Sunday, January 31, 2010

Lyric of the Week + Video / KINGS OF CONVENIENCE - I'D RATHER DANCE WITH YOU


I'd rather dance with you than talk with you
So why don't we just move into the other room
There's space for us to shake, and hey, I like this tune

Even if I could hear what you said
I doubt my reply would be interesting for you to hear
Because I haven't read a single book all year
And the only film I saw, I didn't like it at all

I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you

The music's too loud and the noise from the crowd
Increases the chance of misinterpretation
So let your hips do the talking
I'll make you laugh by acting like the guy who sings
And you'll make me smile by really getting into the swing
Getting into the swing, getting into the swing
Getting into the swing, getting into the swing
Getting into the swing, getting into the swing
Getting into the swing, getting into the swing...

(Getting to the swing...)
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you
I'd rather dance, I'd rather dance than talk with you

I'd rather dance with you
I'd rather dance with you
I'd rather dance with you

Friday, January 29, 2010

CINEQUIZ - ST.01 - INTERMISSION 02

Il seguente post è puramente a scopo promozionale e per segnalarvi che:

1) la prossima settimana, precisamente Giovedi 4 Febbraio, riprenderà il Cinequiz qui su WELTALL'S WORLD con la seconda metà della prima stagione. Invitandovi a partecipare, vi ricordo che alla fine mancano ancora 15 episodi e che la gara è apertissima.

2) il 13 febbraio prossimo a Cagliari, più precisamente al
Lazzaretto di Cagliari, si svolgerà la manifestazione GioCoMix organizzata dall' Associazione Culturale MONDI SOSPESI. La collaborazione di diversi partner (qui la lista completa) ha permesso agli organizzatori di creare un evento che in un' unica ed intensa giornata riunisce tantissimi contest, dal Cosplay ai giochi di ruolo live, dai tornei di Magic a quelli di Dungeons & Dragons.
Ed è qui che entro in ballo io: grazie all' interessamento della fumetteria
Altrove e a Fabio Attoli de Le Valli di Artel, organizzatore della manifestazione, mi è stata data la possibilità di portare il Cinequiz al GioCoMix in una versione totalmente "live", invariata nella struttura (sempre tre frame per film) ma necessariamente adeguata, nei tempi e nella modalità di risposta, per permettere, a chi volesse cimentarsi, di partecipare in tempo reale (a tal proposito ringrazio tantissimo Michele di Altrove per i suggerimenti e gli utilissimi consigli). Le sfide si svolgeranno alle ore 12:00 e alle ore 19:00, due Cinequiz insomma da 5 film ciascuno, e i partecipanti non proveranno a vincere solo per la gloria personale. Infatti, per ogni gara, c'è in palio un buono acquisto da €. 25,00 gentilmente offerto dalla fumetteria Altrove.
Che altro rimane da dirvi? Se siete in zona, partecipate numerosi. Se non lo siete, bé, quale migliore occasione per venire in Sardegna? ^__*

Thursday, January 28, 2010

BACK TO THE ISLAND...

...and this is the LAST time.



Ormai i giorni che mancano si contano sulle dita di una mano!!!

Wednesday, January 27, 2010

"Do I want to believe?"

Il regista Olatunde Osunsanmi non sarà capace di fare il suo mestiere ma perlomeno il coraggio non gli manca. Non solo perchè il suo nome sembra un simpatico scioglilingua, ma soprattutto perché, con un solo film al' attivo (un certo WithIn a me completamente sconosciuto), decide di affrontare un vero e proprio campo minato, ufologia e rapimenti alieni, incurante del fatto che potrebbe saltare in aria al minimo passo falso. L' argomento vede da sempre contrapporsi coloro che credono ciecamente nell' esistenza degli omini grigi che ti prendono e usano il tuo sedere come un porta matite, e quelli che non riescono ad andare oltre un cieco scetticismo. Personalmente trovo l'argomento parecchio affascinante ed è per questo motivo che mi sono avvicinato ad Il Quarto Tipo spinto dalla curiosità mossa da un trailer che prometteva un racconto basato su fatti realmente accaduti e documentati anche in video. Ora, il film di Olatunde Osunsanmi (mi piace tanto scriverlo per intero) è qualcosa di totalmente ambiguo che si pone come obbiettivo di superficie quello di dare ad ufologi convinti qualcosa di cui vantarsi al bar con gli amici con frasi tipo " te l'avevo detto che era tutto vero" e magari di far porre qualche serio interrogativo a tutti gli altri. Sarebbe stato così anche per me se la suddetta curiosità non mi avesse spinto a fare delle ricerche sulla protagonista e sugli eventi del film che, ricordiamolo, trattano il presunto rapimento alieno della Psicologa Abbey Tyler e di alcuni sui pazienti nella cittadina di Nome in Alaska. Il film si apre con un avvertimento rivolto al pubblico dall' attrice Milla Jovovich, che interpreta la Dottoressa Tyler nelle ricostruzioni degli eventi, con lo scopo di mettere in guardia sul fatto che gli eventi riportati nel film sono stati documentati dalla stessa dottoressa con riprese video che vengono presentate nel film in parallelo con le drammatizzazioni. E il film si chiude nella medesima maniera, con l'attrice e il regista che ci invitano, dopo aver visto con i nostri occhi quello che è accaduto, ad essere noi stessi a decidere in cosa credere o meno. Ed ecco i fatti: effettivamente esiste la città di Nome in Alaska nella quale, dagli anni '70 ad oggi sono state documentate parecchie misteriose sparizioni archiviate dalle autorità locali come dovute ad un eccessivo uso di alcolici unite alle estreme condizioni climatiche. Nessun riferimento a rapimenti alieni (cosa anche comprensibile), nessun riferimento ai luttuosi eventi narrati nel film ma soprattutto nessun riferimento al' esistenza di un Dottoressa Abigail Tyler, il che ci porta alla conclusione che anche i filmati di repertorio siano stati fatti ad arte per la pellicola*. Ma allora qual'è lo scopo di Il Quarto Tipo? Sollevare domande ed interrogativi almeno fino a quando il trucco non è stato svelato? Sinceramente non capisco. E non capisco perché fare un mockumentary (perché è di questo che si tratta alla fine) e volerlo spacciare per vero quando questo tipo di progetti funzionano a meraviglia quando costruiscono consapevolmente una realtà fittizia. Se è solo per cavalcare uno dei trend cinematografici del momento, o una sua variazione sul tema, mi spiace per il giovane regista americano ma non è riuscito a stare in sella cadendo rovinosamente a terra. Ed è in questi elementi che sta l'ambiguità del film, nel rendere volutamente incomprensibile fin dove il progetto può essere preso sul serio o se si tratta di uno scherzo ben elaborato ai danni di chi è pienamente convinto nell' esistenza di forme di vita extraterrestri. Spielberg si era fermato agli incontri di terzo tipo e, a quella magia, non mi stancherò mai di credere.

