Monday, June 30, 2008

Amori sfigati in terra giapponese

E' sempre bene non farsi mancare mai, ciclicamente, un bel drammone strappa lacrime giapponese. Che poi scopro (qui) che questo tipo di film, non vengono considerati drammi ma raggruppati in un genere chiamato Junai il cui significato è "vero amore". E di vero amore in pellicole così se ne trova in abbondanza, soprattutto quei legami così forti da sopravvivere al tempo e alla morte. Quest volta è il turno di Sono toki wa kare ni yoroshiku, titolo lunghissimo la cui traduzione suona all' incirca come "Se lo vedi, digli ciao da parte mia" (gli inglesi, che non si fanno fare pagliacci da nessuno, l'hanno brevemente adattato come "Say Hallo for Me"): la storia racconta questa volta di Satoshi, Yuuichi e la bella Karin, amici fin dall' infanzia e costretti ad allontanarsi ognuno per vicissitudini private. Cresciuti, Satoshi aprirà un negozio che vende piante per acquari, Yuuichi diventerà un artista e Karin una modella. Si ritroveranno tredici anni più tardi e sarà prorio Karin a cercare i due ragazzi per salutarli un' ultima volta: infatti la ragazza è affetta da una malattia che la fa precipitare in uno stato comatoso quando si addormenta. Le medicine che prendeva non le fanno alcun effetto e dalla prossima "crisi di sonno" potrebbe non svegliarsi più. Sia ben chiaro che non ho nulla contro questo tipo di film. Mi fanno anche simpatia nonostante siano infarciti a forza di buoni sentimenti e cerchino in modi del tutto espliciti di richiamare le lacrime. Questo in particolar modo non nasconde minimamente i suoi intenti e sin dai primi minuti mette bene le carte in tavola: scopriamo subito il triste destino della protagonista e quindi ci crediamo pronti ad affrontare il drammatico svolgersi delle vicende. Ma non siamo preparati alla valanga di sfighe che travolgerà i protagonisti (morti, truffe, incidenti ecc.). Come dicevo prima però, visto il genere ci si può anche stare. Quello che risulta difficilmente digeribile è il modo in cui vengono scritti i personaggi, i cui comportamenti risultano incomprensibili. Esempio: Karin, la protagonista sonnolenta, va a trovare il suo amore di sempre Satoshi non per confessargli i suoi sentimenti e la sua condizione di salute ma solo per vederlo un' ultima volta, salutarlo e fargli credere che partirà per non tornare più...ma io dico, brutta stronza insensibile! Ma ci pensi che sofferenza quando lo viene a scoprire? Al non aver avuto modo di starti vicino o il non essere riuscito a confessarti i suoi sentimenti? Che il poveretto ha problemi già di suo, cresciuto coltivando piante acquatiche non è neanche in grado di servire una tazza di tè senza ustionarsi. Poi però devi considerare che Lei è Masami Nagasawa ( basta un suo sorriso per volerle subito bene), che tutto sommato in queste pellicole c'è una certa cura nella fotografia, nella composizione del quadro e che non cambieresti mai un film così, con i suoi pregi e i suoi difetti, con l'ultimo dei Vanzina.

Sunday, June 29, 2008

Lyric of the Week + Video / SMASHING PUMPKINS - THIRTY-TREE


Speak to me in a language I can hear
Humor me before I have to go
Deep in thought I forgive everyone
As the cluttered streets greet me once again
I know I can't be late, supper's waiting on the table
Tomorrow's just an excuse away
So I pull my collar up and face the cold, on my own

The earth laughs beneath my heavy feet
At the blasphemy in my old jangly walk
Steeple guide me to my heart and home
The sun is out and up and down again
I know I'll make it, love can last forever
Graceful swans of never topple to the earth
And you can make it last, forever you
Can make it last, forever you
Can make it last

And for a moment I lose myself
Wrapped up in the pleasures of the world

I've journeyed here and there and back again
But in the same old haunts I still find my friends
Mysteries not ready to reveal
Sympathies I'm ready to return
I'll make the effort, love can last forever
Graceful swans of never topple to the earth
Tomorrow's just an excuse
Tommorow's just an excuse
And you can make it last, forever you
Can make it last, forever you
Can make it last, forever you
Forever you

Friday, June 27, 2008

I giochi che facevamo da bambini, al buio, sono tutta un' altra cosa...

Un vecchio ed imponente caseggiato un tempo era un orfanotrofio. Laura era uno dei giovani ospiti ma adesso è cresciuta e ha una famiglia. Ha deciso di acquistare quella vecchia proprietà e di farne una casa per ragazzi "speciali" e di trasferirsi a vivere li con il marito ed il piccolo Simòn. Il bambino non ha amicizie se non due compagni di gioco invisibili che i genitori considerano una fase passeggera. Da quando si sono trasferiti inoltre, gli amici invisibili di Simon sembrano essere sempre di più e la loro "presenza" sembra rimandare ad un passato neanche tanto remoto legato a quella vecchia casa. Laura ed il marito non danno molta importanza alla cosa fino al giorno in cui arrivano i primi ospiti della casa, giorno in cui Simòn misteriosamente scompare.
Guillermo Del Toro, regista sempre molto attento alle tematiche che riguardano l'infanzia e l'immaginazione come uscita di sicurezza dalla realtà, si dedica qui al ruolo di produttore per l' esordio cinematografico del regista Juan Antonio Bayona e dello sceneggiatore Sergio G. Sanchez. Quella che può sembrare una classica e neanche troppo originale storia di fantasmi senza pace ed in cerca di vendetta, mi appare invece come una macabra rivisitazione in chiave horror del mito di Peter Pan: gli orfani sono come i "bimbi perduti" che hanno trovato nell' orfanotrofio la loro "Isola Che Non C'è". Laura è una novella Wendy, unica ad essere cresciuta perché ha abbandonato l' orfanotrofio/Isola quando era ancora bambina. Peter Pan trova qui il suo ruolo nei panni della Morte, che i bambini hanno "invocato" in maniera innocente, inconsapevoli a causa della loro giovane età.
La trama, che appare esageratamente caricata di elementi che sembrano solo gonfiare la narrazione in maniera superflua, usa questo "accumulo" come espediente narrativo per distogliere l'attenzione da quello che dovremo realmente vedere, quello che abbiamo avuto davanti agli occhi fin dall' inizio. Tecnicamente ineccepibile (straordinarie le scenografie e la fotografia) il film vanta alcune sequenze veramente ben girate che, pur ricorrendo ad espedienti classici del genere (porte o finestre che si chiudono di scatto, improvvise apparizioni ecc.), riescono veramente a trasmettere una forte tensione e non nascondo di aver rischiato un paio di volte di rimanerci secco. Trattandosi di un horror, genere che rischia costantemente di sfociare nella boiata, potrei parlarne in definitiva con toni entusiastici se non fosse per un finale che si allunga più del dovuto, andando oltre quello che era necessario raccontare in maniera del tutto inutile. Un piccolo neo, nell' insieme comunque perdonabile.

