli più pregiati pubblicato da Universal, nonchè uno dei più particolari visto che, nonostante le straordinarie possibilità di authoring che il DVD possiede, fu espressa volontà di Lynch non suddividere il film in capitoli come avviene nel 100% dei supporti argentei pubblicati. Scelta condivisa o meno (da queste parti apprezzata considerata la particolare natura del film) il DVD offre di controcanto tracce audio di tutto rispetto sulle quali spicca un sorprendente DTS italiano. Oltre ai pochi extra, il DVD soffre soprattutto nel versante video e anche su schermi di non generose proporzioni sono evidentissimi, in alcune delle sequenze più buie, blocchi di pixel davvero fastidiosi.
Universal ha pubblicato anche, relativamente da poco, una special edition su due dischi aumentando il numero di extra ma non correggendo i difetti nel video anzi, a conti fatti, il supporto sul quale si trova il film è praticamente lo stesso della precedente edizione. Probabilmente gli intenti erano di contrastare questa edizione qua, non si capisce però perchè sia già fuori catalogo.

Produttore: Studio Canal
Distributore: Universal
Video: 1.85:1 anamorfico 1080p
Audio: Italiano, Inglese, Francese DTS HD 5.1
Sottotitoli: Italiano, Francese, Olandese
Extra: Introduzione di Thierry Jousse, featurette "Nella scatola blu", Making of, Interviste a Mary Sweeney e Angelo Badalamenti, Intervista audio a Angelo Badalamenti "10 Anni Dopo", featurette "Ritonando su Mulholland Drive", booklet
Area: B Italia
Confezione: slipcase contente un digibook

Note: progetto interessantissimo quello di Studio Canal e Universal che stanno inserendo nel loro catalogo tutta una serie di grandi film in elegantissime edizioni Bluray. Fortunatamente Mulholland Drive è tra queste e si può dire fin da subito che questa è in assoluto l' edizione di riferimento da tutti i punti di vista: confezione, video, audio e extra, molto più numerosi rispetto alle edizioni in DVD. Vero è che nel DVD sono presenti alcuni che qui non ci sono, ma se volete fare i collezionisti perfezionisti a tutti i costi, tenetevi l'edizione vecchia (o prendetevela se non ce l'avete) ma dovete assolutamente mettere in conto di aggiungere questo disco Blu nella vostra videoteca. Fa piacere inoltre invitarvi a comprarlo in Italia visto che l' edizione inglese, in tutto e per tutto identica a questa, costa di più!

Molto caruccia anche la confezione (a parte il supporto che regge il disco):

Tuesday, November 02, 2010

Nakamura e Dio nell' armadietto a gettoni

Yoshihiro Nakamura è un regista giapponese a cui il FEFF ha rivolto parecchie attenzioni nelle edizioni degli scorsi anni. Se si escludono i commercialissimi "The Glorious Team Batista" e "The Triumphant General Rouge", i suoi progetti più personali, come Fish Story e Golden Slumber, danno l' idea che, in quel di Udine, Nakamura sia un tantino sopravvalutato. Nei due film poco sopra citati il regista giapponese ha mostrato una certa predilezione per sceneggiature inutilmente complesse, fini a se stesse, con storie che ruotano intorno a tematiche affrontate solo in superficie in qualche modo legate alla musica o ad una canzone in particolare. In questa breve introduzione ci sono già abbastanza motivi per tenersi a debita distanza dal cinema di Nakamura ma sarebbe comunque un peccato non recuperare la sua pellicola del 2007, "The Foreign Duck, The Native Duck and God in a Coin Locker", che dietro un titolo lungo ed enigmatico nasconde probabilmente il suo film più bello e riuscito che fa da primo tassello di una trilogia ideale completata proprio con Fish Story e Golden Slumber. Anche qui infatti la musica ha un ruolo quasi da protagonista, ed in questo caso è stato scomodato nientemeno che Bob Dylan e la sua Blowin' in the Wind, "La voce di Dio" come viene definita dai protagonisti di questa storia, un giovane universitario ed il suo strano vicino di casa. Partendo dalle magiche note di Dylan si sviluppa una narrazione frammentaria, con tanto di incipit/cliffhanger, che sembra solo accumulare fatti e tematiche senza che si capisca dove si voglia andare a parare. La svolta chiarificatrice arriva, proprio come in Fish Story ma in maniera più consapevole e meno pretenziosa, con uno "spiegone" dei più classici che non ha solo la funzione di mettere ordine nel caos, ma da la possibilità a Nakamura di dare un senso e profondità ai temi trattati fino a quel momento (karma, redenzione, vendetta, amicizia) e di lanciare un attacco per nulla celato a quell' atteggiamento, al limite del razzista, dei giapponesi verso gli stranieri. Rimane da chiedersi cosa sia successo poi, il perchè Nakamura abbia preferito alla solidità di questo film, l' abbandonarsi ad un cinema articolato da un punto di vista narrativo ma alla fine poco profondo, quasi piatto.

Monday, November 01, 2010

Never bury the HATCHET

New Orleans. Durante il "mardì gras" un gruppo ben assortito di persone (sfigato lasciato dalla ragazza accompagnato dall' amico inseparabile, coppia di anziani turisti, attricette tanto belle quanto stupide accompagnata da un produttore cinematografico e ragazza misteriosa) decidono di fare una gita notturna per le inquietanti paludi della Luisiana accompagnati da una guida tutt'altro che preparata, solo per diventare vittime sacrificali di una mostruosa leggenda di quei luoghi. Hatchet, secondo lungometraggio di Adam Green, in queste poche righe si racconta da se e allo stesso tempo racconta quasi trent'anni di storia del genere horror. Green non inventa nulla ma anzi, pesca il pescabile e omaggia tutto ciò che è possibile omaggiare dai classici di genere, riuscendo ad evitare la trappola del film fine a se stesso e portando a casa uno slasher davvero gustosissimo. Complice certamente una scrittura che si butta a testa bassa nel cliché e che dedica particolare cura ai dialoghi e di riflesso anche ai personaggi che, come già scritto in apertura, rappresentano un gruppo colorato e vario di esseri umani che fanno anche simpatia, e quasi ti dispiace doverli vedere cadere uno ad uno sotto la furia vendicativa del deforme Victor Crowley. Ma è solo un pochino il dispiacere e anche quel pochetto evapora in fretta quando ci si rende conto con piacere dell' attenzione riposta da Green nel regalare a ciascuno di loro morti atroci e fantasiose, una sorta di competizione che vede trionfare senza rivali la coppia di anziani. Un po' poco per giudicare nel complesso questo regista, di cui aspettiamo i prossimi lavori, ma una vera chicca per chi ha il pallino per slasher e affini (forse solo per loro).