*Note a margine: durante le interviste che il regista fa alla "vera" Abigail Tayler, in basso a destra si può scorgere il logo della Chapman University. Sul sito di questa università ci tengono a precisare che l' uso del logo è stato permesso soprattutto perchè Olatunde Osunsanmi è un loro ex studente, ma che l'intervista, come tutto il resto che si vede nel film, è "fiction".

Tuesday, January 26, 2010

"How much does your life weigh?"

Tra le Nuvole (in originale, e per una volta tradotto in maniera decente, Up In The Air) non è solo il terzo lungometraggio di Jason Reitman ma la conferma che il giovane regista di origini canadesi ha le idee ben chiare sul percorso che vuol far seguire al suo cinema, uno sguardo sia ampio che intimo dentro la società americana di oggi, raccontata con una grande ironia dietro la quale si cela una realtà fin troppo amara. Tra le Nuvole si inserisce perfettamente in questo discorso mostrandoci un' America in balia della crisi economica e le decine di migliaia di lavoratori rimasti disoccupati dal' oggi al domani. Il protagonista del film, Ryan Bingham (interpretato da un sempre bravo George Clooney), è un "tagliatore di teste" per una società che si occupa di informare i lavoratori della cessazione dei loro contratti, sollevando da questa pesante responsabilità i datori di lavoro. Per certi versi Bingham ha delle affinità con Nick Naylor, il personaggio protagonista di Thank You for Smoking, entrambi infatti hanno un atteggiamento lucido e distaccato in quello che fanno ma, mentre uno vende morte con il sorriso sulle labbra, l'altro spaccia il futuro incerto di un neo disoccupato per la falsa speranza di un nuovo inizio. "Come fa a dormire la notte?" è la domanda che gli viene rivolta più spesso e la risposta sta in una filosofia di vita sulla quale Bingham ha fondato la sua esistenza, quella di viaggiare sempre il più leggeri possibile eliminando, da un immaginario zaino che ci portiamo alle spalle, tutto il superfluo, che siano beni materiali o affetti, tutto ciò che può creare un legame in grado di ancorarti. Ed è proprio "tra le nuvole" la sua casa, comodamente seduto sulle poltrone degli aerei di linea sui quali trascorre la maggior parte del tempo ad osservare il mondo con un distacco ricercato ed appagante: non si scorgono persone dagli oblò di un aereo, solo l'anonimo mosaico dei quartieri di questa o quella città, o il geometrico disegno dei campi coltivati. Un meccanismo di vita apparentemente perfetto che si incrina nel momento in cui si realizza che per anni non si è fatto altro che mentire a se stessi. Reitman mette in scena questa vita senza legami con un efficace parallelo che evidenzia come quelle cose che Bingham decide di lasciare a terra siano la vera forza che permette alle sue "vittime" di tirare avanti. Una presa di coscienza tardiva resa ancora più dolorosa dalla consapevolezza di non poter mettere rimedio ad uno zaino vuoto diventato improvvisamente fin troppo pesante.

Monday, January 25, 2010

Molto Incinta: il futuro della commedia americana è passato di qua?