Thursday, June 26, 2008

La volta buona per Hulk

Confronti difficili, forse ingiusti ma necessari. Impossibile certe volte evitarli per poter capire a fondo le due o più parti che si mettono una di fronte all'altra. Esempio lampante è Hulk nelle sue versioni cinematografiche, quella di Ang Lee e l'ultima di Louis Leterrier. Il regista Taiwanese ha preso il personaggio Verde per eccellenza e l'ha adattato (con un coraggio degno dei migliori autori cinematografici) alla sua particolare sensibilità, restituendone una versione decisamente originale (quasi un "cine-fumetto") ma non perfetta. Un Hulk andato contro qualsiasi logica commerciale che un soggetto di questo tipo per forza di cosa porta con se e il fallimento al botteghino ne è stata una diretta e prevedibile conseguenza. Impensabile, almeno per il sottoscritto, che il soggetto potesse essere ripreso per il cinema. Ma così non è stato e l' idea di un nuovo film su Hulk, con un nuovo cast artistico e tecnico, mi ha lasciato parecchio perplesso, almeno finché non si sono fatte più chiare le basi su cui si poggia questa nuova avventura cinematografica del Golia Verde. Innanzitutto, così come successo con Iron Man, la produzione è tutta nelle mani della Marvel che, grazie al cielo ha deciso di occuparsi direttamente delle trasposizioni per il cinema delle sue creature. Seconda cosa molto importante, questo nuovo Hulk non è un seguito del film di Ang Lee ma un progetto che parte da zero, un nuovo inizio: un flashback/sogno, inserito nei titoli di testa, ci mostra in breve l'incidente con i raggi Gamma che ha portato il Dott. Bruce Banner a trasformarsi nella gigantesca e muscolosa creatura Verde. La "genesi" quindi, che era una parte fondamentale nel film di Lee come in altre pellicole a tema "supereroistico", viene compressa in pochi minuti per lasciar spazio ad una storia tutta inseguimenti ed "Hulk-devastazioni" che con diverse e neanche tanto velate citazioni (il dettaglio sugli occhi verdi, la fuga con lo zaino in spalla, la ricerca di nuovi vestiti dopo le trasformazioni e la locandina stessa del film), si rifà allo storico telefilm con protagonisti Bill Bixbie e Lou Ferrigno (per lui anche stavolta un piccolo cameo). Il film comincia con Bruce Banner (interpretato da un grande Edward Norton) in Brasile mentre cerca di controllare la rabbia e di farsi aiutare da un misterioso Mr. Blu, nella ricerca di una cura. Il Governo degli Stati Uniti naturalmente è ancora sulle sue tracce e presto Bruce sarà costretto a fuggire nuovamente. La pellicola prosegue con il ritorno di Banner negli Stati Uniti, battaglie contro l'esercito e lo scontro finale con Abominio (molto più riuscito tecnicamente e maggiormente "credibile" del duello finale nella pellicola di Ang Lee) che tanto mi aveva fatto sbavare nel trailer. L' Incredibile Hulk non si sofferma troppo sull' introspezione del personaggio di Bruce Banner ma preferisce dare libero sfogo al suo alter ego, il che comporta tanta azione e furia distruttiva che Leterrier riesce a trasmettere a dovere grazie ad una regia fracassona che ad un personaggio così è quasi dovuta: persone lanciate per metri, esplosioni, mezzi militari tagliati in due, palazzi sventrati...c' è di che sfregarsi le mani insomma. Come per l' Uomo di Ferro, anche qui è presente un' importantissima scena finale che rende questo film ennesimo fondamentale tassello di un progetto ambizioso che i Marvel Studios stanno cercando di portare avanti e che la sola idea manda in brodo di giuggiole tutti i fan della Casa Delle Idee. Si capisce che il film mi è piaciuto e anche se non parlo di filmone, in questi 114 minuti c'è tutto quello che una pellicola di questo genere deve avere. Mi chiedo però se per tutti gli altri (e qui si intende chi non segue le avventure cartacee degli eroi Marvel) non potrebbe sembrare solamente un vuoto susseguirsi di scontri ed esplosioni o un motivo come un'altro per far sfoggio di effetti speciali. La risposta non mi importa un gran che comunque, perché "HULK SPACCA" e questa volta fa sul serio!

Wednesday, June 25, 2008

24 - DAY 06 -

TITOLO ORIGINALE: 24
TITOLO ITALIANO: 24
NUMERO EPISODI: 24

-TRAMA-
Una serie di attentati terroristici sta sconvolgendo gli USA. Mentre i consiglieri del presidente vorrebbero optare per misure d'emergenza anti costituzionali, il terrorista Abu Fayed è disposto a rivelare al CTU di Los Angeles, dove si nasconde l'uomo al comando delle cellule responsabili degli attentati. In cambio vuole la vita di Jack Bauer.

-COMMENTO-
Dopo una quarta e quinta stagione veramente eccellenti, devo essere sincero, non mi aspettavo molto da questa sesta stagione. Mantenere gli stessi ritmi, la stessa freschezza nella narrazione, era impossibile considerando anche che, da più di 100 puntate ormai, la serie si basa su di uno schema ben collaudato: la narrazione come di consueto si divide tra le gesta di Jack Bauer, le macchinazioni alla Casa Bianca e il CTU. Come già accaduto nelle altre stagioni, ci sono delle parentesi narrative più brevi, funzionali (e a volte del tutto superflue) al racconto (dopotutto ventiquattro episodi sono da riempire). La sesta stagione di 24 è una buona stagione ma non come le precedenti due. L'azione non manca, Jack Bauer anche se leggermente "appannato" dai mesi di prigionia in Cina, è sempre pronto a mettere la sua vita in gioco per il bene comune, ad accollarsi scelte pesantissime che in molti non si sognerebbero mai di prendere. L'inizio della stagione è folgorante (guardare la quarta puntata per credere), una parte centrale un po' altalenante, mentre quella finale (diciamo gli ultimi otto episodi) veramente fantastica. Cosa c'è che non va allora? Il contorno naturalmente: tralasciando la parte della sorella del Presidente con il suo compagno che fortunatamente è piuttosto breve, troppo spazio è stato dato ai mebri del CTU e alle loro scaramucce sentimentali, gelosie represse e quant'altro. Insomma, in questa serie si decide il destino di una nazione, non siamo mica a Beverly Hills o a Melrose Place! Anche in queste 24 puntate ci saranno dipartite eccellenti (non molte a dir la verità) e l'introduzione di personaggi nuovi legati a Jack (di cui non dirò nulla) che forse ritroveremo nelle prossime stagioni. La cosa che ho maggiormente apprezzato è sicuramente la volontà di chiudere tutte le sottotrame aperte fin dal Day 4 in modo che la serie possa trovare nuovi spunti che, a giudicare dal trailer della settima stagione (in onda da Gennaio 2009) porteranno ad una vera rivoluzione. Attesa già insostenibile!

-DVD-
Disponibile il cofanetto inglese. Lo potete acquistare qui.