Lei è una bella ed affermata donna in carriera appena diventata presentatrice del canale E!. Lui è un immigrato canadese, nullafacente che passa il tempo con i suoi amici decerebrati fumando mariuana e progettando un sito internet sui nudi della star nei film. Potrebbero due persone così essere più incompatibili? La risposta probabilmente è no, ma basta una piacevole serata in discoteca e tanto, tanto alcol, che i due si ritrovano a letto insieme e sette mesi dopo, vomitando durante un' intervista a James Franco, lei scopre di essere incinta: per Ben e Alison arriva il momento di prendere la decisione più importante dlla loro vita. Considerato la nuova brillante promessa (?!?) della commedia americana, Judd Apatow (già autore del filmetto 40 Anni Vergine) scrive e dirige una pellicola dalla duplice personalità nel quale convivono intenzioni rivoluzionarie che si realizzano poi in risvolti abbastanza scontati, prevedibili e prese di posizione abbastanza nette. Se da un lato infatti già stupisce che un film di questo tipo superi le due ore di durata e che i due protagonisti cerchino di avvicinarsi sin da subito per il bene di entrambi e del futuro nascituro, Molto Incinta non è un film che lascia spazio a sviluppi inaspettati e tutto in fondo gira intorno all' importanza della famiglia, al crescere e a farsi carico delle proprie responsabilità. E se in fondo si può anche accettare che un perdigiorno come Ben provi ad entrare a fatica nei panni che da li a otto mesi lo attendono, non risulta credibile, e fin troppo affrettato, il cambio repentino a fine film (ne la maniera in cui in pochi attimi trova un lavoro e si compra una casa). Come sinceramente ho poco gradito dei ruoli cosi definiti e inquadrati, dove le donne sono tutte un dito nel culo e gli uomini degli impuniti bambinoni. Il film risulta comunque divertente e la durata non influisce in negativo sulla visione che scorre senza intoppi e regala qualche sincera risata soprattutto grazie al talento comico di Seth Rogen che da solo potrebbe portare sulle spalle l'intera pellicola. Da qui a consigliarlo a occhi chiusi però, ce ne passa.

Sunday, January 24, 2010

Lyric of the Week + Video / FIRST AID KIT - HARD BELIEVER

Colpo di fulmine?


So you ask for my opinion
Well what is there to say
To be honest and just foolish
Won't make you wanna stay
You've got to go on and get moving
I can't do that for you
Got so many plans and so much you want to do

Love is tough, time is rough
Love is tough, time is rough
Whoaaaa on me

Well I see you've got your bible
Your delusion imagery
Well I don't need your eternity
Or your meaning to feel free
I just live because I love to
And that's enough you see
So don''t come preach about morality
That's just human sense to me

Love is tough, time is rough
Love is tough, time is rough
Whoaaaa on me
On me on me

And it's one life and it's this life
And it's beautiful
And it's one life and it's this life
And it's beautiful
And it's one life and it's this life
And it's beautiful
And it's one life and it's this life
And it's beau .. beau .. beau ... beautiful

Love is tough, time is rough
Whoaaaa on me

Friday, January 22, 2010

HYPE ASSOLUTO!!!



OMG!!! Quant'è bello il nuovo costume?!?
Grazie Takashi, grazie davvero!!!

Thursday, January 21, 2010

"You're not in Kansas anymore"

Curiosa la sorte che spetta a pellicole come Avatar, chiacchierate e giudicate con precisione microscopica ancora prima che raggiungano le sale. Certo, si tratta dell' effetto collaterale della campagna promozionale del film, che ha tenuto avvolto nel mistero l'intero progetto lasciando libera di circolare la voce secondo la quale Cameron avesse finalmente la possibilità di dare alla luce un progetto che teneva da parte da tantissimo tempo e che sarebbe stato qualcosa di rivoluzionario. A film uscito si è scritto e letto di tutto: c'è chi si arrocca su pregiudizi negativi basati sul patrocinio che alcuni colossi dell' informatica hanno offerto al film o sulla promozione fatta dalla più famosa catena mondiale di fast-food o chi, ancora, la definisce a priori un' "americanata", ma in definitiva voci trascurabili e inutili perché fondate sul niente. Poi naturalmente ci sono le due posizioni dominanti, quella dei sostenitori del film contrapposta a quella dei suoi detrattori, e qui si entra nel campo dei giudizi personali, dei propri gusti, della propria capacità di lasciarsi coinvolgere o prendere dal film. E come accade per pellicole di questa portata gli schieramenti si riparano in trincea pronti a fare fuoco. Senza voler entrare nel merito di questo o di quel giudizio particolare, si può partire con delle considerazioni sul film proprio da alcune delle più frequenti critiche negative che gli sono state mosse contro. Sicuramente la sceneggiatura è l'aspetto più bersagliato, dove la classicità del racconto viene additata come banalità e dove invece, in questo modello classico (dove appaiono classici e stereotipati anche i personaggi) e dove le metafore appaiono più che evidenti ed esplicite, io ci vedo la necessità di raccontare una storia che non perde di importanza e di significati per quante volta la si possa sentire. Quando ci lasceremo definitivamente alle spalle un passato ed un presente di colonizzatori, le guerre per accaparrarsi i territori ricchi di risorse minerarie ed energetiche a discapito delle popolazioni che li abitano, quando sarà diventato superfluo mandare un messaggio ecologista forte e diretto come quello di Avatar, allora si potrà dire che la sua storia è scontata e banale. Senza contare poi il fatto che l'umanità dipinta da Cameron, in declino ed impossibilitata ad interagire con un paradiso come Pandora senza l'uso degli avatar, porta a delle riflessioni su come l' utilizzo di alter-ego virtuali sia da sempre, non solo la manifestazione di se stessi tanto in un videogioco quanto in una community on-line, ma soprattutto il mezzo per colmare il senso di inadeguatezza dal quale molti cercano di fuggire, rappresentando se stessi come in realtà desiderano apparire. Il secondo aspetto che in molti hanno voluto mettere in evidenza per mostrare come in realtà il film abbia più debolezze che punti di forza, sta nel suo lato tecnologico. In pratica, privato del 3D e di tutti gli effetti speciali, del film non resta nulla di valido, critica che fondamentalmente non ha molto senso. Se si ha un tale giudizio delle tecnologie più moderne applicate al cinema sarebbe il caso di evitare a a priori film come Avatar dove i due elementi sono imprescindibili l'uno dall'altro. Che poi Cameron abbia apportato quella rivoluzione di cui parlava, quello è un 'altro discorso, ma di sicuro ha dimostrato come la visione stereoscopica 3D e gli effetti speciali, possono (e dovrebbero) essere usati in funzione del film e non come mero ornamento al' avanguardia da sfoggiare. Come l' avatar è il link tra gli uomini e Pandora, il 3D in questo caso è usato come link tra il pubblico ed il film, il collegamento che ci permette di esplorare la meravigliosa flora e la ricca fauna di Pandora provando la sensazione di finirci quasi dentro. Ma dove si è veramente fatto dei passi avanti impressionanti è nel campo delle animazioni dei personaggi, soprattutto nel' utilizzo del Performance Capture in grado di restituire una naturalezza nelle espressioni dei Na'vi che, oltre a lasciare senza parole, riesce a trasmettere la più vasta e completa gamma di emozioni. Ora, non mi sento di definirlo capolavoro e forse neanche film epocale, ma la sua importanza è innegabile come è innegabile ed indelebile il segno che Cameron ha lasciato per l' ennesima nella storia della Settima Arte e, tutto il cinema di genere che verrà, dovrà per forza partire da qui.

Tuesday, January 19, 2010

Immigrati e Mafia per le vie di Shinjuku

E' curioso vedere un film con Jackie Chan dove il nostro non mena qualcuno in maniera acrobatica. Ancora più curioso vederlo coinvolto in una rissa da strada e colpire a destra e a manca in maniera goffa e gridare "aiuto" a pieni polmoni, vederlo girare spalle cadenti per le vie di Shinjuku sopravvivendo di lavoro nero ed espedienti. E forse uno dei maggiori pregi di Shinjuku Incident di Derek Yen (oltre ad un nutrito cast di bravi attori giapponesi e cinesi), è quello di restituirci un Jackie Chan (qui anche in veste di produttore) inedito in un ruolo lontano anni luce da quelli ai quali siamo abituati ad associarlo. Nel film di Yen infatti interpreta Steelhead, un immigrato clandestino di origine cinese che sbarca in Giappone alla ricerca della fidanzata della quale da tempo non ha più notizie, solo per scoprirla sposata con un vice-boss della Yakuza. Impossibilitato a tornare a casa e deciso a legalizzare la sua posizione nel nuovo Paese, cerca di unificare la comunità cinese immigrata scontrandosi con una realtà che non vede di buon occhio l'integrazione di diverse etnie. Questa realtà sulla quale Yen si focalizza è quella di una Shinjuku in mano alla Yakuza e ad altri piccoli gruppi mafiosi taiwanesi e cinesi, un posto dove per sopravvivere devi scendere a patti con la malavita o finire schiacciato da un meccanismo che non permette ad uomini profondamente onesti come Steelhead di tirare semplicemente a campare. Il suo sogno di integrazione, rafforzato ed illuso da l'amicizia con un poliziotto e lo Yakuza ora marito della sua ex, si scontra con la brutalità di una guerra in seno ai vertici della Yakuza stessa e con un odio ed una diffidenza per gli stranieri radicata generazione dopo generazione ed ormai inestirpabile. Quello che da principio sembra la storia di un immigrato in cerca dell'amore della sua vita, si trasforma presto in un gangster movie dal ritmo piuttosto serrato con improvvise virate violente e crude, al quale si perdona qualche incertezza in fase di sceneggiatura grazie all' attenzione riposta nel raccontare il dramma degli immigrati illegali e più in generale la condizione in cui si trovano gli stranieri in una società "chiusa" come quella giapponese.

Monday, January 18, 2010

What happens in Vegas...