Tuesday, June 24, 2008

TIME WAITS FOR NO ONE

In una delle sequenze più importanti del film, i tre personaggi principali si trovano ad una biforcazione stradale. Il regista sottolinea il fatto mostrandoci più di una volta il cartello stradale con l'obbligo nelle due direzioni divergenti. I tre protagonisti sono adolescenti e sotto quest' ottica il "bivio" assume un significato ben più importante, rappresenta le scelte da intraprendere per il passaggio all' età adulta e i cambiamenti che queste inevitabilmente comporteranno. Il caso vuole che, la strada che "fisicamente" sceglieranno di percorrere in quel momento, influenzerà da subito le loro vite. Makoto, l'unica ragazza dei tre, questo lo sa bene. Ha già visto cosa succederà a seconda delle decisioni che prenderà. Ha di fronte un bivio con una quantità infinità di variabili, perché Makoto ha ricevuto in dono il potere di "risalire" nel tempo. E dire che fino a poco tempo prima, Makoto Konno, conduceva la vita classica di una liceale: tutto il suo tempo è diviso tra casa, scuola e quello che dedica unicamente agli amici Chiaki e Kousuke. Un tempo che scorre spensierato, che sembra immobile ma corre verso un futuro che cambierà tutto. Proprio in questo momento, senza rendersi conto del come e del perché, Makoto scopre di avere il potere di andare contro le leggi della fisica e piegare a suo piacimento il tempo e lo spazio. Così, mentre cerca di utilizzare il "dono" a suo vantaggio, soprattutto a scuola, istintivamente prolunga più che può quei momenti speciali che sta vivendo e che non vorrebbe perdere. Ma come presto imparerà a sue spese, mettersi a giocare con lo scorrere del tempo comporta anche gravi conseguenze. Forse dipenderà dal fatto che le storie sui viaggi nel tempo mi hanno sempre affascinato molto, specie a livello cinematografico. O forse trovo irresistibile il modo in cui gli autori giapponesi riescono a ritrarre gli anni dell' adolescenza con commovente nostalgia, mettendo sempre in risalto l' importanza di vivere quei momenti prima che scivolino via. Ma forse è proprio l' amalgama di questi due aspetti che rende il film di Mamoru Hosoda, La Ragazza Che Saltava nel Tempo, così speciale ai miei occhi. Una classica storia ad ambientazione scolastica, amori adolescenziali corrisposti e non, o assolutamente difficili da dichiarare. Un racconto di crescita e su tutto ciò che comporta il passaggio all' età adulta. In tutto questo si inserisce, senza stonare, l'elemento fantascientifico che invece di semplificare le cose, amplifica le problematiche che l'eta di Makoto già di per se comporta. Se questo non bastasse, aggiungeteci una realizzazione tecnica di tutto rispetto che miscela sapientemente animazioni classiche e 3D. Uno stile molto fresco e semplice al quale si aggiunge il character design dell' immenso Yoshiyuki Sadamoto (Evangelion vi dice niente?) il cui nome da solo dovrebbe bastare. Difficile non innamorarsene.

Monday, June 23, 2008

Basta una foto per...

1) Rispondere a questo post di Inenarrabile ^__^;
2) Dimostrare il mio weekend al mare (altre foto non ne ho per il momento e l'inquadratura non dimostra gran che ma...un po' di fiducia me la dovete concedere!)
3) Constatare che l'estate è iniziata (ma vi rendete conto del balzo verso l'alto che hanno fatto le temperature? Come faccio a sopravvivere fino ad agosto???)
4) Intimorirvi con il mio sguardo truce e quel dito puntato in segno d'accusa (tu sai che mi riferisco a te!!!)
5) Mostrare un' ingiustificabile mancanza di voglia (ma in realtà è il tempo a mancare) nel mettere insieme un nuovo post o dare una sistemata a quelli già scritti in attesa di pubblicazione (ma cacchio! Questo è un lunedì che viene subito dopo due giorni e mezzo di solespiaggiamaregelati...è già tanto che questa mattina sono riuscito ad uscire di casa!!!)

Non temete però! Domani si torna alla normalità ^__*

Friday, June 20, 2008

MA - RE! MA - RE! MA -RE!

Ragazzi, vi saluto!
Da questo pomeriggio (incrociando le dita e facendo qualsiasi gesto scaramantico conosciuto) sarò in spiaggia a godermi il primo weekend al mare.
Se mi cercate, sappiate che mi troverete esattamente...


Probabilmente salterà la Lyric of the Week e ci rileggeremo direttamente lunedì (magari con qualche foto ^__^)
Buon weekend a tutti ^___*.

Thursday, June 19, 2008

La seconda volta di Kiba

"Apocalypse of Carnage", questo il sottotitolo del secondo film dedicato alle prodi gesta della guardia del corpo imbattibile, Kiba. Naturalmente nessuna "apocalittica carneficina" durante tutto il film, ma questo poco importa. Dopotutto ci troviamo di fronte al classico esempio di V-Cinema fatto con due soldi, quel tipo di pellicole che hanno permesso a Takashi Miike di "sfogare" il suo talento. Takashi Miike è dietro la macchina da presa anche di questo Bodyguard Kiba 2, ma la sua "mano" è ancora difficilmente riconoscibile, sembra comparire in determinati momenti che sfortunatamente durano troppo poco. La cosa curiosa è che siamo nel 1994, ad un anno dall' uscita di Shinjuku Triad Society e a metterli a confronto, tra i due film c'è ancora un abisso. La libertà produttiva di cui ha sempre goduto il buon Miike è ben visibile nel primo capitolo della trilogia della Black Society, ma in Bodyguard Kiba sembra del tutto assente. Facendo delle rapide considerazioni (anche piuttosto inutili, ma visto che siamo qui...) è facilmente intuibile che Hisao Maki preferisca aver bene sotto controllo le sue produzioni indipendentemente dalla "verve" del regista di turno o dal fatto che i film risultano un po' piatti. Ma andiamo oltre.
Questa volta Kiba viene incaricato dal dojo della sua scuola "karate Daito" di scortare una ragazza sana e salva fino a Taiwan dove si incontrerà con il suo amante. La cifra che la donna è disposta a pagare si avvicina ai 20 milioni di Yen e il Dojo non può che inviare il suo uomo migliore. Ma arrivato in quel di Taipei, Kiba comincia a rendersi conto di essersi ficcato in una faccenda molto più complessa, una storia di vendetta rivolta contro la scuola Daito che vede coinvolto anche un uomo d'affari molto potente.
Storia semplice (molto meno articolata e varia rispetto al primo film) che si risolve in fretta, senza intoppi, intervallata da combattimenti senza mordente (coreografico e registico) che assomigliano molto a delle risse da bar. C'è da dire però che qualche scena sembra venire direttamente da Miike (il montaggio nei titoli di testa con alcune sequenze che vedremo durante il film, o la scena della discoteca) e il film dura un totale di 65 minuti, quindi non c'è neanche il tempo di annoiarsi. Distribuito in Italia direttamente in dvd grazie alla Eagle Pictures, ha avuto un ulteriore seguito, "Apocalypse of Carnage 2". Non aggiungo altro.

Wednesday, June 18, 2008

CONSIGLI PER GLI ACQUISTI - SHIVERS, IL DEMONE SOTTO LA PELLE

Produttore: Eagle Pictures
Distributore: Eagle Pictures
Video: 1.33:1 letterbox
Audio: Italiano, Inglese Dolby Digital 2.0
Sottotitoli: Italiano
Extra: Nessuno
Regione: 2 Italia
Confezione: amaray






Produttore: Storm Video
Distributore. Mondo Home Entertainment
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Italiano, Inglese Dolby Digital 2.0
Sottotitoli: Nessuno
Extra: Intervista con David Cronenberg, Galleria fotografica, Biografia e filmografia di David Cronenberg, Trailer cinematografico originale
Regione: 2 Italia
Confezione: amaray


Note: nonostante in Italia il mercato dei DVD sia ben più che avviato (il Blu Ray già si fa spazio a gomitate) ancora tanti, troppi film mancano all'appello. Forse grazie all' uscita de La Promessa dell' Assassino, arrivano anche da noi i primi lungometraggi di Cronenberg, Il Demone Sotto la Pelle (Shivers) e Rabid. Come se non bastasse, del primo titolo (quello di cui mi occuperò oggi), ne sono uscite due edizioni, lo stesso giorno, da ben due distributori differenti. La stesa cosa era capitata qualche mese fa con la Notte dei Morti Viventi di Romero e anche in quell' occasione c'era coinvolta la Storm Movie. Forse un giorno qualcuno ci spiegherà come può succedere una cosa del genere ma soprattutto, perché da due edizioni non ne esce una fatta bene.
Innanzi tutto il formato video: la Eagle presenta il film in 1.33:1 mentre la Storm con un rapporto 1.85:1 anamorfico. Ora, su IMDB viene riportato il primo rapporto come quello del negativo, mentre il secondo era quello previsto forse per la proiezione in sala. Entrambi potrebbero essere corretti ma forse quello della Storm è il più vicino alle reali intenzioni di Cronenberg.
Entrambe le edizioni presentano due tracce audio, originale e doppiata in italiano, ma solo la Eagle ha i sottotitoli. Proprio per questo motivo, nonostante il formato video e gli extra, la mia scelta è ricaduta sulla prima edizione. Tra i due mali credo di aver scelto il minore.

Produttore: Prism Direct / Leisure
Distributore: Prism Direct / Leisure
Video: 1.85:1 anamorfico
Audio: Inglese Dolby Digital mono
Sottotitoli: nessuno
Extra: Video introduzione di David Cronenberg, Film Notes di Kim Newman, Cast and Crew Filmographies, Image Gallery
Regione: 2 UK
Confezione: amaray


Note: non esistono edizioni estere esaltanti, ma per dovere di cronaca riporto l'edizione UK (non sottotitolata) che sembra molto simile a quella della Storm. Rimaniamo in attesa di un' edizione definitiva (Criterion dove sei?)

Tuesday, June 17, 2008

No country for all mankind

"Non ci sono certezze, neanche in un cielo azzurro macchiato da candide nuvole bianche" sembrano dire i titoli di testa dell' ultimo film di Shyamalan, E Venne il Giorno (The Happening in originale). Mentre i nomi si susseguono, le nuvole si gonfiano fino a coprire il cielo, diventando di un grigio plumbeo che non può che promettere tempesta. Di fronte a quanto ogni singola cosa intorno a noi può cambiare in maniera repentina, che certezze può avere allora l'uomo di rimanere per sempre la specie dominante? Nessuna. Aver raggiunto il gradino più alto della catena alimentare, non è una certezza. Aver conquistato il suo territorio con l'asfalto e con il cemento, non è una certezza. Quando le persone cominciano a morire colte da un improvviso istinto suicida, l'unica certezza è che, per il genere umano, è venuto il momento di pagare lo scotto maturato in anni di uso e abuso su tutto ciò che lo circonda. Se in The Village una piccola comunità si isolava per proteggersi dall' ignoto e dalla violenza che stava oltre il bosco, qui la minaccia arriva da dentro e l' uomo è costretto a disperdersi. La natura ha deciso di riprendersi quello che aveva gentilmente offerto e quello che arbitrariamente gli era stato sottratto. All'uomo non rimane niente se non morire. Sempre molto attento nello scegliere le tematiche di fondo dei suoi film, il regista/sceneggiatore di origini indiane usa le sempre più gravi problematiche ambientali come base per il suo ultimo lavoro: sovrapopolamento, inquinamento, riscaldamento globale, l'uomo è un parassita che sta infettando il mondo con questi mali. Cosa succederebbe se la natura decidesse di porre rimedio eliminando alla radice la causa di tutti i mali? Saremmo in grado di accorgerci di quel che sta succedendo? Avremmo il coraggio di guardare in faccia la realtà? O di fronte a quel che non riusciamo (vogliamo) comprendere, cercheremo risposte razionali frutto più della paranoia che della ragione (l' attacco terroristico)? Difficile non porsi queste domande dopo la visione del film, soprattutto considerato il ritratto che Shyamalan fa di una società che non è in grado di riconoscere i propri limiti, il cui spirito di autoconservazione si riduce a scappare da una minaccia ignota, ad occhi chiusi verso una città con il più alto numero di omicidi. Uno Shyamalan più cinico e ironico del solito ma che grazie ad un messaggio che arriva forte e chiaro allo spettatore e a delle sequenze memorabili (tutta la prima parte del "contagio" e il soggiorno nella casa della vecchia pazza) convince per l'ennesima volta. E Venne il Giorno non è certo un film perfetto ma i suoi difetti non son poi così imperdonabili. Neanche quel finale accomodante prima del vero "finale", quello cupo ma inevitabile perché, ormai è chiaro, non ci sono certezze. Le nubi nere che sovrastano i titoli di coda sono li a ricordarcelo.

Monday, June 16, 2008

From My Personal Library: L' ANGOLO DEGLI ACQUISTI 2008 - PRIMA PARTE

Primo appuntamento con gli acquisti in libreria per l' anno 2008. Questa volta tutti i libri sono in qualche modo collegati al cinema. In realtà l'ultimo libro non l'ho comprato ma mi è stato regalato (grazie Vale ^__^). Ho ritenuto comunque opportuno inserirlo qui per segnalarlo.

Il libro da cui i fratelli Coen hanno tratto il loro FILMONE che ha vinto l'Oscar. Anzi, da quel che scrive chi l'ha letto, questo è il libro che i fratelli Coen hanno seguito pagina per pagina per stendere la loro sceneggiatura che ha portato al FILMONE che gli ha fatto finalmente vincere l' Oscar.


Spero di trovare tra le pagine del libro di Jon Krakauer le stesse (e magari anche maggiori) emozioni che mi ha trasmesso l' ultimo film di Sean Penn.


Pensieri, aneddoti, riflessioni sulla meditazione trascendentale, sul cinema, sui suoi più famosi film, da uno dei più grandi registi viventi. Da avere.


Una monografia edita da il Castoro su di un regista che amo molto. Dagli esordi di Violent Cop, fino a Zatoichi, si racconta di come un comico televisivo è diventato uno dei registi più acclamati dalla critica.