Si può odiare tutta la vita Todd Philips per la trasposizione cinematografica di Starsky & Hutch, questo è un dato di fatto. Neanche sapevo ci fosse lui dietro Road Trip (quello con il nonnetto sotto effetto viagra che tirava giù i sopramobili) e questo poco importa. Ciò che importa infatti è lasciare perdere i suoi trascorsi e concentrarsi sul suo ultimo lavoro, The Hangover, una delle commedie americane più riuscite e divertenti degli ultimi anni. Arrivato in Italia con il titolo "Una Notte da Leoni", l'avevo prontamente snobbato senza tanti pensieri, salvo poi decidere di recuperarlo in un secondo momento sulla scia di commenti e critiche positive collezionate tanto qui da noi come in patria. Il motivo di tale successo è presto detto: The Hangover è la classica commedia al maschile incentrata sulle vicissitudini dei protagonisti, con le donne a fare da contorno. Questa in particolare vede i quattro protagonisti partire alla volta di Las Vegas per festeggiare l' addio al celibato di uno di loro prossimo a sposarsi. Insomma, un film che parla di un addio al celibato, sai che novità. Ma qui sta il bello perchè la parte più ovvia è proprio quella che manca, un vuoto narrativo che corrisponde al vuoto di memoria di tre dei quattro protagonisti che si troveranno impegnati a ricostruire gli avvenimenti della nottata per ritrovare il futuro sposo misteriosamente scomparso. A confermare che il film trovi nella sua forma la carta vincente, è che presto ci si dimentica e ci si disinteressa agli eventi dell' addio al celibato, preferendo che la "mancanza" venga colmata passo dopo passo durante il film. L' elemento comico, oltre che dai tre personaggi (su tutti l'esilarante/inquietante Alan), è rappresentato proprio dalle varie situazioni ed equivoci in cui i nostri si vanno a trovare pur non sapendo perché, componendo tassello su tassello un mosaico del quale solo nei titoli di coda ce ne viene regalato un piccolo ma divertentissimo assaggio. Naturalmente il film richiede che si sia ben disposti verso questo tipo di commedie e soprattutto verso un certo tipo di comicità, ma messo in conto questo, The Hangover si fa apprezzare, ricordare e non gli si nega neanche una seconda visione.

Sunday, January 17, 2010

Lyric of the Week + Video / THE TEMPER TRAP - SWEET DISPOSITION

Niente da segnalare questa volta!!!*


Sweet disposition
Never too soon
Oh reckless abandon
Like no one's
Watching you

A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, a laugh
A moment, a love
A dream, a laugh

Just stay there
Cause I'll be comin over
And while our bloods still young
It's so young
It runs
And we won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender

Songs of desperation
I played them for you

A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, a laugh
A moment, a love
A dream, a laugh

Just stay there
Cause i'll be comin over
And while our bloods still young
It's so young
It runs
And we won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender

A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs (won't stop 'til it's over)
A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs (won't stop 'til it's over)
A moment, a love
A dream, a laugh
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs (won't stop 'til it's over)
A moment, a love
A dream, a laugh
A moment, a love
A moment, a love (won't stop to surrender)

ALTERNATE VIDEO


*Non è vero! Questa canzone fa parte della colonna sonora di 500 Days of Summer ^__*

Friday, January 15, 2010

Jack is gonna tear NY down!!!



Tipo che domenica e lunedì c'è una doppia premiere...quattro (no, dico QUATTRO) episodi tanto per cominciare alla grande.
Fate un po' voi...

Thursday, January 14, 2010

Avatar sulla via della blasfemia


"Stupefacente tecnologia ma poche emozioni vere. Il film strizza abilmente l'occhio a tutte quelle pseudo-dottrine che fanno dell' ecologia la religione del millennio. La natura non è la creazione da difendere, ma la divinità da adorare."

Con queste parole, riportate parola per parola da un articolo del
Giornale di Sardegna di oggi, l' Osservatore romano e Radio Vaticana, alla perenne ricerca di qualsiasi cosa giustifichi la crisi della Fede e che non li riguardi direttamente, descrivono l' ultima fatica di James Cameron, che non ho ancora avuto la fortuna di vedere ma che spero sinceramente di "adorare" dopo averlo fatto.
Detto questo, comincio a prenotarmi un posto all' Inferno...non sarà peggio di guardarsi Studio Aperto dal primo all' ultimo minuto, vero?