Sunday, June 15, 2008

Lyric of the Week + Video / GLEN HANSARD - FALLING SLOWLY


I don't know you
But I want you
All the more for that
Words fall through me
And always fool me
And I can't react
And games that never amount
To more than they're meant
Will play themselves out

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You've made it now

Falling slowly, eyes that know me
And I can't go back
Moods that take me and erase me
And I'm painted black
You have suffered enough
And warred with yourself
It's time that you won

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You've made it now

Take this sinking boat and point it home
We've still got time
Raise your hopeful voice you have a choice
You've made it now
Falling slowly sing your melody
I'll sing along

Friday, June 13, 2008

Ma qualcuno si ricorda di: IL MIO AMICO RICKY

Il ragazzotto che vedete nella foto qui a sinistra risponde al nome di Ricky Schroder. Se state seguendo (o avete già seguito) la sesta stagione di 24, saprete che il signore di poco sopra interpreta il ruolo dell' agente Doyle del CTU. Nel passato recente Ricky Schroder ha recitato in altre famose serie, come Scrubs o NYPD Blue. Ma i più attenti di voi l'avranno sicuramente riconosciuto come l'interprete principale di una serie degli anni '80: Il Mio Amico Ricky. Quando ho fatto notare la cosa alle persone con cui guardo regolarmente 24, tra sguardi pieni di sgomento mi è stato anche detto "mai sentito". Ora, sono certo di non averla vista solo io questa serie nella quale recitava anche un giovanissimo Alfonso Ribeiro (che anni più tardi avrebbe interpretato Carlton nella sit-com Willy Il Principe di Bel-air) perciò carissimi lettori, ditemi, voi ve la ricordate?
Di seguito due sigle d'apertura prese da due stagioni differenti.





Thursday, June 12, 2008

LIFE - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: LIFE
TITOLO ITALIANO: LIFE
NUMERO EPISODI: 11

-TRAMA-
Arrestato per l'omicidio di una famiglia, l' ufficiale di polizia Charlie Crews è stato imprigionato in un carcere di massima sicurezza. Il suo passato da poliziotto non gli rende certo la vita più facile ma trova la forza per andare avanti, per sopravvivere in quell' inferno, grazie allo zen. Dopo dodici anni di prigione, le prove considerate a suo carico sembrano scagionarlo e Charlie torna ad essere un uomo libero. Adeguatamente risarcito dallo Stato, potrebbe vivere di rendita ma decide di farsi reintegrare nella polizia come detective. Così, nonostante la diffidenza di colleghi e superiori, il Detective Crews torna ad essere un poliziotto ma segretamente conduce indagini personali per scoprire chi l'ha incastrato e perché.

-COMMENTO-
Life è una di quelle serie che sono rimaste "coinvolte" dallo sciopero degli sceneggiatori. Pensata inizialmente per essere composta da 22 episodi, la stagione si è effettivamente conclusa (o almeno così pare) dopo 11 puntate. La particolare natura della serie (storie auto conclusive legate da una sottotrama che si dipana nelle varie puntate) non ne ha pregiudicato la riuscita e anche con un numero limitato di episodi un nucleo narrativo solido (che inizia e parzialmente si conclude) è garantito.
Il fatto che si tratti sostanzialmente di un serial poliziesco/investigativo, potrebbe far pensare (erroneamente) ad un prodotto poco originale. Life ha degli elementi che lo rendono un prodotto quasi unico nel suo genere: in ogni episodio c'è un caso di omicidio che il detective Crews e la sua collega devono risolvere. In parallelo, Crews svolge delle indagini personali per scoprire per chi e per che cosa ha dovuto scontare dodici anni di prigione. In ogni episodio poi sono inseriti, come se si trattasse di una sorta di documentario sullo stesso Detective Crews, spezzoni di intervista ai personaggi comprimari (il collega, l'ex moglie, l'avvocato ecc.). Effettivamente Charlie Crews non è soltanto il centro da cui si sviluppa la narrazione ma è più che altro il cuore della serie. Il titolo Life si riferisce a ciò che gli è stato portato via con l'ergastolo (la vita appunto) e quel che gli viene restituito. La libertà per lui è una nuova rinascita sia perché affronta la vita con una nuova filosofia (lo zen), sia perché dopo dodici anni chiuso in galera si ritrova in un mondo tutto nuovo ed è divertente notare come si rapporta Crews con gli oggetti che possiede e le nuove tecnologie (cellulari sempre più piccoli che possono fare e ricevere foto, palmari ecc.).
In virtù di quanto scritto fino ad ora posso affermare tranquillamente di essere assolutamente soddisfatto da questa serie che per quanto si poggi su basi già viste centinaia di volte, è riuscita a distinguersi dalla massa soprattutto per l'originalità del personaggio principale e per un' avvincente trama principale. A mio avviso uno dei prodotti TV più interessanti del 2007.

-DVD-
Nessun cofanetto della prima stagione disponibile al momento.

Wednesday, June 11, 2008

"Take this sinking boat and point it home, we've still got time"

Once è un film che non ti spieghi.
Ti rendi conto subito della sua semplicità quasi disarmante, eppure non smetti di pensarci.
Semplicità che ritrovi in due persone delle quali non è importante neanche conoscere il nome, che passeggiano per le strade di Dublino trainandosi dietro un' aspirapolvere o che suonano insieme una canzone in un negozio di strumenti musicali.
Vorresti capire perché ti ha coinvolto in maniera così profonda, ma ti tieni stretto questo momento che una ricerca forzata di una risposta potrebbe rovinare.
Once parla di un ragazzo ed una ragazza. Lui ha interrotto una storia importante ed è tornato a vivere a Dublino con il padre dopo la morte della madre. Ripara aspirapolvere e canta in strada per racimolare qualche soldo in più, sognando di poter incidere un disco tutto suo un giorno. Ed è qui che in contra lei, giovane ragazza proveniente dalla Repubblica Ceca, sposata con un uomo che è rimasto in patria e madre di una bambina piccola. Anche lei si guadagna da vivere come può, vendendo fiori per strada o pulendo appartamenti. Anche lei ha una grande passione per la musica. La musica è il loro punto di contatto, la musica li fa incontrare, attraverso la musica comunicano sentimenti che a parole non vogliono (possono?) esprimere. Attraverso la musica raccontano la vita che non possono lasciarsi alle spalle e che non gli permetterà di avvicinarsi più di quanto vorrebbero o desiderino. Due perfetti sconosciuti che in poco tempo riescono a compensarsi a vicenda: Lui le permette di esprimere il suo talento. Lei trova le parole per una sua canzone mai completata. E anche quando prenderanno strade diverse, la musica sarà l'unica cosa unirà la distanza che li separa: la voce di Lei incisa su di un demo tape. La musica di Lui tra le note di un pianoforte, suo regalo d' addio.
Musica è semplicità sono le costanti di questo film, a John Carney non sembra servire altro.
Non impone la sua "presenza" registica se non in particolari situazioni o dove è la musica a richiederlo.
Non propone una sceneggiatura articolata anzi, la narrazione sembra poggiare unicamente sul susseguirsi delle bellissime canzoni di Glen Hansard e Markéta Irglova che interpretano anche i due protagonisti.
Ed è in una Dublino sempre bellissima che viene raccontata questa storia di due persone sole, le cui vite si incrociano solo per poco prima di separarsi, un momento che rimarrà scolpito per sempre tra le note e i loro cuori.
Questo è Once: può sembrare una tela vuota, invece è piena di colori. Può sembrare un foglio bianco, invece è scritto su entrambi i lati. Può sembrare che non dice niente, ma in fondo dice tutto.