Wednesday, January 13, 2010

Lo sguardo nostalgico di Yamashita sulle campagne giapponesi

La campagna e la città. Due mondi confinanti dove il secondo si fa sempre più prepotente nell' esigere spazi dove espandersi. Eppure, per quanto vicini, essi si trovano ad essere totalmente distanti e diversi: i ritmi di vita, i colori, le luci, i sapori, le persone e, se guardiamo al Giappone, basta allontanarsi da una grande città come Tokyo per trovare anche dialetti e modi di parlare differenti. Nobuhiro Yamashita ci racconta dell' inconciliabilità tra questi mondi attraverso la vita in un piccolo paese immerso nel verde e a pochi passi dal mare, dove i giorni scorrono tranquilli e tutti si conoscono tra di loro. Qui c'è una scuola che ha solo sette studenti e quasi tutti di età diverse. In questa realtà così ben consolidata arriva un ragazzo di Tokyo, Hiromi, da poco trasferitosi e com' è facilmente prevedibile, attira subito le attenzioni dei suoi nuovi compagni di scuola, tanto quelli più piccoli quanto i coetanei, tra i quali Soyo che rimane immediatamente colpita dal suo fascino "cittadino". Ma per il nuovo arrivato non sarà facile lasciarsi alle spalle la vità di città ed ambientarsi al nuovo mondo in cui è stato catapultato. La storia di Tennen Kokekko è tutta qui e si esaurisce nei primi 15-20 minuti di film. Almeno, questo succede a chi non ha la pazienza di lasciarsi traspostare dalla genuina semplicità di questo film, un racconto dove gli spaccati di vita, da una semplice passaggiata verso la spiaggia ad una festa di paese, assumono un'importanza ed un significato che lasciano il passato di Hiromi e l' insofferenza per il suo trasferimento, decisamente in secondo piano. Nobuhiro Yamashita conferma in questo caso la sua estrema sensibilità nel trattare certi argomenti, mostrandoci con un incedere nostalgico mai stucchevole, una realtà che va perdendosi (quando tutti gli studenti si saranno diplomati, che fine farà la scuola?) soffocata dalle attrattive della vita urbana. Yamashita ci lascia con un messaggio positivo, forse scontato ma necessario, e se il miracolo compiuto con Linda Linda Linda non si ripete (le due ore di durata si fanno sentire) non significa che non ci troviamo di fronte ad un film ugualmente sincero e personale.

Tuesday, January 12, 2010

Occasione mancata per l' orrore in multicam

Prima di esaminare l' ultima fatica di Paco Plaza e Jaume Balaguerò è giusto dedicare un paio di righe al loro film precedente che a suo tempo giudicai in maniera anche abbastanza severa ma che a successive visioni ho rivalutato come un onestissimo film di genere, fondamentalmente non innovativo ne tanto originale, ma che sfrutta il metodo di ripresa "diretta" come espediente riuscitissimo per spaventare. Il finale continua ad essere il suo vero punto debole, quella possibilità suggeritaci che tutto possa dipendere da una possessione demoniaca si pianta come un tarlo nella testa e l'unica cosa da fare è optare per un finale più aperto, senza spiegazione. Sfortunatamente REC 2 fa del "virus del diavolo" il suo fulcro narrativo e da li non si scappa, o si sta al gioco o si passa ad altro. Decidiamo di giocare allora, d'altronde è anche quello che la coppia di registi fa con il genere horror, pescando un po' qui ed un po' li dai classici, lo zombie movie prima e L' Esorcista adesso. Il film riprende da dove finiva il precedente e parallelamente alla continuità tematica, i registi mantengono una continuità formale provando a portare il discorso delle immagini in presa diretta su di un nuovo livello, moltiplicando i punti di vista. Come la TV dei reality ci insegna infatti, va bene riprendere la realtà ma riprenderla dal maggior numero di punti di vista possibile è ancora meglio. Ed ecco che da una parte abbiamo telecamere e microfoni montate sui caschi di un' unità speciale della polizia e dall' altra un gruppo di ragazzini che spera di ottenere qualche bella immagine da diffondere su internet. L'idea del multicam funziona ed è proprio da alcune soggettive (una addirittura in pieno stile FPS) che nascono i momenti più riusciti del film, carichi di quella tensione che contraddistingueva il suo predecessore. Ma è tutto troppo limitato, troppo circoscritto a brevi momenti perchè si possa definire questa scelta la cifra stilistica del film che finisce per tornare spesso e volentieri al punto di vista singolo. Ed è qui che sta il grande difetto di REC 2 che in quanto seguito avrebbe come minimo dovuto presentarsi come un "upgrade", e dove invece Plaza e Balaguerò giocano misteriosamente al ribasso: un condominio pieno zeppo di infetti sbraitanti e i loro attacchi di massa latitano, manca la sensazione claustrofobica, manca gran parte della tensione, le preghiere prendono il posto dei proiettili (però l'infetta abbattuta con il petardo mi è piaciuta!), la logica castra la tensione. E alla fine che rimane? Ah si, la storia del diavolo contagioso. Spiacenti, ma non mi basta.

Monday, January 11, 2010

"We're not fuck-ups"

E' veramente piacevole vedere un regista come Sam Mendes ribaltare completamente, a livello stilistico e non solo, quanto fatto in Revolutionary Road e cimentarsi in un progetto "indie" fino alle ossa, aspetto che traspare da una colonna sonora tanto presente quanto mai invadente, da una precisa e intelligente suddivisione in capitoli e da due attori protagonisti, John Krasinski e Maya Rudolph, non certo avezzi a ruoli di primo piano che sembrano, in questo caso specifico, ritagliati apposta per loro: Burt e Verona sono una coppia che sta per avere il loro primo figlio. Diventare genitori comporta per i due una profonda riflessione sul punto in cui si trovano le loro vite, che sfocia nella necessità di trovare il giusto posto dove mettere su il futuro nucleo familiare. Grazie all' ottima sceneggiatura di Dave Eggers e della moglie Vendela Vida, Mandes racconta una coppia molto diversa da quella del suo film precedente, un uomo e una donna tenuti insieme da un legame fortissimo, reso indistruttibile dall' improvvisa gravidanza e che rispetto a quanto visto in Revolutionary Road non ha paura di lascirsi tutto alle spalle per iniziare una nuova vita. Away We Go è fondamentalmente un road movie dove il viaggio, per riallacciare rapporti con parenti e amici ai quattro angoli degli Stati Uniti allo scopo di trovare la loro nuova "casa", diventa occasione per confrontarsi con diverse realtà "famililari" e di riflesso comprendere cosa significhi diventare genitori, diventare consapevoli delle responsabilità, delle difficoltà, dei dubbi e delle paure che faranno capolino in futuro e che bisognerà avere la forza di affrontare. Un viaggio costellato di momenti divertenti, riflessivi, paradossali, commoventi e dolcissimi senza per questo apparire furbi e calcolati. E questo percorso di coppia condurrà nell' unico posto che si possa chiamare "casa", il luogo dove si è lasciato il proprio cuore che è sempre più vicino di quel che si possa pensare. Che poi sia il posto giusto bé, "we just fucking hope so".