Tuesday, June 10, 2008

Il "braccio armato" della vendetta!!!

Viene da chiedersi dove sia stato The Machine Girl fino ad oggi. Sicuramente nella testa del regista e sceneggiatore giapponese Noboro Iguchi, dov' è nato, maturato e fermentato tra le sue più assurde fantasie ed un amore non certo nascosto per un determinato cinema horror/splatter. Quello che ci aspetta in questo film è tutto nell’ incipit: un ragazzino in divisa scolastica è vittima delle angherie di un gruppo di bulli che si divertono a tirargli addosso dei coltelli. In sua difesa arriva improvvisamente una ragazza con la divisa alla marinara (non è Sailor Moon), un falcetto nella mano destra e nel braccio sinistro, monco, monta un mitragliatore Vulcan, prontamente tirato fuori dallo zaino, con il quale fa letteralmente a pezzi lo sparuto gruppo di prepotenti. Le motivazioni che hanno spinto la ragazza a diventare una feroce assassina, ci vengono raccontate nel flashback che parte subito dopo: Ami, questo è il nome della giovane, è in cerca di vendetta dopo che il fratello minore è stato ucciso da una banda di teppistelli guidata dal figlio di uno yakuza. Nel tentativo di farsi giustizia da sola, perde il braccio a causa del padre del ragazzo. Fortunatamente viene accolta in casa dei genitori di Takashi, amico del fratello anche lui assassinato, che non solo le curano le gravi ferite ma le costruiscono il "braccio" d'acciaio che userà per portare a compimento la sua vendetta (mitragliatore o la variante motosega come quella del mitico Ash di Evil Dead). Eh si, avete letto bene. Di vendetta parla questo film, tema stra-abusato negli ultimi anni e anche un po' banale. Ma che importa della storia, se il film funziona comunque? Noboro Iguchi è ben conscio di quel che sta facendo e prendersi troppo sul serio (specie cercando di dare profondità alla trama) potrebbe essere controproducente per un film di questo tipo dove, la narrazione è una breve parentesi tra un massacro e l'altro. Dai primi minuti, fino alla fine (la pellicola dura poco più di un' ora e mezza) assistiamo ad ogni genere di mutilazione (dita, braccia, gambe, coltellate in testa, uomini fatti a pezzi con gli shuriken ecc.) ed qui che il regista da il suo meglio dimostrando una buona padronanza del mezzo e una grande inventiva nel mettere in scena, sempre in maniera diversa e originale, le cruentissime sequenze d'azione. Un film a cui voglio già bene e che guarda ai più blasonati horror/splatter degli ultimi anni (soprattutto quelli occidentali), dall' "alto" del suo profilo decisamente low budget.

Monday, June 09, 2008

HULK SPACCA (o almeno ci prova)

PREMESSA: considerata l'imminente uscita del secondo film dedicato alle gesta del Gigante Verde della Casa delle Idee, ho ritenuto opportuno dare una seconda occhiata al primo film a lui dedicato, visto ormai diversi anni fa e del quale avevo un ricordo sbiadito ma non del tutto negativo.

Insieme agli X-Men di Singer e allo Spider-Man di Raimi, Hulk è tra gli eroi che passano dalla carta stampata al cinema per mano di un grande regista: Ang Lee. Dopo La Tigre e il Dragone, il regista di origini taiwanesi si trovò per le mani un nuovo Destino Verde. Perché un grande regista scelga di buttarsi così in un progetto potenzialmente suicida, non è dato saperlo (tanti soldi?) ma è sicuro che tra i personaggi Marvel, con Hulk si corrono maggiormente rischi di questo tipo. La natura stessa del personaggio, la maniera in cui viene rappresentato, le cose che può fare, finché rimangono tra le tavole di un fumetto sono sempre accettabili. Qualora le si porti sul grande schermo nella maniera sbagliata si rischia di trasformare tutto in una pagliacciata. Eppure, nonostante il trand che ha portato a rendere il look cinematografico degli eroi Marvel più serio rispetto a quello dei comics, con Hulk si è optato per una strada diversa e cioè quella di tenere ben in evidenza la natura fumettistica del personaggio: l' Hulk di Ang Lee è realizzato (non poteva essere diversamente) completamente in computer grafica. Il suo colore verde, particolarmente acceso, e i calzoncini viola fanno si che la sua figura, che già di per se esprime una grande potenza, spicchi sempre in maniera forte nel quadro (sia nelle sequenze diurne che in quelle girate in ambienti chiusi). Questa scelta decisamente controcorrente, trova il mio favore quando il personaggio è inquadrato da vicino ma risulta un po' forzata quando lo vediamo saltellare tra i canyon del deserto. La scelta poi di farlo lottare contro creature visibilmente troppo "artificiali" è sicuramente un' altro punto a suo sfavore. Molto meglio le sequenze in cui Hulk interagisce con oggetti e personaggi reali (le battaglie contro i militari per fare un esempio). Curiose e a tratti molto indovinate le scelte registiche e di montaggio che vedono un abbondante uso di split screen che si muovono, si spostano e si susseguono quasi come se stessimo seguendo la lettura di una tavola del fumetto (vedendolo con i proprio occhi si capisce meglio di cosa sto parlando). Peccato che si ecceda in questa maniera di rappresentare e alla fine non ci sono poi tanti virtuosismi registici che vale la pena ricordare (se non appunto le scene di pura distruzione). Discorso diverso invece per il lavoro che è stato fatto sul personaggio e sul rapporto con il padre. "Le colpe dei padri ricadono sui figli" è il messaggio che il film trasmette e così il giovane Bruce si ritrova vittima inconsapevole degli esperimenti del padre, involucro della creatura di rabbia e desiderio di libertà che vive dentro di lui e che un' accidentale esposizione ai raggi gamma risveglia. Potremmo quindi dire che, i difetti del film di Ang Lee risiedono soprattutto nelle coraggiose scelte tecniche piuttosto che nella scrittura che vede invece un personaggio ben delineato. Sicuramente inferiore ai veri X-Men e Spider-Man ma non di certo la peggiore trasposizione di un fumetto Marvel per il cinema: quel trofeo se lo dividono avidamente Daredevil, Fantastici Quattro e Ghost Rider.

Sunday, June 08, 2008

Lyric of the Week + Video / DRUGSTORE (feat. THOM YORKE) - EL PRESIDENT


Yeah yeah ya...
Came from the skies
Burst through the gates
With no mercy or disguise
With their hearts set out in flames
I know;
I’ve seen the masterplan...

Well I’m just a man
(I am just a man)
I’m not giving in
All the people understand
’Cos they all fell down and prayed
I know;
I’ve seen the masterplan:

“Kill the President”
They killed the President
They killed the President

Came from the skies
(Came from the skies)
In all shades of green
We can always justify
We can measure up your dreams
I know;
I’ve seen the masterplan:

“Kill the President”
They Killed the President
They Killed the President
Yeah yeah ya...
Yeah yeah ya...
Yeah yeah ya...
They killed the President
They’ve killed the President
They killed the President
They killed the President
I’m just a man

Friday, June 06, 2008

CALIFORNICATION - SEASON 01 -

TITOLO ORIGINALE: CALIFORNICATION
TITOLO ITALIANO: CALIFORNICATION
NUMERO EPISODI: 12

-TRAMA-
Hank Moody è uno scrittore di successo ma la sua vita cambia radicalmente quando si trasferisce da New York a Los Angeles: il suo libro diventa un film pessimo, entra in crisi creativa e la donna che ama da sempre, e dalla quale ha avuto una figlia, sta per sposarsi con un altro uomo. Bisogna dire però che le donne non gli mancano di certo...

-COMMENTO-
David Duchovny è stato Fox Mulder e molti, me compreso, pensavano che lo sarebbe sempre stato. Non è una novità infatti che un particolare personaggio, specie se protagonista di una serie tv di successo, si incolli a vita all' attore che lo ha interpretato e solo per quello venga riconosciuto, pregiudicando magari la futura carriera. David Duchovny è riuscito nell' impresa liberandosi dall'ingombrante e onnipresente ombra di Fox Mulder, grazie al personaggio di Hank Moody, protagonista indiscusso della riuscita serie Californication, 12 episodi di circa mezz'ora ciascuno.
Ma come è avvenuto il miracolo? Probabilmente tutto è dipeso dal fatto che i due personaggi sono diametralmente opposti: Fox Mulder è un agente dell FBI, posato, ben vestito, molto legato/ossessionato dal suo lavoro, convinto che la verità fosse la fuori, da qualche parte. Fox Mulder che non avrebbe sfiorato la sua collega Scully neanche con un dito. Hank Moody è uno scrittore in crisi, perennemente "stropicciato", barba incolta che va in giro su di una Porche sporcha e ammaccata, ricordo di quando le cose giravano decisamente meglio per lui. Nonostante questo cerca di riconquistare il suo amore di sempre, Karen, il suo punto di partenza per rimettere la sua vita in carreggiata, o perlomeno impedirle di sposare il suo attuale fidanzato. La sua vita è una bussola che ha perso il nord ma prova comunque ad essere un buon padre per Becca, figlia avuta insieme a Karen, dedicandosi appena può a svariare relazioni sessuali con un numero impressionante di donne. Questo in fondo è il cuore e l'anima di Californication, serie sorpresa dello scorso anno, che vanta un Duchovny in forma smagliante (ma buono anche il resto del cast) e dialoghi fantastici che meriterebbero di essere quotati tutti quanti. Unico neo un finale che mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca ma che non pregiudica un giudizio totalmente positivo per la serie nel suo complesso. Spasmodica attesa per una seconda stagione.

-DVD-
Nessuna data per l' uscita italiana. Il cofanetto regione 2 Inglese è possibile prenotarlo qui.

Thursday, June 05, 2008

Bentornato Indiana Jones (e famiglia)!!!

Ci sono saghe cinematografiche talmente radicate nell' immaginario collettivo da essere divenute immortali. Star Wars è una di quelle. Si pensi a quanto i fan sono impazziti alla notizia che la storica trilogia avrebbe avuto un seguito. Il risultato finale è stato bel lontano dall' essere perfetto, ma le emozioni che ha suscitato rivivere le atmosfere della saga spaziale per eccellenza, sono impagabili. Stesso discorso si potrebbe fare per il tanto atteso quarto capitolo delle avventure di Indiana Jones (caso vuole che anche lui sia una creatura partorita dalla mente di George Lucas). Tanti anni sono passati dallo storico L'Ultima Crociata (quasi vent'anni) e tanto tempo è servito per trovare la giusta sceneggiatura che rendesse giustizia alla figura dell' archeologo avventuriero. Questo perché Indiana Jones è una vera icona del cinema mainstream e i suoi film, che sembrano non invecchiare mai, sono riusciti a raggiungere e a conquistare diverse generazioni di spettatori rappresentano ancora oggi, a mio avviso, il classico esempio di cinema d'intrattenimento fatto come si deve. Ed ecco finalmente, in contemporanea mondiale, il nuovo film arrivare nelle sale e fin dalle primissime immagini entra in gioco il fattore nostalgia: il logo Lucas Film, quello Paramount "vintage", introducono al prologo della storia principale (anche questo un classico) ambientato nello storico magazzino del Governo dove al termine del primo film venne "conservata" l' Arca dell' Alleanza. Per reintrodurre il personaggio principale dopo tutto questo tempo, si gioca sull' attesa, si inquadra lo storico cappello, una mano che lo raccoglie, la sagoma d'ombra proiettata su di un veicolo e poi eccolo li, Indiana Jones, invecchiato ma nonostante tutto ancora carico di quell'ironia e quell'atteggiamento sbruffone di fronte al pericolo. Acqua ne è passata sotto i ponti: i nazisti e la Seconda Guerra Mondiale sono un ricordo neanche tanto lontano e adesso si combatte un guerra diversa, quella definita "Fredda", con i Russi. Siamo nell' America degli anni '50 dove l'invasione comunista è per lo più una paranoia e dove nascono le prime leggende sugli avvistamenti ufo. Il nostro Indy si divide ancora tra la cattedra universitaria e le sue avventure in giro per il mondo: questa volta viene coinvolto nel recupero di un misterioso teschio che nasconde un potere immenso. Anche il KGB vorrebbe metterci le mani sopra per creare un'arma che ribalterebbe in un colpo le sorti della Guerra Fredda. Al di la di un nuovo contesto storico, ci troviamo di fronte alla classica grande avventura che volevamo/desideravamo, con tutti quegli elementi che hanno reso famosi i film precedenti (c'è anche la linea rossa che segna i tragitti sulla mappa). La regia di Spielberg è, come sempre, inattaccabile affiancata questa volta da effetti speciali che negli anni '80 erano solo un sogno. Curioso notare però come, proprio quando si abusa degli effetti visivi, il film perde un po' del suo fascino: mi riferisco in particolar modo alle due scene che vedono assoluto protagonista Shia LaBeouf, che qui interpreta il figlio di Indiana, eccessive ed assolutamente slegate dal resto del film. Ah, giusto! Quasi dimenticavo di parlare del figlio del Dott. Jones, una new entry che per qualcuno rappresenta l'erede del famoso archeologo in un probabile quinto film. Ma io spero, è come me tanti altri, che se il buon Harrison Ford decidesse di appendere cappello e frusta al chiodo, li metta bene in alto in modo che Shia LaBeauf non arrivi a prenderli. Di Indiana Jones ce n' è uno soltanto.

Wednesday, June 04, 2008

E dopo la Guerra Civile...la Guerra Mondiale!!!