Sunday, January 10, 2010

Lyric of the Week + Video / JENS LEKMAN - YOUR ARMS AROUND ME

**Una delle (tante) belle canzoni della colonna sonora di Whip It**


I was slicing up an avocado
When you came up behind me
With your quiet brand new sneakers
Your reflection I did not see
It was the hottest day in august
And we were heading for the sea
For a second my mind started drifting

You put your arms around me
You put your arms around me
You put your arms around

Blood sprayed on the kitchen sink
What's this? I had time to think
I see the tip of my index finger
My mind is slowly creating a link
From your mouth speaks your lovely voice
The best comments I've ever heard
Oh honey, you've cut off your finger
I bet that's gotta hurt

You put your arms around me
You put your arms around me
You put your arms around

I must've passed out on the porch
I'd never seen so many bright stars
When i wake up I'm in the waiting room
Of the local E.R.
My hand is wrapped in toilet paper
And my shirts all blood red
I see you standing there like an angel
And I say baby, I must be dead

You put your arms around me
You put your arms around me
You put your arms around me

BONUS

Friday, January 08, 2010

CALIFORNICATION - SEASON 03 -

TITOLO ORIGINALE: CALIFORNICATION
TITOLO ITALIANO: CALIFORNICATION
NUMERO EPISODI: 12

-TRAMA-
Hank Moody è rimasto a Los Angeles con la figlia e scoprirà presto le gioie e i dolori di essere padre "sigle" di un' adolescente e docente al' università.

-COMMENTO-
Ok, lo dico subito? Secondo me questa terza stagione di Californication funziona e funziona pure bene. Non so di preciso da cosa dipenda questo mio parere positivo, forse in parte dal fatto che la seconda mi aveva lasciato un po' freddino, o forse perchè essendoci (parzialmente) liberati dei personaggi di Karen e Mia la serie si sarebbe alleggerita lasciando al buon Hank quella "libertà d'azione" che contraddistingue il personaggio. Ma in verità quello che ho trovato veramente vincente è il nuovo status del personaggio e non tanto quello di insegnante, quanto quello di padre. Certo, era padre pure prima, ma mai come adesso il peso di questo ruolo si fa sentire proprio perchè caricato unicamente sulle sue spalle in un momento molto particolare per la figlia che attraversa forse la fase più instabile e delicata dell' adolescenza. E che esempio potrà mai dare, che tipo di educazione potrà impartire, se lui stesso non riesce a dare una direzione alla propria vita preso com'è dalle tre relazioni (tre contemporaneamente) in cui si trova coinvolto? La prima metà stagione gioca soprattutto su questi elementi (parallelamente alla situazione sentimentale e lavorativa di Charlie Runckle) arrivando a sciogliere la girandola di equivoci e l'intreccio di relazioni con il ritorno di Karen che sembra condurre, fino al penultimo episodio, al solito finale accomodante e con il sorriso sulle labbra. E invece questa volta no. A quanto pare quest'anno le serie della Showtime hanno deciso di andarci pesante e dopo Dexter anche Californication, con il ritorno di un particolare personaggio, ha un finale che non lascia indifferenti (magari non tanto in fattore sorpresa quanto in intensità) e che personalmente aspetto fin dalla prima stagione. E ho detto tutto.

-DVD-
Nessun cofanetto DVD ancora disponibile per la terza stagione.