Hanno provato negli anni ad aiutarlo. Invano.
Ne hanno fatto un Vendicatore, un paladino. Ma non si sono mai fidati.
Lo hanno tollerato.
Ma nell' ora più nera per i supereroi le cose stanno per cambiare.
Loro sono gli Illuminati, una casta di influenti supereroi (tra cui Ironman, Namor, Freccia Nera, Dr. Strange, Xavier, Reed richards e Pantera Nera) che da anni prendono, nell' ombra, decisioni fondamentali per la comunità super-umana.
Lui è Hulk, il Dott. Bruce Banner trasformato dall' esposizione ai raggi Gamma, e mai come ora probabile ago della bilancia nella guerra imminente.
Visto che l'opinione pubblica non vede più di buon occhio le attività dei supereroi, gli Illuminati decidono di risolvere il problema Hulk in maniera radicale. Ma la loro principale preoccupazione nei confronti del Golia Verde rimane la possibilità che un suo schieramento da una parte o l 'altra delle fazioni in lotta nella Guerra Civile, possa in qualche modo influenzare le sorti della guerra stessa.
Con un trucco lo imprigionano in un satellite spaziale e lo spediscono anni luce dalla terra.
Il suo satellite prigione si schianta sul pianeta Sakaar governato dal tiranno il Re Rosso. Fatto schiavo, è costretto a combattere come un gladiatore dell' antica Roma. Insieme ai suoi compagni schiavi/gladiatori, I Fratelli di Guerra, Hulk rovesce il regno del Re Rosso e diventa unico regnante di Sakaar insieme alla compagna Caiera, dalla quale aspetta un figlio.
Ma l'ultimo sistema di sicurezza pensato dagli Illuminati entra in funzione ed un potentissimo ordigno nascosto nell'astronave che portò Hulk su Sakaar, esplode coinvolgendo nella detonazione Caiera ed il figlio che portava in grembo.
Ora Hulk è cieco di rabbia è sta tornando sulla Terra per vendicarsi degli Illuminati.
O avrà le loro teste, o sarà GUERRA!

World War Hulk è l'evento Marvel di quest'anno (in realtà già cominciato ma sono un po' indietro con le letture!), diretta conseguenza degli eventi narrati in Civil War. Naturalmente le mie simpatie sono rivolte tutte verso il Golia Verde nella speranza che le suoni come si deve a tutti quei eroi che hanno barattato arbitrariamente le libertà civili di tutta la comunità dei supereroi Marvel, in cambio del pieno sostegno del Governo.

Il caso vuole che la settimana prossima, il Nostro, sia protagonista anche al cinema con il secondo lungometraggio a lui dedicato che, da quello che si è potuto vedere nel trailer (lo scontro con Abominio!!!), non sembra affatto male. Non resta che sperare amici, Marvel-fan e non!!!

Tuesday, June 03, 2008

"Sta arrivando una brutta corrente..."

Mi viene in mente una famosa scena de Il Tassinaro di Alberto Sordi (forse la più famosa insieme a quella con Fellini) dove il tassista Pietro Marchetti (interpretato dallo stesso Albertone nazionale) accompagnava l' On. Giulio Andreotti fino a piazza Montecitorio. A guardarla oggi quella scena risulta inquietante, non tanto perché la presenza del Divo Giulio mette parzialmente in ombra il Divo Alberto (che nonostante qualche guizzo, contiene la sua verve comica), ma per come il siparietto tra i due si trasformi quasi ad un "dibattito" politico.
Questo breve preambolo per spiegare i naturali dubbi che mi sono sorti all' idea di un film incentrato su una delle figure più importanti e longeve della nostra politica recente (sempre politicamente parlando), una figura tanto ingombrante che un film non potrebbe contenere. Al termine della prima visione de Il Divo di Paolo Sorrentino, questi dubbi svaniscono ed i meriti sono da ricercare in due elementi fondamentali:
1) La sceneggiatura. Scritta dallo stesso Sorrentino, si propone di inquadrare (o meglio "ingabbiare") , non tanto la vita di Giulio Andreotti, quanto un momento preciso del suo percorso umano e politico, quello che va dall' insediamento del suo settimo governo, alla prima udienza per associazione mafiosa. Un percorso che vedrà il suo ultimo Governo avere vita davvero breve ma che gli servirà da slancio per provare a raggiungere la vetta, il Quirinale, un salto corto che lo vedrà precipitare tra le accuse di alcuni pentiti di Mafia. Sorrentino si astiene (giustamente) dall' emettere giudizi sommari, cercando di insinuare sospetti più che lanciarsi in ardite affermazioni (la sequenza ippodromo/omicidio di Salvo Lima e lo splendido monologo/confessione). Ne risulta una figura ambigua, una sagoma inquietante che si muove nella penombra (della sua casa e dei giochi di potere), diviso tra umanità ed una impassibilità imperscrutabile. Un uomo tormentato dall' emicrania (rimorso?) ma che preferisce comunque ignorare (più che nascondere) la verità (emblematico a tal proposito il suo strappare la pagine con il nome dell' assassino nel giallo che sta leggendo).
2) Toni Servillo. Sorrentino sceglie per interpretare il Divo Giulio, IL Divo tra gli attori italiani e scelta non poteva essere più azzeccata. Anche in questo caso c'era il rischio che il personaggio "divorasse" l'attore o viceversa, ma Servillo riesce dare forma concreta e parola (straordinarie le repentine risposte taglienti) al "personaggio" Andreotti senza per questo "scomparire" dietro la sua figura. Straordinario anche il resto del cast tra cui è doveroso citare Anna Bonaiuto (la moglie di Andreotti, Livi Danese) e Carlo Buccirosso (Cirino Pomicino).
Discorso a parte merita la regia di Sorrentino che insieme a Garrone e riuscito a dare nuovo lustro al nostro Cinema che si riappropria con merito (i premi di Cannes ne sono recente testimonianza) di un posto di assoluto rilievo nel panorama internazionale. L'arrivo della "corrente andreottiana" (macchina da presa sempre in movimento, occhiate tra i personaggi e un fischiettio che è quasi un comunicare tra loro, didascalie che assecondano i movimenti di macchina ecc.) o la festa per l'insediamento del settimo governo Andreotti, sono solo alcune delle sequenze che mostrano le straordinarie capacità di Sorrentino (che già avevo avuto modo di apprezzare ne Le Conseguenze dell' Amore), che scaccia via qualsiasi spettro di fiction o bio-pic e ci regala solo grande CINEMA (senza dimenticare che il regista di origine napoletana è abilissimo nell' usare, in maniera così ricercata, musiche non originali all' interno del film).
Il Divo è un film che ha bisogno di più visioni (parere personale di chi scrive) per poter essere esaminato in tutte le sue sfumature e dettagli che, ad un primo sguardo, si riescono solo a percepire. Ma ne basta una per un giudizio totalmente positivo (qualcuno ha detto "capolavoro"?).

Sunday, June 01, 2008

Lyric of the Week + Video / AFTERHOURS - E' SOLO FEBBRE


È solo febbre, non si lamenta
Bambino genio qualcosa inventa
Noi l’ameremo finchè cadrà
Perciò dio voglia ci piacerà
Ci piacerà
Ci piacerà
Ci piacerà
Ci piacerà
Ci piacerà
Ci piacerà

Cambiare stile falciando teste
Cambiare amore, cambiare veste
Tradire tutti per non star solo
Qualsiasi cosa se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Se piacerà
Ti piacerà
Ti piacerà
Ti piacerà
Ti piacerà
Se piacerà
Ti piacerà
Ti piacerà
Ti piacerà
Se piacerà
Ti piacerà
Se piacerà

Ricordo ancora come eri bella
Com'era bello, com'ero anch’io
Mediocri in salvo di tutto il mondo
Ovunque siate ed io vi assolvo