Thursday, January 07, 2010

Nothing gives you speed like the whip

Iniziata la sua carriera sin da bambina con l'indimenticabile ruolo nell' E.T. spielberghiano, Drew Barrymore ha percorso la sua strada nello shobiz con tutti gli alti e bassi che questo comporta. Riuscendo miracolosamente a non disintegrare la sua carriera come capitato ad altri giovani attori come lei, la Barrymore si è distinta in tempi anche piuttosto recenti come coraggiosa produttrice (Donnie Darko) prima del suo battesimo del fuoco dietro la macchina da presa arrivato con Whip It, tratto dal romanzo autobiografico di Shauna Cross, e diciamolo subito, considerate le scarse aspettative, non ci si vergogna di ammettere che il risultato finale è decisamente positivo. La storia si dipana in una piccola cittadina nella provincia texana dove la protagonista, Bliss, vive cercando come può di emergere in un a società molto chiusa e da una madre che cerca di modellarla a sua immagine facendola concorrere suo malgrado a numerosi concorsi di bellezza. Non che non abbia le carte per vincere ma Bliss asprira ad altro, e trova nelle gare di pattini a rotelle il modo più diretto e irruento di esprimere se stessa. Il film può contare sull' apporto di un certo numero di comprimari tra i quali è bene citare la stessa Barrymore, Zoe Bell, Juliet Lewis e la sempre ottima Marcia Gay-Harden, ma ad incarnare la sua "eroina" la regista americana sceglie una perfetta Ellen Page per la quale è difficile trovare nuovi aggettivi che descrivano la sua straordinaria capacità di adattarsi perfettamente ai ruoli che si trova ad interpretare, sia quelli più difficili (Hard Candy) che quelli più leggeri, come in questo caso. Leggeri si, ma non meno profondi nell' esprimere quel forte desiderio di liberarsi dall' opprimente realtà di una provincia americana (in particolar modo quella del sud) ancora una volta descritta come prigione per le aspirazioni personali e, in questo caso particolare, votata a forgiare le giovani donne secondo uno standard femminile antiquato e un po' bigotto. Certo, trattando una storia di rivalsa personale nello sport, con risvolti sentimentali, si cade in inevitabili luoghi comuni e stereotipi, ma la sceneggiatura sorprende quando riesce a divincolarsi da facili e scontate soluzioni narrative, facendo si che il meccanismo nel complesso funzioni bene nonostante qualche scricchiolio.

Tuesday, January 05, 2010

The family that eats together stays together.

Per fortuna ci sono registi come Takashi Miike, Kyoshi Kurosawa o Hideaki Anno, capaci di scrostare la facciata patinata che spesso il cinema giapponese applica nel rappresentare la società. Autori che non nascondono la testa sotto la sabbia anche quando c'è da mostrare quella realtà sotto gli occhi di tutti ma sulla quale si preferisce fare finta di niente, ignorarla. Anche Sono Shion rientra in questa schiera di registi e con il suo Noriko's Dinner Table prosegue ed amplifica il discorso iniziato con il suo precedente Suicide Club di cui è il seguito ideale. Per essere precisi, più che un seguito, Noriko's Dinner Table è il secondo capitolo di una trilogia e gli eventi narrati nel film si svolgono prima, dopo e durante Suicide Club. La protagonista è un adolescente di nome Noriko, stanca della sua vita in una piccola cittadina di periferia e desiderosa di trasferirsi a Tokyo per studiare. Trovando la sua decisione ostacolata dai pregiudizi del padre verso le ragazze di città, Noriko decide di fuggire a Tokyo per conoscere un gruppo di ragazze conosciute su di uno strano forum su internet. Pur collegando i due film attraverso il medesimo sito internet (indirizzo diverso ma dai medesimi contenuti) e dalle immagini prese dalla sequenza del suicidio di massa di 54 studentesse nella metropolitana di Tokyo, gli eventi seguono percorsi differenti ma su di una cosa Sono Shion è chiaro: il "Circolo dei Suicidi" non esiste. Nessuno spinge qualcuno a suicidarsi come nessuno invita qualcun'altro ad abbandonare e dimenticare la propria vita. Il male in questo caso è ancora più evidente quanto innominabile e risiede tanto all' interno del nucleo familiare quanto in ogni aspetto di una società alienata che spinge alla ricerca della propria personalità idealizzata, finendo per perdere se stessi e la propria felicità. Noriko's Dinner Table non è un film facile, sia per i suo contenuti che per la sua forma che predilige la voce narrante della protagonista per quasi tutta la sua lunga durata. Un film importante, primo passo decisivo verso quel Love Exposure, suo lavoro più completo e compatto, con il quale condivide la struttura a capitoli e un' intelligente modo di trattare tematiche scomode che caratterizza in positivo il suo cinema.

Monday, January 04, 2010

TOP TEN FILM - ANNO 2009

Eccola finalmente, la mia personale TOP TEN dei migliori film usciti in Italia nel 2009 appena passato. Qualcosa è cambiato rispetto alla precedente classifica stagionale ma era inevitabile considerato che gli ultimi quattro mesi dell'anno sono stati estremamente ricchi, cinematograficamente parlando. Ma basta chiacchiere, la classifica parla da se:

1.

2.

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

Sunday, January 03, 2010

Lyric of the Week + Video / FIONA APPLE - ACROSS THE UNIVERSE

**E' una cover, lo so, ma è bella bella!!!**


Words are flying out like
Endless rain into a paper cup
They slither while they pass
They slip away across the universe
Pools of sorrow waves of joy
Are drifting through my open mind
Possessing and caressing me

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Images of broken light which
Dance before me like a million eyes
That call me on and on across the universe
Thoughts meander like a
Restless wind inside a letter box
They tumble blindly as
They make their way across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world

Sounds of laughter shades of life
Are ringing through my open ears
Exciting and inviting me
Limitless undying love which
Shines around me like a million suns
It calls me on and on across the universe

Jai guru deva om
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Nothing's gonna change my world
Jai guru deva
Jai guru deva